NNO XXIII. Capodistria, 1 Ottobre 1889. N. 19 LA PROVINCIA DELL'ISTRIA Esce il 1° ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3; semestre e qua-irime»tre in proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso la Redazione. Ristauro di San Giusto Ritorno come ho promesso all'argomento: argomento importante davvero. Trattasi di ristaurare ii vecchio San Giusto : vari disegni sono ventilati, chi propone una cosa, chi l'altra : consultata la società d'ingegneri ed architetti diede il responso che leggesi a pagina 166 e seguenti dell'Archeo-grafo triestino Volume XV Fascicolo primo. In sostanza la risposta è conforme al canone degli ingegneri e architetti italiani radunati a Roma nel 1883. — I monumenti architettonici devono venire piuttosto consolidati che riparati, piuttosto riparati che ristaurati, e in ogni caso si devono col massimo studio evitare le aggiunte e le rinnovazioni — Non diversamente si espresse Federico Harison a Londra — „Gli edilizi storici, i quali fanno parte del retaggio nazionale, essendo consacrati dal passato e dedicati all' avvenire, sono sottratti all' arbitraria manomissione del presente — Fondata su questi priucipì la benemerita Società triestina con-chiude — Chiaro pertanto risulta che a San Giusto quale monumento patrio si deve por mano con la massima cautela, rispettando per anco molte cose, che nulla offrono di estetico ; ma che hanno il solo pregio dell'antichità.....D'altronde è pur troppo vero che ci sono eziandio delle cose bruttissime, introdottevi negli ultimi secoli, massimamente in tempi a noi assai vicini, le quali contrastando col rimanente del vecchio monumento, sarebbe utile e decoroso che venissero cangiate..... Adunque conchiudo anche io, si ponga mano al ristauro di San Giusto primo con un criterio storico, secondo estetico, e terzo liturgico, tenendo scrupolosamente conto del passato, e in seconda linea dei bisogni della cresciuta popolazione e dei mutamenti liturgici. Il criterio poi, come è evidente, Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Un numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. abbraccia anche le ragioni del sentimento. Il nostro San Giusto sarà brutto, sarà gobbo se volete; ma come di frequente, degli uomini si dice, è un bel gobbo. Videant Consules, perchè, come già si è cominciato negli ultimi scandalosi l'istauri del 1843, non me ne facciano un brutto gobbo. E tale diverrebbe a mio avviso se si seguisse il programma di concorso pubblicato nel 1887 dal comitato, promotore del l'istauro — Spingere più innanzi il duomo sul piazzale, e alzare una nuova facciata — In questo caso è troppo evidente che sarebbe alterata 1' euritmia dell' antica basilica. Come armonizzare di fatti la nuova lunghezza della nave di S. Maria, o come è detta oggi del Sacramento, con la relativa strettezza, e poca profondità dell' absida, che è la parte più antica e che deve essere assolutamente rispettata? E come risolvere il problema del campanile? Meno ancora è attendibile il progetto di abbattere l'attuale navata centrale, e ridurre tutto come prima dell' unione delle due chiese effettuata nel 1300 dal vescovo Pedrazzani da Cremona. E in un caso e nell' altro le ragioni storiche, estetiche e liturgiche non sarebbero punto osservate. Si lasci adunque San Giusto quali' è, e solo, secondo l'avviso della Società degli architetti ed ingegneri, si dia mano ai necessari l'istauri. E prima di tutto la trasformazione della tribuna della navata centrale. Così, come è, dopo i ristauri o meglio le deturpazioni del 1843 è la negazione del buon senso e dell' arte. Tali sono i rosoni nella volta dell'absida, come in un atrio teatrale, il soffice seggiolone vescovile, tra gli stalli del clero, le due porte laterali che mettono alle due sagrestie, le cinque tele del martirio di San Giusto, e qualche altro dettaglio. L'absida dovrebbe essere invece decorata con dipinti imitanti il mosaico, in modo da armonizzare coi due laterali mosaici ; come testò si fece sopra l'aitar maggiore di Sant'Eustorgio a Milano. Le cinque tele di San Giusto dovrebbero essere rimosse, e collocate altrove, magari in una civica pinacoteca. Il soggetto da trattarsi non è poi indifferente. Il martirio di San Giusto no, chè sarebbe una ripetizione dell' encausto dietro all' altare del protettore. Il tempio, se volgarmente dicesi di San Giusto è però dedicato alla Vergine. Dunque al luogo degli attuali rosoni un' apoteosi della Vergine immacolata, con di qua di là un corteo di angeli e santi, e tra questi Giusto e Sergio in prima linea. Cosi sarebbero osservate le ragioni storiche e giustificato nello stesso tempo il titolo popolare della chiesa. L'altare poi a mio avviso, con qualche modificazione, deve essere conservato qual è, senza ciborio e colonne ; un' imitazione dell' aitar maggiore della basilica eufrasiana di Parenzo richiederebbe la cattedra vescovile dietro l'altare stesso e ciò panni per più ragioni inconveniente oggi. La nave centrale fu eretta dal Vescovo Pe-drazzani nel 1300, appunto al tempo, in cui, in tutte le cattedrali i Vescovi Conti vollero trono, e una mise en scene davanti all' altare. E così vedesi anche oggi in tutte le cattedrali gotiche: non si dimentichi che la nave centrale col suo bel rosone presenta appunto i caratteri di questo stile. Nè mi oppongano il San Pietro di Roma. Date a San Giusto lo sfondo di San Pietro, e quindi il necessario spazio per muoversi al clero, secondo le attuali esigenze liturgiche pompose, e solo allora potrete voltar l'altare, e collocare la cattedra vescovile di dietro. Converrà però rendere più maestosa ed alta la cattedra attuale dinanzi all' altare, e collegarla con gli stalli del coro che devono continuare di qua e di la e secondare la curva al luogo delle due attuali porte laterali che mettono alle sagrestie. Nel centro poi, tra gli stalli del clero, al luogo della -poltrona non storica si alzi in legno uno stallo pel vescovo, in cui siederà tutte le volte che il rito non richiede la sua presenza in cattedra. '*) E le porte ? si domanderà. Oh le porte sono un'altra barbarie del l'istauro del 1843! Basti dire che, collocate come sono sull'asse dell'altare stesso, diventano una minaccia perpetua nei giorni di bora di raffreddori pel celebrante, e quel che è peggio compromettono la stabilità dei sacri misteri. Ed io scrittore mi sovvengo che il vescovo Legat, Dio lo riposi, buon uomo, ma furiosetto, per via di quelle benedette porte più volte nei più solenni momenti, ebbe a perdere la pazienza. E dove collocarle? Altro problema da sciogliere. Non però tanto difficile. Durante le sacre funzioni (e ciò crescerà pompa al rito) esca il clero dall' attuale porta accanto all' altare di San Nicolò, e percorso lo spazio davanti all' altare di detto santo e di San Giusto entri quindi nel presbiterio. S'intende che detto spazio chiuso da cancelli non sarà occupato dal pubblico, al quale daremo in compenso altro luogo da occupare, e una migliore visuale, come si dirà subito. Lo stiparsi di fatti del popolo, e specialmente di chi ama anche vedere, soli' alta piattaforma delle navate laterali, proviene dagli stalli troppo alti nell' antecoro, occupati dal Municipio ed altre autorità civili e militari. II collocamento attuale degli stalli de' magistrati al livello del presbiterio è contrario a tutte le convenienze, nè si vede che assai di raro altrove. Nel antecoro, sedeva un tempo il clero minore e in luogo più basso. Nè con ciò intendo di togliere alle autorità civili, e specialmente al magistrato patrono, un diritto ; siedano questi in luoghi distinti, ma più bassi in modo che al di sopra del dorsale delle sedie, scorra libero lo sguardo del popolo dalle navate laterali all'altare maggiore. Questa è condizione essenziale di basilica; senza di ciò è turbata l'euritmia. Causa quei benedetti stalli oggi è rotta l'unità; l'occhio non può abbracciare l'assieme; e le due navi laterali in tempo di funzione rimangono pel popolo due corpi di fabbrica staccati. Questa è riforma indispensabile,; ed io sono certo che i nostri onorevoli si adatteranno facilmente a sedere un metro più al basso, e non vorranno in questi tempi democratci misurare 1' altezza del loro grado dalla maggiore o minore elevazione sopra le teste delle donniciuole. Al più, al più, si potrebbe fare un' eccezione pel magnifico podestà. E così sempre come eccezione, consiglierei all' architetto di disegnare una porticina quasi segreta, dietro l'altare, a comodo dei Reverendissimi Canonici, che amano tutti i loro comodi, e sentono il bisogno di frequenti corserelle. Così il presbiterio riformato, co' suoi amboni dinanzi e chiuso da nuovi balaustri con croci od altri simboli cristiani, rimarrebbe, come di regola, riservato al clero, nè si ripeterebbe come oggi, il grave inconveniente di una vera irruzione del popolino, in certe occasioni, irrompente per le porte attuali ad occupare perfino l'altare e la cattedra vescovile. Passiamo nella navata di Santa Maria, ossia del Sacramento. Rammentiamoci sempre che questa è la parte più autica di San Giusto ; daccordo quindi coi signori della commissione delegata riconosco l'opportunità di ripristinare le finestre antiche, e di allon- tanare il presente altare magnifico, ma barocco, troppo grande. Qui sì vorrei vedere un'altare imitante l'antico, con ciborio, sostenuto da quattro colonne; invece di tabernacolo alto, sotto il ciborio o baldacchino di marmo sulla mensa dovrebbe alzarsi di poco una custodia del Sacramento in forma rotonda. tale quale si vede secondo il rito ambrosiano nella basilica di Sant'Ambrogio a Milano. Certo la nuda mensa come nell' Eufrasiana, sarebbe più conforme allo stile basilicale ! ma non si ha a dimenticare, che nelle attuali condizioni, questa non è più l'ara massima della navata centrale; e che d'altra parte sarebbe inconveniente, come propone il relatore di trasportare in altra cappella 1' altare attuale del Sacramento. Di cappelle ce ne sono già troppe. E che farne dell' altare barocco ? La confraternita del Sacramento che credo ne sia la proprietaria, potrebbe alienarlo a qualche altra chiesa, che ne avesse bisogno, e concorrere così alla spesa del nuovo. Poi già troppi sono i raffazzonamenti in Sau Giusto, per conservare in un luogo ciò che si è rimosso come inconveniente da un altro. Tale quell' ammasso di marini, accanto al Tesoro della cattedrale e che non è che il vecchio altare della nave centrale prima del l'istauro del 1S43, e che io rammento benissimo di aver veduto al suo luogo sotto gli affreschi dell' ab-sida abbattuta. La cantoria poi, prolungata dalla nave centrale fino sopra la porta laterale, nella navata | di Santa Maria deve essere riformata o meglio soppressa. È necessaria, dicono, per gli Slavi che vi sbraitano sopra. Vegga lo spettabile municipio patrono se sia decoroso per la città, conveniente alla severa maestà del culto in una cattedrale, e consentaneo alle tradizioni di San Giusto, l'uso d'altra lingua che non sia la latina tra le mura della veneranda basilica. I canti in lingue volgari sono tollerati nelle chiesa minori ; non nelle cattedrali. Cantino in pace gli slavi a Servola, a San Giacomo ; a San Giusto nè cantici slavi, nè italiani, siamo giusti. Ad una chiesa monumentale si conservi la maestà del rito: anche i mosaici, anche le colonne per Dio! hanno voci; facciano di non stonare con le nostre; abbia almeno mi tempio Trieste, dove tutti si sentano uniti in un sentimento, e i cuori abbiano accalorati dallo stesso affetto senza le doccie a freddo della politica. Ancor due parole sui restauri della nave di S. Giusto. Tutte le proposte della benemerita commissione sono da accettarsi ad occhi chiusi ; un' altra riforma indispensabile aggiungo. Se 1' altare del Sacramento è troppo grande,certo gli architetti vedranno che non meno è inconveniente la gigantesca statua di San Giusto,, bella bellissima del Ferrari ; ina che non è al suo posto, e turba l'armonia delle linee. Anche qui è necessario abbassare ; un semplice altare basterebbe e senza statua nel mezzo, la quale è anche liturgicamente un di più ; perchè al Santo sono già dedicati gli encausti torno torno all'absida. L'altare dovrebbe essere semplice poi e in forma di tomba, eretto in modo da potersi scoprire nel natalizio del Martire, affinchè ne siano visibili le reliquie. Perciò dietro alta mensa si collochi, come era prima del 43, l'antichissimo marmo con le colombe e altri simboli cristiani, e che fu barbaramente rimosso, e collocato nel vicino museo, per dar luogo ad altro bassorilievo rappresentante l'arciduca Massimiliano in atto di fiaccarsi il collo a Sant' Andrea e salvato da San Giusto. Questo miracolo aulico del santo, è poi oggi un' ironia un' offesa al sentimento religioso, e scema la pietà popolare verso il principe infelice. E per vero viene spontanea la domanda: perchè San Giusto non fece un secondo miracolo, e non lo salvò poi dalle palle dei fucili messicani? Lo ripeto, l'altare, come è oggi, è una profanazione, un testimonio della cortigianeria d'altri tempi. E poiché il principe infelice ha lasciato di sè buona memoria a Trieste, si raccolga pure, se così credesi, bassorilievo e statua del Santo, quale memoria storica iu una delle tante cappelle laterali, per esempio sull'altare così detto di S. Giusto vecchio accanto alla cappella del tesoro ; e si ristabilisca San Giusto patrono dello storico comune, senza altri incarichi di seconda mano! Questi a mio avviso i restauri necessari e reclamati dalla storia, dall' estetica, dal culto. E innanzi tutto non radicali riforme, non prolungamenti. Lasciate San Giusto qual è, col suo piazzale dinanzi, con la facciata semplice, rimovendo subito, e collocando altrove i busti enei che ci fanno la figura di teste da barbieri. E se Trieste abbisogna di un Duomo più ampio, si fabbrichi altrove, come si à fatto a Brescia e in altre città minori. Da quelle semplici mura allo stormire delle fronde vicine, con quel mare dinanzi, da quella religiosa pace un nume parla, e nutre le civili e le cristiane virtù; perchè i ruderi del campidoglio ci ricordano Roma, e le tombe dei nostri martiri pure. Non raffazzonamenti, non grette pompe moderne di stucchi, non chiasso di colori. E quando i sassi non stoneranno più ; si provveda anche a far cessare le stonature degli uomini ! P. T. La Maglia di livore ei 1111 poemetto dei sec. XIV Dei molti ed interessanti studi di storia patria, contenuti nell'ultimo fascicolo dell'Archeoymfo trie- stino, apre la serie queir illustrazione di Trieste eli' è Attilio Dr. Hortis stampando per la prima volta un poemetto in versi latini dal titolo." Castellani Bassia-nensis Venetianae pacis inter Ecclesiam et Impera-torem libri II. Non tanto pei fatti storici generali che il poemetto contiene, quanto per il fatto speciale della battaglia di Salvore (1176), e per le difficoltà che alla pubblicazioue di esso si congiungevauo, credo valga la pena se ne discorra qui brevemente. Il poemetto del Castellano Bassanese è diviso in due libri che comprendono in tutto 1226 esametri, distribuiti (non si sa se dall' autore stesso o da qualche ammanii ense posteriore) in 50 capitoli o parti più o meno lunghe. Dalla Nota 3 (p. 50) ricavata dal codice di Marin Sanuto apparisce che il poemetto fu scritto nel 1343; mentre dal contesto del penultimo capitolo (scrissi 154 anni dopo la pace) sembra ch'esso venne esteso nel 1331. Visto che il poemetto viene dedicato dal poeta a Francesco Dandolo che resse il dogado del 1328 al 1339, la data 1331 è preferibile. Comunque, l'A. è del sec. XIV, epperò 1' importanza del poemetto per noi si rende manifesta da sè. Prima però che di esso tenga brevemente parola, dirò poche cose sul modo tenuto dall' Hortis nel renderlo di pubblica ragione. La stampa di questo poemetto, (e ciò lo dico per incidenza) avuto riguardo alla sua importanza dal lato storico, era stata più volte promessa da altri e dallo stesso Hortis. Ma siccome l'illustre uomo da vari anni sta attendendo ad un' opera colossale, che, speriamo, vedrà presto la luce, non sapeva come decidersi a tralasciare i suoi studi prediletti ed accingersi alla pubblicazione del poemetto più volte ricordato. La quale pubblicazione, più che a prima giunta non sembri, richiedeva molta perdita di tempo, non poca fatica e molte e pazienti ricerche. Che 1' aver da fare con vari e più volte discrepanti codici manoscritti, l'istituire i necessari raffronti, lo scegliere con discernimento fra le varianti la più retta ed autentica lezione, 1' esaminare 1' esattezza della prosodia ecc. ed il presentare ai lettori una lezione che più si avvicina all'originale, — tutte cose che l'Hortis ha dovuto fare — era opera oltremodo difficile. A venire incontro pertanto al desiderio dei dotti comprovinciali, l'Hortis ci presenta per ora soltanto il poemetto del Castellano Bassanese coi riscontri dei vari codici da lui esaminati ') riservandosi in altro tempo più propizio di corredarlo di note illustrative, in cui sottoporrà a critico esame vari fatti storici narrati dall' autore, e cjj un proemio in cui parlerà della maggiore o minore autorità dei codici citati. Ed ora passo ad una breve descrizione del poemetto. Il poeta — un contemporaneo del Petrarca — canta in esso in versi esametri — quasi sempre pregevoli e con reminiscenze classiche — la pace conchiusa a Venezia nel 1177 (ai 33 o 24 Luglio) fra l'imperatore Federico Barbarossa e papa Alessandro III. ') Questi codici sono : due della biblioteca reale di Bruxelles ; quello di Marin Sanuto, l'altro di Fortunato Olmo, il terzo dello Sraier, conservati nella Marciana di Venezia; i codici Verci della biblioteca di Bassano. Nel libi*. I il poeta, dopo la solita invocazione (questa volta però alla Trinità e a S. Marco), accennato alla causa della discordia fra l'imperatore ed il papa, alla distruzione di Milano, alla fuga dell' ultimo prima, in Francia poi a Venezia, ecc. ecc. viene a parlare dei preparativi delle due flotte: dell' imperiale, guidata da Ottone, tìglio del Barbarossa, e dalla veneta comandata dallo stesso doge Sebastiano Ziani. (p. 1-21) Omesse certe particolarità che devonsi considerare quali ornamenti poetici, l'A. così descrive la battaglia di Salvore. Dice egli adunque, che allorquando la flotta veneta, varcato il golfo, era entrata nell'Adriatico, una nave partita dalle spiaggie istriane, (Puppis ab Histriacis veniebat nuntia terris, v. 522; e ciò allude al concorso degl' Istriani alla tanto contrastata battaglia) venne ad annunziare al doge che la flotta nemica s'avvicinava, avendo di già passata Pola, Rovigno (Rubignum), gli scogli di Parenzo. nEt iam Salboiae (var. Salbloie, Salblore) penetrasse per invia linguam Aequora nec Caprulis long e distare vadosis.* (v. 526, 627.) Segue la descrizione della battaglia che, come si sa, finì colla vittoria dei Veneti, i quali ritornarono festeggiati in patria col prigioniero Ottone. Il libr. 1 si chiude col racconto del dono dell' anello che diede origine alla nota tradizione dello Sposalizio del mare. (p. 22-29). Nel II libr. il poeta narra le trattative che precedettero la pace fra l'imperatore e il papa e la sua conclusione. Ottone, ottenuta la libertà, si porta presso il padre (che si trovava in Lombardia ed era stato sconfitto a Legnano) e cerca di persuaderlo a fare la pace col papa. Federico, dapprima contrario, cede alle insistenti preghiere del figlio, e gli permette che faccia ritorno a Venezia per intavolare i preliminari; anzi gli si fa compagno, e giuuti a Venezia, nella chiesa di S. Marco fra i contendenti si conchiude la pace. E qui non manca naturalmente la leggenda del piede posto sul collo del Barbarossa dal papa (p. 29-36). Anche gli altri particolari narrati dal poeta nei versi seguenti (p. 37-51) come: l'indulgenza rilasciata da Alessandro alla chiesa di S. Marco e la' relativa pittura che poi braccio : il racconto del ritorno del papa a Roma, toccando Ancona, in compagnia del doge e dell'imperatore coi relativi regali al doge, la visita ai monumenti della Roma sacra ecc. meritano quel critico esame che l'Hortis ci promette nelle note, e che, speriamo, non si faranno attendere molti anni. Il libr. II finisce col ritorno del doge fra i suoi che lo accolsero festosamente. Trieste, 6 Settembre 1889. G. V. --- --— ■ j Seminario o Collegio i\ Capoiistra (Continuazione vedi N. 7 e seg.) Adì 17 Decembre 1705 Radunato il Sp.le Colleggio del Seminario intervennero Colleggianti al n.o di otto. Compito il quinquennio della Diretione del Seminario dal Molto Reu.do Padre Carlo di S. Pietro sotto li 4 del spirato con propria sua lode per le rare Virtù • che possiede, e con frutto della giouentù per la sua ■ottima disciplina et assicurata questa Città delle degne conditioni del molto Reuer.o Padre Claudio di-S. Stefano note per esperienza, e che possa adempire tale impiego con talento, e sufficenza eguale al suo Precessore. Vada parte di confermare lo stesso Padre Claudio per direttore, et assistente di esso Seminario per anni cinque prossimi, che si intenderanno principiati il giorno sud.o 4 Nou.e, con facoltà al med.o di proponer per detto tempo soggetti degni e suftìcenti appresso
  • D.r e Gio. Nicolò Grauisi Mar.e Sindici, e li quatro SS.i Elio Grauisi Mar.e, Comodo Tarsia. Giacomo Barbabianca, Vettor Ruftìui, Giudici, che Vada parte di cedere, e rmonciare alla Relig.e de Chierici Regolari delle Scole Pie in perpetuo il Seminario med'mo preuia la benigna approuat.ne dell' Ecc.mo Senato con li seguenti patti condit.ni La Città di Capodistria concorrerà ad assegnare il suo Seminario alla sud.a Relig.ne.de Chierici Regolari delle Scole Pie con tutta 1' eutrata propria del medesimo *) II volarne da cui vengono copiati i documenti che stiamo pubblicando ha carte numerate 52, e 15 non numerate, delle quali due in bianco. Noi continuiamo la numerazione per ordine progressivo sino allo fine, cominciando dal n. 53. e sue rag.ni stabilita con più mauo de publici Decreti^ a comodo et incomodo della Religione, quando il Reu.mo suo Padre Geu.le presterà 1' assenso, e prometterà come segue : Che. sempre sia .... li Deputati della città con 1' ordinario Coll.o del Seminario la sopra intendenza di riuedere le scuole e d' aricordare l'emendaz.e di quel disordine che potesse causare scoucerto al vero metodo d'insegnare et alla buona regola delle Scole douendo la città stessa prestar il suo patrocinio a Padri medesimi in quello gli occorresse (carte 53 *) Che quattro siano sempre li Maestri che compon-ghino le scuole nell' insegnare leggere e scriuere regole gen.li d'aritmetica, grammatica Rettorica e Filosofia morale con quella diuisione d'impiego tra d' essi e con quel di più che parerà proprio al zelo Virtù de Padri p. il migliore auanzam.to de scolari. Che li Conuitori della Città e luochi della Pro-uineia che corrispondono al Seminario siano ricevuti con il solito Houorario de ducati sessanta all' anno p. cad.no e non più e gli altri della stessa Prouintia che non corrispondono al detto Seminario non possino esser ricevuti senza 1' assenso del detto Coll.o di questa Città e per quello riguarda 1' Honorario d' essi come d' alcun altro Forastiero possino li Padri stabilire come e più le competirà. Che a spese sempre della Religione uenga sostenuta et augumentata secondo la possibilità sino alla perfetione la fabrica di detto Seminario, con la Chiesa particolare che li Padri intendessero far erigere a quali intanto uenirà permesso l'uso di quella Santa Maria Noua in cui si procurerà dalla Confraterna l'assenso d'aprire un altra porta uicina al Portone di mezzo p. maggior comodo de Padri e secolari (Continua) Il vino spumante della Sciampagna (Continuazione vedi N.o Iti) Supponiamo che dopo la vendemmia si abbia posto il vino bianco nelle cantine fresche e tranquille, in barili di due ettolitri, e che allora il vino contenga la metà del zucchero non decomposto. Supponiamo che il mosto di questo vino in origine avesse dato al saggio del glaucometro 11 gradi, che corrisponderebbero a circa 16 chilogrammi di zucchero per ogni ettolitro, ritenuto che 1 grado rappresenti i sali e gli acidi ; resterebbero dunque a decomporsi 8 chilogrammi di zucchero per ogni ettolitro al momento della discesa del vino nella cantina ; di questi 8 Chilogrammi, la metà appena sarà decomposto alla fine di decembre che immediatamente segue dopo la vendemmia, ne rimangono ancora 4 chilogrammi, quantità doppia di quella necessaria perchè il vino possa essere messo in bottiglia (fair le tirage). Si può dunque attendere senza preoccupazione che sia trascorso questo tempo, avendo cura soltanto di colmare i vasi vinari e fare il travaso al solstizio d'inverno ; ma a partire dalla prima quindicina di gennaio bisogna procedere ogui settimana alla verifica della quantità di zucchero che rimane a decomporsi in ogni cavee. — Non troviamo la parola corrispondente italiana, per intendersi diremo partila di vino e semplicemente partita. — Nella Sciampagna si dice cuvée la mescolanza e il taglio trovato conveniente dei varii vini, per la lunga pratica e 1' assaggio ; per cui dopo la prima fermentazione mescolati i vini di Reims al nord e quelli della Marne al sud; quelli di Vertus, Oger, Lemenil di levante, e quelli di ponente Groves, Guits ; si forma un tutto perfettamente omogeneo ; si fanno delle partite di 2000, 10000, 250000 bottiglie! Una gran arte ci mettono a comporre beue queste partite/, ed è raro il caso cbe un negoziante di vini avveduto non vi assista in persona ; se ne tiene un registro minuzioso e preciso salvo i casi... di adulterazione ; ma anche in questi casi se ne tiene nota con segni convenzionali, come fanno dei conti fìttizii gli agenti di cambio; e il successo e l'insuccesso di una partita, vengono conosciuti sul mercato e se ne tiene ben conto ; e le famiglie ne tengono con gran cura il registro negli archivi della loro casa, quale insegnamento tradizionale prezioso. Per conoscere dunque la quantità di zucchero dopo il 15 gennaio si procede così. Si pesa esattamente 750 grammi di vino e lo si pone in una capsula di porcellana a fuoco lento, o meglio ancora a bagno maria se ne procura l'evaporazione fino a che sia ridotto a una sesta parte cioè grammi 125- Si versa allora con precauzione il residuo in un tubetto di vetro, e si lascia raffreddare fino a 12 e 15 gradi sopra zero ; a questo punto si immerge il glaucometro, e se indica 12 gradi, bisogna svinare; si potrebbe farlo anche a 10 gradi; sotto questo limite bisognerebbe ricorrere a mezzi artificiali, cioè ad una aggiunta di zucchero, e vedremo in seguito in quale dose ; ma al di sopra dei 12 gradi non si deve mettere il vino iu bottiglia, sia pure la stagione avvan-zata, potendosi fare quest'operazione tino a tutto giugno. Ciò che attentamente' si deve osservare si è che all'atto dell'imbottigliare la temperatura deve essere mantenuta costantemente almeno di 20 gradi sópra zero; e ciò non soltanto perchè 1'ossigeue dell'aria chiuèa sotto ii tappo sia rapidamente assorbito dal fermento, ma perchè lè bottiglie poste in tassa possano nel locale riscaldato, ricevere un impulso che determini prontamente la formazione della spuma. (la mousse). Il segnale della formazione della spuma viene dato dalla rottura e detonazione di parecchie bottiglie; per solito questo fenomeno si manifesta dopo : il terzo giorno dell'imbottigliamento. Assicurati per tal modo che il vino spumeggia, si affretta il trasporto delle bottiglie nella cantina fresca e. tranquilla; le rotture che sarebbero continuate alla temperatura calda, cessano ; sempre che le bottiglie sieno nuove e buone Le bottiglie devono ' essere nuove, perchè il vetro che per due anni abbia sopportata la pressione di quattro atmosfere perde la sua coesione; così la fusione del vetro deve essere perfetta, quelle fabbriche che adoperano vetri rotti, non possono dare buone bottiglie, perchè i silicati non resistono a una ripetuta fusione sènza perdita della coesione. Malgrado queste cautèle, non basta ancora per e-vitàre la rottura delle bottiglie che il vino di ciascuna non contenga tìltrè 16 grammi di zucchero da -convertirsi in alcool ed acido carbonico, è' necessario ancora: che l'acido carbonico si vada formando lentamèìite di modo che il vino lo sciolga in un dato tempo. L'aria, scioglie circa il suo volume d'acido carbonico alla presi sione semplice dell'atmosfera, 1' alcool ne diseioglie circ-tre volte il suo volume alla stessa pressione ; ciò cbe vuol dire che un vino a 10 gradi d'alcool scioglie circa, uno ed un quinto del suo volume di gas acido carbonico; ma la facoltà che hanno i liquidi di sciogliere a gas aumenta proporzionatamente alla pressione, per conseguenza a quattro atmosfere di pressione il vino ne scioglie quattro volte e quattro quinti del suo volume d'onde si ricava che la pressione attiva nasce dalla reazione dell' atmosfera gassosa contenuta nello spazio libero della bottiglia. Perchè questa pressione non sia sproporzionata bisogna che il gas formato abbia il tempo di sciogliersi nel liquido. Questo tempo manca se la decomposizione dello zucchero succede troppo rapida; ed è perciò che le rotture incominciano dopo il terzo o quarto giorno in un ambiente caldo. In quel momento lo zucchero non è decomposto, invece il poco gas formatosi e raccoltosi nello spazio libero della bottiglia (la bulle) esercita una pressione di 8 fino a 12 e 15 atmosfere, per cui succede lo scoppio che si avrebbe evitato ponendo le bottiglie in luogo fresco dove l'acido carbonico si sarebbe svolto lentamente, e mescolatosi col vino. Tutto ciò che possa attivare lo sviluppo della fermentazione deve essere evitato, così il calore, l'urto, il rumore ecc. La presenza di acidi nel vino diminuisce sensibilmente la solubilità del gas, e d'altronde facilità la sua sortita dal liquido. Fin ora abbiamo sempre parlato dei vini fatti spumanti col loro proprio zucchero, e che sono senza dubbio i migliori. Ma pur troppo gli spumanti naturali sonp rarissimi, per non dire che non se ne trovano punto-Sia che il mosto non abbia la necessaria quantità di zucchero, sia che la negligenza del fabbricatore lo lasei disperdere, il fatto è che al momento di imbottigliare non si trova più quella quantità necessaria per farlo spumante; ed ecco come vi si rimedia. Si procede all'analisi di 750 grammi di vino, come l'abbiamo descritto ; se il glaucometro non segna che 5 gradi, il vino non spumerebbe ; ne darebbe appena, qualche segno (il crèmerat) a 6 gradi; e soltanto a 12 gradi lo spumare sarebbe energico. Bisogna adunque aggiungere al vino per ogni grado in meno e per ettolitro le seguenti quantità di zucchero : Per 5° al glaucometro, 2 kil. — di zucchero puro e secco ,6° , 1 , 714 ,7° , 1 , 425 . , 8° „ 1 , 142 ,9° » 0 „ 859 ,10° „ 0 , 572 ,11° , 0 , 286 „129 „ 0 , 000 Per solito si fa questa aggiunta di zucchero, sciogliendolo prima nel vino bianco vecchio scelto ; si forma un sciroppo che vien detto liquore di vino (liqueiir à viti), e contiene 500 grammi di zucchero per ciascuna bottiglia, ossia 8 decilitri. « ... La confezione di questo liquore è l'oggetto di cure minuziose ed attente degli enofili della Sciampagna; alcuni lo preparano a caldo, altri a freddo* noii è molto vi si adoperava lo zucchero candito in grossi cristalli, e sarebbe stato il disonore di una casa l'uso dello zucchero in polvere. Se non che si è scoperto che gli zuccheri canditi contengono molta acqua di cristallizzazione, e che a peso uguale, danno minore materia zuccherina : che la cottura di questi zuccheri sviluppa una sostanza gommosa, la quale poi dava al vino uu sapore spiacevole ; in oggi sono generalmente preferiti gli zuccheri di canna in pani, bianchi e asciutti. E questa sostituzione migliorò di molto i vini spumanti, come 10 asseriscono i più lini assaggiatori (gourmets). La confezione del liquore deve essere fatta a freddo; ed è facile sciogliere lo zucchero nel vino bianco ; si faceva una volta la soluzione a caldo causa la difficoltà di sciogliere lo zucchero in cristalli. 11 liquore si aggiunge al vino al momento della fermentazione. • ( Continua) ——--—----—- ILT o tìzi e La Dieta provinciale è convocata a Parenzo pel giorno 10 Ottobre p. v. L' adunanza plenaria del consiglio agrario provinciale venne indetta pel giorno 15 ottobre p. v. alle ore 12 m. nell'aula dell'Istituto agrario in Parenzo, col programma già pubblicato. La festa per l'inaugurazione della bandiera della società goriziana di ginnastica fu solennizzata con «sito splendido la domenica 15 Settembre p. d. ; ed 11 giorno 21 fu intimato all' onor. presidente della benemerita associazione il decreto dello scioglimento firmato da quell' i. r. capitano distrettuale ! Il decreto coi motivi fu già pubblicato da tutti i giornali del litorale, documento importante per dimostrare le condizioni di vita imposte alla popolazione italiana di queste provincie, in questi tempi ; condizioni dipendenti dalla paurosa incertezza e dal poco criterio, in gran parte, degli stessi i. r. funzionari, scusabili soltanto per il fatto che l'indirizzo generale dell' i. r. governo è pieno di paure e d'incertezze. E non c'è di peggio che l'aver paura . . . I bravi goriziani non si sono sgomentati per cosi poco, gli elementi che costituirono l'associazione di ginnastica rimangono intatti, intatte tutte le simpatie e pieni i voti di prosperità inviati da ogni parte a Gorizia il giorno dell'inaugurazione della bandiera; fossero pur sciolte e proibite tutte le associazioni, resterà forte incrollabile quella naturale «he stringe in un patto solo tutti gli italiani del litorale. [;-—----<-------- Cose locali Bollettino 'statistico municipale di Agosto 1889 Anagrafe : (Nati battezzati) 17; maschi 6. femmine 11, morti 17, maschi 6 (dei quali 3 carc erati) femmine 5, fanciulli 3 al di ■sotto di 7 anni' — Trapassati : 1. Vittoria moglie di Domenico Deponte nata Albanese d'anni 40. — 2. Luches Luigia di Luigi d'anni 15. — 5. M. P. (carcerato) da Cattaro d'anni 28. — 6. Gallo Antonio fu Nazario d'anni 64. — 7. K. L- (carcerato) da. Locivizza d'anni 19. — 8. Elena V.a del fu Antonio Cernolich nate Sussa d'anni 82. — 20. Bertoch Giovanni di Antonio d'anni 8. — Della Venezia Maria moglie di Nicolò nata Depangher d'anni 65. — 25. M. I. (carcerato) da Bencovaz d'anni 33. — 29. Micon Domenica V.a Antonio di anni 78. — 30. Fonda Domenico fu Donato d'anni 65. Più fanciulli 3, fanciulle 3, al di sotto di 7 anni. — Matrimonio: 3. Antonio Hahn - Gisella Sossich di Antonio. — 4. Giovanni Deponte - Anna Covacich fu Domenico. — Stefano Zetto -Catterina Busan di Filippo. — 14. Giuseppe Cocevar - Elena Ignoto di Fortunato. — 18. Poli Nazario - Roncali Teresa fu Pietro. — 28. Pokar Giovenni - Catterina Flego di Giovanni. — Polizia : Arresti per schiamazzi ed offese alle guardie 1, per furto 1. de-nuncie per contravvenzione all'ora di pulizia 2. Sfrattati 15; Usciti dall' 1. R. Casa di pena 14, dei quali i dalmato, 2 istriani, 7 triestini, 3 carnioli ed 1 stiriano. — Certificati di buona condotta 5. — Insinuazioni di possidenti per vendere al minuto vino delle proprie campagne 3 per ettolitri 6.74 a soldi 32 e 40 al litro. — Certificati per spedizione di vino 2 per litri 172, per spedizione di sardelle salate 12, per barili 356 del peso di chil. 14697; di sardoni salati 6 per mastelle 535 del peso di chil. 10206- di salamoia 8 per barili 13 del peso di chil. 1030; per spedizione d'olio d'oliva 2, per recipienti 2, del peso di chil. 45; per spedizioni di pomodoro 1 per chil. 104; per spedizione di fagiuoli 1 per coli 17 del peso di chil. 1726. — Passaporti per bestiame 7 per capi 11. — Nulla osta per l'estradazione di passaporto per l'estero 2, per permessi di porto d'armi 3; libretti di lavoro 19. — Animali macellati: buoi 40 del peso di chil. 10354 con chil. 388 di sego; vacche 25 del peso di chil. 3643 con chil. 166 di sego; vitelli 54, castrati 144 ed agnelli 5. — Licenze industriali : per l'industria di macellaio 1, per vendita al minuto di vino e cibarie 3. Bollettino mensile delle malattie zimotiche Capodistria: Angina difterica casi 1 e guarito. — Lazzaretto: Scai'latina casi 2, dei quali 1 morto ed 1 guarito. ——-----------:— "Varietà, Per lo studio sulla lirica popolare latina di cui si è detto nel numero antecedente, addito al Pasdera e agli amatori di queste ricerche, l'opera — Prudence étude sur la poesie latine chrétienne au IV sciècle par Aimé Puech, opera di cui leggesi una bella recensione del Boissier nella lìevue des Deux Mondes (15 Gennaio 18S9). Quindi si rileva che l'inno — Solvete flores martyrum, come del resto è noto, — appartiene a Prudenzio, che bene meriterebbe il titolo di Orazio cristiano. P. T. I LUDI AR0NESI e l'avvenire della ginnastica (Dalla J'erseveronza) Uu concorso, la cui importanza non deve essere sfuggita a chi segue con amore i progressi dell'educazione fisica, si tenne in Arona nei giorni 7 e 8 con-., per opera della Società "Pro-Italia, presieduta dal colonnello Enrico Bertet. Si trattava di dare un saggio dell' applicazione di quelle riforme che scienziati ed educatori riconoscono ormai necessarie e che il Bertet introduceva fin dallo scorso anno e quest' anno ancora ne ludi Aronesi, che ne sono stati uno splendido c felicissimo esperimento. I giovani non erano chiamati a misurarsi in quelle prove difficili e sapienti che si compiono sull' attrezzo ; non erano chiamati a vincere quelle difficoltà fittizie immaginate piuttosto per servire di spettacolo, che a scopo veramente educativo. Certo questi tours difficiles possono un momento interessare mostrando a quanto può arrivare la destrezza corporea; ma essi si limitano a maravigliare poiché le difficoltà da vincersi sono affatto artificiali e richiedono condizioni irrealizzabili nella vita. Nulla di tutto ciò ai ludi aronesi. Ivi, la corsa, il salto, l'arrampicarsi, l'alzare e gettar pesi; il giovane era dinanzi alle difficoltà naturali e nelle coudizioni del soldato: ben lungi quello stadio dal presentare l'aspetto delle comuni imbarazzate palestre. E accanto al virile esercizio antico un saggio di ginnastica scolastica di quella che rimarrà: esercizi collettivi eseguiti da squadre maschili e femminili col bastone di ferro, colla clava e cogli appoggi. Al propugnatore del torniamo all'antico non è sfuggita l'importanza di quelle prove, che pur essendo affatto moderne, devono per la cambiata condizione dei tempi aver un largo posto nelle educazione della gioventù, e fu veramente bello il vederle eseguite quali la teorica razionale le prescrive, senza di che restarlo inefficaci e sterili. L' alacrità, 1' energia nulla toglievano alla grazia, alla compostezza di quelle giovinette. Non entrerò nel ginepraio dei metodi. Il disaccordo su questo soggetto deriva, a parer mio, da ciò che si discute sui mezzi perdendo di vista lo scopo; non bisogna mai dimenticare che la ginnastica interessa la Patria e la Società poiché lo scopo di preparare l'individuo forte, vigoroso, capace di metterlo nelle migliori condizioni in quell' ambiente nel quale è destinato a vivere col più grande vantaggio suo e dell' organismo collettivo al quale appartiene, la patria. Perfezionando la locomozione e rendendo famigliari le pratiche che trovano la loro applicazione alla vita sociale esercitando gli organi, lotta colle cattive condizioni di salute generali clie sono la conseguenza dell' inazione, fornisce i mezzi di dirigersi e conservare 1' equilibrio fra la forza fisica e quella morale, equilibrio necessario per combattere con vantaggio la lotta quotidiana. Questo è il vero aspetto sotto il quale deve considerarsi l'educazione fisica; quanto alla milizia, essa è una conseguenza naturale: il giovane rotto all'esercizio fisico non avrà bisogno di passare molti anni sotto le armi ; qualche mese d'istruzione militare basterà, poiché sarà sempre preparato alla fatica se non dimenticherà le pratiche imparate a scuola, diventate coli' abitudine un vero bisogno e parte integrante della sua vita privata. Precisato lo scopo, i mezzi per raggiungerlo dovranno essere semplici alla portata di tutti, e mostrare il valore pratico; cessi la ginnastica di essere un privi-leggio dei pochi, per diventare un vantaggio di tutti. Di -qui il motto torniamo all'antico, il quale, in altri termini, significava via tutto ciò che sa di convenzionale, tutti gli esercizi che domandauo studio, pazienza e lunghissimo tirocinio, via gli ostacoli fittizj ed i tours (V adresse, e tutto ciò insomma che non mira direttamente allo, scopo ! _ Abbiamo veduto ad Arona la balda gioventù prender parte alla corsa di guerra col salto di ostacoli, colla-scalata di un muro, tenendo il bastone Jaeger quale fucile, le corse di velocità, di resistenza, e salti sul nudo terreno senza pedana, tutto essendo nelle condizioni naturali. Chi si distingueva a quei ludi rappresentava certo l'ideale del soldato; si sarebbe pensato questo se quella gioventù avesse mostrato attorno alla spranga i volteggi, i mulinelli, e le sapientissime combinazioni che alcuni giovinetti di Liceo imparano infatti, ma smettono di fare non appena la smania puerile di far pompa di talenti acrobatici ha fatto posto a preocupazioni più serie all' Università o altrove. — Il passaggio dal convenzionale al pratico, il ritorno alla semplice e virile ginnastica greca associata all' esercizio collettivo scolastico, questo lo scopo del concorso: scopo pienamente raggiunto per 1' ottima impressione lasciata e nei concorrenti ed in quanti assistevano. Le idee nuove suscitano reazione, ed il Lagrange-dopo aver rilevati gli inconvenienti della ginnastica all' attrezzo scrive mestamente longtemps encore on s'inclinerà religeusement devant les traditions antiphy-siologiques de la gymnastique aree engins... ma noi che fummo ad Arona ne riportiamo più lieta fiducia e crediamo che le innovazioni proposte non tarderanno molto ad imporsi ed a diffondersi. L' egregio clinico che fu alcuni anni or sono ministro della pubblica istruzione ebbe a dire, dopo un viaggio d'ispezione per la penisola: ginnastica di saltimbanchi e da marmocchi — da saltimbanchi nelle Scuole secondarie e nelle società, da marmocchi nelle elementari. Il giudizio era crudo, ma vero ; non può dirsi lo stesso dopo i ludi aronesi poiché all' esercizio difficile abbiamo visto sottentrare 1' esercizio pratico e naturale, alle movenze sdolcinate dei fanciulli e delle fanciulle gli esercizi razionali debitamente intesi ed eseguiti. Questo speriamo l'avvenire della ginnastica in Italia,, bene auspicato ai ludi aronesi e la Patria deve da ora esserne grata all'intelligente e coraggiosa iniziativa del loro promotore. Parma, 12 settembre 1889. Lodovico Paggio. -- PUBBLICAZIONI La chiesa cattolica, la sua dottrina e la sua storia; l'opera di Monsignore Giovanni de Favento sarà tradotta in lingua francese e olandese dal reverendo parroco di Thorn (Olanda) barone de Bonnam Rockholt, il quale ne domandò giorni sono il permesso all'egregio autore, con una lettera piena di ammirazione. Ce ne congratuliamo di cuore coll'egre-gio Monsignore nostro venerato maestro. Paolo Tedeschi. — Il Sentimento Nazionale degli Istriani studiato nella Storia ecc. — Editrice La Gioventù di Capodistria. — Tre edizioni di 3000 copie per la distribuzione» gratuita. — Di questa patriottica pubblicazione trovansi disponibili ancora alcune centinaia di copie.