ORGANO DELL'UNIONE SOCIALISTA DEI LAVORATORI Anno VII. — N° 370 Redazione e Amministrazione: CAPODISTRIA Via Santorio 26 - tei. 128 ★ Non un addio, ma il nostro cordiale, deferente saluto vada oggi ai compagni dell’Ammnistrazione militare dell’Armata popolare Jugoslava che dopo sette anni cessano la loro attività. Non un addio, perchè non sono degli estranei che se ne vanno, ma dei compagni della comunità dei liberi popoli della Jugoslavia che rimarranno ulteriormente con noi che da oggi entriamo definitivamente anche formalmente a farne parte. Il nostro saluto, ha più il significato di un ringraziamento a quell’istituzione che in questi anni rappresentò nella nostra zona la Jugoslavia e rese sostanzialmente possibile la continuazione della nostra lotta nel rafforzamento delle conquiste della rivoluzione socialista. La nostra classe operaia, la nostra popolazione, è ben cosciente che senza l’Amministrazione della nostra Armata popolare anche nei due distretti di questa zona i frutti della lotta dì liberazione sarebbero stati messi in forse, malgrado il tenace attacca-Incinto e la volontà di salvaguardati manifestata in mille occasioni, tie oggi, entrando a far parte della Jugoslavia, ci troviamo praticamente nelle condizioni di dover so.o continuare il cammino e non di ricominciare da capo, è senza dubbio inerito deli Amministrazione deità nostra Armata che sin dalla sua costituzione ripose nelle mani dell'autorità popolare l'effettivo esercizio del potere appoggiandolo e tutelandolo dagli attacchi della reazione che mai si rassegnò di aver perduto il proprio dominio di classe. Lasciandoci il colonnello Stama-tovié ed il suoi collaboratori, possono essere orgogliosi dell’opera svolta in questa zona - sappiano che la nostra gente tutta, sloveni, croati ed italiani, li hanno apprezzati c serberanno di loro un grato ricordo. Perchè la nostra gente non dimentica quell’ingiusto trattato dì pace cfie ha strappato dal corpo della nostra patria questi territori. E’ stata per noi una vera fortuna di aver qui almeno l’Amministra-zione Militare Jugoslava che ci ha reso possible la continuazione della rivoluzione, la realizzazione di tutti gli ideali del movimento operaio, dalla riforma agraria alla gestione operaia deH’econqmia. Sciogliendosi l’Amministrazione della nostra Armata lascia in questa zona vive testimonianze che in questi sette anni lo sviluppo sociale ed economico è stato rapido e sistematico. Grazie all’aiuto finanziario che la Jugoslavia ha dato alla nostra zona tramite 1 Amministrazione militare e che ammonta a oltre 9 miliardi di dinari, oggi i Mostri due distretti appaiono .sostanzialmente trasformati rispetto all’ante guerra. Nell'agricoltura, nel. l’industria, nei trasporti, nel turismo, nella sanità e nella cultura, nonché in tutti gli altri campi i distretti di Capo distria e di Buie hanno già tali basi che assicurano Un prospero e sicuro domani alle loro popolazioni. Ma forse quello che per noi è fondamentale, in questi sette anni abbiamo-' continua-mente rafforzato il potere popolare, includendo la gran parte della po-polazione nella gestione diretta dell’attività pubblica, dimostrando al mondo la capacità realizzatrice della classe lavoratrice, dimostrando come nelle condizioni di libertà sia possibile organizzare una vita di armonia e di progresso in cui agiscono tre nazionalità diverse. Queste sono in fondo la premesse basilari per cui ora, con lo scioglimento dell’Amministrazione militare e l’inclusione diretta dei nostri due distretti nelle repubbliche popolari di Slovenia e rispettivamente di Croazia, la via verso la realizzazione delle Comuni e, traniente queste, la completa inclusion ; nella vita della collettività dei po poli della Jugoslavia socialista, è aperta e senza ostacoli. Il trapasso dei potere dall’Amministrazione militare a quella civile Jugoslava rappresenta per noi un particolare avvenimento, una tappa nel nostro cammino di continua ascesa nell’edificazione del socialismo. In questo giorno perciò, salutando l’Amministrazione dell’Armata popolare che cessa -la sua attività festeggiamo l’inizio di una nuova vita in seno alla nostra patria socialista, vita che si prospetta ricca di ulteriori conquste e di un prospero avvenire della nostra gente finalmente congiunta ai fratelli di tutta la Jugoslavia. m. a. Delegazione istriana ricevuta da M- Pijade Il presidente dell’Assemblea Popolare federale Moša Pijade ha offerto domenica sera un ricevimento in onore delle delegazione dei neo annessi distretti di Capodistria e Buie. Al ricevimento erano presenti anche i vicepresidenti dell’Assemblea Popolare Federale Vladimir Šimic e Lidia Sent jure, il presidente della camera dei rappresentanti Vlada Zečevič e numerosi deputati delle singole repubbliche. Come già annunciato, Moša Pijade ha ricevuto i membri della delegazione di Buie e Capodistria nel pomeriggio di domenica all’Assemblea Popolare Federale. Fanno parte della delegazione capodistriana il presidente del comitato popolare distrettuale Franc Kralj, il segretario del comitato distrettuale della Lega dei Comunisti Julij Beltram, il vicepresidente del comitato comunale di Capodistria Mario Santin e il (Compagno Bogdan Horvatin di Plavie. Della delegazione del Buiese fanno parte il presidente del Comitato Popolare Di Strettuale Erminio Medica, il vicepresidente del Comitato Jure Makovac, ed il segretario del comitato distrettuale della Lega dei Comunisti Vanja Vranjican. Prezzo 18 din — *0 lire ABBONAMENTI: Annuo din. 420. semestrale din. 220, trimestrale din. 110 Spedizione in c. c. p. NOSTRA ARMATA SUL NUOVO CONFINE Lunedi alle 5.30 unità delì'APJ hanno raggiunto S. Bartolomeo, Crevatini e Cerei entusiasticamente accolte dal popolo Ieri alle ore 5,30 le unità dell’Armata Popolare Jugoslava, muovendo da Punta Grossa, S. Nicolò, Ancorano e Urbanzi hanno raggiunto la nuova linea di confine nella Baia di S. Bartolomeo, Crevatini, a Monti Cerei, la vetta del Castellier e la quota 112 nei pressi di Prebenicco. Sulla strada principale Trieste— Pola il nuovo blocco è stato invece raggiunto dalle unità della Difesa Popolare. Sono le quattro precise quando raggiungiamo la prima rampa delil ormai ex-blocco di Scofie. Di là vediamo una massa di persone mentre di tanto in tanto l’oscurità viene interrotta dai lampi di magnesio di decine di fotoreporters. Le jeep della Polizia Civile sono pronte per la partenza. Nel tratto di strada che divide le due rampe regna il vuoto. Alle 4,15 un secco ordine e le jeep sono in moto. I fotoreporters italiani oltrepassano la rampa della ex-zona A ed ora la terra di nessuno è illuminata quasi a giorno dal continuo brillar dei lampi. I difensori, con la stradale in testa, hanno già oltrepassato la sbarra. Dietro a questa s’ammassano decine di fotografi, funzionari, giornalisti e gli operai che attendono per fare i primi jlavori al di là della vecchia linea di demarcazione. Alle 4,20 un altro ordine e la Polizia Civile abbandona per sempre il blocco di Scofie. S’allontanano anche i giornalisti e resta un centinaio di persone. E’ una parte del popola di Scofie e Plavie, coloro che hanno vegliato per tutta la notte, per attendere le unità liberatrici. Alle 5,30 l’alzano le sbarre e la fitta colonna di macchine, in testa la Difesa popolare, si muove verso Scofie. Uno scroscio di applausi accoglie i difensori. Qualcuno getta fiori. Nello stesso istante anche dagli altri punti di partenza muovono le 'unità 'dell’Armata Popolare Jugoslava. La compagnia che ha lasciato Urbanzi attraversa Plavie, tut-t’imbadierata e illuminata, nella piazza del paese è la gente con il complesso bandistico. Musica e acclamazioni di giubilo accolgono l’unità che prosegue poi verso quota 112. Quando si fa l’alba, rivediamo nuovamente l’ex-blocco. La - gente vi passa sorridente. Uomini e donne provenienti da una e dall’altra parte si stringono le mani, si baciano, mentre al suono del complesso di Plavie, giunto a Scoffie, si balla nella casa del cooperatore che non segna più il limite di Scofie B. Più tardi a Scofie e negli altri paesi dei Monti di Muggia, giungono i complessi bandistici ed i cori di tutto il distretto di Capodistria che unitamente - 4la gente del luogo festeggiano il gran giorno. Alle sette e mezzo si aprono già i negozi abbandonati dai proprietari e la gente può acquistare il pane. Alla stessa ora passa il primo autobus della linea Capodistria-Plavie, carico di gente. Alle 10 giunge la carne e gli altri generi alimentari che la gente acquista avendo mancato per otto giorni quasi di tutto nei negozi abbandonati della zona. Prima delle sette tutti gli operai occupati nelle aziende triestine avevano già varcato liberamente i nuovi posti di blocco, molti sono rimasti però a casa, a far festa. «La fanno loro domani — ci dice uno — oggi la facciamo noi». Fra gli altri provvedimenti adottati dalle autorità popolari, oltre al rifornimento dei generi più indispensabili, va annoverato l’acquisto del latte dai produttori che è stato L’ AMBASCIATORE GREGORIČ sui rapporti ITALO-JUGOSLAV1 Una nuova conferma delle ampie prospettive apertesi alla collafoora-uione italo-juigosìava con la firma dell’accordo per Trieste, è venuta venerdì scorso dal Ministro di Jugoslavia a Roma, Pavle Gregorič dopo in lungo colloquio da lui avuto con il Presidente della Repubblica Maresciallo Tito. «I colloqui da me avuti in questi giorni a Belgrar do. e in .primo luogo con il Presidente della Repubblica — ha detto il doitt. Gregorič — hanno consolidato in me la convinzione che siamo veramente sulla soglia di nuovi buoni rapporti con la vicina Italia.,» Secondo l’Ambasciatore jugoslavo a Roma, le dichiarazioni delle più alte personalità politiche jugoslave e italiane, e tutta la serie degli articoli apparsi in questi ultimi tempi nella stampa di ambedue i Paesi, sono .una idimo^trazione della buona volontà non solo per quanto riguarda la normalizzazione dei rapporti, ma anche per io sviluppo di una collaborazione di buon vicinar to. «Possiamo attenderci con fiducia — ha sottolineato il dote. Gregorič — che tra breve, da entrambe le parti verranno intrapresi i passi necessari per ia soluzicae di tutti quei problemi che erano d'ostacolo alla normalizzazione dei rapporti, e affinchè quest”Uiltimi possano svilupparsi si procederà alia conclusione di accordi.» «In realtà, non pochi sono i problemi rimasti ancora insoluti. E’ necessario procedere quanto, prima alla regolazione del regime di (frontiera, e non soltanto lungo la nuova linea, ma anche lungo tutto il confine italo-jugoslavo. Si tratta di regolare il piccolo traffico di frontiera. Uno dei problemi più importanti è quello deH’impiego del porto triestino. Altre questioni ohe ,attendono la soluzione provengono dallo stesso trattato idi pace, come ad esempio quella ideila restituzione dei beni culturali. I problemi sono dunque moltiplici e vari, ma non di difficile soluzione.» Per quanto concerne la reciproca collaborazione, giustamente l’Ambasciatore Gregorič ha ricordato la scarsa conoscenza da parte dell’opinione pubblica italiana della generale fisionomia culturale della Ju-gosìavia. Il lungo governo idei regime fascista, la propaganda delle organizzazioni irredentiste, la campagna di .una parte della stampa italiana hanno conitribuito a tenere all’oscuro ropdnione pubblica della vicina penisola-su quanto in Jugoslavia si è andato facendo in campo culturale ed eoonomico^socìale. I mezzi per ovviare a questo stato di cose sono molteplici. Fra i più efficaci potrebbero essere gli scambi di lavoratori culturali, giornalisti, pubblicisti, e visite reciproche di compiessi folcloristici, gruppi artistici, orchestra sinfoniche, eicc. Un ruolo notevole avraà pure la pubblicazione in 'lingua italiana di o-pere della letteratura jugoslava, e viceversa. Necessario sarebbe inoltre un più intenso scambio nel campo della produzione cinematografica, non esclusa una eventuale cooproduzione. L’organizzazione di mostre del libro e di arti figurative contribuirebbe poi in misura notevole a completare i futuri rapporti culturali fra i due Paesi. Alto stesso modo dovrebbe esser .presa in e*-same anche la collaborazione radio- fonica e sportiva. (Sempre nella giornata di venerdì, il portavoce del Soitosegretariato jugoslavo egli Esteri, Branko Dra-Išković," ha annunciato nella sua conferenza stampa che hanno avuto luogo ,a Belgrado numerose consultazioni relative 'all’accordo di Trieste e alla possibilità di sviluppare più stretti rapporti con Utaha. A queste consultazioni hanno preso parte l’Ambasciato.re jugoslavo a Londra, Velebit, il Ministro della RPFJ a Roma, Gregorič, nonché il capo della delegazione, jugoslava a Trieste, prof. Zemljak. Richiesto di precisare se raccordo per Trieste aveisse migliorato, anche le relazioni tra la Jugoslavia e il Vaticano, Branko Drašković ha risposto òhe il Vaticano ecistituisoe un Paese a isè ohe. non si può identificare con l’Italia e che quindi il problema è separato!. Egli ha infine detto che non bisogna dare eccessiva importanza alle voci ohe dàn-no per prossimo un viaggio del Presidente Tito a Washington e a Mosca. fatto già nella mattinata di ieri, la riapertura delle scuole che avverrà stamane. Oggi s’inizia il censimento dei beni pubblici e privati abbandonati e tutte le case verranno-sigillate onde impedire qualsiasi arbitraria occupazione che d’altro lato viene proibita con un proclama emanato nelle prime ore del mattino dal Comitato Popolare Comunale di Capodistria - dintorni. Una commissione di tecnici stradali ha esaminato la situazione delle strade per effetuare i lavori più urgenti. La Posta ha aperto immediatamente il proprio ufficio a Scofie ed altrettanto ha fatto la Banca che effettuerà il cambio delle lire. Anche il Comitato Popolare del Comune ha aperto un proprio ufficio nella suddetta località. A MONTECITORIO il memorandum di Trieste Con 295 voti contro 265 la camera del deputati italiana ha votato ia fiducia al presidente del governo IScelba ed ha approvato l’azione governativa nella soluzione del problema di Trieste, nonché le decisioni di Londra per il patto di Bruxelles allargato. Per la fiducia al governo hanno voltato democristiani, socialdemocratici, liberali e repubblicani. Contro: cominformisti, fascisti e monarchici. I sette monarchici dissidenti si sono astenuti, Prima della votazione si è avuta la replica del Ministro degli esteri Martino agli interventi dei vari deputati. Dopo aver rilevato che il raggiunto accordo per Trieste rappre* senta l’espressione della volontà di collaborazione idei due paesi, il Ministro Martino ha dichiarato che l'Italia desidera un’intesa con la Jugoslavia in piena lealtà e reciprocità. «Dissi già e desidero ripetere ora — ha soggiunto Martino — che anche con gli accordi .per Trieste abbiamo aperto una nuova strada verso la collaborazione, ohe è il solo mezzo che gli uomini e i popoli abbiano per fare della pace, non solo una condizione di stabilità, ima anche un mezzo di progresso civile e sociale.» Rispondendo quindi al neofascista triestino, Colo-gnatti ed al monarchico Lucifero, Oppostisi entrambi alla creazione di istituzioni culturali slovene, a Trieste, il ministro degli esteri italiano ha dichiarato,: «Noi abbiamo profonda fede nella fecondità della cultura italiana, ma nello stesso tempo siamo rispettosissimi di tut-te le culture nazionali, compresa quella slovena, che non può ovviamente recar danno a nessuna cultura che sia viva e, vitate.» Parlando poi della lettera di Vi-shinski al Consiglio di sicurezza e-gli ha dòtto ohe essa 'dimostra ancora una volta lo spirito pacifico* e costruttivo dell’accordo per Trieste,. In merito alla richiesta di alcuni deputati di precisare Patteggiamento de governo rispetto aiTAilteanza balcanica, Martino ha tenuto a rilevare che questo problema non si pone nel raggio degli attuali biso- gni e degli attuali doveri dellTta-iia. Pertanto le dichiarazioni del ministro degli esteri italiano possono essere accolte con soddisfazione. Esse però non debbono rimanere lettera motta. Tradurre in pratica quanto detto in dichiarazioni ufficiai non deve essere difficile, quando la buona volontà esiste veramente. Tuttavia sarà ancora più facile da parte ufficiale italiana la ricerca delle forme più .adatte della collaborazione e dallo sviluppo di rapporti amichevoli, quando si cesserà di mantenere in vita varie organizzazioni irredentiste e quando alle volci, non ancora spente del-rimperialismo, verrà Impedito di esercitare una qualsiasi influenza sui circoli responsabili. In altra parte del giornale riportiamo l’esposizione delle varie forme della collaborazione culturale ed economica esposte dal nostro ambasciatore ,a Roma, Pavle Gregorič depo i suoi colloqui coi presidente della repubblica Maresciallo Tito. L’amba-eciatore ha parlato un linguaggio concreto, realistico. Ha presentato tutta una serie di suggerimenti. Proposte concrete e suggerimenti è ora augurabile provengano anche dall’altra parte dopo le dichiarazioni di buona volontà. La VUJNA cessa le sue funzioni Il comandante supremo delle Forze Armate della Repubblica Popolare Federale della Jugoslavia Josip Broz Tito ha emesso il seguente ordine: In base all’articolo 369 della legge sul servizio nell’Armata Jugo-islava e in vista della decisione del Consiglio Esecutivo Federale n. 411 dei 7 ottobre 1954, emetto il seguente ordine sull’abolizione dell’Amministrazione militare dell’Armata Popolare Jugoslava sul territorio triestino : PRIMO: L’Amministrazione militare dell’Armata Popolare della Zona Jugoslava del TLT’ viene abolita e cessa la pròpria attività alle ore 00,00 del giorno 26 ottobre 1954. SECONDO: L’Amministrazione militare dell’Armata Popolare della Zona jugoslava del Territorio triestino trasferisce la proprie competenze agli organi stabiliti nella decisione del Consiglio Esecutvo federale n. 411 del 7 ottobre 1954. L’Amministrazione militare dell’Armata Popolare della Zona Jugoslava del TLT consegnerà a tali organi, al più fardi entro il 31 dicembre prossimo, tutto l’archivio ed i rimanenti beni. L’archivio militare verrà consegnato entro lo stesso termine alla Segreteria di stato alla Difesa. TERZO: per l’attuazione di quanto stabilito al secondo punto, il comandante dell’Amministrazione militare nominerà il necessario numero di commissioni. QUARTO: Le persone civili che sono state alle dipendenze delle istituzioni dell’Amministrazione militare verranno messe a disposizione del Consiglio Esecutivo federale, il personale militare a disposizione della Segreteria di stato alla Difesa. Belgrado, 19 ottobre 1954. Il comandante supremo delle Forze Armate della RPFJ — firmato Josip Broz Tito Il discorso del compagno Tito all'Assemblea federale Condividiamo la gioia dei fratelli Desideriamo che gli Italiani della nostra zona siano un vivo fattore nell'ulteriore sviluppo dei nostri rapporti con l'Italia Consentitemi di toccare inanzitutto il problema triestino. Si tratta di un vecchio doloroso problema che ha esaurito molte nostre energie e ha causato al nostro stato un grande danno politico ed altri. Questo problema nel periodo postebellico ha dolorosamente influito su tutta la nostra vita pubblica, ha impedito la formazione di normali rapporti fra due paesi vicini ed ha minacciato la pace generale nel mondo. Se volessi illustrare in breve lo sviluppo di questo problema, dovrei rilevare, che. da parte jugoslava vi è stata tutta una se--rie di innumerevoli tentativi e di proposte concrete perchè il problema venisse risolto non solo nel suo aspetto strettamente territoriale, ma anche come un problema dell’avvenire dei rapporti fra i due paesi, come un problema della garanzia di una fruttuosa reciproca collaborazione. Quindi non solo come una questione del mantenimento della nostra integrità, ma anche della stabilizzazione delle condizioni di tutto quel settore e del duraturo mantenimento della pace. Or non è molto ebbi occasione di parlare di tutte le più importanti fasi conclusive della soluzione del ' problema triestino che oggi dobbiamo approvare.» Dopo aver ricapitolato tutte le fasi dal problema triestino il compagno Tito ha continuato: «Constato oggi con soddisfazione che il grido spontaneo dei nostri popoli nelle giornate dell’ottobre dello scorso anno: L' E DELL’EUROPA OCCIDENTME Il nuovo organismo seguito alla CED segna un passo avanti rispetto a questa ultima, ma bisogna attenderlo al banco di prova di molte questioni Dalila caduta delia Ced di fronte alTAssemblea Nazionale francese l’evolliuiziane .della politica europea non ha mai cessato un irno*-mento idi essere .al centro, dedi’atten-zione dell’opinione pubblica mondiale. Le ragioni sono evidenti se si tiene conto delte forze e degli interessi che si agitano nel vecchio continente ed attorno ad esso. La Ged, se realizzata nella sua forma originaria, avrebbe rappre- -sentato la vittoria Ideile forze cattoliche e conservatrici che hanno ini ifcutto il mondo ben determinati interessi storicamente e socialmente reazionari. A questo proposito non và dimenticato .che ii progetto- originario della Comunità Difensiva Europea, se nacque da suggestioni della politica statunitense fu però essenzialmente opera dei .dirigenti dei partiti cattolici allora al potere in tutti i sei paesi che dovevano partecipare alla comunità. Nessuna .meraviglia perciò se nella sua sostanza la Ced e la oosidetta poiiitica europeistica ohe l’accompagnava fino al Patto Atlantico rappresentasse innanzitutto uno. Strumento militare di una nuova Santa Alleanza reazionaria e conservatrice. La Ced cadde di fronte al parlar mento francese .appunto perchè questo suo carat:ere conservatore e reazionario si era fatto più evidente nella .nuova situazione ohe si e-ra determinata nel mondo e nei singoli stati .europei, segnando il principio di una distensione intemazionale e denunciando all’initemo dei singoli staiti europei — latitra-verso le elezioni e gli orientamenti parlamentari — la decadenza del-i’influenza dei partiti cattolici. Non è certo per un caso fortuito che. lia Ced sia morta ad opera del primo ministro degli esteri francese non democristiano che sedesse -all Quay d’Orsay dopo il 1946. Sotto questo punto di vista gli accordi di Parigi che hanno dato vita all’Unione deiPEuroìm Occidentale rappresentano, di fronte alla Ced, un passo innanzi verso una più sana politica .di unità europea, oppure sono- da considerare un semplice diversivo ali fallimento della Ced? Riteniamo che, per quanta sul nuovo organismo abbiano influito vecchi concetti, esso segni un passo innanzi. Se sarà positivo o meno dipenderà dell’ulteriore evoluzione della situazione internazionale ed interna dei singoli paesi. Ad ogni modo l’Unione (itìlTEuropa Occidentale ha in sè e-ìementi dei vecchio passato ma Contiene però elementi anche della nuova situazione. Sviluppare i primi significherebbe inasprire le divergenze intemazionali ed interne, non saio sul terreno mondiale ma anche .direttamente su quello europeo. Non escluso il problema dei rapporti franco-tedeschi (problema chiava deliia politica europea) posti oggi .su una nuova base in seguito .all’accordo per Ola Saar, t’in-tegrazicme .europea deila Germania Federale, ;l)a cessazione idieiilFoiocupa-zione tripartita e.d il riarmo dolila Germania occidentale. Fattori ohe potrebbero risultare negativi se si rivelassero soltanto un espediente per attenere dai popoli europei l’avallo ad una politica a pretto carattere 'di blocco militare. Se così fosse, potrebbe risultare veramente compromessa Firnificazione della Germania consentendo, di conseguenza, in Europa il permanere di uno stato di squilibrio e tension« che incoraggerebbe le forze conservatrici e reazionarie a perpetuare., ed aggravare, la .politica dei blocchi. Fohtioa ohe, per il suo carattere e per i suoi interessi, non può .essere idi unione .europia, ma di divisione mondiale. Bisogna dunque che dalla neo creata Unione dell’Europa Occidentale siano sviluppati i germi di collaborazione in essa contenuti in modo da portare al superamento e.d alla soluzione dei problemi insoluti che in Europa non sono pochi nè facili. Ma, perchè ciò .avvenga, occorre che la cosidetta politica europeistica divenga parte integrante dello spirito e della politica che ha dato vita all’organizzazione delle Nazioni Unite e venga abbandonata l’idea che una politica di unione europea debba aver presupposti strategici e militari, riduoendosi ad essere, di conseguenza, un particolare momento della politica dei blocchi sotto forma di appendice pura e semplice dei Ratto Atlantico. ■ Sa questa strada verrà imbrocata e seguita, allora l’accordo per la Saar rappresenterà veramente il primo passo nella soluzione della vertenze franco tedesche. La restituzione delle (sovranità alla Germania Federale sarà un atto di giustizia che potrà favorire e non o-stacolare Punificazione tedesca e Pintegrazione europea della Germania Federale divenire cosi un perno di collaborazione. A Parigi non sono state chiuse le porte nè ad passato nè alli’avvenire. àeU’Europa. Bisogna ora che il passato sia tale e l’avvenire sia rappresentato dal punito di partenza che — nella collaborazione internazionale — possa segnare la fine della politica dei blocchi. In Europa e nel mondo. In questo senso può èssere utile anche Da nota sovietica per una conferenza sulla Germania che, non a caso, ha seguito gli accordi di Parigi perdendo, nella concordanza di data, molte passibilità di essere un semplice diversivo. Come Parigi non deve essere lasciato all valore di diversivo. «Non y’è soluzione senza la Jugoslavia» ha incontralo finalmente un’eco positiva nel mondo dimostrando pure che non v’è soluzione senza accordo fra i paesi interessati. E’ in questo che risiede il profondo significato di principio del raggiunto accordo. I colloqui a Londra hanno richiesto nuovi sacrifici ed il massimo di buona volontà e di pazienza. I colloqui hanno inoltre dimostrato come nei nostri popoli sia profondamente radicato l’attaccamento alla causa della pace e della collaborazione internazionale. Esprimo qui anche il mio riconoscimento agli uomini di stato di Italia, Stati Uniti e Granbreta-gna per la loro parte nell’ultima fase dei colloqui per il problema triestino. Con particolare soddisfazione rilevo la dichiarazione con cui Stati Uniti e Granbreta-gna si sono impegnati a non appoggiare alcuna eventuale ulteriore richiesta territoriale, dichiarazione alla quale si è associato anche il governo francese, che ha dichiarato il suo appoggio e il suo aiuto per il rispetto del raggiunto accordo per Trieste. Dobbiamo' inoltre constatare con soddisfazione che in seguito anche il governo sovietico si è dichiarato d’accordo con la soluzione raggiunta fra i due paesi direttamente interessati. Abbiamo valutato questa decisione del governo sovietico positivamente come un gesto diretto all’allentamento della tensione internazionale e alia soluzione concorde delle questioni controverse. In tal modo l’accordo per Trieste ha già avuto il suo riconoscimento e la sua conferma in campo internazionale. Ritengo che vi siano ben note le clausole della soluzione raggiunta, e che sono contenute nel memorandum d’intesa, nei suoi allegati e nelle lettere scambiate fra i due ambasciatori a Londra. Con questo accordo è stato definitivamente riconosciuto il nostro diritto sulla zona B ed inoltre abbiamo ottenuto che una fascia della zona «A» nella penisola di Muggia passi sotto la nostra amministrazione civile, sebbene non si tratti di un grande territorio. Con la concorde regolazione della frontiera è derivata la possibilità che Capodistria in seguito alla perdita di Trieste si sviluppi in un nuovo centro cittadino di tutta la parte meridionale del Litorale sloveno e che ad essa vengano aperte nuove prospettive economiche. Allo sviluppo di Capodistria anche il Consiglio esecutivo federale dedicherà tutta la sua attenzione e cura. In tal modo al popolo sloveno viene assicurato uno sbocco su una parte del suo mare sul quale da parecchi anni si trovava esposto a gravi pressioni e allo sfruttamento. Oggi che la nostra amministrazione civile si estende al nuovo territorio noi condividiamo pienamente la gioia dei nostri fratelli in quelle terre per essersi finalmente trovati nell’ambito della loro terra materna; le Repubbliche popolari di Croazia e di Slovenia. Desideriamo sappiano che essi saranno oggetto delle nostre particolari cure. Noi salutiamo da questo posto anche gli italiani che con essi vivono e ai quali vengono offerte le stesse possibilità e tutti i diritti di minoranza e desideriamo che essi siano un operante fattore nell’ulteriore sviluppo dei nostri rapporti con la vicina Italia. A questo punto vorrei riferirmi in particolare ad un altro importante documento dell’accordo per Trieste, precisamente allo statuto speciale per le minoranze nazionali. Dato che in base a questo accordo una buona parte della minoranza nazionale slovena rimane dell’altra parte del confine, nei colloqui di Londra, abbiamo dedicato particolare attenzione al problema della garanzia dei diritti delle minoranze ed abbiamo constatato ia piena cooperatone dei rappresentanti degli Sloveni di Trieste nell’elaborazione de! nostro pro-gc'lo di statuto, che rappresenta la base citJo statuto speciale ora approvalo. Abbiamo proceduto in base al principio da noi attuato nei confronti delle varie minoranze nazionali che vivono in Jugoslavia, i cui diritti nazionali e possibilità di sviluppo sono garantiti dalla nostra costituzione.» Più avanti il compagno Tito ha detto: «Vogliamo assicurare i nostri connazionali a Trieste che essi saranno oggetto della continua attenzione e dei sentimenti fraterni dei nostri popoli e dirigenti. Auguriamo loro di vivere in un’atmosiera di comprensione reciproca e di collaDora-zione e tolleranza e di divenire qual ponte che porterà all’ulteriore avvicinamento tra i popoli di Jugoslavia e Italia. L’accordo di Londra comprende ancora una importantissima clauso.a. hi tratta dell’impegno assunto da parte italiana, di mantenere il porto franco a Trieste. Con ciò si riconosce il signiticato internazionale del porto triestino e la sua importanza per i paesi del retroterra. La costituzione del porlo franco a Trieste deve attuarsi in piena armonia con le rispettive decisioni del trattato di pace, e ciò in tal modo che il pioblema sarà oggetto di-una speciale conferenza dei paesi interessati da convocarsi . dal governo italiano, ora eoe è già stata attuata ia determinazione della linea di confine tra i nostri due paesi. Dal modo in cui verrà risolto questo problema del porto franco di Trieste, e specialmente uali’atteggiamento che si avrà nei confronti della nostra minoranza nazionale, dipende in primo luogo se l’accordo raggiunto servirà anche al suo scopo più elevato, ossia alla normalizzazione e all’instaurazione di rapporti di buon vicinato e di collaborazione generale tra i nostri due paesi. Qualsiasi gesto irresponsabile che non fosse energicamente impedito, getterebbe ombra non solo sul contenuto e sullo spirito degli accordi raggiunti, ma potrebbe minacciare seriamente il raggiungimento della fiducia e delia realizzazione delle condizioni necessarie alia collaborazione utile a entrambi i paesi. «Noi desideriamo sinceramente — ha detto il compagno Tito — che questo accordo divenga veramente il portatore di una nuova epoca sull’Adriatico, e ai nostri coniini occidentali, con l’attuazione di quella comprensione e collaborazione in tutti i campi che mai si è potuto realizzare nel passato per una serie di difficoltà obiettive e soggettive. Siamo fermamente convinti che, con la soluzione del problema di Trieste, si aprono larghe possibilità per io sviluppo della collaborazione economica, culturale e politica nell’interesse di entrambi i paesi. Noi non ci limiteremo ad accogliere con entusiasmo qualsiasi iniziativa, ma avanzeremo noi stessi proposte, perchè si giunga ad una più rapida collaborazione sia in campo economico che culturale o politico. A questo scopo contribuiscono senza dubbio positivamente le dichiarazioni ponderate e realistiche dei dirigenti statali responsabili italiani nei confronti delle future prospettive dei nostri futuri rapporti. Ritengo che quando ci conosceremo meglio reciprocamente e quando avremo l’occasione di scambiarci ancor meglio e direttamente i nostri punti di vista, saremo in grado di compiere anche un decisivo ulteriore passo per uno sviluppo più generale dei nostri rapporti e per l’attuazione della collaborazione reciproca. L'ultimo atto Secondo informazioni ricevute, a PlaVie nella (giornata dà domenica alla parrocchia di Plavie si sono presentati sette frati con tre autocarri per costringere il parroco del luogo don Ličen all’esodo. Questo ultimo per evitare contrasti, s’è rifugiato presso una famiglia mentre all’energia idi sua sorella si deve il fatto che le masserizie non sono state caricate nonostante la sua assenza. La 21. ma sessione delle due camere del Distretto di Capodistria P APPROVATI NUOVI INVESTIMENTI PER 560 MILIONI DI DINARI Ridotte le imposte artigiane. - Obbligatoria la frequenza di corsi per anafalbeti La Camera dei produttori e quella dei rappresentanti del Comitato distrettuale di Capodistria si sono riunite nel ridotto del Teatro del Popolo nella loro 21.ma sessione. In apertura dei lavori sono stati approvati i mandati dei rappresentanti delia camera dei produttori, Andrea Komljanec e Riccardo Giacuz-zo, eletti nelle elezioni supplementari svoltesi nella 17.ma, rispettivamente 18.ma unità elettorale, di Isola e Pirano. In seguito sono state indette ile elezioni per un rappre- . sentante delia Camera idei produttori nella 19:ma circoscrizione elettorale di Pirano. All’unanimità le due Camere (hanno approvato il decreto sulla frequenza obbligatoria idei corsi par analfabeti dai 17 iai 25 anni, che verranno organizzati quest'anno dal Consiglio 'della cultura. All'ordine del giorno deH’assemblea figurava anche il decreto sulla categorizza-zione degii alloggi. Alcuni rappresentanti hanno mosso delle critiche al progetto presentato. Ad esempio il rappr. Gino Gobbo ha osservato che tale decreto non prevede le modalità idi determinazione del fitto nel caso che l’inquilino stesso apporti delle migliore al quartiere da lui abitato. Su preposta del rappr. Tommasin è stato deciso che al decreto che è stato approvato seguirà un regolamento che chiarirà o completerà le questioni Che nel decreto stesso non sono state messe sufficientemente in rilievo. Su proposta 'del 'Consiglio economico, è stata quindi messa in discussione la nuova tabella delle imposte a cui sono soggetti gli artigiani. Il relatore comp. Markič ha ©sposto alcune cifre comparative sulle imposte che in base a questa nuova tabella verranno pagate nel nostro distretto e negli altri distretti della Slovenia. 'Così su di un imponibile di 100 mila dinari, nel distretto di Capodistria l’imposta sarà di 6.840 din. mentre a Postumia è ad esempio di 12.000 dinari. Su .un imponibile di 160 mila, da noi l’imposta per l’anno in corso sarà di 34.500 mentre a Postumia è di (56 mila. 'Su un imponibile, di 300 mila, da noi l’imposta è di 78 mila, rispettivamente a Postumia di 114 mila. La riduzione delle imposte è stata ,dettata dalla necessità di equiparare i guadagni degli artigiani a quelli delle altre categorie di lavoratori. Per il prossimo anno — ha agginuto il relatore — He tabelle invece dovrebbero essere portate alla pari con quelle degli altri distretti, nei quali però è prevista una sensibile riduzione. Data questa possibilità alcuni rappresentanti si sono dichiarati contrari 'all’attuale riduzione nell’eventualità che poi le tabelle stesse possano essere aumentate, definendo questo un gioco del «jojoi» che crea una psicosi di instabilità presso gli artigiani. Gli stessi hanno richiesto invece una politica più realistica nella 'determinazione del-l’imponibile, determinazione che è stata molto ispesso soggetta làll’ar-foitrio della Direzione per le Entrate. Altri rappresentanti invece, escludendo a priori la possibilità idi determinare un criterio esatto per la fissazione dell’imponibile, si sono dichiarati favorevoli alle nuove tabelle, tanto più òhe in base alla vigente legislazione in materia ogni distretto è libero di fissare le proprie. Le nuove tabelle sono state infine approvate con l’emendamento proposto dal compagno Gino (Gobbo, ossia che la direzione delle entrate fissi gli imponibili solo in accordo con i Comitati Popolari Comunali del luogo dove l’artigiano risiede. Si è passato quindi alla discussione dei programmi suppletivi di investimenti per un importo complessivo di circa 589 milioni di dinari, investimenti che saranno realizzati nel corso di questo e dell’an- oo prossimo. Primi in discussione figuravano i 17 milioni di dinari necessari per l’acquisto e rimpianto ideile 'attrezzature annesse all’Officina Gas di Pirano per la fabbricazione del bitume 'dell’asfalto. L’importo è stato approvato senza 'discussione come anche i 6 milioni occorrenti per l’istruzione degli specialisti che abbisogneranno alla progettata fabbrica di vetro di Pirano il cui progetto complessivo rovistare nel portafoglio e. con un gesto da spadaccino, mi porse il biglietto. Mi inchinai cerimoniosamente e uscii. A zai la pistola, presi la mir » e ad un tratto... la abbassa f interdetto. Ascoltate! — gridai ad un» dei miei padrini — E’ vera mente lui? — Chi? — — Il mio avversario. I’ quello che avete visitato ieri? — Si capisce. Chi altro dovrebbe essere? Lo abbiamo travato aU’indirizzo indicati e abbiamo compiuto la nostra missione. —• Ma questo è castane, mentre il mio provocatore era biondo. Un discorso molto simile ai stava conducendo dall’alto» parte del campo. — Al diavolo! — sentimmo gridare il mio avversario. — Chi è questo tipo con la pistola? Lo vedo per la prima volta in vita mia. I miei padrini si offese-ro. — Pardon — Ma noi abbiamo parlato proprio con voi, ieri. E voi eravate d’accordo. — Si capisce che ero d’accordo, perchè pensavo che vi avesse mandato il giovanotto dia me sfidato. Ma contro questo qui, non ho asso Ultamente niente. Mi sembra persino abbastanza simpatico. Buongiorno signore! Come state? — Buongiorno signore! — risposi amichevolmente stringendogli la mano. — Dite, quel biglietto di visita è veramente vostro? Certamente. Lo avevo dato a quel ridicolo bellimbusto ohe.•. — Aspettate — esclamai entusiasmato — un biondino anemico, con occhi di pesce, bugiardo da far rizzare i capelli? — Proprio così. Voleva darmi ad intendere di essere sposato con S-arah Ber-nardth e che questa si era spezzata una gamba causa sua, per gelosia... Io allora lo ho afferato per il collo e... — Io lo ho ammonito a causa degli elefanti. Raccontava di averne ammazzati due in America. Ciarlatano! La discussione si era animata e noi tornammo in città, amici. Cenammo assieme e poi decidemmo di passeggiare un do... Si aprono lungo la , nuovi Strada orizzonti Birmana“ C'è una Birmania antica e una Birmania moderno, cerne ci sono i "tagliateste" e i doks portuali-, mo è evidente che questo Pcese è in Asìq un modello di riforme Rangoon, capitale della per la sua raccolta, quasi Unione Federale Birmana, completa, della ricchissima sorge a sud ovest dell’antica fiora asiatica. Lungo la Dal-Pegù, sulla riva destra del l’Hanig, uno dei bracci dei Nell’ambito della «Settimana del Bambine» tenutasi in tutto il nostro Paese, si sono effettuate gite, escursioni, visite a Musei, ai giardini zoologici, mostre di disegno infantile, proiezioni cinematog i afiche, spettacoli teatrali e concerti. Ecco il giovane iSilvio Stameioh della scuola obtennale italiana «Brussich» di Fiume mentre tiene un concertino nella sala del C.I.C. di Fiume dinanzi ad un numeroso uditorio di coetanei che lo hanno entusiasticamente applaudito vasto e fecondo delta del-l’Irawaddy. Il quartiere moderno di questa «magica« città, famosa per le sue antiche pagode dorate, ha un aspetto quasi europeo, con grandi parchi, ampie vie rettilinee o-mbreig-giate da lunghe file di alberi e fiancheggiate da graziosi villini residenza di eu ropei, di rappresentanze diplomatiche e di commercianti locali e cinesi. Rangoon possiede un grandioso giardino botanico di eccezionale interesse scientifico per ) suoi campi sperimentali e GLI UOMINI CHE SALVARONO LONDRA La più grande impresa dello spionaggio britannico nell' ultima guerra mondiale Non sono per niente vigliacco, ma un duello è pur sempre un duello. Queste cose le prendo sul serio. Bisognava quindi occuparsi di un mucchio di cose: trovare i ^padrini, un medico, scrivere ai genitori una lettera di congedo ... Alila sera dell’indomani tutto era già fatto. I padrini mi informarono de) l'accordo. — Tutto è pronto. Domani alle sette, dietro al boschetti > di castagni. La pistola! — Non si è scusato? — Tutt’altro. Si è comportato coraggiosamente ed ò fiero di questo scontro. Alle 7 meno un quarto er > sui .posto, in compagnia dei miei padrini e del medice. Dopo dieci minuti apparve 1» carrozza del mio avversario. X miei testimoni si avvicinarono a quelli di lui e, dop> che ebbero misurato il terre no, prendemmo le pistole. Come spesso succede, si» Per rispetto che per disprezz » verso il nemico, il mio awei - Il mio nuovo amico mi tirò per la manica. — Eccolo! — Chi? / — Il marito di Sarah Bernhardt, il cacciatore di elefanti. Davanti a noi con una signora. Lo raggiungemmo e allungammo le orecchie per sentire quanto andava dicendo: — Vedete signora, in caso di duelli io non temo nessuno. Ma gii uomini, ah!, sono diventati tutti vigliacchi ... In questi ultimi tre giorni, per esempio, ho avuto due sfide. Ma nè uno nè l’altro mi hanno mandato i loro padrini. Si sono spaventati', ah ! -ah !... E io, innocente come sono, non sono uscito di casa. Continuamente li ho aspettati. Ecco, pensavo, due tiri di pistola calmeranno la mia sete di avventure. Perchè dovete sapere che io amo le grandi emozioni. Pensate, un giorno, in Scozia,. mentre stavo attraversando a nuoto il Niagara... Scappiamo a ridere e proseguimmo la nostra passeggiata. Tutti coloro che nel 1944 vivevano a Londra e nell’Inghilterra meridionale ricorderanno — e assieme a loro tutto il mondo — le «bombe volanti» tedesche che catapultate dalla Francia cadevano su quasi tutta la parie meridionale della Granbretagna. Pochi sono però gli uomini che conoscevano le intenzioni dei germanici, i quali pensavano di lanciare contro l’Inghilterra al minimo un migliaio di questi proiettili al giorno, al posto di quel centinaio che era stato lanciato all’apice dell’offensiva delle «V. 1». Altrettanto ignorato rimane il fatto che l’offensiva delle «bombe volanti» doveva, nelle previsioni dei tedeschi, iniziarsi almeno sei mesi prima. Alcuni esperti militari affermano che tali fatti hanno avuto una influenza decisiva sulla sorte della seconda guerra mondiale. E’ fuori dubbio che ai naj zisti erano del tutto chiare le prospettive favorevoli che avrebbero acquisite con l’uso delle «bombe volanti». Eppure, pur disponendo di una a du farmi notare certe cose impor- sì mi fu chiarita l’importan- schi. Ritornerò fra 15 giorni.» tutto alcune ore, ma il tem- za che avevano quelle piatta- L’agente ritornò come procune piattaforme costruite in forme in cemento armato, che messo dopo due settimane e cemento armato sparse qua e servivano ai tedeschi da cata- ricevette lo schizzo di tutti là in tutta la parte proibita pulte per i loro proiettili spe- gli impianti. Dopo alcuni dell’isola. rimentali. giorni Peenemünde fu sogget- «Dopo essermi liberato de- «Quando nel 1940 i tede- ta a uno dei più colossali gli agenti di polizia, parlai deschi conquistarono la Fran■ bombardementi della seconda con alcuni contadini dei din- eia, ciò rappresentò un duro guerra mondiale, torni. Mi dissero che a volte colpo per il servizio d’infor- I britannici inviarono in sentivano alcune sorde deto- mozioni britannico, che veni- questa azione tutti- gli appa-nazicmi, simili a un tuono lon- va privato di una roccaforte recchi da bombardamento di ^ tano seguite da un suono che della propria attività nella lot- cui disponevano. La fabbrica fotografica nnm o i /min ri notrtin- +n f-rn In cvnnnm /t cr eri n +/->_ mi/»»!™ s>*->4-n1n -A., ni o-iinJn * _ _ housie e la Merchant Street si susseguono ininterotta-mente gli eleganti magazzini dei mercanti europei, giapponesi, cinesi e indiani che e-spengono tutta una vastissima gamma dei prodotti tipici dello artigianato birma nico ricco di un’antica tradizione e di espertissimi arte fici. Lacche, oggetti di legno intagliato con rara perizia e i pregiati prodotti dell’oreficeria birmana costituiscono la nota dominante di quest» negozi, che rappresentano una -vera miniera di «scoperte» per i turisti europei ed americani. Ad ovest, ai bordi del quartiere europeo e moderno, si estende il quartiere indigeno, abitato prevalentemente da cinesi. Tam-Dan, con le sue innumerevoli lanterne di car. ta colorata, di sera, rappresenta una delle più notevoli caratteristiche di Rangoon che — come centro spirituale dei buddisti birmani — possiede la famosa Pagoda Siuè Dagcn, la cui costruzione viene fatta risalire a duemila quattrocento anni o: sono par opera di due diretti discepoli di Budda. Attorno alla pagoda sono sorti nei secoli centinaia di piccoli templi con ve cuspidi clorata, che offrono al turista un’occasione più unica che rara di far scattare la macchina non si può descrivere esatta- ta contro lo spionaggio te- sperimentale fu rasa al suolo, mente, qualcosa di simile ad desco. Per fortuna i tedeschi Non solo furono distrutti tut- acuto fischio. Una o due voi- mandarono da soli l’acqua al gli impianti, ma sotto il bom- te dev’essere successa una ca- mulino dello spionaggio bri- bardamento perirono una de- tastrofe, poiché dalla zona tannico, inviando ai lavori for- cina dei migliori esperti tede- proibita uscirono intere colon- zati in Germania milioni di schi. Fra questi anche il ge- ,^e e suf],e &-ue raccolte di «line di autoambulanze militari, appartenenti alle nazioni oc- -aerale Jeschonek, capo dello ,j3rf)) antichissimi, composti Devo riconoscere che non ero capate. Milioni di uomini che stato maggiore della Luft- ^ foglie di palme rilegate Ma Rangoon ohe, come abbiamo detto, sorge sul delta deil’Irawaddy, non è solo una città turistica che vive sulle sue vecchie opere d’ar- in grado di rendermi conto rappresentavano una fonte indi che cosa si trattava. Però esauribile di quadri informagli esperti a Londra indovina- tini. 1 lavoratori stranieri in rono subito che si trattava di Germania inviavano agli agen- esperimenti con i razzi. Co perfetta industria bellica, terribili ordigni venivano lanciati sull’Inghilterra con sei mesi di ritardo ed anche allora in proporzioni di gran lunga inferiori a quelle previste. Che cosa ostacolò i tedeschi nell’attuazione integrale dei loro propositi? La risposta ci viene data dalla descrizione di una delle maggiori imprese che la storia dello spionaggio in genere ricordi. «Quando nel settembre del 1938 viaggiavo in bicicletta in alcune regioni tedesche della costa baltica — scrive l’esperto inglese in spionaggio B. Newmann — giunsi sull’isola di Rügen. Per caso arrivai all’interno di una zona proibita cioè di una di quelle zone nelle quali era vietato l’ingresso ai civili, e particolarmente agli stranieri. Già alcune ore più tardi venni arrestato dalla polizia tedesca. Dope avermi perquisito, confiscandomi le pellicole che portavo con me, mi dissero gentilmente che in quella zona non dovevo più farmi vedere, e con uguale gentilezza, sotta scorta, mi fecero abbandonare la zona. Vi ero rimasto in tutto alcune ore, ma il tempo era stato sufficiente pei US ti britannici le più svariate informazioni sugli sforzi bellici tedeschi e dati riguardanti particolarmente l’attività della loro industria bellica.» Così ha inizio il racconto sugli «Uomini che salvarono Londra», e si svolge nel 1941 in Varsavia occupata. 1 tedeschi avevano mobilitato per i lavori forzati in Germania alcuni giovani polacchi. Prima della loro partenza, questi uomini riuscirono a parlare con un loro amico, che dopo averli salutati chiamò qual tro dei più fidati, e disse loro: «Non so dove vi invieranno i tedeschi. Ma in qualsiasi luogo vi troviate, aprite bene gli occhi e le orecchie. Di tempo in tempo scrivetemi delle lettere insignificanti Qualora vi troviate sulla traccia di qualcosa di più interessante e più importante, — spero che comprendiate quello che intendo — introducete nella lettera anche questa frase: «Come va il reumatismo, della vecchia e buona zia Edvige?» Tutto il resto lasciatelo a me e attendete ulteriori ordini.» I lavoratori «volontari» partirono per la Germania, dove Il i tedeschi li trasferirono da una località off altra. Infine ivaffe. (Continua nel prossimo numero) Ito frieze Un impiegato inglese si è visto recapitare in questi _ _ _ giorni un prezioso servizio di massimo centro dell’esporta- assieme con fili d’oro, ma è anche uno dei porti più attivi dell’Asia sud orientale. Anche, qui a fianco dei moderni transatlantici il for-micoilare delle giunche da trasporto non lascia dimenticare il passato e il folklore. Il porto di Rangoon è il porcellana direttamente da Hong Kong. Nella lettera acclusa al pacco c’erano semplicemente queste parole : «Con la speranza che il lavoro sia di vostro gusto, vi saluta Tia-ng—Ri—Sing». zione risiera mondiale, dove il riso giunge per migliaia di piccoli canali o di affiuen ti. In tempi normali il por to supera un traffico di 1' milioni di tonnellate, rag giungendo spesso anche i ’1 siglia e Genova. Ed in que sta città dell’antica Asie Orientale nemmeno il port»' manca del suo lato moderno, rappresentato da tre chilo metri di banchine attrezza , te con elevatori elettrici 3 gru gigantesche, oltre ai por» toni galleggianti del traffico locale e fluviale. Non v.a dimenticato inoltre lo scalo petrolifero che può accogliere navi cisterna da 15 mila tonnellate, ad indicazione del fatto che la Birmania è anche produttrice di questo prezioso olio minerale. La produzione birmana di petrolio, prima delle distruzioni o-perate dai giapponesi durante la guerra, rappresentava l’uno e mezzo per cento della produzione mondiale. Oggi in gran parie le azioni dei pozzi petroliferi sono nelle mani del governo bii-mano che le ha riscattati dalle tre compagnie inglesi ohe monopolizzavano la prt -duzione in questo campo. Il governo di Rangoon, nell i sua opera di ricostruzione i modernizzazione dei paesi, non si è però limitato al ri scatto dallo straniero dell’ir-dustria petrolifera. Fra 1 provvedimenti più importar, ti da esiso presi in camp » economico va ricordata la nazionalizzazione delle fon ■ ste e dell’industria del prezioso legno «Tee», durisx -mo ed impermeabile. La nazionalizzazione è stata poi « -stesa anche alla società dt i trasporti fluviali — l’ex britannica «Irawaddi Fiottìi » Co» — ed ad altri rami dell’economia birmana in precedenza controllati dai capi • tale inglese. Come è noto, fino al 194 7 la Birmania fu colonia del-lTnghilterra che la sfruttava sia come fonte di materia prime sia come punto commerciale, preziosissimo per il porto di Rangoon e per 1» famosa «strada Birmana» che rappresenta la maggiore arteria di comunicazione che unisce l’Asia Orientale alia Cina. Con i suoi 18 milioni di abitanti industriasi ed attivissimi, la Birmania rappresentò un dilettante punto strategico per tutti gli ini.- dopo la lotta di liberazione e la sua indipendenza dallTn-ghilterra — ha continuato a far gola. Flu cosi ohe gli inglesi, per intralciare il normale sviluppo dei paese e poterlo dominare economicamente e politicamente, armarono e sovvenzionarono i separatisi! mussulmani che vivono alle frontiere dei Pakistan, non tralasciando nemmeno di incoraggiare le «rivolte» delle tribù tagliateste Wa e Naga che abitano lungo la «strada birmana» che conduce in Cina. Questo mentre gli Stali Uniti foraggiavano in armi, viveri e denaro i diecimila soldati di Cian Kay Sheck che — dopo le batoste ricevute nella provincia cinese dello Yunnan — passarono, e si stabilirono, in territorio birmano nel 1949. Inoltre le armi e il denaro di Mosca, Washington e Londra non furono estranei alle rivolte parziali degli abitanti della giungla e del gruppo etn’co dèi Kareni che, con una entità di circa tre milioni di persone, vivono a sud est di Rangoon in uno stato di semi autonomia loro riconosciuta dal governo birmam» come minoranza nazionale. I Kareni sono di origine indo-stana, a diff erenza dei birmani che sono di origine tibetana. Ad ogni modo, contro l’in. gerenza, le armi ed il denaro straniero che alimentò le rivolte interne, la Birmania — con alla testa il governo diretto da uomini del partito socialista birmano — è riu scita a dominare la situa zione ed a potenziare la sua economia. Oggi nell’Asia sud orientale questo paese è un modello di riforme graduali ed il prestigio raggiunto dal suo governo dà alla Birma nia una posizione di primo piano nell’opera di pace e di collaborazione pacifica che anima i popoli asiatici. Membro del Commonwealth britannico, la Birmania — fedele alla sua politica pacifica ed avversaria dei blocchi delle grande potenze — ha rifiutato di partecipare al Patto, mentre è membro at- L’impiegato non aveva amici mj,ijCini e portandosi al livel nè conoscenti a Hong Kong, j0 ^ p.orti europei quali Mar nè rapporti di alcun genere •in questa città, ma fatta fare una piccola inchiesta all’agenzia di trasporti che gii aveva recapitato il pacco, venne a sapere che un suo avo aveva ordinato nel Settecento un servizio di porcellana a un artigiano cinese, pagando in anticipo. Alcune generazioni della famiglia dell’artigianio Tiang — Ri — Sing vi avevano lavorato e ora il servizio di porcellana era stato finalmente finito. La «UFUS» *di Belgrado ha preso accordi con la «Skulis Ridis film» di Atene per la imeissa in scema di un film 'in. «»produzione greco-jugoslava. Il film che per ora porta il titolo- «Prima dell’alba» -sarà diretto dal regi- perialismi colonizzatori. Pt- -yvo della Conferenza di Costa in un punto molto de»!.- lombo il cui obiettivo è la cato fra ’l’India, il Pakistan, solidarietà e la collaborazio. il Tibet, la Cina e la Tailan- ne per lo sviluppo delle ecodia, la Birmania — anche nomie arretrate. WBSBIBfflBBMfflmmimmfflfflm una località chiamata Peene-Passeggiata tra i giganti, münde sulla costa del Baltico. Questi colossali alberi della Da colloqui, che a prima vi-Califomia sono di recente sta potevano sembrare disentrati nel novero dei mo- interessati, con gli operai di munenti in virtù di una leg- quella località in maggior por- ge che ne proibisce l’abbattimento "La casa sulla scogliera" due di loro furono occupati in sta Punisa Djordjevic mentre lo scenario è stato scritto dal letterato greco Dionis Milas. Ad interpretare le parti principali sono stati chia^ imati gli attori del teatro statale di Belgrado Viktor Siarcic e Sevrin Bijelic, che saranno affiancati dal noto ■attore greco Manos Katra-ikis. In alto: Marina (Nadia Poderegin) con ,la madre Anna In basso: ancora Marina col medico Branko è un film di produzione nazionale, precisamente della Bosna-film di Sarajevo, ed è interpretato da Sibilla Somitz, Rene Delgten, Nadja Poderegin, Bert Sotlar e Manfred Inger. Regia di Boško Rosanovič. A Dubrovnik vive una bella vedova, Anna. Dopo la morte del marito, ormatore, essa vive in continua apprensione a causa dei ricatti di Beppe, dovuti a certi affari poco puliti avuti in comune con il defunto. Essa è impotente di fronte alla prepotenza di Beppe il quale circuisce la sua bella figlia Marina con una corte spietata, approfittando del fatto che essa è impiegata alle sue ■ w*-. wèm a dipendenze. Beppe vuole spore Marina a tutti i costi. Un giorno, avendo Beppe sorpassato i limi ti del l’educazione, Marina fugge ed incontra il medico Branko Ilič. Incontrarsi ed innamorarsi è tufct’uno per i due giovani. Beppe, geloso ed infuriato, avendo saputo che Branko si è opposto a certi progetti ventilati dal direttore dell’ospedale in cui lavorava, propone che venga trasferito in qualche sperduto paesello. La sua proposta viene immediatamente messa in atto. Branko allora chiede a Marina di seguirlo come moglie. Quella sera però nasce la tragedia. La barca, nella quale Anna e Marina si allontanavano dalla riva, naufraga. Solo Marina viene salvata, ma è accusata di a-ver inltenzialmente soppresso la madre. Condannata a quattro anni di prigione, Marina viene liberata dopo poco tempo, per il suo buon comportamento. Poi, nel paese incontra sua madre, da tutti creduta morta. Tutto le diventa chiaro. Informa la polizia. Beppe, nel tentativo di fuggire, viene ucciso diai poliziotti. Anna, disgustata dalla vita, riesce a suicidarsi. Marina viene nuovamente processata, ma questa volta è assolta con formula piena. Le porte della prigione le si spalancano per andare incontro ad una nuova vita con l’uomo ohe ama. * Walt Disney ha iniziato la lavorazione di un film a colori la cui trama è tratta, nientemeno, dal famoso -ro- te tedeschi, conclusero che il loro lavoro non consisteva nella costruzione di una fab brica, com’era sembrato in un primo tempo, ma di una base per l’esecuzione di esperimenti misteriosi. Questi uomini lavoravano da manovali, però sapevano tener aperti occhi ed orecchie. Alcune nuove osservazioni e nuovi colloqui con gli operai che lavoravano in altre parti di Peenemünde confermarono la loro convinzione. E così in una lettera nominarono la «zia Edvige». Passarono tre settimane, e a Peenemünde apparì un ufficiale sconosciuto in uniforme tedesca. Era un alto funzionario della cosiddetta organizzazione Todt, contemporaneamente però ntembro del servizio d’informazioni polacco, a contatto con quello britannico. «Dunque, cosa avete scoperto qui?» chiese al giovane polacco che «aveva una zia di nome Edvige.» «Qui sta avvenendo qualcosa di strano. Ha saputo che tutti questi impianti appartengono alla Luftwaffe, l’aviazione militare. Tra gli operai si va dicendo che qui vengono prodotti i razzi. Uno dei nostri uomini ha persino visto in un hangar un piccolo aereo con un motore, senza però vederci il posto per il pilotai» «Guarda, guarda! Probabilmente ci sarà qualcosa di importante! e se non puoi entrare negli hangar, disegna almeno lo schizzo esatto di tutta questa base.« Malesia: Panorama dell’ananas Foglietti di un viaggio romantico nel Montenegro Questi mansueti trenini (Nostro servizio) I Di buon mattino ci troviamo su un trenino che ci ricorda quello Öei «pionieri» di Lubiana. Questa ferrovia a scartamento ridotto deVe «ondiurci a Bar e, attraverso il monte Sutorman, a Viipa-•zar. Non ha la cordigliero caratteristica dei trenini di montagna, eppure la locomotiva riesce ad arrampicarsi fino a 660 metri, sui fianchi ripidi del Sutorman la cui vetta tocca i 1180 metri. Il «Lo farò in ogni modo, as- trenino va piano, molto piacerne a due miei collaborato- no, e nelle carrozze si parla ri occupati come spazzini e ‘di come va piano. Un opera che di conseguenza possono io del luogo racconta ohe un circolare quasi dappertutto.» giorno, avendo perso il tre-«Magnificol Sottolinea par- -no, s’è avviato a piedi a Vir-tìcolarmente ogni costruzione pazar, giungendo prima dei-più importante, e specialmen- '^accelerato». Gli possiamo te i laboratori del personale credere: per coprire 5 chilo-tecnico e le case dove abita- metri in linea d’aria, il treno. Questi lavori dipendono' nino deve farne 22 di seipen-manzo utopistico di Giulio principalmente dagli esperti e- tine. In certi posti si può Verne «Ventimila leghe sotto se li liquidiamo, paralizzere- 'scendere e seguirlo tranquil-i mari» mo tutta l’attività dei Tede- lamento a piedi. Lungo la ferrovia cresce una strana pianta dai fiori gialli. Ci informano che si tratta delia «žuka» la quale, raccòlta e messa in un bagno d’acqua di mare, dà poi a furia idi batterla una tela molto resistente. Insamma, qualcosa di simile come la canapa. E qui nel Montenegro ce n’è a non finire. Passiamo sotto un alto cucuzzolo in cima al quale si erge una chiesetta, costruita dallo zar Nikola I. Il luogo si chiama Ribnjak (da «riba»: pesce) sebbene i pesci non debba mai averli visti. C’è poi un villaggio mussulmano, guardato da una vecchia fortezza turca. A Ribnjak la nostra locomotiva si ferma fare il pieno d’acqua. Dovrà fermarsi ancora prima di Virpazar, ed è naturale : perchè è piccola, il terreno è aspro e, poveretta, si stanca. Accanto a noi è seduto un tizio la cui cravatta, un'ac- 0 ysù/i i eh ‘Q'i LO-i. X uÌkjIxÌ O -»x'-'Vlx, ncnikma l'attenzione di tutti 1 viaggiatori. E' un «americana», cioè il montenegrino v aro jo/ovie cne torna, uopj 32 anni di maro lavoro m America, ai suo luogo natio, rro accompagna la magne, una Slovena dei dintorni ui meste, maimericano» non na meinte di straordinario da raccontare- La sua storia non uirierrsce per -niente da quella degli altri nostti emigranti. Lavora in una fonderia ui Chicago, vive così così; ora spiega alila moglie, cne passa per la prima vo»ta da queste parti, quanto sia fence -ai essere nuovamente «qui», m quaiche modo, ssm-Dra diiil-o -anche agii altri viaggiatori, perchè parla a voce alita, nella sua lingua materna che 32 anni -d’America non gii hanno fatto dimenticare. Il trenino comincia a salire e scendere, e pare di essere sulle montagne russe. (V3 ZTS — --TI Poi viene un tunnel lungo 13 chilometri. Quando torniamo all’aria aperta, è come se viaggiassimo -per aria : per uno di quegli strani scherzi ohe la Natura sa combina^ re -sovente-, c’è una sottile striscia di roccia sospesa tra due burroni, a dividere, veramente, due burroni. Il trenino si muove su questa striscila -di roccia e si ha l’impressione che ad ogni istante vaglia rovesciarsi. Invece non succede niente, e poco dopo -passiamo lungo campi sospesi al monte a «gradinate», come è facile vedere in Istria. Vigne e vigne si susseguono. Infine entriamo nella stazione capolinea di questa ferrovia, Virpazar. Il paese, non troppo grande, ha un modesto porto sul -lago di Skadar nel quale barche e piccoli battelli intessono uno spettacolo variopinto. E’ giorno di mercato e la confusione nelle vie d Virpazar è indescrivibile. Su tutto aleggia un forte odore di pesce e di pescivendoli sono le voci che si incrociano : voci aspre, rauche; qualcuna distesa a modulare -un motivo popolare. Sfuggiamo alla ressa del mercato 'imbarcandoci su un battello a motore che attraversava il lago. (Continua al prossimo numero) MAV1L Una interessante esposizione artigiana a Zagabria LO SPLENDORE SECOLARE DEL BIANCO FIORE DEL VETRO (Nostro servizio) Zagabria, ottobre. — Una modesta, ma nella sua essenza interessante esposizione, è stata aperta in questi giorni, in collaborazione tra il Museo Popolare di Lubiana e il Museo dell’arte e del-l’Artigianato di Zagabria, nella sede di quest’ultimo. L’esposizione, denominata «Il vetro in Slovenia, nel passato ed oggi», può dare al profano una buona visuale di quella che fu sempre, dalla preistoria ai nostri tempi, una delle più belle ed eleganti industrie : quella dei vetro. Ai Museo possiamo ammirare numerasi amuleti, monili, bicchieri e due vetrate di fattura egiziana, greca, romana, gotica, longobarda, e più recente : francese, tedesca, cecoslovacca e slovena. Come mai, si dirà, nella Slovenia oggetti ancora dai tempi dei faraoni e dei greci? Li portavano e li vendevano in queste terre, i commercianti fenici e quelli ellenici, che si recavano al Nord con le loro merci pei acquistarvi ambra. Ma tra i primi oggetti in vetro figurano, anche qui alla mostra, dei monili che seno stati rinvenuti, e di tanto in tanto vengono alla luce, nelle tombe idell’età del ferro. Sono queste delle palline di vetro impuro, a volte con incrostazioni colorate, ottenute con l’antichissima tecnica del. 1’ impasto. Gli antichi egiziani erano in ciò dei maestri insuperabili ed avevano motto ereditato dai loro predecessori, i vetrai della Mesopotamia. 1 loro oggetti sono per lo più di vetro colorato, con vari sali, a volte decorati da incrostazioni auree e da filamenti. Secoli più tardi Alessandria fu uno dei più importanti centri di questa industria. Nella città dei Tolo-mei la tecnica degli egiziani venne perfezionata, arricchita, subì l’influsso della vicina Grecia nella quale quest’arte era ricca di nuove linee, di ornamenti. L’industria vetraria ohe si sviluppa ed Alessandria viene ad avere in Tiro e Sidone due forti concorrenti; a Sidone si attribuisce la tecnica del soffio. Ora il vetro trasparente acquista grande importanza e viene ad assumere nel I secolo della n- e. un valore superiore a quello dell’oro ! In Italia in quest’epoca si aprono le prime grandi vetrerie : nella Campania e più tardi a Roma, dove si forma addirittura un quartiere, il «vious vitrarius» nei pressi del Monte Cellio e del -Circo Flaminio. I re 'di Roma concessero alle vetrerie privilegi e a loro favore ridussero l’importazione di vetrerìe e ceramiche dal vicino Oriente. Nel II secolo si prono delle, vetrerie nella provìncia romana del Reno, che diviene nel III secolo il più importante centro produttivo di vetro in Europa. Delle attive officine c’erano anche ad Aquileia, dalla quale mólti prodotti vennero Importati nel nostro paese. Nel primo Medio Evo, nell’epoca delle migrazioni dei popoli, molte officine da vetrario vengono distrutte o cessano l’attività. Delie officine si trapiantano nei boschi della Francia, dove per secoli vengono prodotti solamente oggetti di largo consumo e dalle linee più primitive ed imperfette. Rari sono i cristalli di valore in questo periodo, e per lo più Una ceppa e un .bicchiere di mirabile fattura romana rinvenuti nella Slovenia. Sul bicchiere si osservano in rilievo immagini di deità p- i può sfruttare L’ENERGIA del SOLE? In una estate quasi normale, in clima temperato, un acro di terreno (3800 metri quadrati) riceve dal Sole un caì >re equivalente a quello fornito dalia combustione di 80 tonnellate di carbone. Non deve quindi stupice che gii seien ziati vadano di secoli pensando ad ima macchina capace di con verfcire» il calore solare in energia termica o motri .'3. Una delle mag giori autorità in fatto di utilizzazione del calore, iil dottor Charley G. Abbot, ha valutato che in un solo anno il calore distribuito dal Sole sulla Terra equivalga quelli» generato dalla combustione d: 400.000.000.00 0.000.000.000 tonnellate di buona antracite. Si tratta di una sorgente di forza maggiore di tutti; d depositi e giacimenti sfruttati o potenziali di carbone e di petrolio che esistano sulla Terra, e di una sorgente ancora maggiore di questa che probabilmente potrebbe mettere a nostra disposizione lo sfrutta mento della energia atomica. Dal giorno in cui, più di duemila anni fà, Archimede tentò di elevare la temperatura dell’acqua contenuta in un recipiente dirigen do su di essa i raggi solari riflessi da un grande specchio usto rio, sono stati ideati in gran nu mero gli apparecchi intesi a sfruttare analogamente la vasta energia solare. E ai nostri giorni il Massachu setts Institute of Technology adopera uno stanziamento di 125 mila sterline agli studi per la conversione del calore solare in energia praticamente sfruttabile. Eppure malgrado la facilità con cui anche un ragazzino può concentrare ì raggi del Sole a mezzo di una lente e infiammare un pezzo dì carta, occorrerà risolvere numerosi problemi prima che il calore possa diventare un serio concorrente delle altre fonti di energia. Infatti benché l’energia rappresentata dal calore solare sia enorme, cj sono molti fattori che limitano le proporzioni di quella parte di essa che è sfruttabile, e che è in realtà assai piccola. Le sole nubi atmosferiche ne distraggono circa il 75 per cento e nei climi umidi il vapore acqueo sospeso nell’aria ne sottrae un al- ; tro quindici per cento. Inoltrf l’assorbimento della energia sa lare dipende dall’angolo determinato dall’altezza del Sole. Il convertire in energia pratica la energia solare disponibile ad esempio nell’Europa settentrionale esigereb be riflettori enormi il cui costo o la cui grandezza supererebbero di gran lunga quelli dei maggiori impianti generatori a base di carbone di petrolio o di elettricità. E in ogni caso la fornitura, chiamiamola così, della energia solare, sarebbe troppo intermittente pei essere veramente di utilità pratica Ma per uti’ lizzare il vasto complesso di energia solare disponibile in certe parti del mondo occorrerebbe catturare e concentrare i raggi del Sole. Ed è proprio la progettazione di questa trappola efficiente per i raggi solari che costituisco il maggior problema da risolvere nella conversione pratica della energia solare da parte dell’uomo. In seguito a numerose esperienze si è assodato che il massimo rendimento nella trasformazione di energia solare in forza motrice per la produzione di elettricità è del 16 per cento. Dato che vada perduto il 25 per cento della energia solare attraverso l’atmosfera, un riflettore di un chilometro quadrato, collocato in una regione desertica e priva di nubi riceverebbe una energia pari a un milione e mezzo di cavalli vapore. Calcolato un rendimento del 16 per cento, si avrebbe una produzione utile di 250 mila cavalli. E’ ovvio che un riflettore di tali proporzioni è assolutamente i-nattuabile, e pertanto la sola maniera pratica di catturare il calore solare sarebbe di ricevere i raggi su numerosi piccoli riflet tori che avessero complessivamente la superficie di un chilometro quadrato. Eppure malgrado tutte queste difficoltà si sono ottenuti certi successi nella progettazione d) centrali solari sperimentali. Uno. dei tentativi più riusciti per la trasformazione di energia solare in forza motrice è quello realizzato dieci anni fa dal dottor Abbot il cui apparecchio consisteva in tre tubi di vetro di petrolio, lunghi ognuno un metro e 80 centimetri, e coperti da altri due tubi per impedire la perdita di radiazioni. Specchi di alluminio La macchina del dottor Abbol ha dimostrato che è possibile ottenere del vapore acqueo dall’energia solare, ma sarebbe stato necessario ampliare il dispositivo in maniera enorme e inattuabile praticamente per ottenere una piccola frazione della forza motrice generata anche da una macchina a vapore di modeste proporzioni. Si è tentato anche di generare elettricità dall’energia solare a mezzo delle termocopie: esse consistono di metalli affiancati che col riscaldamento generano elettricità. Esposte alla luce solare, generano infatti correnti e-iettriche, ma in misura minima. Altri sperimentatori hanno indagato sulla possibilità di usare il Sole per la produzione di energia elettrica a mezzo della cellula fotoelettrica. L’esperimento è riuscito, ma si è ottenuta una corrente bastevole ad azionare un motore della forza di . . . un milionesimo di cavallo. Insomma per azionare il dispositivo di accensione di una comune automobile occorrerebbe esporre al Sole una cellula fotoelettrica avente la superficie di più di seicento metri quadrati. C’è quindi da aspettare un pezzo prima di vedere la e-nergia del Sole sfruttata pratica-mente. vengono dall’Oriente, portati dai cavalièri di ritorno dalle tristemente famose crociate. Il vetro déirOrierite è imper-fei'p.X ma gli errori sono maest Talmente nascosti da figurazioni, da iscrizioni, da ornamenti. I «pezzi» migliori vanno ad adamare le 'castella e i conventi. Nella Sio. venia e nella Croazia i primi vetri di buona fattura giungono nel lo.mo secolo pro_ venienti dai boschi dell’Austria e della Germania, e. in questo perioda comincia a produrre anche Venezia sino allora intermediaria tra Levante e Occidente e produttrice di minuterie a scopo commerciale. Venezia imita i saraceni e Introduce motivi rinascimentali. Verso il 16.mo secolo Venezia è la maggiore produttrice di vetro smaltato in Europa e quasi ovunque si lavora copiando ciecamente le sue forme. Il vetro smaltato ha la sua «età dell'oro» nel 16jmo e nel 17 mo secolo, quando in Olanda si sviluppa il taglio € l’incisione col diamante. Con-temporaneamente gli artigiani cominciano a lavorare il cristallo smerigliato, come si faceva già in Italia. La Slovenia ha nel 18 .mo secolo le preprie vetrerie che producono per lo più vetro da imballaggio, ma non sviluppano uno stive nazionale, I conventi sloveni comperano da Praga e da Vienna. Col «modernizzarsi» dei rapporti economici le officine da vetrario, dopo essere state sotto il patronato dei signori feudali, si sviluppano in manifatture e poi in fabbriche. Questo passaggio significa la decadenza dell’ar-tigianato artistico. Nel primo decennio del 19 (mo secolo tra la merce industriale si hanno dei prodotti di incomparabile finezza: per il vetro smerigliata fu noto Dominik Bimanm e ancor più per i colori e i disegni Mahn e Kathgaisser ohe lavoravano in una fabbrica di ceramiche d;i Vienna. Grandi vetrerie tentano di riportare questo artigianato artistico agli splendori del passato. Nella larga produzione vetraria si fanno strada composizioni mitologiche e storiche e brutte imitazioni dello stile gotico evidenti sintomi di decadenza. Della produzione artistica e industriale moderna sarebbe troppo lungo parlare. Oggi abbiamo decine dii artisti ohe si dedicano alla nobile opera della modellazione del vetro, come delle ceramiche e di altre materie. Nel nostro paese la produzione industriale delle cristallerie ornamentali è concentrata nelle fabbriche «Boris Kidriči» e '«Rogaška Slatina» in Slovenia. Ma siar mo lantani dal cristallo di valore artistica del tipo, ad esempio, dèlia famosa Murano. Da noi la cristalleria artistica, con programmi sperimentali, è ancora ai primi passi- D. V. Jeflena Jovanovič, - che abbia mo vistarne! film della «Ava la» di Belgrado, «Općinsko dete» (Il trovatèllo), tratto (da una commedia idi Branislav Nusić, si presenta oggi come una promessa, della cinematografia jugoslava NELLA LOTTA VAPORI CONTRO VELE LA MARINERIA DEL QÙARNERO Breve scorribanda nel tempo romantico dei lupi di mare delle grandi navigazioni e delle ardite imprese Più idi cento anni o>r sono giungevamo' nei porti de! Quamero numerose navi: un traffico imponente per le condizioni d’allora, con circa 30 battelli in arrivo e partenza giornalmente dai vari porti. Nell’anno 1853 nel porto di Fiume attraccarono 7.380 navi di varia stazza battenti varie bandiere. In altri porti della costa l-ibuimi-ca fino a Mantiinscioa, Zur-kovo, Buocari, Portorè e Novi gettarono l’ancora altri 2920 navigli, in totale 10.308 navi di 14 paesi diversi. .Nel 1857 gili armatori del Quamiero erano proprietari di oltre 57-000 tonnellate dì naviglio, vale a dire la quarta parte della flotta mercantile austriaca di quel tempo. Nel 1855 il giro diaffari d’e-spoliazione ed importazione dei porti del Quamero raggiunse un valore di 15 milie.-ni di fiorini, di cui 13 milioni per la sola Fiume. Al tempo della guerra di Crimea H cuccia BILI ERBORI Uno studioso inglése, sbaragliando gli «errori» storici, ci dice che Cleopatra era greca e che Cristoforo Colombo non scoprì l'America Dalla lontana notte dei tempii, fino a questa fin -tro-p-po luminosa .. giornata atomica, gli uomini hanno raccolto una massa incredi bile di esperienze, che li aiutano ad evitare, almeno in parte, quegli errori nel quad erano già incorsi i loro anfanali. Si è venuta così creando una vera e propria messe di proverbi, credenze e luoghi comuni, che rappresenta f patrimonio spicciolo di ogni popolo. Una isimile situazione di fatto, però, non è andata evidentemente a genio a mister Ackerman, il quale, degli ot-tandadue anni di vita finterà concessigli da Madre Natura, ne ha spesi più di sessanta per demolire appunto quelle credenze e quei luoghi comuni. Il singolare studioso britannico ha infatti stabilito che ben duemila delle nostre più comuni credenze, sulle quali poggia la maggior Inghilterra 1954. Festa in provincia parte idei nastri atti di vita quotidiana, sono errate. Il signoir Ackerman vive attualmente a Londra, e trae i mezzi di sussistenza da una non certo lauta pensione passatagli dallo Stato. Riprendendo l’esame critico delle credenze sbagliate, ohe mister Ackerman ha raccolto in volume, si trova letteralmente demolito amo dei più noti luoghi comuni : quello secondo il quale l’uomo è sempre cacciatore e la donna la sua vittima. Nulla di più errato, dice lo studioso inglese, poiché in un’inchiesta condotta fra centinaia di giovani coppie, egli .si è trovato di fronte ad una confessione sconcertante e pressoché .rivoluzionaria, e cioè che quasi tutti i mariti erano stati . . . sedotti dalle rispettive mogli. Anche con i latini se la prende il terribile pensionate. «Quale più madornale errore — ci dice — di quello contenuto nel proverbio romano Mens sana in corpore sano»? Nessun genio, infatti, è stato mai un atleta, così come nessun atleta è stato mai un genio. Non se ne può quindi concludere altro se non che sport e vita di Studio sono due attività ben diverse, le cui strade non is’incontrano mai. Cosi, procedendo di questo passo, neiratta,ccare a spada tratta proprio le credenze più radicate, mister Ackerman non vuol -sentir dire che la presenza di fiori nelle camere da .letto è di pregiudizio ala salute e cagione di mali di capo: egli conclude, infatti, ohe l’acido oaiboni-co che può essere emanato da un mazzo di fiori non e (in grado di uccidere una 'sola mosca. Ma le sorprese non finiscono qui, poiché l’eccezionale nemico dei proverbi, riprendendo un altro detto sbagliate, afferma che «noi siamo più alti di statura al mattino di quanto non to siamo alla sera, poiché le oartiljaigini idhe trovano fra ciascuna delle 24 vertebre della nostra spina dorsale risentono, alla sera, del peso del corpo Che, durante tutta la giornata, ha poggia--to su di esse e finiscono con l’essere più schiacciate, determinando, quindi, dopo molte ore di tale «pressione)», una diminuzione di statura». Dopo queste, che diremo sorprese di «ordinaria amministrazione», vengono i colpi a sensazione. Secondo Ackerman, non fù, infatti, Cristoforo Colombo a scoprire l’America ma un certo Caboto, nativo di Bristol. Così, per l’Australia, non sarebbe stato il famoso capitano Cook a raggiungere quelite coste per primo, bensì un altro marinaio inglese, jDampier, il quale avrebbe toccato il -nuovissimo conti-mente un secolo e mezzo prima di Cook. Ed infine ecco uno notizia che sconcerterà gli studenti ginnasiali : Cleopatra non era un’egiziana, ma una gre-tra donna, mister Ackerman afferma ohe non cavalcò mai nuda, come e stato tramandato dalla fantasia popolare, poiché il di tei marito era frappo geloso per esporre la moglie, in simili condizioni agli sguardi dei sudditi. Così si potrebbe continuare di questo passo, con risultati sorprendenti, ma non crediamo utie proseguire, poiché, secondo un detto di antica saggezza, che, per fortuna, non ha attirato l’attenzione del diabolico pensionato inglese, quando si distrugge qualcosa bisogna costruirne qualche altra al suo posto. Sarebbe troppo friste, trovarci tra i cocci delle nostre massime e dei nostri proverbi infranti, senza aver nulla da sostituire loro. attraverso il porto di Fiume furono- esportati 7.056 capi di bestiame, tabacco per uri valore di 423.205 fiorini, legno per 700.000 fiorini 8 grandi quantitativi di olio, grano, vino e formaggio. Vapori contro vele Erano battelli di legno, «brik», klippers, bark, con alte alberature e vele bianche. Le navi a vapore erano appena in culla. La vedla era ancor sempre la più forte, dominatrice sui mari. Tuttavia la lotta era incominciata fra la vela e là caldaia a vapore. Già verso la metà del-rottocento si videro i primi pennacchi di fumo sulle acque del nostro mare. La lotta si faceva sempre più serrata. Fra le oltre settemila navi che atraccarono a Fiume nei 1853, vi furono an. che 86 navi a vapore per un totale di 9.293 tonnellate. 1 vecchi lupi di mare delle navi a vela non potevano capacitarsi di dover capitolare, dopo aver conquistato tante glorie. Coraggiosamente cercarono di tenere ancora il mare affrontando tutti i venti e te burrasche. Ancora nel 1859 il capitano Ivo Sisul di Buccari con il suo veliero di 568 tonnellate compì una straordinaria impresa navigando l’Oceano Pacifico, attraccando a Singapore e Hong Kong, attraversando gli stretti e, arcipelaghi e toccando ignoti scogli sottomarini per giungere-, dopo due anni di lotta con mari infuriati, nel porto di partenza. Ardite imprese Andrea Poscic di Volosca. con il suo veliero «Lorenza», per primo nella storia della _ marina austriaca navigò nel ' ile lontane acque di Faw-Chaw-Fow. Tutte te più ardite imprese registrate dagli annali austriaci — che consultiamo — portano nomi di nostri lupi di mare, marinai e capitani liburniei. Nel 1855 nei cantieri del Quamero furono varati 41 velieri per 17.472 tonnellate di stazza lorda. Nel 1861 sulla costa da Fiume a Portorè sorgevano undici piccoli e grandi cantieri navali. Il maggiore era quello di Portorè, ancora oggi attivo, fatto costruire da Cario Quinto nel 1729. Questi cantieri, con i proprietari croati — Vranic, Bacie, Jakovic, Lovrič, Materij an — costruirono pe rò battelli che batterono bandiera straniera ed ebbero nomi stranieri; così come i nostri capitani e marinai formarono gli equipaggi di navi austriache. Nel 1821 nella flotta austriaca del setter-! qua,merino furono promossi 32 capitani di lungo corso, lidi questi 26 erano croati. Sull’oceano i figli del Quarnero -SuH’oceano i figli del Quamero continuarono n mantenere alte te tradizioni marinare. Nel 1871 ben 27 ve lieri austroungarici affondarono nelle acque d’Olanda, Tolone, Ridgesand, Malaga, Palermo, Kisimaja, Rio d« Janejro ed altrove. Mentre 1 capitalisti si arricchivan-- > dando a navi costruite da nostri uomini e da essi guidate nomi stranieri, i marinai ernl i capitani di Fiume, Castre- na, Volosca, Moschiena, Por -to rè, San- Kuizma, Buccari, Lussino e Novi sacrificavano al mare la loro- vita. Trionfo del vapore La battaglia fra vela e caldaia a vapore continuò con sempre maggior vigore. Li-i marina da guerra austriaca, in particolare, si arricchisce di sempre nuo-vi battelli n vapore, più veloci e di stazza superiore. Nel 1871 conti* 49 navi da guerra, di cui 4iì a vapore! SUI Quarnero si fanno più rare te vele e sem pre più speisso si scorgono strisce di fumo. Eid allora scompaiono i vecchi marinai e capitani, e sorgono anche i nuovi. Ma sono sempre, an che 1 nuovi, i figli del nostri Quamero. NEPTUNUS A proposito de T ragazzi del porf7 L EDIT EI GIOVA?, (N d E) Il nostro collaboratore Scotti ci richiami,, certo inesattezze nelle quali siamo incorsi presentane lo scorso numero, Mario Schiavato, l’autore de «I ra^l); del porto» ; e gliene siamo grati. Ci sembra tuttavìa . cessivo quanto egli scrive a proposito della «presenta^ ne»: semplicemente perchè niente ci fa obbligo di co,,,, Iscore il «curicullum vitae» dell’autore di un libro che r, censiamo. Noi abbiamo scritto quanto sapevamo o si3n)(j riusciti a sapere di Mario Schiavato, accompagnane ., tutto con tanti «forse», «probabilmente», «se non andiafrl[j errati». Detto questo, prendiamo atto volentieri della prt cisazione del nostro collaboratore. Chi è Mario Schiavato, autore del -nuovo romanzo jt. liano pubblicato dàlia -Casa editrice EDIT di Fiume? (h mo romanzo per giovani scritto -da un giovane ohe sia sta-. finora pubblicato nell’ambito dell’attività editoriale