Esce una volta per settimana il Sabbato. — Prezzo anticipato d'abbonamento annui fiorini 5. Semestre in proporzione._ Li'abbonamento non va pagato ndaltri che alla Redazione. ; i /j -! ) ALCUNI PODESTÀ' VENETI DI ROVIGNO ed alcune memorie patrie contemporanee. RIEMPITURA DEI 1500, 1600. (Continuazione V. N. 21.) 1687.... Dietro reclamo dei Presidenti di questo Fondaco sulla renitenza dei fondacchieri di dispensar frumenti per le semine, o per qualche altra occorrenza, per il che conveniva al Collegio delle Biave surrogar altre persone a tal incombenza, con ispesa non solo, ma con rischio d'intacco dei capitali del Fondaco,— la Carica di Capodistria ordinava con Terminazione 2 giugno, che i fondacchieri in pena di risarcimento di danni fossero tenuti praticar tutte le dispense che si facessero, assegnando a loro soldi 4 per stajo in quella delle semine, e soldi 6 nelle altre, e che la carica di scontro, venendo per Io più esercitata da persone che non aveano alcuna perizia, fosse appoggiata ai Presidenti del Fondaco, i quali si procurasse nella nomina idonei, coll'i-stesso salario dello scontro. 1688. Antonio Semitecolo. al 1691 si anteponga 1690. Zuanne Orio qm. Piero. Di questo Podestà, come del Podestà Semitecolo si conservavano i ritratti in due quadri, con cornici di pietra nella sala del Palazzo pretorio, sopra il tribunale, ove giudicavano i pubblici rappresentanti, come rilevasi da un inventario del 1706. Costantin Soranzo Podestà e Capitanio di Capodistria sopra l'appellazione interposta dai Sindaci di questo popolo contro le Terminazioni Michiel e da Mosto (1683-86) sentenziava li 13 maggio 1691, che capitando frumenti in questo porto, dovesse il padrone dei medesimi contrattare col Collegio delle Biave per servizio del Fondaco, nè potesse chi si sia altri riceverne, ee prima non avesse il Fondaco stesso fatta la sua provigione ed investita. Sopravanzandone poi olire il bisogno, e venendo licenziati i padroni, potesse allora il popolo per puro bisogno delle proprie caso comperarne qualche stajo, ma non fare incetta maggiore oltre l'uso proprio, e ciò dalle barche o vascelli, e proibiva rigorosamente scaricarne in case e magazzini.particolari sotto pena della perdita del frumento. Così con- formandosi alle suddette Terminazioni Michiel e da Mosto, proibiva rigorosamente sotto la medesima pena l'introduzione di farine e pane forostiere in questo porto in pregiudizio del Fondaco, e del dazio Panataria di questo Comune; cosicché, non essendo le barche di farina ricevute dal Fondaco, dovessero immediatamente essere licenziate e partir dal porto, in pena eziandio della perdita del genere; d' applicarsi la metà al Fondaco, e l'altra a benefizio del pubblico Rappresentante. E per toglier ogni rispetto particolare, e rimover un abuso così pregiudiziale al Fondaco, faceva noto che avrebbe ricevuto dinunzie secrete, e proceduto per via d'inquisizione al castigo dei trasgressori. Anche contro questa sentenza i Sindaci del popolo interposero appellazione in Quarantia, ma la lite fini con Accordo. Vedi 1737. 1692. (Alla precedente memoria aggiungasi) Da ciò pertanto rilevasi, che all'epoca 1692 i pescatori di Rovigno erano diggià in possesso della pescagione delle sardelle; nè Biagio Tolto, detto Caenazzo, ve la introdusse quindi di pianta nel 1695, come ri-tano i Fasti istriani. 1699......Zuanne Brancaleon, detto Spadaro, qui abitante; instituiva una mansioneria perpetua di quotidiano sacrifizio all' altare privilegiato di S. Eufemia; obbligando a tal effetto cinque case, quali comando mai fossero vendute nè impegnate, ma sempre affittate, dovendosi cogli utili contribuir ogni anno a chi officiasse la mansioneria D.ti 100, ed il restante, detratti i Concieri necessari, distribuire ai poveri l'antivigilia del Natale. DELLA PRIMA PAROCCIIIA DI GORIZIA. Fin al secolo XIV gli abitanti di Gorizia erano soggetti alla giurisdizione del paroco di Salcano, e do-veano colà recarsi per assistere »1 culto pubblico e ricevere i Sacramenti. L'anno 1298 Michele e Giovanni de Rabalta fecero alla santa Sede apostolica una rimostranza, che i goriziani non senza disagi e pericoli poteano portarsi alla parecchia di Salcano, onde far battezzare le loro creature, legarsi per fede di sposi, intervenire alle funzioni di chiesa, accostarsi al sacro tribunale di peni- lenza ed alla mensa eucaristica, e chiesero la facoltà di rizzare una pubblica cappella. Papa Bonifacio Vili aderì benignamente alle loro brame, e concesse la licenza di ergere una pubblica cappella in onore dello Spirito Santo, a condizione che il sacerdote destinato a celebrarvi i divini uffizi dovesse dividere col paroco di Salcano tutta le oblazioni e le limosino che fosse per ricevere dai fedeli. Questa cappella surse sul colle vicino al castello de' conti; e fi" da quel momento Gorizia ebbe un cappellano dipendente dal paroco di Salcano. Nel secolo XIV, nella parto inferiore della città, per agio di quelli che abitavano nel piano, fu edificata un'altra cappella sacra a S. Anna ed a S. Lorenzo; la quale ingrandita nel secolo XVI divenne chiesa parocchiale, e fu intitolata ai SS. Ilario e Taziano. Nel secolo XVI l'arciduca Carlo, vedendo i disordini che regnavano nella parte austriaca soggetta al patriarca aquilcjese, domandò al sommo pontefice Pio V un visitatore apostolico, il quale indipendentemente dal patriarca visitasse le contee di Gorizia e Gradisca, prendesse tutte le misure necessarie per migliorare la condiziono morale del clero e del popolo, e provedesse ai bisogni spirituali delle pecorello dal pastore quasi abbandonate. Di fatti Pio V nel 1570 spedì a Gorizia Bartolomeo di Porcia, abbato di Moggio, il quale persino con multe pecuniarie procurò di svellere gli abusi, e ristorare la disciplina. Questo savio Prelato, osservando che il patriarca aquilejese non rivolgeva il pensiero alla porzione della greggia che aveva nel territorio austriaco, credette necessario di erigere in Gorizia un arcidiaconato perpetuo, e di conferirgli ampia giurisdizione, affinchè vegliasse la disciplina e condotta dei cherici, ed il popolo non fosse necessitato di ricorrere per ogni cosa alla curia patriarcale. Il carattere di. arcidiacono fu conferito a Gerolamo Catta, paroco di S. Pietro. (Morelli Saggio Storico delia Contea di Gorizia Cap. V, p. 273-276). U Catta non istette entro i limiti dell'assegnatagli giurisdizione; ina arrogandosi il diritto di giudicare eziandio le cause della città e territorio d'Aquileja riservate all'immediata autorità della curia patriarcale d'Udine, il patriarca Grimani reclamò contro questa usurpazione, ed il Catta venne privato del suo officio 1' anno del Signore 1577. (Morelli p. 284), Ci dispiace di non poter precisamente indicare l'anno, in cui fu eretta la. prima parocchia in Gorizia. Il p. Martino Bauzer narra che nel 15741* arciduca Carlo, reso consapevolo che alcuni cittadini goriziani aveano abbracciato la riforma di Martino Lutero, inviò a Gorizia Conrado Glusitsch, vescovo di Lubiana, e Nicolò prevoslo nel Carnio, i quali in giorno di domenica adunarono nella chiesa parocchiale i nobili ed i borghesi, ed in nome del principe li esortarono a fare ritorno alla fede dei loro avi. (Bauzer Hist. Rer. Foroj. et Nor. I. 7, n. 30, 1. 10 n. 15). Sa la data del Bauzer fosse vera; se nel 1574 la chiesa di Gorizia fosse stata parocchiale, il primo paroco di Gorizia sarebbe stato Girolamo Catta. A Girolamo Catta deposto noi 1577 venne sostituito Andrea Napockay. Leggiamo nel Saggio storico del Morelli che il Napockay, qual arcidiacono e paroco di Gorizia, assieme con Girolamo Catta, paroco di S. Pie- tro, fu membro della commissione autorizzata nel 1588 dal supremo gerarca Sisto V, e dall'arciduca Carlo a ripigliare 1' esame di tutte le scritture risgutrdanti 1' e-rezione di un vescovato in Gorizia. (Morelli p. 279.) Nel 1593 Francesco Barbaro, Coadjutore del decrepito Grimani, patriarca d'Aquileja, convocò tutto il clero nella chiesa parocchiale di Gorizia. È dunque storicamente certo cha la parocchia di Gorizia fu fondata tra il 1570 ed il 1590. Don Giovanni Battista Vatta, Mansionario della chiesa metropolitana, esaminò i libri parocchiali de' battezzali e copulati, e fin all'anno lo96 non trovò sottoscritti che i Cooperatori, ed anche questi confusamente e senza data. Appena nel 159S comparisce sottoscritto in qualità di paroco Giovanni Maria Panizzolo in questo modo : "Joan-nes Maria Panizzolus parochus Goritiae et Salcani8. Da questa soltoscriziono rileviamo due fatti, l'uno che il Napockay era stato rimosso dall'arcidiaconato e dalla parocchia; l'altro che il paroco di Gorizia era contemporaneamente paroco di Salcano : così la figliuola era divenuta madre, e la madre figliuola. Il paroco di Gorizia inviava a Salcano un vicario, acciò predicasse la parola divina, amministrasse i Sacramenti, e tenesse le funzioni di chiesa. Salcano rimase in condizione di vicarìa fin ai tempi di Giuseppe li, in cui ebbe di bel nuovo proprio pastore. Dal 1596 fin al 1599 ìnclusivamente quelli che si legavano per fede di sposi, stringevano l'indissolubil nodo in presenza or di Gasparo Suage-lio cooperatore, ed or di Giovanni Maria Panizzolo arcidiacono e paroco. Nel mese di novembre del 1600 un matrimonio fu contratto "coram Andrea Napockui Plebano Goritiae„, come si legge nel libro de'copulati. E certo dunque che il Napockai era stato restituito all'officio e beneficio, o con violenza lo aveà rioccupato. Nel giugno del 1601 ai contraenti impartiva la benedizione nuziale Giovanni Maria Panizzolo paroco ed arcidiacono. Dunque il Napockai era stato di bel nuovo privato dell'officio e beneficio. Nel mese di luglio dell'anno 1601 i matrimoni vennero contratti "coram Simone Orlando , et coram Gasparo Suagelio Pb.ro Pievano de Tomay.B Il Suagelio, corno sopra abbiamo riferito, fu cooperatore in Gorizia, poi venne promosso alla parocchia di Tomay, ed indi, come conoscitore delle cose parocchiali, chiamato ad amministrare la parocchia di Gorizia durante la lite fra il Napockay ed il Panizzolo. Nell'archivio arcivescovile di Gorizia si conservano gli atti del processo;e noi per cortesia di Don Giuseppe Spridion cancelliere ebbimo agio di vederli, scorrerli e trarne ciò che segue. Andrea Napockai, paroco ed arcidiacono di Gorizia, per eccessi venne dalla curia patriarcale deposto dal suo officio, e sospeso a divinis, ed in vece di lui, ad istanza dell'arciduca Ferdinando, fu restituito Giovanni Maria Panizzolo. Il documento ha la data del 1601, e porta questo titolo: "Ecclesiastica pos-sessio restituta parochialis Ecclesiae Sanctorum Hilarii et Taciani de Goritia, et Ecclesiae S.ti Stefani de Salcano Mag.co et R.do D.n Joanni Mariae Panizzolo., Non ci venne fatto di rilevare gli eccessi commessi dal Napoikai, per cui fa dalla curia patriarcale deposto e sospeso. Probabilmente, imitando le pedate del suo antecessore Catta, anchfe il Napockni avrà voluto estendere la sua giurisdizione di arcidiacono oltre i (imiti «he gli erano stati assegnati, e trarre al suo tribunale le cause che non erano di sua competenza; forse negligeva eziandio gli offici di paroco, perchè nei libri dei battezzati e copulati non si trova sottoscritto, che una sol volta nel mese di novembre del 1600 dopo che era ritornato in possesso della parocchia: Il Napockai esulcerato dalla sentenza della curia patriarcale appellò al supremo tribunale del sommo pontefice Clemente VIII; e poco tempo dopo Sebastiano prevosto di Secovia il restituì al suo officio e beneficio, ad-ducendo di essere stato a ciò delegato dal cardinale Dic-tristano. Andrea Panizzolo fece ricorso alla corte di Roma, e la Camera apostolica non solo decise la lite in favore del Panizzolo, ma eziandio incaricò Girolamo conte di Porcia,{ vescovo di Adria, e legato pontificio per la Germania superiore di cacciare il Napockai, e di restituire l'officio ed il beneficio al Panizzolo. Il Nunzio apostolico delegò la facoltà di mettere il Panizzolo in pieno possesso della parocchia di Gorizia e di tutti i diritti parocchiali a Monsig. Ursino de Bertis antistite triestino colla seguente lettera che noi diamo senza mutare un' acca: Molto III. et R.mo S. Oss.mo. M'è stato presentato in nome del R.do Gio. Maria Panizzolo un decreto del P. Auditore della Camera A-postolica, il quale commette, che gli sia restituita la parocchia di Gorizia ; perciò essendo io lontano, ne convenendosi che io mi trasferisca costà per questo negozio, m' è parso di lasciar questo carico ad altri, stando, che non viene a me imposto, ma ad altri ancora, secondo che parerà ad esso Gio. Panizzolo, di valersi dell' opera loro : hora havendomi significato, che desidera di ricorrere a V. S. R ina acciò per mezzo suo li sia restituita la Parocchia, ho voluto in questa mia farle sapere '1 tutto, et rimettere a lei 1' esequatione di questo negotio, quando li sarà presentato il decreto di Roma, ed è quanto occorre colla presente di dire alla V. S. R.ma alla quale offerendomi le prego da Dio felicità. Di Graz li 12 di Marzo 1601. Di V. S. Molto Ill.re et R.mo Seg.to Aff.mo Hieronymo vescovo d'Adria. Il Napockai vieppiù arrovellato scrisse una solenne protesta e contro l'auditore della Camera apostolica e contro il Panizzolo, asserendo che il Panizzolo era stato intruso dalla plebe, e perciò scomunicato; che questi con menzogne ed altre male arti avea sedotto la Camera A-postolica, nulla di ciò sapendo il sommo Gerarca ; rhe, essendo egli solo il legittimo paroco restituito ai suoi diritti dal prevosto di Secovia contro l'ingiustizia della curia patriarcale che P avea privato del suo beneficio ed officio, il Panizzolo non potea esser messo in possesso della parocchia di Gorizia. Ad onta di questa protesta Ursino de Bertis, vescovo di Trieste, fedele al mandato ricevuto, recossi a Gorizia per eseguire la sentenza della Camera apostolici, ed il giorno 15 aprile 1601 nella chiesa parocchiale lesse uno scritto, in cui notammo queste parole:.... «ac propterea absolvantes in primis an-telatum D. Jo.m Mariam Panizzolum ab omnibus censuris et panis contra illum ea de causa lalis, aut promulgatis, quatenus opus sit, et absolutnm esse volentes, eundem D. Panizolum tenore praesentium ad dictum Plebanatum Goritiensem ilerum restituimus, reponimus, et in pristi-num statum reintegramus; praedictum vero R.dom D. Napockai, siquid contra praemissa praetendit ad IU.mum D. Auditorem Catnerae remittimusB etc. Da queste parole del vescovo Bertis risulta, che Giovanni Maria Panizzolo era stato realmente alle ; censure i ecclesiastiche sottoposto, probabilmente dal prevosto di Secovia, il quale difendeva la causa del Napockai contro il patriaraa di Aquileja. Il Napockai scrisse un'altra protesta contro ja risoluzione dell'antistite Triestino, dichiarando nulli ed irriti tutti gli atti; alla quale monsignor de Bertis ^oppose il seguente decreto: "Ursinus Dei, et Apostolicae Sedis gratia Episcopus. R.do in Christo Nobis dilecto D. Andreae Napockai salutem in Domino..... Tenore praesentium..... intimamus Tibi R.do D. Andrae Napockai, qualiter prò debita exequutione decreti, seu mandati Apostolici restituimus ipsum Ad.m R.dum D. Jo.em Mariam Panizzolum in realem et temporalem pos-sessionem, et restilutionem Plebaniae Goritiensis, et sub-inde in signum ipsius verae, ac realis restitutionis, ac possessionis traditae dictaa Plebaniae imposuimus prae-l'ato R.do D. Panizzolo ibidem genuflectenti in ipsa Ecclesia parochiali stolam consuetam; nec non tradidimus ei claves ejusdem Ecclesiae, Ven.mi Sacramenti, Fontis Baptismalis etc., illi committentes, tamquam legitimo Parodio curare Ecclesiae, et animarum, ac Sacramentorum administrationem, et proinde tibi mandamus, ac praecipi-mus, quod sub poena excommunicationis ipso facto in-currendae, si secus feceris, a qua non nisi a SS.mo D. N., et ejus Ill.mo D. Auditore, sive Ill.mo D. Nuncio ab-solvi possis, quatenus per te, vel interpositas personas non debeas te ingerere in dieta Parocchiali Ecclesia ac suis juribus annexis ; nec praefatum D. Panizzolum in hujusmodi sua restitutione, ac reintegratione, aut possessione turbare, vel aliquod impedimentum inferre, alias in poenas praemissas te noveris infallibiliter insursurum: in quorum fidem etc. Goritiaedie XVI mensis Martii 1601.„ • : ! i In forza di questo decreto il Napockai, minacciato della scomunica in caso che volesse ingerirsi nelle cose della parocchia di Gorizia, troncò il filo ad ogni litigio, si ritirò, e si stette quieto fin alla sua dipartita. Morto l'anno 1602 Gio. Maria Panizzolo gli fu sostituito Pietro Lanscha. P.C. BREVI NOTIZIE STORICHE e cronologiche dell' antichissimo castello dipiemonte. (Manoscritto avuto~). Piemonte fu sempre un piccolo ed antichissimo castello come lo afferma il Biondo da Forli scrittore dell'Istria e coma pure Nicolò Manzioli di Capodistria e-gualmente ira i scrittori dell' Istria. Era un tempo circondato da doppie mura con torrioni, e terrapieni; nel breve recinto de'quali su l'eminenza maggiore verso Bora giaceva la Rocca. Seppe più volte resistere alle incursioni de' barbari di sovente ne' tempi remoli accadute, e valoroso sostenere la sua nativa libertà, e se tal volta fu superato e vinto; gli restò almeno la gloria per averla contesa alle più barbare nazioni. Ma più barbari i tempi che quasi la barbarie stessa perchè invidiosi a così dire delle presunzioni di questo castello diedero principio a lacerarlo da ogni lato. Fu edificato da' Romani nel tempo che governarono cotesta provincia, la qual cosa a tutta evidenza e palesamento si scorge fino al giorno presente per le inscrizioni sepolcrali e quantità di monete ritrovate, delle quali pure di continuo si ritrovano nel contiguo circondario campestre, e così del seguito di altre vestigio della Romana antichità; del^che si parlerà in seguito. ~ Rimirasi ancora fino a giorni nostri 1' antichissimo stemma di Adamo ed Eva ; simbolo della generazione, il quale superbo riposa sopra l'unica porta che ancora esiste verso ostro scolpito in marmo in basso rilievo e da eccellente scalpello e di sufficiente grandezza. Giace esso lietamente tra' Grisignana, Portole, Mon-tona, Yisinada e Pietra Pelosa, ora residenza del Marchesato della famiglia Gravisi concesso dalla Repubblica Veneta gratuitamente per benemerenza riportato daYanto Gravise l'anno 1440; i quali luoghi tulli sopraindicati d'intorno gli fan corona. La sua topografica situazione era molto amena e deliziosa all' epoca che soggiacque a'Romani e ciò scorgasi per essere circondato da graziosi e fertili colli, i quali con l'andar dei secoli si resero tutti incolti per mancanza dei propri, abitatori, parte: de'quali sono periti dalla peste e parte spinti poscia dalle incursioni dei Sciti permanenti accadute nel 400 da Aalrico.nel 392 da Attila, da Slavi nel 500, e nel 600 a ritrovarsi altrove più sicuro asilo. Scrivendo il sumentovato Biondo sopra la nascita ed origine del Dottore della chiesa S. Girolamo, in Stridone, ora Sdigna, in Istria dice: Suntque in montibus Justinopoli supereminentibus Jurisdictionis seu castella Rasponum, et Rogium. Sunt item in montibus a mari longius, quam predicta rccedentibus in ea, quam diximus fletentis se ad Italiana peninsule curvitate Bulea. Mimianum, S. Laurentina Portule, Grisana, et superiori loco Primontium, Pigmentium et Petra Pilosa, quae omnia IJustinopolitano-rum sunt oppida et castella. Medioqua ferme eorum omnium spatio Petram ^ilosam inter et Portelem, ac Pie-montem est oppidum nunc nomine Sdtigna quod fuisse constat olim Siridonis oppidum, unde gToriosissimus Ec-closiae Dei Doctdr, illustratorque Hieronymus originerà duxit. Si legge nell'Istoria dell'Istria, scritta dal nominato Niccolò Manzioli Justinopolitano, stampata in Venezia da Giorgio, Rizzardo l'anno 1611, quanto sogue: "Piemonte era circondato di mura, et havea una „Rocca entro la quale fu gettata a terra insieme con le „Murra. Havea sotto di se Visinà, ma hormai hà Castagna solamente et è lontano da Portole miglia 4. Que-„ sto Castello s' affittò per molto tempo con le sue ville „ di Visinà per 300 ducali all'anno, et in quel tempo il „ consiglio di Capo d'Istria mandava il Cancelliero in „ detto luoco. Poi li 7 Luglio 1530 per li Signori Governatori dell'entrate in esecuzion della parte di pre-9 gadi, et del Consiglio diX con la gionta, fù venduto al-„ incanto Piemonte con le sue Ville cioè Visinà, Castagna „ S. Maria de Campo, Bercenegla, Medolin, e Rosara con „le Giurisdizioni, et sue entrate da esser scosse nel „ modo che le scodeva il condultore che havea ad af-„ fitto li detti luoghi della Camera predetta di Capod'I-„ stria, et che le Cause Civili de lire 20 in suso an-„ dassero in appelation al detto Podestà, et Capitanio, et „ furono deliberati essi luoghi alli nobili huomini Giusti-„ niano Contarmi fu di Ser Zorzi Cavaliero, et Gerolamo „ Grimani fu di Ser Marin per ducati 7500. Dopo que-n s ti luochi furono divisi, et posti alla sorte et cosìPie-„ monta toccò al Contarmi, et Visinà al Grimani„. È falsissimo che la Villa di Bercenegla sia stata compresa nell' incanto dei sunominati luoghi, succeduto in Venezia li 7 luglio 1530 mentre a quell'epoca era dominata da suo proprio e particolar Padrone, cum pote-stata gladii qual era il Nob. Sig. Padrone Benardino de Raunicher Nobile Alemano e la Sig. Ingenua sua Consorte come lo erano padrone pure del Castel Mi-miano e tale sudditanza alla famiglia Raunicher durò per quasi trenta anni consecutivi dopo l'aquisto fatto della Famiglia Contarini di Piemonte, e Ville dipendenti li 7 Luglio 1530 della qual cosa in seguito si parlerà. Coma poi i Contarini s'impadronissero della detta Villa, e suo territorio non si è mai saputo nò per tradizione, nè molto meno per non aver mai trovato alcun documento cho provi, o che almeno indichi tale aquisto. Chiamata la famiglia Contarini a mostrare il titolo di possesso di riscossione delle X.me della più nominata Villa, e Territorio di Bercenegla, credo certamente che la cosa ande-rebbe molto male per essa al presente non rimane cha il solo Territorio, e il£luogo dove giaceva Bercenegla è convertito in un mucchio di pietre essendosi quelle Famiglia recale ad abitare in altre situazioni del detto Territorio. (Continua).