Esce una volta per settimana il Sabbato. — Prezzo anticipato d'abbonamento annui fiorini 5. Semestre in proporzione.— L' abbonamento non va pagato ad altri che alla Redazione. ali molto revereido D. Giov. Batl.a Vatla. Ogni qualvolta mi accade di rivedere la chiesa di S. Giovanni de Tuba ed il classieo suolo che la circonda, la mente. intenta a leggere 1'antico nelle cose che ri-mangono, ed a Irarne ammaestramenti, non lascia di ri-cordare ogni tratto la memoria del defunto abbate Berini, di desiderare la vicinanza del vivente abbate Brumati, e della sua carissima persona, e per la somma venerazione in cui li tengo, e pel desiderio e bisogno che ho di profittare di si bel sapere. Quando il Berini pubblicava nel 1826 le^ — Indagini sullo Slato del Timavo e delle sue adja-cenze al principio delC Era Crisfiana= quei suoi pensa-menti mi parv ro ardit;, a tale che io piegava per sem-plice.fede al profondo sapere del nonagenario, non per convincimentc, che allora non aveva imprese quelle rico-gnizioni che feci da poi. Quel sospetto suo che le arque raccoltesi nelle vallate di Ampezzo o come gli Slavi di-cono Flitsch, di Tolmino e di Canale, le quali formano l'Isonzo, e le acque della Valle del Vipacco che formano il fiume Frigido, corressero sotterraneamente da Rubbia al Timavo, non e semplice sospetto, ne le testimonianze di antiche scolture da lui citate sono induzioni vaghe. Mi mani-a di visitare la costiera di monti che corre da Reifanberg a Peteans, che pur troppo gli occhi della mente si aprono, quando la vigoria del corpo scema; ma le»esplorazioni falte nella vallata di Jamiano al lago di Pietrarossa, alle paludi di Monfalcone mi fecero certo che le acque del Frigido o della Vipava, da Rubbia tra-pelano sotto il Carso, sgorgano nella vallata di Jamiano dal lato di settentrione ponente, e vi formano il lago, scendono per entro il lago in apertura ampla, scorrono novellamente sotterra per ricomparire nel lago di Pietrarossa da dove sotterraneamente si spartiscono, parte per correre al Mugile e per formare la roja di Monfalcone, parte per mostrarsi nuovamente a cielo in vallata stretta e chiusa da ogni lato, continuazione del Pietrarossa in direzione di mezzogiorno, poi novellamente si inabissano e ricornpariscono nella palude di Monfalcone per formare il Lisert e le Fontanelle; altro filnne con-tinua sotterra, forma il Locavez e le altre copiose sor-give sulla costiera dal Pietrarossa a S. Giovanni de Tuba, ed entrano in parte in quel filone di acque che sgorga a S. Giovanni e che per eccellenza dicono il Timavo. Raccolsi indicazloni che scavatasi presso Rubbia una va-sca, in cert' anno di siccilž, per raccogliere acque, que- ste Jassarono nel lago di Jamiano, che alzo il suo li-vello; che. fattasi a S. Giovanni la rosta pel nuovo mo-lino, le acque del lago siensi alzate e rimangano in questo livello piu alte; i pešci del lago di Jamiano sono quelli medesimi della Vipava; mi dissero chel'acqua marina nelle colmate amareggi illago di Pietrarossa, il che e vero, e giun-ga al lago di Jamiano, il che non čredo, ritenendo cosi ad occhio il l;vello di questo lago per forse tre piedi pili alto di quello del Pietrarossa. Con ragione asseriva il Berini che le acque della Vipava e deli' Isonzo il quale scorreva piu vicino al monte di quello (he segua oggidi, passassttro sotterraneamente verso il Timavo, con ragione asseri che gli antichi chiamavano Timavo tutte le acque di quest' ultima pendice del Carso, ed il lacus Timavi menzionato da Livio d certamente il lago di Jamiano ; con ragione riteneva che la copia delle acque sgorganti a S. Giovanni era maggiore che non oggidi. Sennonche ali' opinione del Berini čredo doversi espressamente ag-giungere qualcosa che egli non ignoro ne tacque onni-namente, ma che pei lettori meno pratici di quelle ragioni, non sarebbe stato forse male di dire, cioe che le acque unite delI'Isonzo e della Vipava passavano sotto il ponte della Manizza e sotto quello di Ronchi, nelle piene; e che Iungo gli ultimi colli del Carso e per Sta-ranzano vi era letto per quest'acque, letto che se per la maggior parte deli'anno era asciutto, non era cosi quando la copia delle acque nell' autunno e nella prima-vera era maggiore della capacita dei crepacci pei quali passava attraverso il Carso. La qua!e consideraziono giustifica la presenza di quei due ponti, e giustifica Pli-nio, il quale cpn rara esattezza enumerando i fiumi della Venezia secondo la loro foce nel mare, tace on-ninamente del Sonzio e dol Frigido, e dopo Natisone cui era unito il Turro, scorrente da Campolongo alle mura d'Aquileja, menziona tosto il Timavo. Pero il Timavo di S. Giovanni riceveva come anehe riceve oggidi la maggiore copia delle sue acque dalla Reka o Timavo superiore che sprofanda a S. Canziano, poiche mentre tutte lealtre sorgive nelle paludi di Monfalcone, quelle del lago di Pietrarossa non che di Jamiano sono limpide, e mai o pres-socche, torbide; quelle di S. Giovanni ad ogni forte pioggia della inontagna sono torbide e portano tale quan-tita di terriccio (da me riconosciuto per quell' identico che ingombra la caverna di Trebich, e per queli' identico che forma il bacino del Timavo superiore) che le bare-ne ed i bassi fondi s* accrescono d'anno in anno, e sono gia presso al porto di Duino, preparando fuori delle isola ora dei bagni cid che e avvenuto dentro di queste, nelle paludi di Monfalcone. Ed £ appunto a queste pronte e frequenti torbide che si riconosce la via sotterranea te-nuta dal Timavo superiore, il quale ha sfoghi e sotto S. Croce, e sotto Sistiana. La resta del molino di S. Giovanni deve spesso venire liberata dai decubiti; 1'acqua di S. Giovanni porta seco semi di piante che vegetano poi facilmente ad ogni arresto che trovino; cosa che non avviene delle aeque del Frigido che escono limpide e nette. Mi narrano quegli alitanti che il terreno oggid i detto le paludi di Monfalcone fosse gia tutto seno di mare; 10 čredo se debbasi intendere che il mare lo coprisse tulto; dubito fortemente se avesse ad intendersi che fosse tutto valle navigabile; ho troppi indizi per rilenere piut-tosto che quel terreno somigliasse alle odierne lagune di Venezia, aH'antica laguna di Ravenna, per entro le quali si aprivano come si aprono canali ampli, ottimo e sicurissimo porto; quello del Timavo fu celebrato, ed ap-parteneva come penso a Cividale. L' ingresso era fra 1'isola minore che dicono la punta, e 1' opposto promon-torio di terra forma, e verificai 1' ingresso che vi era nel mare aperto, fra i bassi fondi che anehe neli'epoca romana stavano fuori delle isole, come e anehe oggidi delle lagune venete. Quel canale d'ingresso, ora abban-donato, lo dicono la fossa del Timavo, voce che non e di dialetto ne di lingua italiana, per indicare canale, ma sibbene di latina, e sembra indicare opera manufatta. Aveva altravolta sospettato e detto che il faro o lanter-na che additava il porto ai navigsnli fosse sull' isula minore, o della punta, ma novella ricognizione mi ha av-vertito che posla in quel luogo non sarebbe stata visi-bile a chi naviga da Trieste, e la cercai piultosto in quell' incrociatura di linee risullante daila direzione della bocca e della fossa del Timavo, e daila direzione della visuale venendo da Trieste. Queste due linee s' incon-trano in sito che dicono Belforte, cosi intitolato dai Veneziani quando nel secolo XIII vi si fortificarono; e l allora e poi durava la tradizione che fosse lanterna. Una torre v' era al certo, fondata non sopra scoglio calcare, ma su terreno comune, e vidi gli avanzi delle muraglie; 11 materiale fu levato per adoperarlo in costruzioni. Come 1' isola dei Bagni era unita a terraferma da ponte, cosi penso che fosse quest' isi la eolla minore, ad esem-pio di quanto vidi e seppi di due isole prossime nel porto di Pola; sieche i! porto del Timavo non aveva altro ingresso che questo della fossa. Non posso persuadermi che gli antichi prendessero per bocche del Timavo quel gorgogliare che vedesi alla testa dei rami del Timavo a S. Giovanni, che cosi vo-lendo se ne enumererebbero ben piu che sette o nove, e sarebbe improprio il dire bocche quel movimenlo d' acqua che vedesi alla superficie, e che no.n permette di riconoscere quali e quante sieno le aperlure sotl'ac-quee dalle quali sgorga; io penso piuttosto che le bocche abbiano a cercarsi in tanti filoni d'acqua, che for-mando corpo da se escono dal monte. E cosi sarebbe comprensibile come si dicessero alcune salate, altre no, secondo 1' altezza del foro di uscita di confronto al li-vello del mare, e la spinta di quest'acque attraverso le marine. Di queste bocche ne sono veramente sette en- tro quel seno, ed anehe nove se si rongano a calcolo qualche minore; non compresa la termale, compresa quella abbondante sorgiva che sta presso alla termale nd lato di ponmfe. Ho riveduta Ia chiesa di S. Giovanni, le tre inseri-zioni, tra le quali io piu che lo altre apprezzo quella che menziona la citta di CLAVDIA AGVNTVM, 1'odierno S. Candido o Innichen appiedi delle Alpi verso setten-trione; ho ri!e;to le leggende che ricordano le sacre re-liquie; ma 1'opporlunita mi porse inoenlivo di salire sin deposito di quei saeri avanzi; ed i miei recenti sospeti ebbero risultato. Vidi leggenda, maltrattata da spezzatura, non peri ' mancante nell'essenziale, che forma il principio delle altre due, e che non mi e noto sia stala da altri pubbli-rata. Eccola: POSTOVAM MORTALE DIGNATVS SVMERE CARNEM EST INCARNATVS CIIRISTVS DE VIRGINE NATVS ANSO MILLENO CENTENO JASI REVOLVTO DECIMVS ET rERUVS FINEM CVM SVMEttET ANNVS EVANGELISTA® CELEB11ANS SOLEMNIA LVCE ABBAS MAGNIEICVS JOHANNES NOMINE DICTVS STRENVVS ATQVE PIVS OMNI BO NIT A TE REPLETVS LEOTO PROSTRATVS NIMIO SOMNOQVE GRAVATVS ASPICI ... Pil.. VM SECVM CONSISTERE VIRVM QVI SIUI POST MVLTA .....C....I..VLIT INTVLIT ISTA TOLLERET VT SANCTOS V..... SVB CESP1TE CLAVSOS CONDERET AC DIGNE COVIPLEVIT CVNCTA REPENTE ET FACTA FOSSA SANCTORVM CONDID1T OSSA NOMINA SI QVAERIS LEC OR QVI CARMINA LEGIS POSTPONENDO MORAŠ SVBSCRIPTAS PERLEGE NOTAS. I versi a cui si provoca questa inserizione incisa diro quasi sul coperehio del deposito sono scritti sulle due facciate laterab, e volentieri liripeto per rispariniar-le la noja di cercarli altrove. A SINISTRA. OSSi BEATORVM SVNT HIO CONCLVSA PIORVM BAPTISTA E CHRISTI SIMVL ALTERIVSQVE IOIIANNIS IIIS SVNT OONJVNCTI MERITIS AC MVNERE DIGNI STEPHANVS ET BLASIVS NEC NON GEOHGIVS ALMVS AT VE MANVFORTIS LAVRENTIVS ADDITVR ILLIS. HOS H1C GERMANI QVONDAM SOLERTIA CLARI VNGARICVM REGEM METVENS VALDE FV RENTEM IVSSERAT ABSCONDI MAGNOQVE STVDIO RECONDI SIC PER QVINGENTOS VEL FORS1TAN AMPLIVS ANNO S NON POTVIT SC1RE FVERINT QVA PARTE LOCATI. A DRITTA. SED VODOLRIOI PATRIS OMNIPOTENTIM AMICI PONTIFICIS SVMMI LE NI S NIM1VMQVE BENIGNI VIRTVTIS PLENI CVNCTIS VITIIS ALIENI PES LACIIRIMAS MVLTAS QVAS CIIRISTO FVDIT AMARA3 ATQVE PER INNVMERAS STVDVIT QVAS PASCERE TVRBAS TEMPORE SVNT OSSA SANCTORVM JVRE REPERTA. QVI SANCTOS COLVIT SE SICQVE COLENDO BEAVIT QVOD JAM CVM SANCTIS MANEAT SIBI VITA PERRHENIS Ouestc leggende sono incise in bei caratteri con nessi che ho sciolti, e con intcrpolature che non ripeto; 1' interpunzione lascia inolio a desiderare. A giudicare dalle tre lastre che si riconoscono antiche, il deposito o tomba era di forma quadrilatera oblonga; il materiale a-doperato e marmo greco, avanzo senz'altro dei tempi romani o bizantini; le modanature sono di catlive pro-porzfoni, gli specchi delle i scrizioni hanno ali' ingiro fa-scia a scompartitarnenti rnmbordali con intarsiature di altri marrni. Le due leggende laterali hanno le leltere tinte da recente in nero per facilitarne la lezione; quella che sta incisa sulla copffrtura non ha le lettere tinte, indizio che non si accorsero di questa, quando furono rilevate le altre due. Nella facciata anteriore stava pra-tieata apertura, chiusa da cancelli metallici, che permet-tevano, come ojgidi avviene, di vedere i sacri avanzi accolti in custodia. Mi e parso che 1' odierna forma data aH' insieme del deposito si scosti dali'antico, avendovi aggiunto due pezzi di marmo, che non sembrano avervi appartenuto in antico. L' insieme aveva forma di tomba, come 1' ha anche oggidi, ed il luogo ove oggidi e collocata, avvertc come si avesse voluto seguire la disposizione delle antiche chiese, che all'altare maggiore ed unico in antico, avevano sempre o sottoposto od unito il sepolcro di Martiri e di Santi. Ouesta tomba non era gia destinata per quella chiesa che oggigiorno sussiste presso alle sor-geuti del Timavo; la qualo si riconosce tosto per opera di tempi posteriori e di due mani diverse. La parte del santuario in istile a sesto acuto, e propriamente di quello che amarono i tedeschi ln direi opera dopo il 1400, essendo su terra baronale; se fosse su terra rnunicipale la direi piu antica; che troppo visibile e in tutta la pro-.vincia come i municipu avessero sempre per piu di un secolo preceduto nel gusto per le arti i baroni. Io penso che questa perte di chiesa tutta a massi riquadrali, a volta in pietra, con contrafforti agli angoli deli''abside che non e a semicerchio, ma a poligono, sia frutto della •liberalita dei Walse, feudatari di Duino, signori di tutto il Carso, di Fiume e della costa orientale del Monte Maggiore, gran cavalieri austriaci e che terminarono male. il corpo della chiesa e di altra mgno e di altro tempo, alcuna pietre adoperativi, nelle modanature si mostrano come preparate per altra opera ben migliore chenonquel-la di grezzo rnuro nel quale vennero poi collocate; que-sto corpo della chiesa venne alzato nel 1519 mentre era capitano di Duino Giovanni Hoffer, non gia a spesa di questi che non ne era proprietario ma semplice Castel-lano per 1' imperatore, ina a spese del patrirnonio della chiesa medesimi; il campanile e del 1642 alzato pure a spesfl della chiesa medesima. La chiesa dei Walse,". la chiesa del Hoffer Cche cosi chiamero le due parti) furono alzate con materiali di altro edifizio preesistente; quella del Hoffer lo mostra chiaramente nei materiali da muro, tra i quali si riscontrano perfino pezzi sculti di cattivo lavoro di genere sacro, che direbbonsi del 1200; quella j dei \Valse mostra nel materiale, pietre squadrate a som-ma diligenza che si manifestano per opera romana; di tre massi vedesi a colpo d' occhio come fossero pietre voti-ve ai quali si tolse lo sporto della cornice e della base, per ridurli a superficie piana, le leggende manifestano come fossero sacrate alla Speranza. Ed e ben a sup-porsi che non di tutte le pietre scritte usassero di col-locare libera allo spettatore la parte che conteneva la leggenda. Ouesta chiesa Walse-Hofferiana erasi surrogata ad altra piu antica che si vuole eretta nel 1112 di nostra era cogli avanzi di un tempio che dicono essere stato di Diomede, e questa sarebbe stata quella chiesa alla qua!e fu destinato il deposito, portante le tre inscrizioni registrate di sopra. Ouesta sarebbe la chiesa Volderi-ciana, che io chiamo cosi perche alzata o piuttosto rin-novata sotto gli auspici del patriarca Volrico; ma nep-pure questa si era la primitiva; altra ve ne era nell'an-no 615 di nostro compulo, che non fu gia allora alzata, ma che ben potrebbe essere stato 1'antico tempio di Diomede, convertito alla fine del quarto secolo in S. Giovanni Battisla, prendendone argomento dal fiume. Ouesta chiesa p'u antica, come anche la Voldericiana non erano parocchiali some fu la chiesa Walse-Hofferiana, erano ambedue chiese di monaci, dal che deduco che altra chiesa pel popolo deve esservi stala in quei din-lorni medesimi, distrutta forse a tempi di Voldorico, od abbandonata, ma certo non piu usata siccome plebanale, e che altro titolo puo avere avuto diverso da quello di S. Giovanni; dai tempi di Voldarico in poi, la chiesa ab-baziale fu insieme plebanale. La chiesa di Voldarico sembra essere stata costrutta in dimensioni maggiori che non la precedente dei monaci, la quale se fu il tempio di Diomede era piccola assai; se fu adoperato fino da allora il materiale .del tempio della Speranza, come š verosimile, questo materiale non fu tratto da lontano, e fu facile il trasportarlo per acqua. Imperciocche io penso che il tempio della Speranza stesse sulla sermmita deli*i— sola dei bagni, ai qua!i ricorrevano li speranzosi di ri-cuperare la salule, e penso che la cella di quesla di vi— nita fosse incavata nel inasso, per accrescere la sanlita del Itrt>go, col maraviglioso effetto delle acque termali, sgorganti da sotto il. monte, per vie e per modi igno-ti talmente che pensavano essere l'acqua marina ri-scaMata nelle viscere del colle per sconosciuto processo, quella che dissero AQVA DEI ET V1TAE, mentre non e piu che una solita termale di acqua dolce che traversa allo sbocco lo strato sovrapposto di acqua marina, se-guendo sempre il livello di questa. Piu che i materiali di questo tempio tare la messa sollenne appunto nella festa del titolare della chiesa, e di avere la colletta; indizio queslo i er-tissimo di antica giurisdizione della chiesa lergestina • su quella chiesa. Del quale segno di »ntic^ matrice durano- le traccie ancora nel secolo XV, perdulo poi ogni diritto come sembra per le prepotenze dei Val-se, che innovarono molte condizioni ecclesiastiche, e furono i primi ad introdurre colla violenza cio che chia-mano diritto di patronato laico, se diritto e. Fra i redditi che spettavano alla chiesa di S. Giovanni de Tuba, va annoverata anche Ia dogana delle merci al porlo del Timavo, alla quale dovevasi ricorrere, essendo gli altri parti prossimi chiusi al commercio. Non čredo peraltro che questa dogana sia slata data ai mo-naci da Volrico, poiche essendo questa regalia maggiore, non era il patriarca che potesse concederla; propendo piuttosto a credere che venisse conceduta dal patriarca Volkero che ebbe in dominio il Friuli e 1' Istria, coi po-teri maggiori. A questa dogana sembra che partecipasse il vescovo di Trieste. Unito il monastero di S. Martino della Beligna alla mensa capitolare d'Aquileja nel 1450, la dogana fu proprieta di quel capitolo che nel 1601 lo permuto colla villa di Corona, e divenne di proprieta dei conti della Torre, Signori di S. Giovanni. Or dovrei dire qua!cosa sulla cessazione di queslo monastero. Appunto poco dopo il 1120 cominciano a conoscersi i sigg. di Duino, siccome baroni polenti, ed 6 certo che ebbero investita dai patriarchi di Aquileja, al di cui vassallaggio rinunriarono nel 1374, per dirsi vassalli del Duca d'Austria, in quell' anno medesimo, nel quale la contea d'Istria e la Carsia passano per patto di reciproca successione negli austriaci. Di questi antichi signori, dei quali tentai di porre insieme la serie, era quella rocca che dicono Duino vecchio, e col progresso del tempo si mostrarono irrequieti per le molte baronie unite a quella časa, per le cariche che assumevano dai conti di Gorizia. Essi pretendevano di essere patroni ed avvocati del monastero di S. Giovanni, officio questo che consisteva nell'esercizio dei poteri baronali che spettavano al monastero, ma dal quale si astenevano i monaci, e ne tiravano utile colle sportole, e spesso coll' asse-gnamento di terreni; S. Giovanni di Duino era baronia dol tutto distinta da Duino, siccome anche distinte furono fino ai giorni nostri i comuni. Or avvenne che essendo nel 127 hutein ille Ijcus ob Reliquias Sanctoruin ibidein requie-sconiium bonorandus: omnibus Christianis veiierandus: quem etiam locum antecessores mei non inediocriter di ligentes ex antiquitate destruetum diligenter renovaverunt & eum Ecclesie S. Marlini & ejus Abbati traddiderun quod & ego probo, laudo, & confirmo. Hoc ergo Consa erando Altare Sancte Crucis in eadem Ecclesia plebem Marcilianam pro dote trado ac deinceps Monachis ibidein Deo servienlibus mancipo. Jnsuper decem Mansos quos Minginardo de Goritia pro beneficio Fralis sui Engelini me Sibi traditos accepi in loco qui Ortvvin dicilur, eidem Erclesie super S. Joannis AUare Irado. Decem quoque Mansos quos a Marchione Engelberto pro Sacrilegio, quod fideles sui per incendium Ecclesie in Carniola commise-rar.t, recepi, similiter S. Joanni tribuo in loco qui dicitur Gradišča. Rogo itaque rogando moneo, monendo obtestor obtestando vinculo anathematis sfingo, ne aliquis successor meus hanc meam donationem infringere presumat: immo eundem locuin amet, & diligat, &j quantum valet pro Dei A«nore exaltet. Hujus autem rei Testes sunt Otto Con-rordiensis Episcopus, Andreas Episcopus Nove-Civitatis, Hermannus Capellanus, Joannes Vicedominus, Vodescalcus, Menginhardus, Vernherius, Jonni, Ego Vodelricus Patri— archa jam in senectute positus rnanu mea subscripsi. Ego Marquardus Notarins & Capellanus jussu Domini Yodelrici Patriarche hanc Cartam scripsi. „ ed ffcco IL terzo diplomi del 1102 con cui si donano parecchie castella in Istria al patriarca Volrico. "In nomine domini Dei et Salvatoris nostri Jesu Christi anno ab incarnationis eiusdem nostri redemptoris millesimo secundo XV kal. Decembris indictiorre X in ecclesia sancte Marie Virginis et sancti Hermachore mar-tiris Christi patriarchatus sancte aquilensis, vbi nune do-ininus Wodalricus uir uenerabilis patriarcha praeordinatus esse uidetur. Nos Wodalricus filius quondam item Wo-dalricus Marchionis et Adeleita iugales, qui professi su-mus ex natione nostra lege uiuere boioariorum, ipso namque uiro meo mihi qui supra Adeleita consentientem et subter confirinantem offertur et offertrix donatur et donatrix ipsius sancte ecclesie altario proprium diximus ut quisquis in sanetis hac uenerabilibus locis ex suis a-liquid c i»ntuierint iuxta auetoris uocem in hoc seculo cen— tuplum accipiat insuper at quod melius est uitam possi-debit eternam kleoque nos qui supra.... iugales donamus •et aiferimus in eadem sanetae aquilensis ecclesie pro a-nime nottre mercedis, i sunt ex integris cunctis casis castris et capellis et inonasterijs et uillis seu seruis et anciliis et omnibus rebus, iuris nostris quas habere rt tenere uisi sumus, et nobis pertinet in comitatu istriario per locis quas nominauerimus uel ubicumque invenire potueritis excepto quod ante ponimus et in nostra reser- uamus potestate..... illud quod dedimus fidelibus nostris, hec enim Meginhardo dedimus. Ronz... cum suis perti-nenciis. Adelberth, dedimus duo castella cum suis per-tinenciis quorum nomina sunt Ce nogradus et Bellegra-dus. Adalberto minori dtjdimus Balisedum et. piscatio-nem in Lermo cui suis pertinenciis. Et cum aliis omnibus rtbus et familiis nobis pertinentibus in comitatu istriensis in eandem ecclesiam facimus traditionem imprimis nominatim caslrum Pinquent et castrum Cholm castrum Baniol et castrum Vrane, et castrum Letai, et castrum sancti Martini, et castrum Josilach et villa ubi dicitur cort alba inter latino.s, castrum veneris villam cuculi et villam in miliani e uillam cisterne et uillam petre albe et uillam Druuine et uillam maticeniga uillam cauedel castrum uuego castrum brisintina uillam castan, castrum castilione uillam sancti Petri eurn monasterio sancti Petri et sancti Micbalis uel per aliis quibuscumque locis inue-nire potueritis de nostris iuris rebus in eodem comitatu in ciuitatibus quamque et de foris in ipsis istis rebus i Chi) sunt tam casis cum sedeminibus castris capellis mo-nasteriis uillis terris aratoriis, uineis, campis pratis pa-scuis siluis salcetis sacionibus riuis rupinis hac pailudibus tam in montibus quamque in planiciis locis cultis et in-cultis diuisis et indiuisis sortitiš et insortitis una cum fi-nibus terminibus hac cessionibus et usibus acjuarum a-quarainque duetibus et cum omni iure adiacenciis et pertinenciis earurn reruin por locas et vočabulas ad ipsis casis et omnibus rebus pertinentibus una cum predicta fa-milia in integrum; que autem istis ex integris -cunctis casis et omnibus rebus in eodem comitatu iuris nostri superius dietis una cum accessionibus et ingressores earurn seu cum superioribus et inferioribus suis qualiter superius legifur iu integrum ab hac die in eadem sancte aquiliensis ecclesie donamus et offerimus et per presen-tem cartulam offersionis ibidern abendum confirmamus faciendum, exirde patriarchi Wodalricus qui nune est uel qui pro tempore post eum in eodem patriarcatu ordinati fuerint et Deo seruierint ad eorum usum et sump-tum tam ipsi quamque successores eorum faciendum ex frugibus earum rerum uel censum quibus exinde annuc domirius dederit qui!quit uoluerint pro anime nostre r.o-strorumque parentum mercedis in super per cultellum festucam uuantonem et uuasonem terre atque ramum ar-boris et uestitura et nos exinde foris expeliinus nuar-piuiinus et absasno fecimus et ad eadem ecclesiam abendum reliquimus faciendurn exinde partes ipsius ecclesie uel cui partes ipsius ecclesie dederint iure proprietario nomine quidquid uoluerint sine omni nostra ed eredum ac proeredumque nostrorum contradictione uel repetitione. Si quis uero quod futurum esse non credimus sinos.ipsi iugales quod absimus aut ullus de heredibus hac prohe-redibus nostris seu quis libet homo oposita persona con-tra hanc cartam ofersionis ire quandoque tentauerimus aut eam per quoduis ingeniuin infrangere quesierimus tunc adinserviinus ad illiam partem uel contra quem e-xinde litem intulerirnus multa quod ex pena auri optimi unciis quinquaginta argenti ponderas centum et quod re-petieiimus auin.... eamus sed presens anc cartam ofersionis eternis temporibus finna et slabilis permaneat atque persistat inconuulsa cum siipulatione subnixa et ad nos qui supra ingales et nostris heredibus hac proheredibus supra seripta ofersio ab omni homine defensare que si def:-ndere non potuerimus aut si aput eandem ecclesiam ex nde aliquid per quoduis ingeniuin subtraiere quesieri-mus tunc in duplum eadem ofersionis ad predietam ecclesiam resliiuamus, sicut pro tempore fueritmelioratam aut ualuerint sub estimatione hominum ibidem aut in consimilis locis et predicta familia in consimiles duplas personas, et necnobis liceatullotemporenolle quod uoluemus sedquod a nobis semel faelum uel conscriptum est sub iusiurandum inuiolabiliter conseruare promittimus et bergamena cum hanc trementario destera leuauimus. me paginam sval oni. notaiius iudex tradidi et seribere rogani inqua etiam hic subter confirmaus testibus que optulit roborandam aetum in supra seriptam ciuilatem aquilegiam feliciter. Signum.... manuum supra scripti iugales qui hanc cartam ofersionis scribere rogauerunt et ipse Wodalriricus eum eadem iugale sue consensi ut sopra. Signum.... manuum Wolderici comitis et conradus auocatus et Henricus de Gorizia et Adeleita da Ortem-purg Poppo Rodulfi manus, Sebahardus, godolscalcus, baiuariorum rogati testes. Signum.... manuum cadulus, Cerardus, Johan-nes poppo Johannes isti sunt Histrienses testes. Signum.... manuum Adalgerus item Adalgerus to-rengus, isti sunt forulienses testes. .. o dei gratia potenensis episcopus mano sua sub-scripsits. Ego qui supra walti!o notarius et iudex scriptor huius cartula ofersionis post tradita compleui et sedi. La data di questo diploma e imperfetta, correndo 1'indizione del 1102, precisamente la X. Ilj patriarca Vodalrico a cui viene fatta la donazione viveva in que-sto tempo (1100 non nel 1002.) CATALOGO delle sacre reliquie trasferite dalla Basilica d' A-quileja alla Chiesa metropolitana di Gorizia 1'anno 1756. (Continuazione e fine, vedi N. antecedente.) 3. Le ossa del S. martire Fortunato, primo dia-cono aquilejese protettore della diocesi. 4. Le ossa dei Ss. Martiri Ilario episcopo e Ta-ciano arcidiac. aquil., protettori della citta di Gorizia. 5. Le ossa dei Ss. martiri Ermagora e Fortunato. 6. Le ossa della S. mart. Felicita, madre dei sette figliuoli martiri. 7. Le ossa dei Ss. martiri, Canzio, Canziano, e Canzianilla aquilejesi. 8. Le ossa del capo della S. martire Anastasia, matrona romana. 9. Le ossa di S. Agapito martire. 10. Le ossa di S. Gereone, e soci martiri. 11. Le ossa delle Ss. Eufemia, Dorotea, Tecla ed Erasma vergini e martiri aquilejesi. ,12. Le ossa di Sigismondo re di Borgogna, martire. 13. aquilej. 14. nigio. 15. 16. 17. 18. 19. 20. aauilej. 21. Lo ossa di S. Grisogano patrizio romano mart. Le ossa dei Ss. martiri Felice, L"rgo e Dio- Le ossa del S. martire Menna. La mascella di S. Orso'a vergine e martire. Le ossa ed il sangue del S. mart re Guirino. Le ossa di S. Marco papa e confessore. Le ossa di S. Grisanziano martire aquilejese. Terra inzuppata del sangue di molti martiri Le ossa di S. Pietro martire aquilejese. 22. Le ossa dei sette figliuoli di S. Felicita, c^e morirono per la fede. P. C. 8erie dei guardi1\i dei R.R. P.P. Cappuccini in Capo d'Istria, dali' anno deli' erezione del cenobio fino al presente 1850. Padre Marco da Capo d'Istria nel 1624 9 Ambrogio 9 Venezia 9 1626 9 Claudio 9 9 ..9 1627 9 Lucio 99 Udine 9 1628 9 Carlo JJ Vicenza 9 1630 9 Gregorio 9 Venezia 9 1632 9 Paolo 9 » 9 1633 * Giacinto 9 Verona 9 1635 9 Damazeno 9) Arzignano 9 1636 9) Giacinto 9 Venezia n 1637 9) Cipriano 9 Bassano » 1638 95 Epifanio 9 9 9 1639 19 Taolo 9 Venezia 9 164t 99 Giacomo 9 Chiozza 9 1642 5J Epifanio 9 Bassano 9 1643 99 Dionisio 9 Ciltadella 9 1645 99 Bor tolomio 9 Venezia 9 1647 99 Dionisio 9 C.ttadella 9 1648 9 Bernardo 9 Bergamo 9 1649 9 Paolo 91 Udine 9 1650 99 Dionisio 9 C.ttadlla 9 1652 9 Paolo 9 Udine 9 1655 9 Dionisio » CittadelJa 9 1657 9 Nicolo 9 Cornegliaao 9 1659 9 Bernardino 9 Bassano 9 1660 9 Bortolomeo 99 Venezia 9 1661 9 Claudio «9 Sacile 9 1662 9 Giov. Antonio 9 Pordenone 9 1663 n 9 Lodovico 9 Verona 9 1664 Girolamo 9 Gemona 9 1665 9 Marco 99 Ca^o d'Istria 9 1667 9 Bortolo 9 Venezia 9 1669 9 Arcangelo 9) C.vida!e 9 1670 » Marco 99 Agordo 9 1670 9 Faustino 9 Venezia 9 1672 9 Feliciano 9 Montona ✓ 99 1674 9 Antonio 9 Capo d'Istria 9 1677 99 Feliciano 99 Montona 9 1678 9 Antonio 9 Capo d' Istria 9 1681 9 Dionisio 9 Conegliano . 9 1683 9 Antonio 9 Capo d' Istria 9 1684 9 Bernardo 99 Belluno 9 1686 9 Antonio 9 Capodistria 9 1688 9 Andrea 9 Schio 9 1689 CContinua.)