ANNO I.
Capodistria 1 Decembre 1867.
N. 7.
LA PROVIN
GIOBNHE DEGLI INTERESSI CIVILI, ECONOMICI ED IBMIN1STR1TITI
DELL'ISTRIA.
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SOCIETÀ ED ISTITUZIONI AGRARIE
Quando un pò tardi, ma non fuor di tempo, sórse in alcuni ottimi patriotti l'idea di dar vita nella nostra provincia ad una società d'agrico'tura, e si formò un comitato che ne prese fino dal 1860 l'iniziativa redigendo e ponendo innanzi alle superiori autorità uno statuto che con onesta schiettezza ne additava lo scopo supremamente proficuo, e i modi più acconci a conseguirlo, non potevamo mai immaginare che ci volessero ben sei anni per essere rimandato, dopo subiti tutti i mari mi di un'ombrosa censura, scheletro avviluppato di cenci. A noi pareva, e non a torto, che se aveavi speranza di rialzare le nostre condizioni economiche, vòlte sì miseramente in basso, non rimaneva che la concorde ed energica operosità di quanti amano questo povero brano di terra, per i-svellere pregiudizi vieti e sgraziate usanze, per fi re che l'intelligenza sia guida al lavoro, per associare la teorica alla pratica, prr aprire la stupenda scena delle innovazioni, per incoraggiare alle utili sperienze, per soccorrere alle deboli e limitate forze dell'uomo co'prodigiosi strumenti della mecanica.
Non ci lasciammo già sedurre dalle brillanti illusioni de'fisiocratici, ma attignendo dalla storia apprendemmo doversi al fiorire dell'agricoltura le più ricche e durevoli risorse della nazionale prosperità.
Retrospingendo lo sguardo a tempi non lontani, vediamo che il lussureggiare delle campagne lombarde è in gran parte dovuto alla società patriottica, i-stituita sullo scorcio del passato secolo in Milano nell'intento di promuovere l'agricoltura e l'industria. Non ambiziosa di riputazioni europee, rimase contenta ad uomini modestamente utili, cui cercava più specialmente nella campagna dando ad essi l'incarico di descrivere i prodotti, i metodi, i pregiudizi, e di far conoscere tutti que parochi, medici, possidenti e castaidi che a-vcano fatta qualche proficua osservazione, e onorando
e premendo gli uni e gli altri coli'accoglierli coinè membri, e col tenere con essi continua corrispondenza. Le sue sessioni non erano già letture di lunghe ed elaborate disertazioni cbe devonsi stampare il giorno dopo, ina conferenze spontanee, vive, amichevoli su tutti que'punti agronomici o tecnici che importavano dippiù al paese, proposte di dubbii, discussioni di progetti, e sopratutto nuove osservazioni, nuove esperienze, ovvero comunicazioni di studii e d' e-sperimenti fatti da altri.
Consigliò ed in parte intraprese essa stessa i! dissodamento delle brughiere, tentandone la coltivazione a bosco, e traendo a quest'uopo radiche e arboscelli da altri paesi; insegnò i migliori metodi per la coltivazione de'gelsi, e per l'allevamento de'bachi da seta, e il suo foglio, con su gii avvertimenti popolari per queste industrie, diffuso fra la gente di campagna e aflisso ad una parete d'ogni casa colonica, fece più bene che dotti trattati; introdusse nuove piante oleifere, tigliose e tintorie; ne eccitò con prendi la coltivazione, e con avvisi ed istruzioni ne migliorò la manifattura; sparse nuove sementi di grani; inculcò la coltivazione de'pomi di terra; ottenne dal governo un orto sperimentale per far confronti tra diverse colture, e per far prova di nuovi metodi e di nuovi prodotti; incaricò il suo vice-segretario di tener ogni anno un corso di agricoltura pratica; fece tradurre gli elementi di agricoltura del Mitterpacher, e arricchiti di note, e pubblicati a spese del governo, ne mandò in dono un esemplare ad ogni paroco di campagna.
Fece questo ed allro promovendo con le accumulate forze dell' ingegno e del denaro tutto ciò che per diretto od indiretto potesse giovare il miglioramento del paese.
Il fervore alle associazioni e agli studi agronomici, eccitato sì potentemente dalla società patriottica, si diffuse per tutta la penisola, e le sue terre sor-
rise da un cielo peregrino, e dà un sole vivificatore, furono rese più affertilite dall' industre mano dell'uomo.
Non diremo, che ne trarrebbe troppo lunge, della società de'georgofìli di Firenze, dell'associazione agraria italiana, dell'associazione lombarda, di quella di acclimatazione di Palermo, nè del podere modello, e dell' istituto di educazione agricola di Meleto, fondato dal marchese Cosimo llidolfi, nè del podere sperimentale presso Pisa diretto dal professore Cuppari, nè tampoco dell' istituto di insegnamento agricolo in Sicilia, che quel grande cittadino che fu Ruggero Settimo, creava alla Villa dei colli, dedicandovi tutto il lauto censo che nelle sue mani rimise il principe di Castelnuovo; ma non taceremo del più importante istituto agrario ch'abbia ora l'Italia, che è quello di Corte Polosio nella bassa Lombardia.
Fino dal 1847 l'ingegnere Reschisi ne avea concepito il progetto additando come propria ad una grande fondazione di simil genere una distesa di circa quindicimila ettari, che giace nella pianura tra Crema e Lodi, addata per le movenze varie de' suoi terreni ad ogni guisa di coltura, dalla risaia alla vite, dal bosco ai piani biondeggianti di spiche.
Il progetto, rimenato per le aule de' dicasteri, non ebbe lieta accoglienza. Appena nel 1860, con slancio sorprendente, e podere e istituto ebbero vita ad opera di una potente società, cui largamente favoriva il nuovo governo, ed a merito del Reschisi, che ne fu posto a capo, siccome quegli che meglio d'ogni altro poteva tradurre in fatto lo splendido pensiero.
Nè egli fallì allo intento e alle aspettative, perocché egli riducesse que' vasti terreni, secondo era richiesto dalla loro indole e giacitura, alla più conveniente destinazione con infinita varietà di colture, e fondasse cattedre per una perfetta istruzione dell' a-gronomìa, coli' apprendimento di quelle scienze che a lei sono affini, e aprisse gabinetti riforniti di modelli, di stromenti, e di quanto può profittare il pratico esercizio della nobilissima arte.
Togliendoci al bel paese ehe Appennin parte, e volgendoci altrove, è debito ricordare la società reale d'agricoltura d'Inghilterra, (reale però di solo nome, giacché per nulla sussidiata dal governo), la «piale conta da cinquemila membri, ed impiega i suoi du-gento cinquantamila franchi a stipendiare professori, che insegnano le scienze applicate all' agricoltura, e chimici che analizzano concimi e terre, e a tenere ciascun anno un grande concorso di animali e di macchine aratorie.
Anche la Scozia e l'Irlanda hanno le loro particolari società. E se esse sono rigogliose di vita operosa, gli è perchè i coltivatori inglesi sogliono collocare i loro figli presso chi sia in nome di agronomo valente. L'agricoltura britannica ajutata sì poten-
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temente dallo studio e dalla pratica, dagl" incoraggiamenti, dallo spirito di novità, e di speculazione, dall'abbondanza de'capitali, dall'emulazione tenuta con-tiuuamente desta colle mostre, coi concorsi, coi premi, aggiunse quel grado di perfezione, a cui non arrivano per avventura che la Lombardia e i Paesi Bassi. E meraviglioso il vedere sotto un cielo nebuloso e mesto il vivido verde che mollemente tapezza que' colli, i piani infiniti di spiche dorate, le ajuole di fiori de' giardini di Kiew, le foreste incantevoli di Richmond. Sembra di essere trasportati nelle beate e pingui regioni dell'Asia minore.
Sul continente, l'amore ai campi non si accese, che quando cessarono le guerre napoleoniche, e la Prussia può registrare superba nè suoi fasti agronomici il nome illustre di Thaer. che ottenuto dal governo un latifondo di quattrocento ettari per piantarvi un istituto d'insegnamento agricolo, lo rese capace di una rendita di franchi sessantamila, quando prima non ne dava più di settemila e cinquecento.
In quel torno Schwertz fondava l'istituto di IIo-heneim nel Wurtenberg presso Stoccarda, e il suo nome è fra i più benemeriti ed onorati dell' Alema-gna per le sue opere popolari d' agricoltura, e pel perfezionamento recato in ispecialità agli strumenti aratori.
Hoheneim ha un' estensione di dugentottanta ettari; vari professori v'insegnano agricoltura e le scien. ze ad essa affini. Ilannovi gabinetti di storia naturale, di prodotti del suolo, di macchine. Lo stabilimento possedè una fabbrica di macchine agrarie, di cui si fa largo commercio, ed insieme una fabbrica di piccoli modelli, onde, perchè frequenti le inchieste, n' è abbondante lo spaccio.
Fu precisamente all' epoca in che sorse 1' istituto di Hoheneim, che i migliori agronomi cercarono di dil-fondere in altri paesi l'insegnamento agrario col mezzo di società, di poderi modello, di scnole. Nella Germania occidentale (Baden Wiirtemberg, Assia), che è la meglio coltivata, trovansi vari poderi-scuole sul fare delle fermes écolcs francesi, ove privati proprietari istruiscono teoricamente ed esperimentalmente nelle rurali discipline que' giovani che sono ad essi affidati. Vicino a Wisbaden è organizzato il podere -scuola, che si asside sopra un colle, detto Geisberg, diretto da Rorn. Rreve n' è la estensione, nella massima parte posta a vigneto, siccome si costuma lungo il Reno.
11 signor Rorn accoglie nel suo istituto da cinquanta a sessanta alunni, a' quali, durante il verno, apprende con paziente amore, le più accreditate teorie della scienza agronomica, mentre all' aprirsi della bella stagione, li mette sotto la guida de'più intelligenti e solerti coltivatori de' dintorni perchè s' ad-
destrino ed approflbndiscano nella pratica applicazione delle apprese dottrine, invigilandone però gli andamenti onde non deviino dal retto cammino.
A Matteo di Dombasle deve la Francia il suo risorgimento agricolo. Nel 1825 egli fondava l'istituto d'insegnamento agrario e il podere di ltoville. 1 lavori profondi e le calcolate rotazioni, 1' eliminazione del maggese, e la perfezione degli strumenti rurali, sono merito suo. Ora non esiste più l'istituto di ltoville; ma chiunque percorra la Lorena, s'avvede tosto come i brevi poderi di que' montanari, nella loro bella disposizione, nel saggio avvicendamento di coltura, noli' uso dell' erpice, e dell' aratro perfezionato, acce-niiio ad una intelligenza superiore che ne li venne ordinando.
Pochi anni corsero, che nelle vicinanze di Parigi a Grignon, Augusto Bella, allievo di Thaer, antico u(-iiciale, fu chiamato a dirigere un nuovo stabilimento sopra una proprietà di Carlo X, che la cesse ad una società per organizzarvi un completo insegnamento teorico-pratico. Angusto Bella vi recò i lumi dell'insigne maestro e l'energia di un vecchio soldato.
Non si appagò del sistema di Dombasle di migliorare le terre col tempo; le volle migliorate più prontamente col denaro, recando a mille franchi per ettaro il capitale di fondazione, che Dombasle credeva sufficiente in franchi quattrocento.
Egli fu il vero iniziatore in Francia del sistema di coltura intensiva, e giunse in breve ad ottuplicare il valore di quell'esteso podere.
Vi organizzò pure l'istituto d'insegnamento, che restò a carico della società fino al 1848, mentre poscia fu assuuto dallo stato. È quello che oggi si chiama la scuola imperiale d' agricoltura, nella quale distinti professori insegnano la fisica, la chimica, la storia naturale, la zootecnia, 1' agricoltura.
La Francia possedè inoltre due altre scuole imperiali, modellale su quella di Grignon, l'una a Grand Jouan, e l'altra a Soulsaje.
In ogni dipartimento poi sono le Fcrmes-écoles, e sparse qua e là le così dette colonie agricole, dove vengono raccolti ed educati alla coltivazione de' campi giovani che escono dal carcere, o che sono di scorretta condotta.
Nel Belgio e privati e governo fanno a gara per favorire il progresso agricola di quel ricco ed industrioso paese. In ognuno dei cento e sette distretti che lo compongono si sono formati altrettanti comizj, non altrimenti chc si fa ora in Italia, onde trarre dalla terra tutte le preziose sue ricchezze.
1 delegati dei distretti si riuniscono nelle nove Provincie del regno in commissioni provinciali, che alla lor volta eleggono i loro incaricati a formar il consiglio superiore d'agricoltura in Brusselle, la cui
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speciale missione è di studiare gì' interessi generali, dell'agricoltura, e d'illuminare il governo su tutto ciò che può giovarne lo sviluppo e il rifiorimento. E il governo non ode soltanto, ma asseconda i consigli, e perciò apre incessantemente nuove strade, scava canali, antecipa somme ingenti pel drenaggio, accende l'emulazione co'premj, fonda scuole. Oltre alla società centrale d'agricoltura residente in Brusselle, che possedè una stupenda collezione di strumenti rurali perfezionati, havvi una scuola superiore di agricoltura a Gembloux presso Namur; poi le Fermcs - écola, e in fine la colonia agricola di Reisfeld che raccoglie oltre a quattro cento discoli, educandoli alla onestà ed ai lavori campestri.
Numerose sono in Olanda le società agricole, e tra esse primeggia quella delle due provincie di O^ landa (de Hollandsche Maalschappk van landbuw) che sopra una popolazione di poco più di un milione conta settemila soci, mentre la reale inglese non ne ha che cinquemila. E qui pure tanto il governo che i privati non ristanno dal favorire i miglioramenti agra-rii con le continue esposizioni, coi concorsi, coi congressi, con la pubblicazione di libri e giornali. E mercè 1' audace intraprendenza e il risoluto volere si va ogni giorno conquistando alle onde dell' oceano nuovo terreno, e si asciuga il lago di Harlem, e quello del Zuider - See.
Nella Svizzera, sì bella e pittoresca colle sue alpi sempre bianche di neve e scintillanti di ghiaccio, co'suoi laghi cinti di poggi ridenti, colla capricciosa varietà del suo suolo, l'industria agronomica rivaleggia co'paesi più rinomati per la coltura sfoggiata de'loro campi. 11 nome di Filippo Emanuele de Fellenberg è caro a'liberi elvetici quanto quello di Guglielmo Teli. Egli è per la Svizzera ciò che Dombasle per la Francia. Presso alla stazione di Schònbùhl si scorgono i vasti edifizì di llofwill, nè quali Fellenberg impiegando la ricca sua fortuna fondava un istituto diagricoltura tecnico-pratica, una fabbrica di strumenti rurali, una scuola rurale pe'poveri, un grande istituto superiore destinato all'educazioue di giovani delle più alte classi della società, una scuola intermedia per ricevervi un'educazione industriale, infine una scuola normale per formare intelligenti islitultori. Di tutto ciò peraltro non rimane oggi che una casa di c-ducazione per giovanetti, e le pingui terre che la circondano; ma da llofwill si sparse un sofiìo animato-tore che rigenerò quella gagliarda nazione.
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DUE URGENTI BISOGNI.
Fra le molte calamità che aggravano l'Istria e che a tutti sono palesi, una ne v'ha da pochi avvertita od almeno debitamente valutata, ma che in real-
tà è dì rilevante peso, mentre contribuisce a rendere permanenti le altre, col togliere il più ovvio e sicuro mezzo di riconoscerne le vere cagioni, ed applicare di conseguenza gli adalli rimedi.
La calamità cui alludo consiste nella mancanza di scrittori, che si fossero occupali d'un profondo studio delle cause fondamentali delle disgraziate nostre condizioni economiche e sociali, discorrendone nei loro minuti particolari, e proponendo le misure più opportune per far cessare i inali, ed avviare il paese a quella prosperità che, se anche lentamente, ma pur non può mancare di venire raggiunta.
Diffalli una provincia che protendesi in mare fra due golfi continuamente soleati da numerosi navigli esercenti un animati commercio, ed ha alla sua base «d appresso importanti empori, una provincia ripiena di seni e porti ampi, sicuri, alcuni de'quali vanno annoverati tra i primi del mediterraneo; dotala di mite clima, limpido cielo, fertile suolo offrente svariati prodotti, abitala da genti bensì di diverse schiatte e lingue, ma tutte intelligenti, impressionabili, non difficili a dirige rsi, un paese lale non avrebbe egli elementi bastanti per divenire ameno e florido, quanto altri da cui in oggi cotanto dista in molti rami di coltura?
Sì, vi dista, confessiamolo schiettamente, e senza arrossire, perchè i nostri guai non ce li abbiamo creali noi. Vi sarà forse chi pur voglia addossarcene una parte, ma a smentirli gioverà che noi con tutte le nostre forze ci adoperiamo a fare il possibile per liberarcene. Il lamentarsi è inutile, azione ci vuole e coraggio e costanza per abbattere il male.
Ma ond'è che non abbiamo scrittori i quali s'occupino con forte impegno delle nostre condizioni, e suggeriscano i modi di migliorarle?
Fra parecchie cause che potrei, ne addurrò una sola, e questa si è la mancanza d' una esatta statistica, i cui genuini e precisi dati pongano lo scrittore in grado di farne la debita valutazione, e servatigli d'inconcussa base e sicura guida pei suoi ragionamenti e giudizi.
Ma e perchè la ci manca codesta statistica? Per la grande difficoltà di compilarla, e perchè sinora, pur troppo, non fu sentila dai più la necessità d'averla.
Non potrebbesi diffalli Cadimento trovare una provincia, che come l'Istria, sopra una si breve superficie riunisca tanta varietà nelle sue parli, sia in riguardo alle condizioni fisiche, sia rispetto alle economiche e morali. Queste parli differenziano talmente fra loro, che dalla conoscenza d'una o d'alcune non deriva ancora che s'abbia un'esatta, talvolta nemmeno un'approssimativa cognizione delle altre. Divise tra loro o dalle aspre montagne del Carso ( Vena ) e del monte u aggiorc (Caldiero) o dal mare; o da profonde strette vallate, quale tutta monti con ripidi pendi e pochissima pianura, quale di suolo ondulato, altra sten-dentesi in piani attorniali da colli; qui le ramificazioni dei molili cadono precipiti ma coltivate sul mare, la scoscese e nude le coste, altrove spiaggie dolcemente degradanti e basse, ove il mare lambe i campi ; il nudo e freddo Carso coperto all' inverno di nevi e spazzato dalla bora, ed a poche miglia ridenti colline rivestite di olivi, di vigne e d' alberi fruttiferi, qui monti denudati, attristanti, là coperti di cespugli od alberi, o messi a bella coltura; qui industriosi gii abitanti, là negletti in guisa che i contadini ricorrono
a stranieri perfino per farsi i vestili; luoghi con fiorente navigazione a lungo corso, ed altri ove non s'esercì la che il caboltaggio; qua saline, là peschiere; territori egregiamente coltivati, e finitimi altri in cui l'agricoltura è in bassissimo stalo; il suolo qui calcare, inacquoso, là arenàrio con acque correnti; qui domina la bora, mentre in altri sili ove questa appena si sente, regna lo scirocco, e via discorrendo.
Come vario il suolo ed il il clima, cosi gli uomini: italiani di vari dialetti, slavi dividentisi iu sloveni, croati, serblici, poi commistione di queste razze ; romanici parlanti loro lingua ed altri slavizzali; albanesi che pur cangiarono linguaggio; ogni schiatta serbante un'indole propria: di carattere più mite il li-burno, fiero e vendicativo il morlacco, di lui più attivo e loquace il croato, rinchiuso lo sloveno, svegliato ed aperto l'italiano, spigliato il romanico.
Siffatte differenze si manifestano spiccate specialmente a distretti, tra i quali v'è spesso dissomiglianza esenziale. Il distretto di Castelnuovo p. e. il più freddo di clima, ove non alligna la vite, senza luogo centrale, senza ceto civile, non può assomigliarsi ad alcun altro; cjnello di Pirano colla distinta sua agricoltura, colla navigazione e colle sue saline ha condizioni ben diverse dal distretto di Pola; i limitrofi di-slrelti di Volosca e Pinguente sono differentissimi ; le stesse isole del Quarnero hanno caratteri speciali fisici ed economici che le rendono distinte Ira loro. Ma-negli slessi singoli distretti si trovano varietà grandi, dipendenti da topografia, da terreno, da razze di dissimile grado di civiltà che si manifestano nell'agricoltura, nelle industrie, nella coltura, nei commerci più o meno progrediti.
Un paese cotanto per ogni riguardo screziato, riesce d'assai difficile conoscenza agl'istriani stessi; sicché a bene comprenderlo e farne un' esauriente e giusta descrizione, converrebbe visitarlo applicandovi maturo studio e forte dispendio, per lungo e per largo in ogni sua parte. Non è difficile di trovare fra noi chi alle occorrenti caj acilà intellettuali, congiunga il possesso di mezzi pecuniari, e del tempo disponibile per dedicarsi a quest'ardua impresa, e scrittori di professione non ne abbiamo.
Ecco dunque una delle ragioni, a cui va attribuita la mancanza di statistiche generali dell'Istria scritte da indigeni, i quali conosendo di non poterle dare perfètte, s'astengono affatto d'occuparsene.
Ma in ciò hanno Iorio. Imperocché 82 non è dato ai singoli di conoscere la provincia in tulle le su - parli, non sarebbe loro difficile di trattarne partitamene per luoghi, distretti, o regioni; locchè produrrebbe un sufficiente ammasso di materiali statistici, di osservazioni e di proposte, le quali nel mentre illustrerebbero le singole parli, grandemente agevolerebbero la falica achi imprendesse di versare in tale ramo sull'intera provincia.	. .
Però, giacché non possiamo attendere la statistica istriana dalle forze d'un solo individuo, sia nostra cura d'affrettarsi a provvedere che essa abbia vita pel concorso di molti. (*) Si parlò che la nostra Camera di commercio se ne volesse fare iniziatrice; a nessuno meglio di lei ciò sarebbe conveniente ed agevole, e vorremmo che la provincia caldeggiasse l'impresa, la quale otterrebbe piena e facile riuscita, ove da appositi zelanti incaricati, sovvenuti dall'opera dei podestà, dei
curati, e di altre illuminale persone si raceogliessero i materiali, secondo un generale piano, per comuni e distretti. La Dieta provinciale, più ch'altri interessata nell'argomento, dacché nella statistica troverebbe il sincero e dettagliato quadro delie condizioni del paese, e quindi una sicura base per regolarne l'amministrazione, dovrebbe promuoverne l'ai Inazione, ed essere larga d'una sovvenzione per coprire almeno in parte le inerenti spese.
Se si eccettuino le assai pregievoli cose contenute nel cessato giornale VIstria e nella l'orla orientale, nonché nei Commcnlarii storico-geografici del Vescovo Tommasini del 1600, assai poco fu scritto dai nostri di cose attinenti alla statistica patria, molto più se ne sono invece occupali gli stranieri, fra cui i tedeschi, ma le loro dotte opere, dalle quali molti lumi possiamo trarre, non tradotte nella lingua nostra, e quasi da nessuno conosciute, assai poco sinora ci giovarono.
Or sono pochi anni fu pubblicato a Trieste un libro sotto il titolo: Hislorislie. yengrafische und stali-stische Darslellung der islrischen Halbinsel nebsl dett. quarnerischen Inselli. 1863, senza nome dell'autore, il quale se da lui fosse stalo edito anche in italiano, avrebbe trovato fra noi molli lettori. Ma ciò forse poco gl'importava, accennando egli nella prefazione essere suo scopo nel pubblicarlo di illuminare sulle povere nostre coudizioni il consiglio dell' Impero, a cui volle dedicarlo, onde esso provveda a migliorarle, quasicehè il nostro risorgimento effettuarsi dovesse dal solo supremo legislatore e dalla pubblica amministrazione, e noi avessimo a starci ignoranti ed inerti ad attendere la caduta della manna dal cielo. Senza un' azione sapiente, concorde ed energica del governo e del popolo, la rigenerazione dell'Istria succederà assai tardi. Vuoisi dunque illuminarli entrambi sulle vere condizioni del paese, e sui modi opportuni di recar rimedio ai mali, ed iniziare un rapido progresso.
Ma io non esito a sostenere che la citata opera statistica sia la migliore e più completa sinora comparsa alla luce, e la quale avrebbe potuto riuscire dilettevole e molto utile agl'istriani, ove alcuno ne a-vesse fatto una versione italiana, correggendo in apposite note gli errori che vi si riscontrano sia di dati che di giudizii, e riempiendo le lacune. Quest'opera veramente, come lo confèssa l'autore nella prelazione, non è quasi che una pura compilazione tratta da lavori di altri distinti scrittori, che versarono sull'Istria, e da informazioni avute da privali o attinte agli ulficii; per cui vi si trovano di cose eccellenti commiste a meschinità ed inesattezze, a seconda della fonte da cui derivano.
In generale si direbbe che l'autore non vide co'suoi occhi che assai poca parte della provincia, vi si osservano delle contraddizioni, ed in qualche suo giudizio spicca una decisa prevenzione. Gli è per ciò clie questo pregievole lavoro incontrò presso alcuni di noi che lo poterono leggere, perchè conoscenti la lingua tedesca, meno che in pieuo non lo meriti.
Ci duole anche che di questo libro non fu da qualcuno de'nostri almeno pubblicata un'imparziale recensione, mostrando ciò che nello stesso v'è di difettoso e non conforme al vero, onde i lettori tedeschi pei quali fu scritto, e che facilmente credono esattissime le descrizioni e giudizii dei loro connazionali intorno
agli altrui paesi, non si formino qualche erroneo concetto del nostro essere; locchò ci potrebbe riuscire di grave pregiudizio, qualora ciò avvenga agli organi del governo, che non ebbero opportunità di conoscere l'Istria di propria veduta e locale esperienza, e pur devono occuparsi della di lei amministrazione; essendo naturale che costoro cercano di procurarsi le necessarie nozioni, ove noi possano altrimenti, dai libri. E perchè noi non gliene offriamo, e non presentiamo, dirò così, il vero nostro ritratto, ricorrono ad altri che ci dipingono talvolta attraverso un proprio prisma che falsa la nostra sembianza.
Diamo dunque mano alla statistica istriana, e trattiamo delle condizioni nostre amorosamente studiandole, ed esponendo per quali vie debbano cangiarsi in meglio.
(Continua)	Q
(") Gli è appunlo questo che la Provincia proponeva ealo-rosamente fino dal suo primo numero, facendo voti, che la Cimerà di commercio a mezzo di comitati liei singoli distretti assumesse l'impresa e offerendosi a pubblicare mano mano le notizie raccolte. La più bella pratica adunque sarebbe ora che la detta Camera ponesse mano immediatamente ad eseguire in ciò quello che sappiamo aver essa maturato già da molto, e che Giunta Provinciale e Dieta l'aiutassero.
Nota della Redazione.
Albona, novembre.
(S.) Non saprei dirvi con quanto favore sia stato accolto anche nella piccola Albona, ultimo confine dell'Istria, l'annunzio della pubblicazione del vostro Giornale! L'Istria è piccola, povera e dimenticata, ed appunto per migliorare l.i sua attuale condizione, urge che gl'Istriani si mettano con effetto alla ricerca delle cause principali di tale stato anormale e dei mezzi per renderla se non ricca, meno povera e spregiata. Nulla di meglio adunque per raggiungere la meta, di un giornaletto provinciale, ebe lasci aperto il campo a lutti di manifestare i propri intendimenti, di mettere al nudo le piaghe e proporne i rimedi.
Egli è certo ebe Don pochi ostacoli rendono spinosa e malagevole la via, e fra questi non ultimi quelli annoverati dal corrispondente di Pola nel primo numero del vostro periodico; pur luttavol-ta chi ha per unica guida l'amore di patria ed il suo prosperamento, non si prenda peusiero delle critiche dei malevoli, ma proceda con coraggio allo s^opo prefinito. La Provincia deve considerarsi un giornale di famiglia, col mezzo del qu.ile ciascuna cilta, borgata e villaggio, anzi ogni Istriano, possa comunicare agli altri I» proprie vedute.
Ho premesso questi brevi cenni perchè servano a giustificarmi se anch'io rim sto fino ad ora in disparte, presi la peuua per darvi qualche novella della mia terra natale.
Albona, che per la sua posizione geografica, forma una penisola chiusa fra il mare ed il canale dell' Arsa, avrebbe bisogno di buone vie die la metessero in comuuicazioue col resto della provincia, togliendola d; 1 suo naturale isolamento.
Ingenti spese furono sostenute per lo pissato a tale uopo, ma senza ottenere l'intento desiderato. Figuratevi, che per recarsi a Pola, noi Albonesi dobbiamo prendere la via di Pisino, ammenoché non vogliamo prescegliere d'andarvi parte a piedi o a cavallo, per tortuosi e quasi impraticabili sentieri, e pule in una piccola barchetta oltre il canale dell' Arsa. E dire che Albona smercia buona parte dei suoi prodotti sul mercato di Pola! Fiualineuie dopo tante lotte sostenute dal Comune, dopo essere stato più volle tracciato e di qua e di là, Panno passato si die' principio ad un nuovo tronco di strada, che o bene o male, direttamente ci condurrà a Pola. Dio sa però quando la detta strada sarà condotta a termine. Ad o-gni modo si è fatto un passo in avanti. Anche al nostro porto di Rabaz sul Ouarnaro, il più buono e sicuro della costiera orientai» dsll' Istria, e dove specialmente coi tempi burrascosi cercano rifu-
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gio numerosi navigli, fu costruito un molo. Gl'ingegneri incaricati «lei disegno e costruzione dimenticarono però, a quanto pare, che dovendo il molo servire alle operazioni di commercio, si rendeva necessaria una riva per accedervi coi carriaggi. Si fu in seguito a vive rimostranze del Comnne, alla promessa di concorrere nella relativa spesa, e dopoché si ebbe la certezza che per giungere al molo si dovea percorrere un sentiero da capre, che venne decretata la costruzione di un breve tratto di riva, o come lo chiamano i signori ingegneri per giustificarsi, stradale, sebbene debba essere eretto alla sponda del mare e ili mezzo all'acqua.
Ultimali questi lavori, Albona potrà dire di avere solo in parte migliorata la sua condizione, perchè la stessa via di l'isino, la sola che ci mette in diretta comunicazione col restante della provincia, e per la sua cattiva costruzione, e per l'abbandono in cui si trova, non può soddisfare alle attuali esigenze.
La classificazione delle strade incominciata da vari anni, e non ancora ultimala dalla Dieta istriana, è la causa principale degli e-nunciati inconvenienti, dannosi oltremodo agl'interessi materiali di Albona, imperocché sebbene la si debba ritenere per strada provinciale, pur tultavolta viene tuttora riparata e mantenuta a spese «tei circostanti Comuni.
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Pìsino, novembre.
■ (Z.) L'articolo sottosegnato X inserito nel giornale II CU ladino del l i corrente, essendo scritto con certa agrezza e con riferimento di cifre, potrebbe ragionevolmente far sorgere dei dubbj sulla veracità di quanto fu detto altra volta sullo stesso argomento, specialmente nel n. 2 della Provincia. Si è quindi indotti di ripetere, che la differenza nella lunghezza delle due linee stradali di cui l'articolo suddetto fa parola, è di sette ottavi di lega, se pur non sono meno. Chi amasse persuadersene, potrebbe rivolgersi alle competenti autorità, le quali, ritiensi, non avrebbero la più piccola ragione per farne un segreto.
Anche riguardo alle asserite aggressioni nel circondario di Pi-«ino, si deve ricordare che da quasi mezzo secolo dacché esso è percorso continuamente da carrozze di posta e diligenze, si conta un solo caso d'aggressioue, perpetralo nella valle di Yermo, locchè è già cosa vecchia e dimenticata, siccome quella che risale a trenta-cinque o quaranta anni addietro. Alle altre asserzioni non s'iulen-de dar risposta alcuna, poiché non è alcuno che meglio di noi conosca le nostre condizioni locali e ciò che più ne interessa, mentre coloro che non sono istriani trinciano all' ingrosso, nè si prendono certa cura delle nostre miserie. Le autorità d'altronde sono ben addentro nella questione e non si lascieranno illudere o fuorviare da chicchessia, e meno ehe meno da chi parla e s'arrabatta prò domo sua. In quanto alle ironie ond'è condito l'articolo X, sarebbe da farne caso allora soltanto che si sapesse essere cotesto un vezzo dello stili' istriano, mentre invece esso è riprovato da tutti quelli che sentono con nobiltà e sodezza. Che se pur vi fosse taluno che credesse di dover infiorare le sue idee col sarcasmo per dar nel gusto de'suoi lettori, esso mostrerebbe di non conoscere, quanto valga meglio a propugnare le proprie ragioni il linguaggio civile e tranquillo, anziché lo scortese e il concitato.
Portole, novembre.
(T.) Per avere buone scuole, ci vogliono buoni maestri. Que-et' è una verità accettata ormai da tutti quelli che conoscono davvi-cino le condizioni delle nostre scuole, e le doti intellettuali dei nostri maestri. Le nostre scuole si trovano ancora fatalmente sotto il giogo del Concordato; la loro organizzazione data dal secolo scorso; i libri di testo sono per la maggior, parte infelicissime traduzioni di antichi libri tedeschi; i melodi d'istruzione limitati e soggetti a prescrizioni condannate dal buon senso; i nostri maestri o non sono nazionali per mancanza d'un istituto pedagogico lotto nostro, o se il sono, poco corrisponder possono al loro ministero per la facilità con cui vengono accettali nei corsi di metodo (vi sono ammessi perfino. compite appena le quattro normalil). Questi sono per sommi capi gli ostacoli che si oppongono a far prosperare le nostre istituzioni scolastiche.
Vogliamo però sperare che in un prossimo avvenire la questione del Concordato verrà sciolta in modo radicale e conforme alle
esigenze del tempo; vogliamo sperare che il governo ammaestrato da tristissime esperienze, e memore del proverbio che, chi semina ventoj raccoglie lerìipesta, vorrà dare ali Istria nostra quell'autonomia che è reclamata da tutte le altre provincie dell'impero; vogliamo finalmente sperare che la nostra nazionalità sarà non solo riconosciuta, ma protetta e favorita al paro delle altre. Premesso ciò, spetterà alla nostra Dieta ed ai comuni di adottare tutte quelle misure, che furono adottate altrove con felice successo, e che resero in brevissimo tempo frutti degni della civiltà del secolo.
A rialzare le nostre scuole dallo stato d'abbandono in cui si trovano, fra le altre questioni mi si presenta in prima linea quella delle scuole di metodo. I preparandi come esistevano finora, furono ormai condannati dal ministero slssso coli' ordinarne una riforma. Ma corrisponde questa ai nostri bisogni ed al progresso della scienza pedagogica? Ne dubito assai. Di fatti, per la nuova organizzazione è istituita a Trieste presso la scuoia normale una scuola di pedagogia. Il direttore che è in pari tempo direttore dell'unitavi scuola reale inferiore, deve impartire 1- insegnamento della pedagogia e della lingua italiana e tedesca; egli dirige adunque tre differenti istituti, ed insegna le tre principali materie. E mai possibile che un individuo possa corrispondere a tanto gravi incumben-ze ? Qualora pure le sue cognizioni fossero sufficienti, ne avrebbe egli il tempo materiale?
Le altre materie sono affidate a' maestri della scuola normale. Ora questa scuola ha l'insegnamento iu lingua tedesca, per cui i maestri sono tutti d' oltremonte, e conoscono la lingua italiana come tutti quelli che I' hanno studiata, ma non mai imparata. Saranno essi adattati ad istruire i candidati di pedagogia, destinati alla nostra provincia? Se così ha da essere, non è certo desiderabile che venga introdotta appresso di noi una scuola di magistero, architettala al modo_che s'è detto, siccome quella che per nessuna guisa pu ò corrispondere a quei nobili intenti, mercé cui soltanto è a sperare che rifiorisca la popolare istruzione.
Chi conosce per poco lo stato economico dell' Istria, di Trieste e di Gorizia, comprenderà di leggieri che nessuna di queste tre proviate sorelle sia per sé in istato di fondare un istituto di metodo come lo richiede la scienza moderna. I)i questi istituti ci offre luminosissimi modelli la Sassonia; la Prussia ne ha di pregevoli;l'Italia li va formando.
Or bene, dappoiché l'Istria, Trieste e Gorizia si sono mesne d'accordo per fondare un grande ospizio per chi è privo di ragione, fondino pure una scuola di metodo per quelli che son chiamati a guidare chi ha la mente sana. Quest'istituto comune dovrebb'essere autonomo con propria direzione e con propri maestri. La sua sede dovrebb'essere a Trieste, perchè se i pazzi devono essere iso-Iati dal consorzio umano, i sani di mente han d'uopo di vivere in società. Questa fa l'uomo, molto meglio che i precettori ed i libri. Un maestro che è chiamato ad illuminare il vo'go, a combattere i vizi e le superstizioni, ad avviare i fanciulli sul sentiero del vero, del buono e del hello deve conoscere a fondo la società. Vastissimo eampo gli offre in questo Trieste, città civile e colta, che abbonda d'istituti scientifici e letterari, di scuole d'ogni specie, di biblioteche e di numerose scuole elementari con molti distinti maestri. I candidati soccorsi dai rispettivi fondi provinciali con annui stipendi avrebbero pur agio di erudire la mente eoli' assistere alle lezioni serali che vengono impartite in molti rami dello scibile umano. Sono profondamente convinto che in questo modo avremo dei buoni maestri e quindi delle buone scuole.
CENNI SULL'ORIGINE E PROGRESSIVO SMLUPPO DELL' ACCADEMIA GIUSTINOPOLITANA.
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Siccome avviene nei fatti d'ordine materiale, che dall'accomunan/.a degli intenti e dall'accentramento degli sforzi parziali prendono vita ed alimento le grandi intraprese dirette allo sviluppo degli interessi e-conomici della società, così nel campo degli studi e delle opere attinenti a civiltà non evvi mezzo più efficace a secondare e diffondere le idee che l'azione comune di tutti coloro cui sta a cuore la coltura morale e civile del popolo, Noi siamo bea lungi dall'evoca-
re con ciò memorie ed indirizzi letterari dannali dallo spirito progredito dei tempi, il (piale non si pasce oggimai d'inezie o letterari trastulli, nè abbandona le vie del progresso per addormirsi al suono della cetra, toccala da pastorelli belanti o da profumali accademici; ma che nel secolo delle associazioni operaie, delle banche popolari, dei magazzini cooperativi e di altri sodalizi, tendenti a sciogliere i problemi di economia sociale, non si veda erompere un slancio particolare per l'attuazione di società di mutuo soccorso tra gì' ingegni studiosi delle arti liberali, è un fenomeno inesplicabile e contrario a quel vanto che pur si dà l'età no-slra al confronto delle antiche in fatto di progresso e di civiltà. Ed è appunto tale considerazione che ci guida a dettare qui alcuni cenni sull'accademia giustinopoli-tana, la quale fu per vari secoli il centro della coltura intellettuale dell'Istria e potrebbe di leggieri risorgere sotto le forme di un' istituzione attagliata all' indole de'tempi e all'indirizzo del pensiero moderno.
L'accademia giustinopolitana, sorta si può dire fin dalla prima sua isliluzione coli'intento di offerire agli ingegni una palestra di utile esercizio, venne di seeolo iu secolo atteggiandosi a varie forme ed indirizzi, accogliendo costantemente nel suo grembo il fiore della intelligenza istriana e fecondando i germi della coltura civile e letteraria della provincia. La fondazione della medesima cade nel quattrocento, secolo di fervida o-perosità e di generale gareggiamento, accesosi in ogni parte d'Italia, per ripristinare il culto delle lettere e delle scienze, negletto dnrante un lungo periodo di barbarie e di intellettuale regresso. Al disseppcllimento delle opere antiche, ai dotti pellegrinaggi intrapresi in traccia di codici e manoscritti, all'erezione di biblioteche ed altri istituti letterari, agli slanci generosi di singoli umanisti furono, come rilevasi dalla storia, gemelle le associazioni letterarie, sorte nelle varie città della penisola, nella mira di sviluppare i germi della rinascente civiltà e fornir pascolo alla vaghezza di e-rudizione, che avea invaso gli animi.
Se sotto tali auspicii sia nata l'accademia di Capodistria noi possiamo con sicurezza affermare, dappoiché i documenti che riflettono luce sulla di lei prima istituzione rilevano bensì un certo carattere cavalleresco de'suoi esercizi, non ci forniscono che lievi e vaghi indizi a conchiudere che parie integrante ne formassero anche gli studi letterari. Il March. Girolamo Gravisi in una lettera intorno alle antiche e moderne Accademie di Capodistria in data degli 8 Jprile 1860, ci racconta che a'suoi tempi nella cancelleria del sindicalo, sopra l'arma di Baldassare Trevisan, leggevasi espressa iu forma di dislieo la seguente iscrizione :
Ponimus haec grati Trivisanae insignia prolis Cam Domino Socii Balthassar ecce libi, la quale riceveva luce da un' altra collocala ivi accanto sopra lo stemma della famiglia Verzi colle iniziali, D. N. V. Dottor Nicolò Verzi, che fu principe della società, fondata nel 1478; Fauste inita MCCCCLXXVIII, anno in cui il suddetto Trevisan era podestà e capitano di Capodistria. Queste iscrizioni così succinte ci offrono bensì l'indicazione precisa dell'epoca in cui ebbe vita la compagnia, come allor la si chiamava; ma per quanto concerne la natura degli studi ed esercizi a quel tempo adottati, fa d'uopo riferirsi ad altre iscrizioni d'epoche posleriori, le quali suppliscono in qualche parte al laconismo delle prime. Nel sito suacceu-
nato vedovasi, aggiunge il Gravisi, altra iscrizione annessa all'arma della famiglia Almerigotti, del seguente tenore: Dum felicissima Dominici Maripetri Praetura laetam reddit civitatem, qui ingenue Festa Iripudiis scenisque celebrarunt MCCCCLXXXXIH. Questa c però ancor leggera allusione, la qual trova il suo commento in altra più diffusa e particolareggiata, che accenna più specialmente agli esercizj della società e addita una certa riforma od ampliamento avvenuto nell'istituzione della medesima l'anno 1567. L'iscrizione volta in italiano è dal seguente tenore: Fu tale la tiobiltà e la giustizia di Luigi Suriano podestà e capitano illustre, e sì grande d'ogni lato d'amor segnalato e V affezione sua a questa città, ehe sotto la sua reggenza la città parve godere quasi d'nn era beata. Durante una pretura adunque così felice, la gioventù istituì alacremente un sodalizio, il quale, e-letlosi a principe Pietro Pola giovane egregio, procurò di esilarare l'animo dei cittadini ed in ispccialità del pretore con giostre e danze e comedie e spettacoli di vario genere. Gli stemmi genlilizì poi di coloro, i eui nomi furono iscritti nell' albo della società, si veggono disegnati su questa tavola 1867.
Si raccoglie quindi come la società, sebbene informata al genio cavalleresco, carattere principale dell'epoca, desse nondimeno ricetto fin d'allora a certo genere di esercizi letterari, avvegnacchè alle danze, a-gli armeggi ed ai tornei veggonsi accoppiale rappresentazioni drammatiche ed altri spettacoli, l'indole dei quali potrassi meglio distinguere dalle forme adottate dalla medesima nel progresso dei tempi. Ciò ammesso, e riflettendo che contemporaneamente assisteva a Venezia u-na istituzione consimile diretta, come dice il Sansovino (Cronaca universale) allo scopo di fornire alla gioventù nobile un acconcia palestra di addestramento nelle arti della guerra marittima e terrestre, non si va lungi dal vero sospettando che Capodistria modellasse la sua al tipo della veneziana. A conferma di ciò evvi pure l'appellativo comune di compagnia della Calza,-la sfmiglianze spiccante nelle fèste, nelle danze e negli spettacoli e la stessa foggia di vestire nei socj sì dell'una che dell'altra. Nel qual proposito giova citare le parole del Gravisi; Le fèste, ci dice, le danze e gli spettacoli non solo, ma i vestili e le divise dei socj furono tanlo a questa, che alla società giustinopolitana comuni : nè può dissimularsi che nelle nostre pitture di Cavalieri non si vegga il ginbboncino corto, i calzoni rotondi, le calz-j di diverso colore nelle persone medesime e lunghe sino alla metà della coscia - ... non solo si vedono tre tavole nel sindicato ed un quadro in duomo, ma altre ce ne sono nella sala del consiglio in cui si vedono tutti i nobili in veste nera colla calza di colore, conforme correa il genio della compagnia della Calza.
Tutto ciò farebbe risaltare di preferenza il carattere cavalleresco deila società; ma che questo non fòsse il solo, oltre agli indizi toccati di sopra, altri ancor e più validi si possono addurre, desunti dall' avvertenza alla qualità delle persone che si veggono figurare siccome presidi della medesima nei primi tempi della sua esistenza. Giorgio Almerigotti designato siccome principe della società nell' anno 1495 è quel istesso, che fu poi professore publico nella lettura del codice all'.Università di Padova.'Pietro Pola, di cui parla l'iscrizione surriferita, fu uomo di molto ingegno e sape-
re e chiaro pocln, come diremo in appresso. Cosi vedesi nel 1578 a capo della medesima un INie. Yertius. P. F. Juslin. Jure cous. Se adunque nel con-lcrimento del Principato, tra i varj cospicui soggetti di cui allora come sempre fregiavasi la società, si da\a nondimeno la preferenza ai letterati, ai poeti ed ai giure consulti, egli è 1111 seguo questo evidente, che la coltura dello spirito non era disgiunta dagli esercizj cavallereschi, e che quindi tra le gare e trattenimenti della società avcan posto anche gli studj lelterarj. Aggiungasi che il Muzio nelle cattoliche (lib. III. p. 153), scrivendo agli Accademici Disiasi chiama nuova la«lor Accademia, premettendo che sotto tal nome egli intende una ragunansa di persone studiose di sapienza. Il Gravisi addimostra quindi con mollo acume ed e-rudizione come, fissatore il carattere letterario, la giusli-nopolitana possa per ragione di antichità reggere al paragone di quasi tulle le Accademie d' Italia, delral-tanc forse la vecchia adunanza di Firenze, che apparisce d'origine alquanto anteriore. —
E naturale poi che le rappresentazioni teatrali, indicate siccome parte degli esercizi della compagnia, dovessero fornire agli allori, che erano i soci stessi, opportuna materia di trattenimento amino ad un tempo ed istruttivo, in quanto che ne veniva per esso, che fosse promossa la coltura della natia favella e destata una fervida gara di studiare e riprodurre con quella verità c decoro che maggiori si potevano, le varie opere drammatiche che venivano puhlicamenle recitale. Il più rilevante dei vantaggi però, derivanti da tal genere di civile ricreazione, vuoisi cercare nell'impulso cìk; per essa veniva dato agl'ingegni più eletti di cimentare le proprie forze, componendo drammi o comedie destinate alla rappresentazione i elle celebri adunanze della Società. In talli noi sappiamo che quel Pietro Pola, di cui ricordammo | ià sopra, In autore di una applaudita comedia, intitolata : / giusti inganni, non chè d'un egloga 0 rappresentazione pastorale, Jrdor d'amore, che fu publicala con una prefazione eruditi ed una dedica al Mollo Magnifico Messer Pietro Morosità di Andrea. E prima era toccato l'onore d' esser posta in scena, ad una produzione drammatica del famoso Aurelio Vergono, il segretario de'Brevi di Clemente VII, divisa in dieci alti e intitolata Favola scenica, della quale tocca il Muzio nella sua Poetica (iibr. 1.)
Il mio Vergerio già felicemente Con una sola favola due notti Tenne Io spetlalor più volte intento, Chiudea cinque e cinque atli gli accidenti Di due giornate, e '1 quinto, ch'era in prima, Poieh'avea'l caso e gli animi sospesi Chiudea la scena, ed ammorbava i lumi. Il popolo infiammalo dal diletto Ne slava il giorno, che veniva appresso, Bramando il foco de' secondi torchi. Quindi correa la calca a tulli i seggi Vaga del fine, ed appena soffriva D'aspellar ch'altri ne levasse i veli.
In appresso furono rappresentati la Filliria, favola boschereccia di Girolamo Vida, le Selve incoronate di Otloniello de Belli, trngicomcdia boschereccia, quasi gemella col Paslor fido, la quale meritò gli applausi del Guariui, che non cessava d'ammirarne l'in-venzione.
L'anno 1553 segnò negli statuti della Società una riforma importante. Le gare letterarie sebben, come addiinmostrammo, facessero parte de' suoi esercizj, e-rano però sempre limitale a quei soli generi di componimenti, che meglio risp uidessero al carattere cavalleresco di cui la vedemmo improntata fino dal suo nascere. Ora da palestra di arti cavalleresche qual era stala fin' allora, essa tramutasi in un centro di vita intellettuale che abbraccia l'intera provincia, ed assume la natura e le l'orme di una vera Accademia letteraria. Il movimento religioso, inizialo in Germania in sul principiare del secolo decimo sesto, erasi nella re« gione dell' idee propagalo anche fuori dei confini di quel paese desiando ovunque 1111 fermento di studj e di gare, le quali, siccome è proprio di questioni così ardue e dilicate, attizzavano odii e rancori e metleano in grave compromesso l'ordine sociale. L'Accademia giuslinopolilana della de' Disiasi, subentrata alla compagnia della Calza, sorse appunto quando erano nel pieno bollore simili discussioni, animale ancor più da vicino dalla polente influenza, che esercitava sugli animi di molti la dottrina e la fama del vescovo Pietro Paolo Vergerio il Juniore. E perciò che l'Accademia istituita allo scopo di stringere in pacifico accordo tutte le forze degli ingegni e promuovere collo scambio reciproco degli sludj la coltura delle scienze e delle lettere, volendo porre un argine all'irritazione degli animi ed ovviare a' dissiflj e turbolenze, fermò prudentemente che venissero dagli esercizj accademici bandite tutte quelle materie, che avessero attinenza alla questione religiosa. Questa provida disposizione intesa ad infrenare gli impeli dei fanatici si dell'una che dell'altra parte, i quali d'un luogo consacrato al tranquillo sviluppo degli sludj avrebbero voluto formar teatro di lolle accanite e funeste al progresso, atlirò alla Società lo sdegno del Muzio, il quale nelle Cattoliche (Lib. III. p. 155) colla solila sua acrimonia si scaglia contro il suaccennato divieto dell'Accademia, e taccia i soci tulli di eresia e di connivenza alle dottrine del Vergerio, da lui in ogni guisa astialo e vilipeso. Questa Accademia, benché non avesse lunga vita, meritò tuttavia egregiamente della coltura de' buoni studj attagliandosi a modello di vera istituzione letteraria, aliena dalle vane e frivole pompe di nomi sonori e di dotte mascherale, quali vedeansi in altre Società di tal genere. I titoli slessi di cui eran designali i soci, sono semplici, e rendono imagine dello spirilo di sodezza e di gravità, a cui essa era informala. Domizio Gavardo a mò d'esempio, che dedicò un opuscoletto intitolato la Rosa agli Accademici Disiosi viene caratterizzalo coli'appellativo di folonteroso.
(Continua)	prof. G. B.
TIP. UI GIUSEPPE TONDELLI.
NICOLO' de MADONIZZA. BvdatWr».