Muzikološki zbornik Musicological Annual XXX, Ljubljana 1994 UDK 78(497.12 Koper) "16/17" Ivano Cavallini ALCUNE OSSERVAZIONI Trieste SULLA CULTURA MUSICALE A CAPODISTRIA AL TEMPO DI ANTONIO TARSIA II titolo di questo intervento potrebbe essere formulato in maniera dubitativa per definire crudamente la povertä del contesto artistico entro il quale si colloca Popera di Antonio Tarsia. Esistette, dunque, una cultura musicale a Capodistria nel tempo in cui visse il compositore? Per rispondere al quesito e doveroso valutare il patrimonio di musiche e testimonianze delPepoca, grosso modo la seconda meta del Seicento, anche se tale patrimonio non sembra eguagliare per valore e consistenza la produzione di un secolo prima. I settori che tradizionalmente costituiscono motivo di indagine sono la musica per l'ambiente ecclesiastico, la musica per il teatro e per le case patrizie, la dissertazione accademica e lo studio geografico-antropologico che va sotto il nome di corografia.1 II piü documentato e senza dubbio il primo, con una ventina di numeri a stampa dei secoli XVI-XVII,2 piü un folto gruppo di manoscritti del periodo immediatamente posteriore, tra i quali si trovano gli olografi di Tarsia.3 Sono queste le musiche usate al duomo di Capodistria, su parte delle quali si e esercitato il maestro agli inizi della carriera, acquisendo un'indubbia familiaritä con lo stile concertato degli autori veneziani e padani (si vedano soprattutto i nomi di Sances, Rovetta, Legrenzi, Ivani, Urio e Bassani).4 Nell'economia del lascito, inoltre, sono da computare gli acquisti di altri lavori a stampa, annotati frettolosamente in uno spesario del 1629, per i quali propongo la seguente identif icazione: Matteo Asola, Li passii delli quattro evangelisti 1 Si vedano su quest'ultimo punto GIACOMO FILIPPO TOMASINI. De' commentarj storici-geografici della provincia dell'lstria libri otto con appendice, ms. della Biblioteca Marciana di Venezia, riprodotto in "Archeografo Triestino", IV 1837; PROSPERO PETRONIO, Memorie sacre e profane dell'lstria, ms. dell'Archivio di Stato di Venezia, ed. moderna a cura di G. Borri e L. Parentin, Coana, Trieste 1968, PAOLO N ALDI NI, Corografia ecclesiastica o sia descrittione della cittä e della diocesi di Giustinopoli detto volgarmente Capo d'lstria, Albrizzi, Venezia 1700. 2 Cfr. I'elenco in IVANO CAVALLINI, // libro per musica nel litorale istriano tra Cinquecento e Seicento, negli atti // libro nel bacino adriatico (secc. XV-XVIII), a cura di S. Graciotti, Olschki, Firenze 1993, pp. 103-104. 3 Su cui JANEZ HÖFLER, Motetske kompozicije Antonia Tarsie, "Zvuk", 83 1968, pp. 163-168, ID., Antonio Tarsia - nekoliko dopuna povodom njegove kompozitorske ostavštine, "Zvuk", 115-116 1971, pp. 305-315, e la dissertazione di JASNA LULJAŠIČ, Psalmi Antonia Tarsie, Universitä di Lubiana -Accademia di Musica, mentore: pf. dr. Primož Kuret, anno ace. 1990. 4 CAVALLINI, // libro per musica cit., pp. 102-104. 23 a tre = Officium maioris hebdomadae ... Christi locutio, ternis vocibus (Venezia, Amadino 1595), Stefano Bernardi, Messe a quattro et cinque voci. Parte sono per cappella e parte per concerto (Venezia, Vincenti 1615), Ignazio Donati, Concerti ecclesiastici a due, tre, quattro et cinque voci (ivi 1618), Alessandro Grandi, Salmi a otto brevi con il primo choro concertato (ivi 1629). Considerato il costo, nonche il numero delle parti vocali e strumentali richiesto dal corpus, si potrebbe dedurre che le capacitä professionali della cappella fossero di qualitä apprezzabile. Qualitä confermata dall'altro gruppo di musiche, oggi custodite alia Biblioteca Comunale e all'Archivio Regionale di Capodistria, appartenenti al manipolo dei volumi utilizzati quotidianamente per la liturgia.5 Si tratta di manoscritti preziosi, graduali antifonari e kyriali, accostati a quelli provenienti dal convento di San Bernardino di Pirano - dovuti alia penna del dalmata Frane Divnič6 - e forse da altri istituti simili, vista la presenza a Capodistria di domenicani, francescani, benedettini, capuccini, serviti, terziari glagoliti, ciarisse e agostiniane. Di questo repertorio vanno citati almeno tre volumi con il titolo convenzionale di Credo variorum tonorum (kyriale), Incipiunt quedam miscelanea (contenente antifone e litanie), Vesperale e kyriale. Libri redatti tra Sei e Settecento, nel primo dei quali, in notazione a canto fratto, sono esemplati una serie di messe e credo a discanto e a canone. Le stesura delle parti, nel caso specifico, segue la prassi assai diffusa in Italia e in Dalmazia del contrapunctus planus per sole voci virili (basso e tenore). La loro disposizione e rigorosamente omoritmica a intervalu di lll-IV-V Per quanto concerne poi la messa alle cc. 48 sgg., v'e da dire che sono notati solo i versetti Laudamus, Adoramus, Gratias agimus, Domine Fill, Qui tollis, Qui sedes. Quelli mancanti venivano rilevati daNa cantilena liturgica secondo le norme öeWalternatim, istituendo cos! Palternanza di monodia e discanto.7 La presenza di questi materiali, cui s'aggiungono una trentina di cantate adespote scritte intorno ai primi del XVIII secolo, indurrebbe a concludere che il panorama musicale di Capodistria non fosse poi tanto misero.8 Ma il fatto che Tarsia nei suoi quarant'anni di attivitä abbia composto solo musica sacra non vale a fugare il dubbio proposto all'inizio. Anzitutto non resta alcuna traccia di eventuali rapporti del compositore con il mondo esterno alia cappella (ne quello locale, ne quello delle aree limitrofe come il Friuli, la Dalmazia, il Veneto e la Padania). In secondo luogo sorge il sospetto che egli fosse un professionista sui generis. Un Kleinmeister di spicco senza l'assillo della camera, pago di risiedere nella propria cittä in virtü forse di un'agiatezza garantita dalla sua discendenza nobile. Una condizione anomala rispetto a quella di molti coetanei, i quali, a parita di grado e dotati di qualche abilitä, avrebbero cercato impegni piü gratificanti e meglio retribuiti. Per Tarsia, invece, il mestiere del musicista doveva essere un'opzione ai limiti del buon dilettantismo. E da questo punto di vista il suo impegno esclusivo con il repertorio sacro ricorda la 5 Schedati in JANEZ HÖFLER - IVAN KLEMENČIČ, Glasbeni rokopisi in tiski na Slovenskem do leta 1800. Katalog, Narodna in Univerzitetna Knjižnica, Ljubljana 1967, p. 21. 6 ANTE MATIJEVIČ, Glazbenik Frane Divnič i njegovi korali, "Radovi Instituta JAZU u Zadru", III 1957, pp. 205-233. 7 Cfr. la descrizione in IVANO CAVALLINI, Musica, cultura e spettacolo in Istria tra WO e '600, Olschki, Firenze 1990, pp. 45-49. 8 Sulla serie dei maestri attivi alia cappella cfr. GIUSEPPE RADOLE, La musica a Capodistria, Centro di Studi Storico-Religiosi del Friuli-Venezia Giulia, Trieste 1990, e JANEZ HÖFLER, Glasbeniki koprske stolnice v 17. in 18. stoletju, "Kronika", XVII 1968, pp. 140-144. 24 repulsione di alcuni personaggi nei confronti del melodramma. Mi riferisco al veneziano Benedetto Marcello, il quale, da una posizione di privilegio, evitö il rapporto duraturo con le scene preferendo altri tipi di musica. Tale scelta di campo, per quanto rigorosa, non imped! a Tarsia di abbracciare talune formule appartenenti alia concezione "secolare", alia stregua di tanti altri colleghi compositori (anche nella pittura erano molti gli artisti avvezzi a illustrare i soggetti sacri con elementi di marca profana, non Ultimi quelli venati di erotismo). A questo criterio risponde piü degli altri un lavoro giovanile del maestro, sul quale vorrei aprire una breve digressione prima di formulare alcune ipotesi sulle musiche di ambito profano a Capodistria. II dialogo Peccatore ammaliato, questo il brano in parola datato 1660, si qualifica come un raro esempio locale di musica con toni drammatici da usare per le devozioni.9 AlPepoca la titolazione di dialogo era intercambiabile con quella di oratorio. Come ricorda Frits Noske,10 accadeva spesso che un pezzo di breve durata fosse chiamato oratorio e i brani del medesimo tipo, ancorche di dimensioni piü lunghe, portassero la denominazione di dialogo. Inoltre i dialoghi latini e volgari non erano mai riuniti in pubblicazioni a se stanti, venivano bensi allegati a vespri e mottetti creando tutt'oggi non poche difficoltä di reperimento. A complicare I'interpretazione del fenomeno entra in gioco la diffusione delPoratorio a Venezia e nella sua provincia, avvenuta in ritardo rispetto a Roma e ad altre cittä. In una recente ricerca Maria Girardi11 ha accertato che i primi lavori risalgono al 1667 e anche a voler considerare il dialogo come un "incunabulo" delPoratorio, e indubitable che la sua espansione a Venezia prende il posto delPoratorio primitivo e che esso convivrä in seguito con un modello agiografico in lingua italiana, influenzato, per non dire "corrotto", dall'opera. Con il suo pezzo Tarsia si ritrova in buona compagnia. Numerosi gli autori ad avere utilizzato il dialogo dopo gli esemplari di Barbarino, Anerio, Quagliati, Cifra, Grandi e Tarditi.12 Tra le suggestioni esercitate sul Nostro si potrebbero enucleare, per contiguitä, quelle provenienti dal circuito veneziano. La dimestichezza con la musica di Giovanni Legrenzi, presente nell'archivio con i Concert! musicali per uso di chiesa (1654) e con YHarmonia d'affetti devoti (1655),13 costituisce in tal senso un'ottima traccia. La seconda delle due collezioni include il "Dialogo delle due Marie" (Quam amarum est Maria), brano che potrebbe essere servito come modello al giovane Tarsia, anche se e maggiormente incisiva la parentela melodica della sua composizione - una somiglianza forse casuale - con il Dialogo dell'Anima di Anerio (cfr. Pincipit), collocato nel celebre Teatro armonico spirituale del 1619.14 9 Cfr. la trascrizione e il commento in RADOLE, La musica a Capodistria cit., pp. 50-51 e appendice. 10 FRITS NOSKE, Sul Dialogo latino del Seicento. Osservazioni, "Rivista Italiana di Musicologia", XXIV 1989, pp. 330-346:337. 11 MARIA GIRARDI, Per una definizione delle origin! deil'oratorio a Venezia e i libretti per oratorio di Bernardo Sandrinelli, "Rivista Internazionale di Musica Sacra", XIII/1-2 1992, pp. 112-149. 12 HOWARD E. SMITHER, A History of the Oratorio. The Oratorio in the Baroque Era. Italy, Vienna, Paris, vol. I, trad, italiana Jaca Book, Milano 1986, pp. 87-122. 13 Le due stampe sono dell'editore veneziano Alessandro Vincenti. 14 SMITHER, A History of the Oratorio cit., p. 114. E' da escludere che Tarsia si sia avvalso degli oratori di Legrenzi, composti a partire dal 1665, sebbene tra i titoli del maestro veneziano compaia, non datato, La vendita del Cuore umano a quattro voci e di argomento allegorico; cfr. UMBERTO SCARPETTA, "La vendita del Cuore umano". Oratorio in due parti di Giovanni Legrenzi, "Rivista Internazionale di Musica Sacra", I/4 1980, pp. 477-508. 25 Dal punto di vista dell'argomento il pezzo del maestro Istriano appartiene al tipo piü diffuso di dialogo, ossia al tema del peccatore redento con le figure allegoriche delPangelo e delPuomo. Anche in questo brano gli interlocutori imbastiscono una scena ideale. Essa mira a edificare l'animo dell'ascoltatore mediante versi di tono morale infarciti di termini cari al marinismo. II testo allinea immagini crude, di effetto immediato, con citazioni scientifiche e teologiche derivate da quel settore della urica secentesca che indugia volentieri nella descrizione anatomica.15 L'esile "vicenda" pone Pangelo di fronte al peccatore, che si risveglia al richiamo della creatura celeste dopo aver "trangoggiato" il sonnifero dell'inferno. L'"alata sentinella" invita l'uomo a tramutarsi da "verme" in sole, una metamorfosi che nessuno puö capire, voluta da un Dio alchimista la cui bonta e "pane immarcescibile". A sua volta l'angelo rappresenta la volontä superiore in chiave geometrical quale "picciolo cielo", "sfera d'amore" e "centro di deitä". La disposizione del brano ribadisce l'usanza di alternare le due voci sullo stesso pentagramma, angelo-soprano e uomo-tenore, sino alia stretta finale in forma di duetto. Si tratta di una monodia retrospettiva, in quanto non dotata di un impianto a recitativo piü aria e fondata sulla distribuzione di frasi che rispettano la cadenza versale. Le parti segnate dal tempo binario hanno una fisionomia cantilenante. L'autore vi introduce alcuni madrigalismi (alle parole-chiave "raggio", "scuote", "transiti"), e conferisce alle frasi in 3/4 (o 3) un'intonazione piü fluida. II duetto conclusivo e in forma latamente strofica (A A1 B), le due voci vi scorrono a imitazione e tornano quindi all'omoritmia. E' difficile stabilire come e quando Tarsia abbia usato codesto lavoro. In virtü della sua "teatralita" non e del tutto peregrina l'ipotesi che il musicista se ne sia servito per qualche rappresentazione scolastica (sul modello delle musiche per i collegi gesuitici, come suggerisce Janez Höfler) o per una delle tante stazioni del Corpus Domini, quando i capodistriani allestivano delle scene a mo' di sacra rappresentazione (cosi il dettato del vescovo Tomasini nei Commentary. "Nella solennitä del Corpus Domini usano quelli delle ville portar mazzi d'erbe odorifere e fiori d'ogni sorta, con che copruono ed ornano al suolo delle chiese e strade per dove ha da passar la processione [...]. Nei luoghi piü cospicui usano di adornar le strade e finestre con tappezzerie, vesti di seta e quadri di varie sorta, e in alcuni luoghi formano certe cappellette ed altari, rappresentando intorno qualche mistero sacro ed azione e martirio dei santi; ciö a Capodistria, Pirano, Buie ed Isola").16 Oppure, in mancanza di un luogo di preghiera come l'oratorio, questa musica poteva essere intonata in qualche cappella o casa patrizia, affidando l'esecuzione del basso continuo a tiorba, violone e cembalo. Per quanto concerne il riferimento al dialogo latino di Legrenzi, va precisato che l'analogia formale con la musica di Tarsia si evidenzia nella divisione a episodi: una volta ancora imitativi con il movimento a due e fortemente omoritmici con il movimento a tre. La sola differenza e costituita dalla minore verve drammatica in Legrenzi,17 il quale predilige il normale duo senza concedere interventi separati alle due voci. 15 GUIDO BALDASSARRI, "Acutezza" e "ingegno": teoria e pratica del gusto barocco, in Storia della cultura veneta, 4/I, Neri Pozza, Vicenza 1983, pp. 223-247. 16 TOMASINI, De' Commentarj cit., p. 74. Ringrazio il professor Höfler per il suggerimento. 17 GIOVANNI LEGRENZI, Harmonia d'affetti devoti cit. 26 Per tornare al proposito iniziale, va ribadito che del patrocinio concesso da accademie e nobili alle forme di musica profana, nonche al teatro comico e pastorale durante il periodo 1550-1650, non resta quasi traccia nelPetä di Tarsia. Nella lunga stagione degli accademici Risorti (1646-1699), e in quella effimera dei Divertiti (1698), Capodistria assiste al graduale assopirsi della musa letteraria e musicale. I giovani sfoggiano testi d'occasione dal tono erudito per blandire una retorica fine a se stessa.18 Anche se annualmente quattro di loro vengono sorteggiati per proseguire gli studi alPUniversita di Padova, e dal 1698 entrano nel Collegio dei Nobili ove si insegnano tra le altre discipline la danza e la musica, appare alquanto infiacchita la passione intellettuale elogiata a suo tempo dalPumanista piranese Giambattista Goineo ("ad litteras vero a natura quasi facti videntur Istri", De situ Histriae I i bel I urn).19 Troppo facile, a questo punto, ritenere che la causa di tale caduta di interessi sia da ricercare nelle difficoltä economiche o nella debole salute della regione afflitta da malattie endemiche. L'argomento merita invece una diversa considerazione, da basare sul confronto tra la fortuna dell'opera in Italia e la mancata diffusione nella quasi totalita dei paesi delPAdriatico Orientale, dopo i fasti del teatro intersecato da intermedi in musica, di cui si ha memoria a Capodistria, Albona, Cherso, Zara e Trau.20 A questo riguardo e da notare che dal 1650 almeno quaranta cittä italiane, suH'esempio principe di Venezia, avevano eretto teatri stabili per feste e melodrammi.21 Le compagnie dei musici percorrevano il paese, coprendo distanze -quali Roma-Venezia o Parma-Napoli - che in termini di tempo erano ben superiori al viaggio via mare da Venezia a Capodistria (circa quindici ore con il tempo buono). E' da escludere dunque che il viaggio in galea rappresentasse un pericolo piü grande, o un onere maggiore, rispetto a quello in carrozza. Tanto per fare un esempio, la cittä di Ragusa (Dubrovnik) invito piü volte gruppi di musici e cantori dall'ltalia. In un paio di časi, poi, furono i musici nativi e gli stranieri residenti a dare il suono ai libretti di Junije Palmotič (si vedano i drammi Atalanta e Pavlimir, del 1629 e del 1632, per la cui musica lavorarono Lambert Courtoys j'r. e la compagnia degli Isprazni).22 Con ogni evidenza ciö dipese dal gusto e dalla volontä dell'oligarchia ragusea. Mentre nel medesimo settore i legami culturali tra I'lstria e le Venezie si attenuarono di molto. A opinare che si trattö anzitutto di una carenza di ordine "spirituale", soccorre I'esame dei motivi profondi che determinarono il successo del 18 BACCIO ZILIOTTO, Accademie e accademici di Capodistria (1478-1807), "Archeografo Triestino", s. IV, VII 1944, pp. 149-167 e in questo vol. ANTONIO TRAMPUS, L'accademia, /'Arcadia e la figura di Antonio Tarsia. 19 BACCIO ZILIOTTO, Provvidenze a favore degli študenti universitär'! istriani dal '400 all' '800, "Atti e Memorie della Societä Istriana di Archeologia e Storia Patria", n.s., Ill 1954, pp. 147-157; su Goineo e la sua descrizione degli umanisti capodistriani cfr. SILVANO CAVAZZA, Umanesimo e riforma in Istria: Giovanni Battista Goineo e i gruppi eterodossi di Pirano, negli atti U Umanesimo in Istria, a cura di V. Branca e S. Graciotti, Olschki, Firenze 1983, pp. 90-117. 20 A titolo di richiamo, per Capodistria e Cherso, si veda il mio Musica, cultura e spettacolo in Istria cit., i capp. IV e V; per Albona BACCIO ZILIOTTO, Tranquillo Negri rimatore albonese del secolo XVII, in "Atti e Memorie della Societä Istriana di Archeologia e Storia Patria", XXV 1910, pp. 285-316; per Trad IVANO CAVALLINI, Recherches sur les intermedes pour le S. Giovanni, vescovo di Trau de Girolamo Brusoni (Trogir, 1656-1658), negli atti The Musical Baroque, Western Slavs, and the Spirit of the European Cultural Communion, ed. by S. Tuksar, HAZU, Zagreb 1993, pp. 75-83. 21 LORENZO BIANCONI, // teatro d'opera in Italia, il Mulino, Bologna 1993, pp. 12-16. 22 ENNIO STIPČEVIČ, Hrvatska glazbena kultura 17. stolječa, Književni Krug, Split 1992, pp. 30-42: 36-37. 27 teatro d'opera in Italia. Sia nel caso del fenomeno impresariale, la messa in scena a Venezia per apparenti motivi di lucro, sia nel caso della committenza patrizia o mista (nobile-borghese), "il vero destinatario dello spettacolo [fu] il promotore", vale a dire i ranghi elevati della societä.23 Per i quali il melodramma non costituiva una fonte di sicuro guadagno, ma un autentico rischio economico. Rappresentava piuttosto uno status symbol, una consuetudine della classe dominante. E a fronte di tale constatazione si potrebbe arguire che piü che la musica, vista la presenza di Tarsia e la relativa facilitä di contatti con Venezia, venne meno la volonta della civitas, incapace di godere anche di quei piccoli drammi senza scena che sono le cantate, fatte per dilettare i convivi di palazzo. Naturalmente queste sono ipotesi che attendono una piü ampia verifica, per la quale sarebbe da suggerire a mo' di correttivo l'aforisma "Dio non ama che si traggano insegnamenti dalla storia piü recente" (Elias Canetti). POVZETEK Članek obravnava glasbeno dediščino, ki je ohranjena v koprskih arhivih, ter vrsto zgodovinskih dokumentov, ki lahko pomagajo pri vrednotenju glasbene kulture v glavnem mestu beneške Istre v drugi polovici 17. stoletja. Že sama konsistentnost cerkvenega repertoarja in dejstvo, da je Antonio Tarsia kot najbolj vidni skladatelj svojega časa pisal glasbo za stolnico, navajata k domnevi, da je bil umetniški razvoj v Kopru v polnem zatonu. Plemiški krogi namreč niso več pospeševali različnih oblik glasbe za gledališče in niso sprejemali melodram iz matične beneške dežele. Ta fenomen je značilen tako za Istro kot za Dalmacijo, z izjemo Dubrovnika, katerega oligarhija je bila veliko bolj odprta vplivom, ki so prihajali iz Italije in ostale Evrope. Edina skladba mladega Tarsie, ki vsebuje nekaj elementov dramatičnosti, je dialog Začarani grešnik, ki z dvema glasovoma in generalnim basom odseva kompozicijski način sodobnega oratorija ter - kar zadeva besedilo - vpliv poezije neštetih posnemovalcev Giambattiste Marina. 23 LORENZO BIANCONI - THOMAS WALKER, Production, Consumption and Political Function of Seventeenth-Century Italian Opera, "Early Music History", 4 1985, pp. 215-243, ora in trad, italiana nelPantologia La musica e il mondo. Mecenatismo e committenza musicale in Italia tra Quattro e Settecento, a cura di C. Annibaldi, il Mulino, Bologna 1993, pp. 221-252: 250. 28