anno vii—n. ». Sabbato 14 Febbraio 1852 Esce una volta per settimana il SabbatO. — Prezzo anticipato d'abbonamento annui Gorini S. Semestrein proporzione.— L'abbonamento non va pagato ad altri che alla Redazione. C E D A S. Più volte e forse troppe ci è accaduto di ricordare come delle antiche insti'.uzioni parecchie siensi conservate lino quasi ai giorni nostri, in qucsla Trieste, e come la terra soggetta alle autorità Municipali antiche e moderne, vada divisa in agro proprio che era veramente del comune dominante; ed in agro soggetto che era delle ville o comuni suddite al primo ; il che dura tuttora sebbene l'uno e l'altro degli agii sia diminuito, sebbene le condizioni di pubblico reggimento municipale sieno, o dovrebbero essere grandemente cangiate. L' agro proprio di Trieste, che è identico coli' agro colonico della Tergeste romana, giungeva, alla spiaggia del mare, dal Montelongo o Stramar, (Extra Marc) di là della Lussandra di Zaulc lino alla punta orientale del Porlo di Sistiana o piuttosto Sistilano, per modo che la metà di quel porto era di dominio tergestino. Ciò in longitudine; in latitudine l'agro s'estendeva dal mare lino alla strada carreggiabile che da Sistilano per Prosecco, Opchiena giungeva e giunge fino a Trebichiano ; e da Trebichiano per Galtinara Bagnoli, scende nella valle di Zaule, giungendo poi il confine al Montauro, Castellici che sovrasta la punta di Montelongo o di Strumar. Però non tutto il tratto di terra che è chiuso dalla strada pubblica, dal' porlo di Sistilano al Castelliere di Montauro, e dal Mare, era agro colonico, o proprio ; Silvola, le due Cjilvole, vanno escluse, perchè appartenevano all'agro soggetto ossia al Distretto. Di questa estensione e confinazione fanno testimonianza gli antichi statuti, le carte del medio tempo, l'antico suggello del Comune, le strade, i Castellieri, i nomi, le condizioni lungamente durate, la mirabile concordanza fra loro di questi singoli elementi. A presidio di questo «grò stavano i Castellieri a misurate distanze, scoperti, circolari, a vallo anzi che a muro ; a presidio dell' agro o della città stavano i due fortalizi di Montecavo e di Moncolano con opere mililari di muro; quello, nella valle di Zaulc al sito che dissero Vincumberg dal nome di famiglia feudataria in quel dintorno, ed in tempi recenli Filnfenbcrg, volendo ragione di questo nome da cinque di quei tanti monti che stanno all'ingiro; questo, sul colle cho con memorabile storpiatura, i villici slavi dissero Contorciti-, fortalizi ambedue che figurano lungamente nelle storie dello guerre e delle depredazioni di Trieste, e che terminarono coli'essere distrutti; Montecavo dal vescovo Udrò Bonomo in persona quando nel 1 509 togliendolo ai \ encziani volle che mancasse loro la possi- bilità di riporvi piede stabile; Moncolano dai Veneti quando nel 1371 vollero tolta ai Triestini ogni possibilità di chiudere il varco, unico allora per muovere dal Friuli a Trieste. L' agro proprio per ciò che riguarda la coltivazione, era diviso in boscaglia posseduta in comune, la quale copriva tutte le alture calcari, per una metà della superficie complessiva dell'agro; l'altra metà era a coltivazione di olivi, di vigne, di campi svariati pe'prodotti. Questa seconda metà cioè la coltivata non era posseduta in comune, ma divisa fra gli antichi coloni, anzi scompartita secondo l'antico mudo di assegnamento di terre, che le traccio ne sono tuttora visibili. La parte coltivata dell' agro proprio che è sul declivio dei colli marnosi non era scompartita a ville od a vicinie, ma soltanto in Sellarle o guardianati (nel 1300) per la sorveglianza contro i furti e guasti campestri ed erano cinque la iSaltarle, V una comprendente il tratto dal porto di Sistilano fino al torrentello che è al di qua di Grignano, e la dicevano di Grondolera; l'altra dal torrentello suddetto fino alla porta di Triborgo della città, e la dicevano di Moncolano; la terza era quella di Colonia, la quarta di Melara ; la quinta di Castiglione per le due Maddalene e per Zaule. Ve ne era una sesta di S. Vito per le Calvole e per Silvola. 11 quale nome di Saltane non provenendo, come pensiamo noi da Saltus bosco (che in falli i Saltarj erano guardiani di campi e non di boschi) ma da Saltus misura di terreno usata nell'assegnare fondi, la quale comprende 800 jugeri romani, ossia 589,600 tese quadrate viennesi pari a 380 jugeri tedeschi. La misura non corrisponde invero all' estensione delle guardianarìe che è di assai maggiore; ciò però non fa improbabile che siasi dato il nome della massima misura di terreno, ad un' estensione maggiore, per la quale poi non si aveva nome. Le saltarie, erano suddivise in Contrade, nome che non aveva altro senso che regionario, incerte nell'estensione, non fisse pel numero; nelle contrade poi stavano le possidenze, le ville cioè, i predj che assumevano nome dalla famiglia alla quale o erano state assegnate quelle terre, o le possedette in lungo ordine di successione. Dalla quale pratica vennero quei tanti nomi con desinenza in unum la cui radice è il gentilizio di famiglie romane, di cui nelle pietre scritte si trova spesso memoria. Nella parte litorale che è a tramontana della città, ed a due miglia, da quesla, sta la Sultana di Moncolano, la quale ha principio nel Castello di Moncolano or Contovclo e s'estende verso la città. Quel tratto che è più prossimo a Moncolano, fino al torrentello che divide Balcola da Gretta odierne; può tenersi per una sola regione, uniforme essendo nella fisica configurazione di terreno marnoso che in ripido declivio s'appoggia a monti sovrastanti, calcari i quali direbbonsi facilmente muraglia, tanto sono erti. Quella regione bella per l'orrido delle rupi sovrastanti, per gli oliveti nelle pendici inferiori, pel mare ha nome di Barcola e di Cedàs nelle parti inferiori, di Boveto e di Moncolano nelle superiori; Barcola veramente -pronuncia il volgo, e Barcola è anche nella lingua scritta; ma non giustamente, l'antico dialetto usava di pronunciare Servola, Carbola, Scorcola, mentre scrivevasi Selvola, Calvola, Scolcola. Cedàs è la regione più settentrionale della spiaggia, in confine della Saltarla di Grondolera, e della Contradadi Grignano; Cedàs era veramente contrada, e per tale la si indica nelle carte antiche. Facilmente può ridursi il nome di Cedàs che è volgare a CETACIVM, traendone argomento dalla gente romana CETACIA. Della quale diremo che sconosciuta alle lapidi Aquilejesi, ed a quelle dell' Istria, ha non ignobile menzione in due lapidi triestine, nell' una delle quali vedesi un Cajo Cetacio Severiano avere coperto la dignità dispendiosa di Edile, per la quale entravasi in Curia, indi insignito del sommo degli onori municipali del Duumvirato ; nell' altra è menzione di una Cetacia Servartela, della quale i genitori erano talmente noti, che ostentarono tacere i loro nomi CETACIAE • SERVAN DAE • PAREiNTES La leggenda è scritta su arca decorata che già stava in S. Francesco ora murata in casa Bareaux piazza Lipsia. L'altra leggenda fu conservata dal Manarulta: C • CETACIO PVP SEVERIANO AED-IIVIR-1VRD TERGE STE C • CETACIVS SE VERI ANVS Dal che conchiudiamo che la gente Cetacia fosse veramente decurionale triestina, ed è verosimile che da lei prendesse il nome Cedàs, non veramente CETACIVM, ma CETACIANVM, contratto poi in Cedàs per tedio di lunga voce. Quel predio venne in questi ultimi secoli in proprietà della patrizia famiglia dei Conti, che tuttorlopossede; perpetuando cosila condizione di essere predio gradito di nobile gente. A Cedàs vi, ha porto piccolo da barche, opera dei Conti, fatto entro il bacino di porto antico maggiore rimasuglio di opera romana. Tutta la spiaggia di Trieste aveva siffatti porlicini chiusi da moli; ve ne era ,uno sotto Silvola, altro nel sito del Navale S. Marco, un terzo a S. Andrea, e sulla costiera di tramontana uno in Trieste, diverso dal porto delle Navi, uno ve ne era a Balcola, questo di Cedàs, altro a S. Croce del quale rimangono le opere sottomarine, altro a Bellavigna ora interrato; il porto stesso di Sistilano che è naturale fu fatto più sicuro coli'arte, costruendovi molo che dura ancora sott'acqua. La quale frequenza di porti manufatti, mostra la sollecitudine degli antichi nel garantire il minore na-vilio contro pericolo di mare nelle stazioni; per la na- vigazione maggiore era provveduto meglio ancora, e con moli, e con fari o lanterne, tre delle quali erano nel golfo di Trieste, l'una al porto di questa città, 1* altra alla foce del Timavo, la terza nelle acque di Grado. Anche nel Medio tempo la legislazione municipale provvedeva ai porti, ordinando il ristauro di quello di Grignano, vietando il furto delle pietre, che fu vera ed unica causa della sparizione dei porti maggiori o minori. La forma dei porti minori manufatti del Litorale tergestino era quadrilatera, le dimensioni fra le 20 e le 40 teso viennesi per lato, l'opera (rimane soltanto la sottomarina) a getto di grandi pietre, la disposizione in modo che il lato più esposto all' impeto del mare fosse in pianta arcuato, una sola la bocca dal lato più sicuro. Il porto di S. Croce misurava 20 tese viennesi per ogni lato, però uno dei lati era interamente apert o ad ingresso. Sembra a noi che il porto di Cedàs meglio che altri conservi le traccie dell'antica condizione, e ne diamo la pianta. Il lato maggiore del porto misura 40 lese viennesi, il minore 28, nella parte interna del bacino, così che la capacità quadrata era di 1120 tese viennesi, l'odierno mandracchio di Trieste ne misura qualcosa meno di 1500. Il braccio maggiore era a tre parti; scogliera eslerna per rompere le onde, muraglia per assicurare contro lo spruzzo, ambulacro interno per lo sbarco. Il braccio minore non era che semplice molo, tutto ambulacro»- Nel porto potevano collocarsi sessanta legni minori. Il porto non aveva nome da Cedàs, in carte antiche lo troviamo detto porto di Moncolano, ed a ragione, perchè non fatto ad uso di quella villetta, ma di tutta quella regione o Saltaria, e del Castello di Moncolano. La villetta di Cedàs, così 1' antica come la moderna è villetta marittima, nessuna strada di terra vi conduce, che possa meritare tale nome; la grande strada d'Aqui-leja stava più alta, come oggidì quella detta di Prosecco che è rinnovazione della romana; tanta era la sapienza degli antichi, che sii sperimenti dei secoli successivi conducono su quelle traccio. Bensì dal porto una strada con- duceva alla grande via di Aquileja, a Moncolano, siccome vedemmo bella via dal porto del navale S. Marco alle allure di S. Giacomo, ora coperta dal nuovo terriccio formatovisi sopra. In Cedàs v'era edilizio ad uso dipa-lazzino da villa, non alla spiaggia del mare, cliè il polverio marino noi concede, ma a tanta altezza sul mare, quanto basta ad essere sicuri da quello. Il palazzino era presso ad un rivolo di acqua perenne la quale certamente proviene da una delle tante gallerie a sacco del Carso, che nella stagione delle pioggie si riempiono; il rivolo puro scorre dall'alto fino alla marina; e non è il solo, altro zampillo sgorga ivi presso, da dirsi incanalato, altri ve ne hanno alla marina, così che il Municipio di Trieste vi fe' costruire or sono parecchi anni un Castello d'acqua, per le navi di Trieste. Tubi di piombo furonvi trovati, però senza bollo, certamente conduttori di acqua, e noi raccogliemmo in Cedàs parecchi cotti e da muro, e da copertura e di stoviglie, su terreno che dall' abbondanza di cotti, e di calcinacci, dalla meschina vegetazione, mostrava di contenere avanzi di antiche costruzioni. Tra i bolli impressi sui mattoni ed embrici, in segno del fabbricatore, della fabbrica, e del proprietario, ne raccogliemmo uno a circoli concentrici, dei quali 1' esterno conteneva leggenda più lunga del solito, l'interno altra minore; ma sgraziatamente il colto era spezzalo così che conteneva mezzo il bollo soltanto; e la leggenda interna era divenuta illeggibile. Narrava quel frammento che il mattone veniva dai predii di Faustina Augusta e la fabbrica aveva nome K......che possiamo supporre KAN1NIANA; il resto mancava. Tornarono inutili lo diligenze usato per trovare altro bollo idenlico, che svelasse l'officina, ed il fabbricatore, e l'interna leggenda. Altri bolli raccolsimo, però tutti imperfetti, poiché quel materiale era troppo a frammenti. Recatici a vedere quella stessa località, ad invito dei proprietari che vi fanno praticare degli scavi, riconoscemmo nella fronte verso il mare (supponendo che sia parte di edifizio che si interna verso il monte, un pajo di stanze pavimentate a bel mosaico, sostenuto il pavimento da frequenti pilastrini a mattoni, a breve distanza, per cui sotto alle stanze vi era vacuo, basso che nò un fanciullo vi starebbe ritto, pavimentalo questo sotterraneo a matlone. Nelle pareti vedemmo traccie indubbie di tubi quadrilateri di cotto, che posti perpendicolarmente l'uno appresso l'altro foderavano la parete così, che gettatavi sopra malta e resala liscia, aveva aspetto di parete piena. Questi tubi (non sappiamo come altro dirli, erano di medie dimensioni, di sottile pastiglia, con fori quadrali ai Iati, così che girava l'aria da una fila all'altra dei tubi; solcali nella superficie esterna con ferro tagliente, acciò la malta vi aderisce tenacemente. Di siffatti tubi udimmo le testimonianze dei lavoratori, vedemmo i frammenti, ed uno anzi ancora a sito. Così che il nostro giudizio non fu incerto, riconoscendo 1' apparato usato a riscaldare li stanzini mediante calafazione del pavimento e delle pareti, modo che usato ancora nelle terme di Levante, potrebbe facilmente ristabilirsi, ed essere di grande giovamento nello curo di malattie e nell'uso di bagni. Ed a bagni crediamo destinati in origine quegli stanzini, non a stabilimento pubblico, ma ad uso privalo della famiglia. Vedemmo la testala di un Canale, e parete rivestita di tale intonaco dà credere all'esistenza di una piscina o deposito d'acqua per uso del bere. II che non ci fe' meraviglia, sapendo come i romani conducevano acqua abbondante nelle città, per le fontane salienti, per. i bagni e le terme, ma non bevevano l'acqua di fonte che dopo tenuta per alcun tempo tranquilla; pel bere preferivano l'acqua di cisterna che è purissima, il che rende ragione della simultanea presenza di acquedotti e di cisterne di fontane e di serbatoi. Sugli scavi non diremo altro; di cotti vedemmo bellissimo bollo già noto a lettere di rilevo di Tullia Cri-spina figlia di Aulo, il cui nome è scritto dapprima in cerchio, nel centro stà ripetuto il nome a sigle, che è della proprietaria della fabbrica Raccogliemmo frammenti di embrici, su l'uno dei quali a lettere rilevate stà M SICVL MUlill sull' altro a lettere impresse TER • FVSC//// E su d' un mattone perfettamente quadrato a lettere rilevate 1MP ANTO AVG PI dell' imperatore Antonino, la quale leggenda va compagna all'altra imperfetta di Faustina. Il mattone col bollo di Antonino venne tolto da pilastrino rinvenuto integro; a questo edilizio apparteneva senza dubbio l'altro bollo di Faustina; ambedue accennano alla metà circa del secondo secolo siccome al tempo, nel quale la villetta fu costrutta, così che corsero da quell' epoca mille settecento anni. E di quel medesimo tempo è la fabbrica di colti o la Aglina della Tullia Crispina, figlia di Aulo, che nella forma del bollo e delle lettere mostra di essere slata di illustre casato. GÌ' Imperatori avevano possidenza famigliare nell' I-stria, ereditata dalle case Antonia e Giulia entrate nella famiglia di Augusto, e le eredità si riconoscono fino a Nerone; in bolli su cotti d'Istria leggemmo i nomi di Nerva, di Trajano, di Tiberio, di Claudio, di Caligola. La spiaggia tutta di Moncolano, e di Grondolera abbonda di testimonianze dell'antica condizione; abbiamo detto dei porti, diremo ora che in terra i mosaici, i lito— stroti, i pavimenti a marmo, le monete, i bronzi non sono rari; intorno il 1700 verso Bellavigna si rinvenne la statua in bronzo d'imperatore, crediamo di modulo piccolo; un tavolino di marmo ad intarsiature che sarebbe stata bella cosa, trovammo spesso mattoni composti a forma di cornici, di vasi, di capitelli e disposti a formare pilastri e colonne. Le inscrizioni sono più rare; di una sola seppiino a Bellavigna, della gente Farilia, di altra ci si narra che fu scoperta recentemente pei tagli della Via ferrata, e che (se vero il fatto) passò altrove, senza con- servarne copia. Ci venne detta la tradizione di antiche a-bitazioni in Bellavigna, e lo crediamo, in Mule al di sotto S. Croce (nome che per l'uso di raccorciare degli Slavi dovrebbe dirsi Muliano e sovrasta al porto) ove vedemmo embrici assai, avanzi di cisterna; udimmo che vi si traessero tubi di piombo per tre e più cenlinaja di peso. Padob e Lahovez sarebbero del pari luoghi di antichità, e dappertutto muraglie, mosaici, olle, sepolcri, cornici, armi, monete, a Lahovaz la pianta d'edificio quasi basilica. Più celebrata è la regione di Sistilano per le cave antiche, dalle quali trassimo noi medesimi inscrizioni preparate, qualche rozzo bassorilevo, udimmo di stromenti, di monete, di cosette in metallo, E fama registrata dai nostri Cronisti, viva nei presenti, che dall'atto del monte al mare fosservi strade plumbate, per sdrucciolarvi le pietre lavorate, e ci mostrarono i canali, e ci dissero del piombo trovato, di che nè dubitiamo, tanto concordi ed antiche sono le testimonianze, nò sappiamo cosa pensare. Il sito ove stanno le cave ha nome speciale, quello di AYRISINA come leggemmo chiaramente e costantemente in antiche carie; il volgo slavo la dice Brisina, Nabrisi-na, Nabresina, il volgo itali» no Ambrosina ; una stazione di strada ferrata va a piantarsi, ed attendendoci che abbia a desumere il nome dalla località, siamo curiosi di vedere quale delle volgari diciture verrà adottata per divenire diremo così officialo, supponendo che una delle volgari si adotti; come con grave impedimento agli studi di qualsiasi genere si è fatto in tempi non lontani. Gli scavi continuano in Cedàs, ed avremo occasione di ritornarvi col discorso, se come v'ha speranza daranno materiale a restituire l'antica condizione di quella villct'a che fu delizia ad antica come ad odierna famiglia di Patrizi. RIPARTIZIONE DELL' ISTRIA IN CAPITANATI DISTRETTUALI E COMUNI SECONDO LE NUOVE S COMPARTIZIONI ED AGGREGAZIONI. CAPITANATO DISTRETTUALE DI ROVIGNO, comprende Popolazione Superficie i—< COMUNI NUOVI COMUNI VECCHI sepa- unita separata unita >H m rata Klafter Jugeri I " | drati Jugeri Klafter quadrati o ROVIGNO Rovigno 10920 109211 10653 403 10655 403 2610 VALLE Valle 1294 129) 14285 395 14285 395 775 VILLA DI ROVIGNO Villa di Rovigno 397 297 258- 1326 2582 1326 306 CANFARNARO Canfarnaro Sossich Morgani Smogliani 684 368 483 368 2448 3604 4280 1709 45 1477 1009 459 1903 12042 1390 817 PARENZO Parenzo Yarvari, Monsalis,e Foscolintf Monghebbo Dracevaž 2744 71 75 99 99 118 3206 3342 33.1 868 1128 1159 554 565 876 1109 1100 414 1437 7387 701 740 i VILLANOVA Yillanova Abrega Fratta 497 205 195 897 2620 1033 1520 1193 487 174 5174 22" 523 TORRE Torre 493 493 2009 1469 2009 1469 167 S. LORENZO S. Lorenzo Sbandati Mompaderno 1025 581 657 5340 5398 4200 1341 1329 162 2263 14939 1232 1034 Tipografia del Lloyd Austriaco. Redattore SSr. Handler.