ANNO T. Capodistria I Novembre 1807. N. 5. :»nr> ib ofcit PRO? if.iSTSA rt) ,0:1 GIORNALE DEGLI INTERESSI CIVILI. ECONOMICI ED AMMINISTRATIVI . DELL'ISTRIA. trwim éaV o( Esce il 1 ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno f.ni 3. semestre e quadrimestre in proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso la Redazione. Articoli comunicati d'interesse generale si ricevono gratuitamente; gli altri, e nell'ottava pagina soltanto, asoldi 5 per linea. — Lettere e denaro franco alla Redazione. -Pagamenti anteeipati. DELL' ISTRIA E DELLA CARSIA RISPETTO AL CARNIO. Memoria del D.r Pietro Kandler scritta per incarico della Giunta Provinciale dell'Istria. ( Continuazione e fine, vedi n. 2, 3, 4.) Il Carnio ebbe non solo legge severa alla teutonica, ma anche sistema di finanza alla teutonica, terra gravata, dogane, consumo libero, se non losse vino o che di simile. L'Istria pure ebbe terra gravata, però mitemente, e gravato poi anche il consumo. Il Carnio, per legge, non concedeva, nè a rustici, riè a conumilà, dominio di beni pubblici, delti comunali. L'Istria all'invece ebbe nei comuni dominio di beni pubblici comunali, come pascoli e boschi. Le signorie del Carnio differivano essenzialmente in ciò dalle signorie istriane, che nel Carnio tutto il dominio e la proprietà fondiaria erano del barone, limitalo il villico al dominio utile dei masi, al pascolo, alla Iegnazione, mentre nell' Istria e nella Carsia invece il barone non aveva che la pura decima, ed era libero ogni possesso, libera la proprietà nel villico e nei comuni. L' uso improprio di voci, che sono corrispondenti a concetti di un gius, se esse vengono applicate ad altre condizioni e ad altro gius, ha sempre ingeneralo confusione, e ciò è avvenuto anche riguardo ai rapporti pubblici tra l'Istria e H Carnio. La subordinazione del capitano della contea d'Istria e della Carsia al capitano del Carnio, eh' ebbe luogo con vaghissimi confini e con imprecisioni, non porta fusione di provincia, dacché dei capitani era il governare, colla potestà che dicono esecutiva: il che non porta fusione di reggimento e di provincialità, non essendo imperato, che ogni provincia abbia proprio capitano, o, come oggi-di si direbbe, proprio luogotenente. Nei lunghi tempi da Ferdinando I a Giuseppe II, Trieste, Gorizia, Istria, Carnio, Carinlia, Stiria, Fiume ed il Litorale croato stavano sotto il comune reggimento dell'Austria interiore, e non perciò le provincie si fusero in un'Austria interiore rappresentativa. Ed altri fatti vogliamo addurre in prova, che I-slria e Carsia erano corpi all' intuito separati e distinti dal Carnio. Gì'imperatori, da Ferdinando I impoi, pignoraro no queste regioni e gli offici loro, anche la capitaneria; poi le alienarono, come avvenne sotto Ferdinando II, senza che il Carnio reclamasse o si opponesse. . Ma nè il Carnio, nè la sua capitaneria furono oppignorati od alienati. Inoltre gl'Istriani non erano ammessi al fondaco dei Tedeschi in Venezia, nè al collegio germanico di Roma, ai quali partecipavano i Carniolici. INè il sistema di sottoporre una provincia ad altra, od un comune ad altro, potrebbe legittimamente rivivere dopo la legge del 1848, che abolì ogni dipendenza o soggezione di un corpo ad altro. Morto l'imperatore Massimiliano I nel 1519, I'e-j» redilà sua doveva spartirsi ai due suoi figli: Carlo, che fu poi imperatore, quinto di questo nome, e l'infante Ferdinando, poi suo successore nell' impero, e primo di questo nome. Nella spartizione degli stati paterni, Ausilia, Stiria, Carinlia, Boemia dovevano venire nella parie di Ferdinando; Austria superiore, Tirolo, Gorizia, Gradisca, Marano, Carsia, Trieste, Istria, Libur-nin, Mettlica dovevano venire nella parte di Carlo V. Il quale, pensando tenere questi brandelli per la corona di Spagna, voleva unirli e fonderli in un solo stato spaglinolo, e ne aveva fatta convocazione, per venire a questa nuova composizione. Senonchè, male comportando Ferdinando I tale allontanamento dalla corona austriaca di queste antiche possessioni, che arrotondavano il corpo dei possessi austriaci, e adducendo, che gli stali del Carnio ricusavano 1' omaggio ed il giuramento, ov'esse passassero alla corona di Spagna, Carlo cedeva Uà Worms, nel -1522, il Tirolo e l'Austria superiore in governo a Ferdinando, siccome a suo luogotenente. Venne in desiderio poi degli stati del Carnio di vedersi aggregate le altre regioni; ma, convocata radunanza in Gorizia,onde avere l'adesione di questi corpi, essi la ricusarono. (*) E come la composizione di questi brandelli a nuovo stalo è prova ch'essi non appartenevano ad altro stato da corona, tal prova sta pure nella convocazione, ordinata da Ferdinando I, per formarlo, e nel dissenso datovi dalle dette regioni. E più ancora lo dimostrano la formazione della contea di Gorizia in proprio principa- (*) Vedi il documento nella Raccolta Conti, puntata Emporio e Por lo franco,. to e la sua aggregazione al reame di Germania, senza disgregazione dal Carnio, e senza assenso di questo, e senza aggregazione alla Germania degli altri corpi. Quelli del Carnio, che desideravano V aggregazione, dissero che questi corpi erano angereiht (annessi), e appena nel principio dell' impero di Carlo VI li dissero, arbitrariamente, aneli e einverleibt (incorporali). Ma che questi vocaboli di eingereilit o einverleibt, in diverso tempo usati dai Carniolici, siano ben lontani dall' attestare una seguita fusione, lo dimostra luminosamente il fatto, che Maria Teresa non ammise tale fusione in un solo corpo, per cui le parti fuse a-vrebbero cessato di esistere politicamente, imperocché, indicando nelle sue stesse leggi i corpi politici, pei quali queste venivano date, distingueva Carnio, Carsia, Istria, Liburnia. L'incorporazione a fusione non ebbe mai luogo, dacché non è lecito, per fatto di singolo corpo, alterare i confini di un reame. Nè la sudditanza di due corpi_, l'uno di un reame e l'altro di altro reame, allo slesso principe porla disgregazione dall'un reame e aggregazione all'altro, senza patto internazionale. E questo nel caso nostro non è mai intervenuto. Carsia ed Istria, quando aggregate al Carnio, sarebbero state aggregale al reame di Germania. Se così, i vescovi di Trieste e di Parenzo sarebbero stati principi, il che mai fu; - i vescovi sarebbero stati nominali dall' imperatore, e fu appena papa Pio II invece che accordò, per eccezione, la nomina di quello di Trieste, non ai duchi del Carnio, ma alla persona del regnante della casa d'Austria;-i capitoli sarebbero stati di patronato pubblico, e a questi corpi per lo contrario non fu applicalo il concordalo di AschalTenburgo, nò alcun altro concordato, valendo pei medesimi, in tutta la loro intc-i. grilà, le leggi della chiesa. I vescovi dell'Istria non portarono mai altro titolo laico che quello di conle; il solo vescovo di Trieste portava, sino alla fine del secolo passato, il titolo di conte di Trieste; gli altri quello di un castello o di una villa; negli stemmi loro non recarono mai altro segno che di giurisdizione ecclesiastica, nessuno di civile. Se i corpi indicati fossero stali annessi, in qualsiasi modo, al ducato del Carnio, questo avrebbe, certamente, accolti nel suo scudo o dispostigli all'intorno gli stemmi d'Istria, di Carsia, di Trieste, di Liburnia; ma ciò non lece punto, abbracciandoli tutti sotto la corona ducale. (Vedi stemma nella Landesharulveste e nel Vah asor). In ogni modo poi si sarebbero essi compresi nei suggelli e nelle bandiere. — D'altra parte, si sarebbero alzati, nei corpi annessi, gli stemmi del Carnio. E di questo pure non si ha esempio alcuno, nè interno, nè esterno. Nella contea d'Istria non si vide che l'aquila imperiale. Il soffitto del presbitero della collegiata prcpositoriale di Pisino, alzata dalla contea, ha lo stemma di Pisino nel centro, circondato dagli stemmi delle signorie che la componevano. E se in alcun luogo si trova uno stemma, si è sempre 1* austriaco, cioè quello della famiglia. Certo, Maria Teresa ordinò il libro provinciale del Carnio, in Lubiana, anche per l'Istria contea e per una parte della Carsia, assegnandone 1' altra al libro di Gorizia. Ma quello era un libro pel possesso, per la proprietà e per le ipoteche, e da ciò . non possono dedursi le conseguenze che si vorrebbero. È vero che lo Schran-nen-Gerichtj o giudizio provinciale, cessò in Pisino; ina j ciò era avvenuto, perchè nella dejezione, in che la contea era caduta, mancavano le persone a formarlo. (* ) L'imperatore Giuseppe II, che tendeva alla fusione di tulte le antiche provincie e cangiò l'amministrazione, fece un fascio di queste regioni, dopo tolto il capitanalo; ma, pure, dovè tenersi per l'Istria un commissariato separalo in Pisino, chiedendo assiduamente la contea di venir sottoposta al governo di Trieste. Le tavole, destinate alla preservazione del possesso, siano tavole di proprietà o d'ipoteche, non sono atti costituzionali di uno stato o di una provincia: sono ordinamenti del gius civile privato, il quale è in governo dei tribunali, non delle potestà governative; e gli ordinamenti giudiziari non occorre imperiosamente che seguano le ripartizioni eie costituzióni., politiche. Su di che citeremo Gorizia e Trieste, 1' una distinta dall'altra, e qnéltoi appartenente al reame di Germania. Pure, esse stettero gunite dal 4782 al 1790 sotto un solo tribunale provinciale. Oggidì il tribunale provinciale di Trieste estende la sua giurisdizione su parte della marca e su parte della contea, ancorché stati legislativi da sè, con propria rappresentauza. Nè a Pisino poi o nella Carsia o nella Liburnia, perchè piccoli e poveri territori, comportava la poca entità di mantenere un tribunale provinciale. Per l'Istria e per Metilica ( e certamente lo si potrebbe dire anche per la Carsia, sebbene manchino i documenti) vogliamo dare di questo comprovazione. Aveva il Carnio proprio tribunale provinciale, che dicevano Schrannen - Gericht o Hof - Thoiding. Esso giudicava dei feudi e della proprietà nobile, ed era tenuto dal capitano e da nobili provinciali, siccome assessori. Ed aveva Schrannen-Gericht anche Metilica, anche l'Istria. Fatta rara per le pesti e per le dejezioni di que' tempi la popolazione, nè Meltlica nè Pisino avevano nobili da destinare in assessori : per cui i nobili sotlo-ponevansi al giudice pedaneo comunale. L'imperatore Massimiliano assegnò ai nobili di Mettlica lo Schrannen - Gericht in Lubiana, e Ferdinando I fece altrettanto per l'Istria: il che deve essere avvenuto intorno il 4550. (**) Questo provvedimento non fu mai privazione del diritto di potestà giudiziaria provinciale; fu soltanto provvedimento imposto da imperiosa necessità di governo, e che sarebbe cessato col cessare delle cause che lo provocarono. E queste cause medesime esigettero la temila delle tavole provinciali d'Istria e di Carsia in Lubiana, sotto quel tribunale provinciale. Così venute le cose, seguì la pace di Vienna del 4809, che passò a Napoleone le regioni e provincie, da lui dette provincie illiriche. Le leggi di Francia cancellarono il passato, e nuovo sialo unitario si compose in condizione di provincia dell' impero francese. ( * ) La patente, che ordinava la riformazione delle tavole nel Carnio, è del 24 giugno 1747 : la patente del calastico è del 12 agosto 1747. Nel 1618 era stato formato il Gultenbuch der Landschaffl. I corpi provinciali non erano eguali pel Carnio, per l'Istria e per la Carsia, imperciocché per queste ultime si ammettevano fra i corpi tavolari non soltanto le signorie e le così dette GùUen o beni, ma perfino i semplici affitti, i livelli, gli altari, i cesendelli, gli ospitali e simili corpi, che sono meramente civili, privati, e privi di qualsiasi giurisdizione. ("*) Vedi Valvasor Die Ehre det Herzogthums Kruin, lib. XI, cap. 10. L'imperatore Francesco aveva ceduto le Provincie senza condizione alcuna, e senza alcuna condizione ed in piena e sciolta sovranità ritornarono queste, più tardi, all'imperatore d'Austria, che ne dispose, formando il regno dell' llliria, siccome stato da corona, comprendente Carintia, Carnio, Gorizia, Trieste, Carsia, Libur-nia, Istria, le isole del Carnero e la così detta Croazia civile fino al Savo. Il regno venne ripartito in due governi provinciali, Carnio e Carintia l'uno, l'altro il Litorale. (*) Nelle ripartizioni territoriali, Carsia, Istria, Libur-nia, Gorizia, Trieste furono date al Litorale, Piuka al governo di Lubiana, che dicevano governo illirico. E venendo a forma e rappresentanza, il Carnio ripigliò il titolo di ducato, ed ebbe propria costituzione a stali provinciali. Ma nè il ducato comprese più che l'odierno territorio, nè maggiore estensione territoriale ebbe la rappresentanza, nè Carsia, Istria o Libur-nia, nè Fiume e Trieste, nè i vescovi istriani, nè i comuni chiesero di sedere in quella dieta, nè quella dieta li chiamò a sedersi, nè mai se ne lece alterazione. E migliore comprovazione, che Carsia e Libur-nia non erano incorporate al Carnio, si è l'alio della confederazione germanica. (**) Dovendosi in essa comprendere gli siali che appartenevano all' antico regno teutonico, ed escludendosene quelli che appartenevano all'antico reame ilalieo, nell'alto che si enumerano questi stali, si annovera Gorizia, della quale vengono indicati partitainente i distretti, che formavano il territorio dell' antica contea. Per ciò i non enumerati ne vanno esclusi. Neppure molto si fa di Carsia, Libur-nia ed Istria, allora già nel Litorale, le quali sarebbero slate specificale siccome parli componenti l'impero germanico, quali li-azioni del Carnio, ove in precedenza fossero siate al Carnio stesso incorporale. E quando Fiume fu dato nel 1823 all'Ungheria, ciò seguì senza carico di aggregazione alla confederazione germanica. Non vi figura la ciltà di Trieste, bensì il suo territorio. Ciò però fu equivoco od altro, che facilmente può essere chiarito, il che poi è oggi questione del tutto oziosa. Nel 4848 e 1849, allorché fu costituito l'impero d' Austria ad un corpo unitario di stato, e fu proclamata la conservazione degli stali da corona esistenti e che avrebbero avuto legislatura provinciale, fra questi era il regno d'IIIiria, del quale si annoverarono le parti integranti che lo componevano, cioè Carintia, Carnio, Gorizia, Trieste ed Istria. E qui diremo che 1' I-stria aveva subito combinazioni territoriali svariate. Napoleone vi aveva unito il distretto di Pisino; Latter-ìnann vi aveva staccalo Pisino, Castelnuovo, la Libur-nia, colle quali e colle isole del Carnero, con Fiume e Buccari s'era formata la Croazia civile; all'Istria veneta si erano uniti Sesana, Duino, Monfalcone, Monastero di Aquileja.. Caduta Fiume all' Ungheria nel 1823, si fece altra ripartizione nel 1825. Monastero, Monfalcone, Duino, Sesana furono dati a Gorizia; Castelnuovo, Liburnia, Pisino, Albona, le isole all'Istria; né altri cangiamenti si fecero; nè oggidì possono far- ( ' ) Vedi atti nella Raccolta Cónti, nuli' opera Documenti e nella àioria del Consiglio dei Patrizi di Trieste. (") Vedi atti costitutivi della federazione germanica, Col-Uziune delle leggi giudiziarie 2 marzo 1820. si altrimenti che per legge di slato, e per alti riguardi di stato. Nel 1849 il Carnio chiese di essere avulso dal regno d'llliria, e volle essere costituito in proprio stato da corona. Altrettanto volle Carintia,e l'imperatore accordò. Il regno d'IIIiria fu cosi ristretto, per le due avulsioni, al Litorale. Fu predisposta e fissata legislatura pel ducato1 del Carnio, da sè, ed egualmente pel Litorale. Il quale ebbe una sola dieta, che doveva risiedere in Gorizia. La eillà di Trieste fu dichiarata esente da provincia, e costituita a modo delle antiche città imperiali. Quelle legislature non vennero convocate; lo furono nel 1861, con propria legge elettorale, per la formazione delle diete. Il Litorale, ancorché unico stato 'da corona, ebbe tre legislature e rappresentanze provinciali, la marca, la conica e la cività esente. La legislatura per l'Istria fu per tutto quel territorio che erasi formalo a circolo nel 1825, e che, nello stalo ed onore di provincia, ripigliò il rango e la dignità di marca. Questa è la storia del gius; questa condizione dì provincia legislativa è il gius storico che vige; nè vi ha alcun motivo di alterarlo, per un erroneo concetto del gius storico, promesso nel 1860 e nel 18GI, poiché lina alterazione, quale viene agognala da alcuni Carniolici, contraddirebbe alla storia di 2000 anni, che ci dimostra, non essere mai state fuse in un corpo politico le regioLÌ dell'Istria e quelle del Carnio. ISTRUZIONE ELEMENTARE. ^ Essendoci proposti di parlare della istruzione elementare che s'impartisce al nostro popolo, sappiamo di toccare un argomento serio, un tasto che manda suono ingratissimo; sappiamo chele nostre franche parole riusciranno forse a molli aspre e severe. Noi però nò inventeremo, nè esagereremo, ma diremo cose che sono nella memoria e nella coscenza de'contemporanei, che pochissimi ignorano, e che nessuno che sia onesto e di buona fede oserà contraddire. È assai sconfortante, ma pur è duopo dirlo, che il noslro popolo da cinquant'anni in qua è rimasto sempre ne'lacci de'suoi pregiudizi, delle sue ubbie, e, per dir breve, della sua ignoranza. Nè ciò dee attribuirsi, com"altri per avventura crederebbe, a natura grossa e a tardità d'ingegno, chè invece Vistriano, nato e cresciuto solto una benigna guardatura di cielo, in mezzo alla bella varietà de'suoi monti, delle sue valli, del suo mare, è dolalo di viva e pronta intelligenza, di cuore ardente, di agile fantasia : ma sì piuttosto a cause a lui assolulameute estrinseche, e che noi non esitiamo di porre nella prima istruzione ch'egli riceve nelle pubbliche scuole. Nè parrà temeraria questa nostra proposizione allorché si ricorderà, che nel congresso de' maestri, tenutosi, non ha molto, a Vienna, il presidente Bobies ebbe a proporre la seguente risoluzione: le scuole attuali non rispondono al loro scopo, che fu accolla ad unanimità da una assemblea che noverava non meno di duemila membri. É significativa quella risoluzione, quantunque a noi,, impressionati così sinistramente delle nostre seuole, sia parsa di soverchio timida e prudente. Noi non entreremo nella grande questione che ri-ili'lte la separazione della scuola dalla chiesa, perchè «linài condotla agli ultimi termini del suo scioglimento, se non forse a quest'ora risolta dall'autorità di quanti combattono sotto il vessillo del progresso sociale, di quanti hanno il buon senso per comprendere che quella unione è divenuta incompatibile con le nuove e grandi idee che caratterizzano il tempo; ma diremo piuttosto di alcuni errori che informano il sistema, per la sola ragione che si sconosce il vero scopo a cui è diretta la popolare istruzione. Esso fu accennato da Lei-desdorf nel modo seguente: educare l'uomo perchè sia uomo; - educarlo in modo che sia utile agli uomini;-educarlo finalmente per la sua vocazione. Qui invece s'ignora all'alio il significato di ciò che vale educare. e quantunque la parola si oda incessantemente correre per le bocche, si fa una strana confusione tra l'istruire e Veducare, quasi non vi avesse la più piccola differenza Ira Funa cosa e l'altra, e non si sapesse che l't-slruire riguarda la mente, e Veducare il cuore, non altrimenti che è della sciènza e sapienza, in quanto l'una appartiene alla speculativa, l'altra alla pratica. Se non che l'istruire e l'educare non possono assolutamente disgiungersi, come non è possibile frammettere una barriera tra la mente e il cuore. Nelle nostre scuole però si ha il deplorabile merito di operare questa specie di miracolo, e mentre si insegna a'fanciulli un po' di leggere e scrivere e far di tonto, essi non tornano certo alle loro famiglie nè più mansueti nè più ordinali, nè più rispettosi e cordiali, uè avveduti distributori delle proprie forze, nè previdenti, nè buoni con virtù. Tutto è perchè manca l'intelligenza dell'amore, l'arte ingegnosa d'instillare ne' cuori santi e fruttuosi principi. - Ma almeno l'istruzione, per quanto stremala e superficiale ella sia, provvedesse in modo che un qualche utile ne venisse al nostro popolo; almeno quelli, che e-scono dalle scuole, serbassero, cresciuti in età, un barlume di quanto appresero, per regolarsi un poco da sè nei moltiplici negozi della vita, per non lasciarsi irretire dagli inganni e dalle ipocrite seduzioni de'tritìi, per dare un assetto giudizioso alla propria economia; ma pur troppo nelle lor tenere menti non resta che confusione, freddezza e bujo. Nè è a sperare che quind' innanzi diversamente avvenga, se si continuerà jìegli attuali metodi disacconci e fàlsissimi, se tutto si ridurrà ad un arido materialismo e alla più gretta pedanteria, su alla vernice non si sostituirà la sostanza, se infine non si farà che martellare e stancare la memoria, senza che l'intelletto sia illuminalo da un raggio di luce. Bisogna persuadersi che la scuola elementare è per la massa della popolazione, e che, tranne alcuni pochissimi che hanno il privilegio di sedere nelle prime panche, perchè in veste più linda, e perchè chiamati per la comoda loro condizione a correre la tribolata via degli studi secondari, tutti gli altri sono destinati alla laboriosa e misera vita del campo, dell'officina, del mare. Agricoltori, artieri, e pescatori e naviganti abbisognano senza dubbio di poco, ma convien che quel poco sia nutrizione della mente e del cuore, e non già come fiato sulla superficie di uno specchio che di un subito si dilegua. Abbisognano in principalità di apprendere della propria lingua quel tanto che basti a saper leggere correllamenle, a capire ciò che leggono e a far loro prò delle cose lette. Se non che a ciò si oppongono gravissimi ostacoli, e prima di tutto lo strano innesto della lingua tedesca, che se ha in se un valore relativamente alle nostre scuole è pur troppo quello di gettare lo scompiglio nelle piccole intelligenze dei poveri ragazzi, da rimandameli in ultimo più ignoranti, che non sarebbero, se lasciali per avventura nella oscurità e nella inedia delle loro famiglili. Quest'affare d'impartire l'istruzione di una lingua, che al nostro popolo torna a nulla, è offesa gravissima a quell'intangibile diritto, che se anco non proclamato, come fu nella legge fondamentale sui diritti dei cittadini dello slato, per cui vuoisi che ogni stirpe conservi e coltivi la propria nazionalità e lingua, non sarebbe men sacro e solenne. E noi nazionalità e lingua abbiamo italiana, quale l'avemmo da secoli, e questa sacra eredità dc'nostri padri conserveremo con indomabile amore, per tramandarla incontaminata avventuri. A quale scopo adunque sottrarre alle ventidue ore d'istruzione settimanale della prima classe elementare nientemeno che sette, per far.udire armonie strane e incomprese, non concedendone che uno stesso numero alla lingua nativa? A che la medesima cosa, poco su poco giù, nelle altre classi? A Trento, dove certo non si sosterrà che son« più italiani di noi. s'insegna invece esclusivamente l'italiano, e per ben dodici ore, e non è che nella terza che se ne dedicano all'idoma'tedesco due, e nella quarta tre. Confessiamo di essere molto imbarazzati a decifrare l'enimma di si sciagurato sistema. Non crediamo certo che ciò si faccia coll'intenzione di toglierci il no-i. stro, perchè se fallirono (ante prove, tentate e ritentate in tempi più propizi per siffatte imprese, sarebbe follìa sperarlo oggi, che dei diritti de' popoli si fa una religione, e che primo tra essi è quello della propria nazionalità e lingua. Bla se non è per questo, è forza convenire, giacché noi non vediamo via di mezzo, si voglia ridurre l'istruzione popolana a sterile pompa^ anzi chea stro-mento efficacissimo di civiltà. Altro ostacolo che toglie, che l'istruzione, qualunque ella sia, vigoreggi e fruttifichi, sta nella scelta de' maestri. Noi non faremo nè prossime nè lontane allusioni; diremo bensì che fino a tanto che si affiderà l'ammaestramento ad individui che non abbiano un'adatta istituzione, che non sentano la dignità ed importanza della loro missione, che facciano strazio del bellissimo nostro idioma, che non sappiano inalzarsi ali altezza delle nuove e libere idee, non avremo che deplorare la sorte delle povere nostre plebi, condannale, nello splendore di tanto progresso sociale, ad aggirarsi brancicando fra le tenebre, e a non deporre mai la dura scorza dell'ignoranza. Ameremmo per ultimo che si bandissero dalle nostre scuole certi libri che si mettono in mano a fanciulli, o sciocchi o zeppi di errori, e tutti scritti in una lingua bastarda e rozza che non è certo la nostra, il conte Stadion avea veduto l'inconveniente, ed avea affidato la compilazione di nuovi testi a persone d'ingegno e di cuore; ma dopo lui si fece ritorno a'vecchiumi, perchè quella saggia novità parve ardila e perigliosa. Era qualchecosa che accennava a progresso, e sebbene non fosse che un lampo, bastò per far allibi- n" i pilastri. Do allora però mutarono i tempi. Ora il nostro popolo sente il bisogno d'istruzione, e la chiede e la vuole, quale più gli convenga, ma non imbellettata di forme a cadenza, non inaridita da una meschina pedanteria, non rimpinzata di orpello; sibben scria e schiettamente soda, che lo educhi al culto della probità e del lavoro, al rispetto delle leggi, all'amore del risparmio, della temperanza, della previdenza. Se l'individuo, conchiuderemo con Massimo d'Azeglio, è dappoco, ignorante e tristo, non s'avrà nazione buona, e non riuscirà mai a nulla di solido, di ordinalo, e di grande. (m.) La giunta civica ginnasiale ci comunica il seguente suoallo, relativo ad argomento di grave interesse per la nostra gioventù, studiosa, e noi di buon grado lo pubblichiamo. La sottoscritta deputazione civica, che si fece debito di assistere agli esami di maturità, tenuti presso questo ginnasio alla fine del teste decorso anno scolastico, si conlorma alle disposizioni del §. 120 del piano ginnasiale nello esporre alla eccelsa autorità scolastica alcune considerazioni. Non è suo intendimento di manifestare ora tiriti i suoi desideri rispetto alle varie istruzioni, che s'impartiscono in questo ginnasio, volendo essa, prima di farlo, attingere nuovi dati dal corso delle lezioni nell'anno venturo. Quello, su cui la scrivente dee versare fin d'ora, riguarda l'insegnamento della storia in lingua tedesca. Con leale franchezza va qui osservato, che il progresso si mostrò assai manchevole, e che la causa del difetto non è da ripetersi punto da qualsivoglia colpa, sia dei docenti sia degli scolari, ma unicamente dal fallo che a questi ultimi fu tolto di usare in ciò la lingua materna, eh'è loro indispensabile, per corrispondere alle esigenze di cotesto gravissimo oggetto dello studio ginnasiale. Per quanto la lingua tedesca sia stata assai bene appresa (e conviene proprio farne nota distinta ) nella sua istruzione speciale come lingua, non è possibile richiedere da essa quello che a giovinetti può dare soltanto la lingua materna. E di questa lingua, infatti, che abbisognano supremamente, come si esprime il piano, tulle le altre materie di studio, per le parti loro più ardue ed essenziali, e in particolare poi la storia, dove meglio importa che sì allarghi la mente degli scolari, e per attività propria si svolga, e sicuro e pronto abbia l'officio della parola. Una lingua, non appresa sino dalla infànzia, e che non è parlata nè in famiglia nè in società, o toglie del tulio o tarda di molto negli adolescenti lo spontaneo movimento del pensiero, che pur ha d'uopo tanto di farsi operoso ed a-gile nella disamina dei fatti storici, da raccogliere e collegare sotto quegli elevati principi, a cui deve informarsi l'insegnamento della storia nelle classi superiori del ginnasio. Naturalmente adunque esso dovette mancare al suo compito. Mentre il piano prescrive, che nel ginnasio superiore la storia si alzi a idee complessive degli avvenimenti, nel loro nesso prammatico (§. 39), e assolutamente vuole esclusa da quello una mera ripetizione di ciò che si è insegnato n Ile classi inferiori ( n. S dell* appendice al piano )j qui le difficoltà della lingua non materna costrinsero inesorabilmente a tenersi nella cerchia delle semplici cronologie fondamentali e delle narrazioni frammentarie, spoglie di tutte quelle riflessioni, le quali, giusta il prescritto, dovrebbero mettere nella chiara conoscenza dello sviluppo degli stati e della loro costituzione e coltura. Tutta l'applicazione pertanto convenne riuscisse ad un lavorio di traduzione delle cose già studiate nel ginnasio inferiore, come l'insegnamento della storia più non formasse parte dell'istruzione ginnasiale negli ultimi corsi. Considerato tutto questo e in uno il geloso assunto di tale insegnamento negli stessi rapporti educativi, per cui il piano se ne ripromette i più salutari e più durevoli effetti sull'animo e sul carattere degli scolari, sarà certo giudicata imperiosa la necessità e piena la giustizia di ripristinarlo in questo ginnasio, ritornandogli la lingua italiana, eh'è la lingua materna degli scolari. Con piena fiducia pertanto ne fa la scrivente formale proposta all' eccelsa autorità scolastica. Ciò le torna poi tanto più grato di dover fare, che essa si tiene sicura del nessun danno, a cui sia esposto, per tale riforma, l'apprendimento della lingua tedesca. Perchè questo fosse appieno assicurato, fu già provveduto efficacemente, con una scuola speciale, dalla prima all'ultima classe del ginnasio. E quantunque il piano non costringa ad apprendere che la lingua materna (§. 20). e ad essa e alla seconda lingua viva della provincia, a cui appartiene la scuola, non voglia assegnate complessivamente più di sei ore settimanali ( 1-45 ), qui si è fatto obbligo impreteribile a tutti gli scolari d'imparare l'idioma tedesco, che pur non è proprio ad alcuna parte della popolazione istriana, e gli si è prescritto un orario di quattro e cinque ore per settimana, restringendo quello della lingua e letteratura italiana a tre e a due. Sebbene adunque l'importanza della storia si appalesi, per fermo, così grande, da non poterlesi anteporre qualsiasi vantaggio semplicemente linguistico, comunque prezioso, si ha in questo caso il conforto, che non vi siano pregiudizi di sorta, nemmeno secondari, dei quali preoccuparsi nel provvedere al principale, ossia nel rendere all'insegnamento della storia quanto gli è dovuto. Dopo ciò, e quando sopra 837 inscrizioni, che appariscono nei programmi stampati di questo ginnasio, non ne furono che 7 di scolari, non istriani, i quali si professarono di nazionalità tedesca, pare alla scrivente che sarebbe non solo fuori di bisogno, ma altresì non conveniente, nò giusto, insistere su maggiori eccezioni alla legge per riguardo alla lingua tedesca. La sottoscritta deputazione prende troppo interesse al migliore andamento di questo ginnasio, e troppo è conscia de' suoi doveri verso questa città, la quale concorre così largamente a mantenerlo, e domandò pur tante volte ch'esso fosse intieramente italiano, perchè possa rimanersi dallo esprimere ancora, e col più insistente suo impegno, un così ragionevole desiderio, eh'è inoltre comune a tutta la provincia, come lo attestarono la cessata e la presente autorità provinciale, e che, in o-gni modo, si accorda perfettamente colle norme di quella sovrana risoluzione del 20 luglio 1859, alla quale cedettero tutte le anteriori disposizioni, generali e particolari, nell'argomento, e il cui principio fu poi allarga- to e fuso nelle leggi garanti delle ragioni nazionali dai nuovi ordinamenti dello stato. Essendo infine assai prossima la riapertura delle scuole, si prega codesta eccelsa autorità scolastica di voler trattare l'oggetto in via d'urgenza. Capodistria li 48 ottobre 1867. '.!:;•:..: .:.' ' ; " : itir; Maggia 20 ottobre 1867. (M. B.) Dirà forse alcuno, che l'argomento delle strade si® wi po' indiscreto verso il vostro giornale, avendone già occupate non poche colonne, fino da questi suoi primi numeri. Ma chi lo dice, male si appone, perchè la noja di certi lettovi, desiderosi unicamente di passarsela, non è il miglior criterio a giudicare della opportunità delle cose da discutersi. Le strade debbono ancora, e per un buon pezzo, guadagnarsi l'attenzione di quanti vogliano il materiale e •con esso il morale risorgimento della nostra provincia. Messomi cosi in ordine cogli eventuali censori del mio tema, voglio mostrarvi alla breve, quanto sarebbe conveniente tracciare la strada postale da Trieste a Capodistria in modo affatto diverso da quello che lo è in oggi. (Juesta strada dovrebbe, a mio credere, essere condotta per Muggia, e vi prego di non torcermi il viso, com' io avessi acquistato cotesta idea per l'amore soltanto del mio campanile. Ho piena coscienza di propugnare un interesse tutt'altro che esclusivo del mio comune. Presentemente, e già tutti lo sanno, una buona via metterà in congiunzione Muggia e il nuovo lazzaretto, ed è assai probabile che iìi riconosca la necessità di continuarla da qui verso Trieste, per le saline di Zaule, San l'antaleone, Servola e Sant' Andrea. Tutta la "valle di Muggia è ormai una dipendenza triestina. I cantieri e la costruzione del detto nuovo lazzaretto ne rendono fede, e non è certo utopia il prevedere sempre maggiore un movimento industriale marittimo, eh' è già tanto innanzi su tutte le sponde di questo avventuroso seno di mare. Dopo ciò, io non posso rimanermi dal vagheggiare una strada che pur dall'altro capo proseguisse quella del nuovo lazzaretti, valicando il promontorio d'Olirà nella sua maggior depressione, cioè per la chiesa di S. Bartolomeo, la villa Vittori, le falde del colle dei Millocchi, Gasello, alla riva della valle di Capodistria. e di là continuasse, rasentando il mare, fino a raggiungere la via maestra, che abbiamo adesso, al ponte di Risano. Misurata cotesta strada a ragione di passi, non v'è dubbio ch'essa è alquanto più lunga dell'attuale, da Trieste a Capodistria. Ma se si pone mente, che, rettificato il tratto di S. Michele, come lo si può fare con tutta facilità, non si avrebbe su cotal via che la piccola salita dei Millocchi, vedesi tosto, che il vantaggio dello averla quasi intieramente piana dà perfetto compenso della maggior lunghezza lineare. Tutti conoscono, quanto Tallenti il viaggio quel continuo avvicendarsi del salire e del discendere, quasi dieci volte, nel breve tratto che divide le due città di Trieste e Capodistria. Ma più dell'impiego di tempo, che non varia gran fatto, è a considerare il maggior profitto degli agevolati trasporti delle merci. Su >di una via piana è certo ohe si risparmia sempre una buona metà delle forze motrici. Nè va trascurato il riflesso, che l'attività industriale e commerciale, così di Muggia come di Capodistria, acquisterebbe nuovo impulso, potendo, di tal guisa, partecipare la prima assai meglio alla vita degli stabilimenti di costruzione navate ehe sono più vicini a Trieste, e avendo certo grande interesse la seconda di vedersi finalmente sulle comunicazioni dirette fra la capitale e la provincia. Se penso poi alla probabilità di villeggiature triestine su tutto ìt promontorio d'Olirà. le quali sarebbero tanto più vicine a Trieste che non quelle del Friuli, preferite unicamente per la mancanza nostra di strade, e considero infine gli accrescimenti di prezzo, «he avrebbero tutte le possidenze campestri di quella bellissima contrada, io mi sto convinto di non aver messo innanzi nè un errore nè un sogno. A. voi ora il patrocinare la proposta, se mi toccò la fortuna di farvene persuasi. Pisino, ottobre. (A. C.) Tn mancanza di notizie, permettete che vi dia questa volta un po' di considerazioni su di un argomento, che non è senza valore. La sarà una corrispondenza sui generis, ma qualche eccezione non fa male nemmeno alle osservanze più strette. E chi sa poi che sotto ai riflessi non si stia, per «hi sappia rilevarla, anche qualche coserella di fatto? Mandato innanzi cotesto brandello di proemio, vi dico, che io mi vo preoccupando, da qualche tempo, del modo di avviare un po' di buon gusto anche nelle più piccole borgate della nostra provincia. Possibile che abbiamo a tenere per ribelli ad ogni rimedio certe malattie di selvatichezza? Nelle grandi città si possono assaporare tutti i frutti dell'incivilimento, perchè la concorrenza e i mezzi spingono per ogni verso la perfettibilità umana, e quivi s'hanno incentivi molti ad acquistare il discernimento di ciò che s'addica a vita civile. 1 costumi e i modi s' irradiano poi dalle città maggiori alle cittadelle di provincia in ragione della lontananza, delle relazioni e delle attitudini locali. 1 giornali e i casini di società, ove si passa il tempo in puliti trattenimenti, svegliano il senso del progresso; e se gli uomini ne innalzano il vessillo, non mancano donne gentili, che ne trapuntino le insegne, perch' esso faccia di se più bella mostra. Nè basta, chè il reciproco esempio, il quale talvolta prende le colorite sembianze della gara, anima viemmeglio la vita esteriore, sì che gli stessi zerbini delle città rumorose non saprebbero sempre favorirci i loro sorrisi di pietà. Il guajo è tutto delle borgatelle minori. Anch'esse sono tocche dai telegrafi, e anche per esse la civiltà vuole abbattere le privative, meno quelle del sale e dei tabacchi. Ma, ahimè, che hanno occhi e non vedono, hanno orecchi e non odono, con quel che segue. E se alcun poco veggono e odono, pare che ne imparino il peggio, per comporne un insieme grottesco colle native usanze. Vi ricorda delle spalline d'oro e d'argento sugli omeri dei re della Libia? Non siamo a questa, ma quanto non rincresce talora, che la gente grossa non si stia qual è piuttosto che perdere il pregio almeno della naturalezza. Non è dunque coi guardaroba dei ghetti sociali che vanno dirozzate quelle nature. Nulla di meglio anzi ehe propugnarvi in ogni modo la semplicità dei costumi. Ma così largo non è il mio tema, chè io intendo avvisare soltanto a qualche buona maniera d'ingentilirne lo spirito, mediante te cose di che sogliono tenere maggior rispetto. Qui non v' hanno musei, non teatro, non eleganti ritrovi, non musiche e svariato concorso, ove affinare il gusto. Non troviamo che la chiesa. Ben si capisce, che non vo' parlare di chiesa nè in senso teologico, nè in altro senso qualsiasi, che possa adombrare i reverendi custodi di lei. Intendo della chiesa in senso architettonico, e de' suoi addobbi in senso artistico, nonché delle funzioni religiose, le cui forme pur potrebbero essere belle, semplici, pulite, sode. Vidi io, in una chiesa, certa statua in legno, di mezza grandezza, che versa giù per la veste lagrime grosse come ciliegie. Forse un tempo ci voleva pel popolo di campagna una plastica sì ardita, ma ora, penso, dovrebbe avere anch'esso a miglior partito il comprendonio. C'è in altro luogo un colossale crocifisso, pure in legno, ricolorito, e gli occhi suoi cilestri pajono davvero due grandi prugne, e più direi se non me lo vietasse il rispetto religioso. Un santo, sgorbiato non ha molto, mette veramente raccapriccio, e lui fissano per lunghe ore le pie donne del paese. Ebbene, lo credereste ? molta parte dì quella gente, a vederla, si direbbe tipata sulla brutta effigie. Nè la finirei sì presto, se avessi a rammemorare tutti gli sconci orrendi del pennello o dello scalpello che conosco io in provincia. Per quello che riguarda il canto, in molte chiese esso cade in una nenia così fatta, che oggidì non è proprio lecito soffrire al di qua del Madagascar. Poi capitano gli altaretti, tratti dalle rustiche chiesuole abolite, ed arredi che, a dirli sacri, pare uno scherno. Certo, dinanzi a Dio tanto vale il legno che t'oro. Ma anche nella povertà si può, si deve curare la proprietà, perchè l'idea stessa si fa stramba colle strambe forme. Se non si può essere magnifici, si guardi a un po' di giusta, di conveniente semplicità. L'arte parla sott'ogni forma all'intuito, e quindi ne vengono informati la mente e il cuore. Il pettegolo, il gretto, l'orribile corrompono l'occhio e l'anima. Stringo pertanto queste cose in una proposta, che farò in via di domande. Non sarebbe forse opportuno che tutto che si altieùe alla costruzione e agli addobbi delle nostre chiese di campagna fosse soggetto a revisione ed approvazione di chi sappia.? Non è come un voler tenersi lorde le biancherie sotto le fine vesti questo ripulire soltanto i luoghi più popolosi, lasciando nell'abiettezza le popolazioni che sono più sottratte agli occhi della civiltà festosa? Quella carità civile, che porta ora anche nelle campagne gli asili rurali, non sarebbe giusto e saggio vi recasse altresì un po' di gentilezza e di buon gusto pur nelle forme del culto? Se credete che le domande meritino una qualche risposta, occupatevi dell'oggetto, che io non volli che accennarvi. Pola, ottobre. (k) Una città, la quale, caduta mano mano da grande altezza per tristi vicende, si vide condannata lunghi anni, e senza sua colpa, a stentare una vita di languore, ed ora appena comincia a riaversi e a riacquistare la coscienza della propria importanza, non è meraviglia se debba ancora trovarsi in condizioui morali depresse, e per nulla corrispondenti al grado di floridezza materiale, al quale apparisce avviata. Succede nelle infermità delle nazioni, delle provincie, delle città, ciò che d'ordinario avviene negli individui. Prima di ristabilire nell'ammalato le indebolite facoltà dello spirito, bisogna richiamarne le forze fìsiche : senza di che, per la mirabile connessione esistente fra le une e le altre, non v'è rifiorimento morale che tenga. Questo vi dico, perchè con troppa facilità i nuovi venuti, e specialmente coloro che, spostati loro malgrado da altri centri, per ragioni di pubblico servizio o di privato interesse, prendono qui stabile dimora, scagliano l'anatema contro la città, i cittadini ed il municipio, accusandolo a torto d'infingardaggine e di pochezza. Se pensassero costoro, in quale stato di decadenza trovavasi la città, prima che la sua posizione, e l'ampio e magnifico suo porto, capace di accogliere una possente armata navale, e l'invidiabile cerchia di colline, sorgenti a sua naturale difesa, soffermassero l'attenzione dello stato e Io invogliassero ad intraprendervi tante opere grandiose, - se ponessero mente alle ristrettezze economiche generali del paese, prima che la circolazione del danaro cominciasse a rifluire, - se badassero alla necessità di rinfrancarsi, di ricostituirsi, prima di muovere passi sproporzionati alle forze, - se avessero presente l'esiguità dei mezzi, di cui anche al presente è dato disporre al comune, e ciò non pertanto le varie piaghe risanate, i vuoti riempiti, il nuovo vigore infuso nella vita materiale, non azzarderebbero giudizi cotanto ingiusti ed avventati. Degli errori, e gravi, se ne sono certamente commessi, e bisogna confessarlo. Principalissimo, il getto dei preziosissimi fondi comunali lungo la riva del mare, da un capo all'altro della città, per farne dono all' erario, il quale dei doni delle comuni non dovrebbe punto abbisognare. Ma il male è fatto, e non c'è più rimedio. Speriamo soltanto che simili errori non abbiano per l'avvenire a rinnovarsi più mai. A questo proposito non sarà inutile conoscere, come la pensasse un augusto personaggio, il quale, allorquando gliene venne porta notizia, dicesi abbia argutamente osservato : essere ben ricco il comune di Pola, per donare all' erario tanta copia e bellezza di fondi. Memorabile appunto, e qui specialmente, dove le domande per concessioni ed altre esigenze piovono ogni giorno al comune. Le proprietà, i diritti, e perfino i privilegi comunali vanno gelosamente e con tutto il rigore custoditi ; ed in ciò dovremmo imitare il commendevole zelo de' pubblici funzionari dello stato, i quali non v'è pericolo si azzardino disporre di oggetti erariali, sebbene inoperosi, nemmeno allorquando il disporne ad utile scopo sarebbe per avventura giustificato dalle circostanze, come accadde, non è guari, nell'occasione che il municipio aveva avanzata preghiera, perchè uno de' tanti grossi navigli da guerra, giacenti disarmati ed inoperosi in porto, fosse destinato ad accogliere gl'individui provenienti da luoghi infetti di cholera, onde praticarvi a miglior agio e suffumigi e disinfezioni e riserve. Però, tutto sommato, conviene pur dire che il diavolo non sia così brutto come a prima giunta potrebbe apparire. Se molto rimane a fare, qualche cosa in ogni modo si è fatta. A buon conto, la pubblica elementare istruzione pel popolo, che io considero come l'argomento più vitale, vi è già bene iniziata. Abbiamo una caposcuola maschile e femminile, di recente istituzione, il solo impianto della quale ha costato al comune oltre f.ni 50,000. Edilìzio magnifico, appositamente costruito ; quattro classi e quattro maestri pei fanciulli : quattro classi, e per ora tre sole maestre, per le ragazze ; gii uni e le altre dotati dal comune di buoni appannaggi e di decenti alloggi nello stesso edifìzio. La scelta del personale insegnante non avrebbe potuto desiderarsi migliore, e ne restarono pienamente persuasi quanti curarono di assistere agli esami degli scolari. Buon metodo d'insegnamento, conoscenza ed amore della nostra lingua, paziente costanza nell'aspra fatica, e sopra tutto grande affetto al proprio ministero, ecco quanto ci confortò a concepire le più belle speranze per l'avvenire della nuova istituzione. E non è intenzione del municipio di arrestarsi qui, chè esso vuole anzi, mano mano glielo permetteranno le circostanze, procedere all'istituzione di scuole reali o tecniche, tanto rispondenti alle nostre condizioni e ai destini più avventurosi di questa citta. Abbiamo un ospitale civile, capace di contenere, all'occorrenza, quaranta e più Ietti, nel quale, oltre ai poveri della città e del distretto, vengono raccolti e curati, fino a guarigione compiuta, anche i forestieri. E ben vi so dire, che esso prestò finora servigi utilissimi, in particolare a' poveri operai, che in gran numero, e da tutte le parti, calano quaggiù a cercare lavoro. ' Il fondaco comunale delle granaglie, veneranda reliquia della veneta sapienza, funge qui ancora in piena attività. Vi confesso che vedrei ben volontieri studiata nuovamente cotale istituzione. Questo od altro provvedimento urge davvero al grande scopo di sottrarre il piccolo possidente di campagna alla voracità di certi speculatori. Ve n' hanno (non qui la Dio grazia), i quali, sotto colore di volerlo sfamare nel verno, ossia fornire di biade per le semine, coli'aria più compunta di questo mondo, aprono al misero le fonti della loro liberalità; ma quando egli sia caduto fra quegli amplessi, vi rimane come nella morsa. Tengono certi libracci di partite e contropartite, in cui non la si finisce mai colla lista degli interessi, delle spese ecc., tanto che vanno di anno in anno assottigliandolo ed alleggerendolo del soperchio, e di rubesto eh' egli era te lo rimandano sparuto e affranto, spettacolo miserabile di quanto possa l'amore del prossimo nelle anime pietose dei coccodrilli che vestono panni. Ma tornando a Pola, vi assicuro, che se le cose vanno tuttora zoppicando dal piede più corto, tanto e tanto coli' altro si tira innanzi. Col tempo, colla pazienza e colla buona volontà, le condizioni morali della città potranno essere d'assai migliorate ; ma sopra tutto non bisogna pretendere che si abbia ad avventurarsi a voli troppo arditi, poiché sogliono a questi tener dietro le grandi cadute. Rovigno, ottobre. (e. c. i.) Lessi con interesse l'articolo O. C. di Pirano e ne divido le idee ed i desideri. Il lavoro ivi propugnato è necessario e vi si doveva ben prima provvedere, ommettendo piuttosto altri lavori meno necessari, pei quali si spese un importo quadruplo del preliminato. I dati però, addotti per giustificare l'importanza marittima del porto di Pirano, meritano rettificazione, ad evitare che il lettore non sia tratto in errore. Bisogna distinguere il porto commerciale di Pirano da quello di Portorose, eh' è veramente porto di rifugio. La somma de' navigli e del tonnellaggio, assegnata nell'articolo a Pirano, va divisa fra il primo, a cui appartengono quasi esclusivamente i navigli operanti, ed il secondo, a cui appartengono invece quasi esclusivameute i non operanti. I dati appariscono nelle statistiche riuniti, perchè il secondo, fornito di una semplice espositura, dipende immediatamente dalla deputazione port. sanit. di Pirano. Nell'anno 1863 il movimento de' detti due porti fu dettagliatamente quello che viene dimostrato dal prospetto che qui vi unisco. I dati della vostra corrispondenza di Pirano si limitano ai navigli a vela, e sono precisamente quelli della prima linea dell'ultima rubrica del prospetto stesso. Sottraendo da questi le cifre complessive de'rilasci, che vanno assegnati, come dicemmo, pressoché intieramente a Portorose, viene di gran lunga diminuito il movimento attribuito al porto di Pirano. Schiarita così la cosa, mi gode l'animo in udire ohe sia stata finalmente placidata la prolungazione del molo di quella città. In seguito io vi darò il movimento di altri dei nostri porti, e mi studierò pure di presentarvi delle tavole comparative, per meglio istruire il giudizio di chi vorrà applicare la mente ad oggetto di tanto interesse. Di tal modo, sarà almeno in parte adempiuto il voto, espresso nel Programma della Provincia, per la statistica dei nostri porti. Ecco intanto il progetto, di cui oggi vi ragiono. (*) ri G-l to SO SO to o CO 03 & § SO S-l 1--LO 1 - 5-1 CO 00 13 O c- 51 ro t- CO co -ri E- Z CO CO CO to OS 00 5-1 so OS to H Z SO OS co to s 5-1 «t CO OS to o 2 o f- 44468 ® »-r o E-- CO o SO so B £ o 0 co 1 ^ 1 OS o -5T CO OS 51 * § 2 1- 51 co r-» z 5-1 SO o CO •«t 00 OS o 3 5 la à a © H 68074 66663 irto r--ct-CO 73. £ la o 'sZ à o 95097 to 5-1 t> CO o sq 00 co so - oo OS 5-1 CO 5q 5-1 5-1 Z to co 51 to «a» 5T co 00 00 SI B a o H <» 51 s IO sq 00 CO to CO a> s li T OS CM 5-1 CO to 1 00 —— to co .2 "o 00 Vj < Z 00 a, co 2 « N" Z » #© *© co co. ■< 00 CO oo a 'iZ -c 5 a t- OS o CO 1 t- OS O CO -5 © a a o s § t- OS o co o ^ li s 1 s "bC * s 1 t» OS > ce B co co H B 00 05 to ,. 51 00 sq 1 O . cu 13 Zi * — 00 o •a tu IO SO 65 « H IO SO "t ■U Z r-ce o s 2 SM Z £ 2 5^ OS 00 o 03 Q 3? 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In tutta questa funga serie d'avvenimenti s'intreccia, come dicemmo, la storia dei casi avvenuti al protagonista, e ciò porge occasione all'autore di sbozzare qua e là eleganti dipinture di caratteri e passioni, descrizioni di paesi, di costumi, di abitudini, insomma un quadro svariatissimo, che tien sempre desto l'interessamento del lettore e to conduce quasi inavvertitamente fino al termine dei due grossi volumi che compongono l'opera. Quello che attrae specialmente è la spontanea semplicità dello stile, e una serena filosofia manzoniana, che di sotto alle melanconie del presente alimenta viva e feconda la fede nel progresso e nella giustizia e ti lascia l'animo ripieno di dolce, ma non scoraggiata mestizia. Quest' opera, che diventa la più voluminosa e importante del Nievo, era rimasta ignorata dopo la sua morte, e fu gentile pensiero defli amici del poeta il darle publieità, perocché l'ingegno versatile e robusto di lui si manifesta qui meglio che in ogni allre buo scritto, e la letteratura fa un acquisto doppiamente prezioso. Precedono alcune notizie biografiche, dettate dalli editori, sulla vita rapida e avventurosa del Nievor e alcuni bellissimi sciotti della Fuà-Fusinato sulla immatura morte di lui, avvenuta, come è noto, nel 1861 nel naufragio dell' Ercole, a bordo del quale egli s'era imbarcato a Palermo, per portare a Genova le carte relative all'amministrazione militare dei volontari in Sicilia. Se v'ha, per fermo, vita di poeta, che possa destare entusiasmo e pietà ad un tempo, è certo quella del povero Nievo, tipo della gioventù più generosa. Aveva 29 anni, un nome già simpatico a quanti sono cultori del bello, una gloria conquistata sui campi dell' onore, un avvenire ricco di splendide promesse, quando i gorghi del Mediterraneo gli si serrarono sopra. G. B. La sottoscritta deve avvertire quelli clie le spedirono corrispondenze od artìcoli anonimi, essersi essa proposta di non accogliere cosa alcuna, di cui non le sia noto I' autore, quantunque poi non soglia pubblicare tutto il uoiuc de' suoi cortesi collaboratori, ma le sole iniziali o un segno convenzionale. Quanti finora si tennero anonimi e pure scrissero cose molto utili, vogliano scoprirsi alla stessa, che tanto desidera di conoscere tutti gli onesti compatriotti, disposti a giovarla, per consociarsi l'opera loro. La Redazione. TIP. DI GIUSEPPE TONDELLI. NICOLO' de MADONIZZA Redattore.