IL REGISTRO DELLA CONFRATERNITA DEi PELLICCIAI DI UDINE. A cura di Federico Vicario. Biblioteca di Lingua e Letteratura friulana, 4. -Forum, Editrice Universitaria Udinese, Udine 2003; pp. 204. L'edizione, in una veste tecnicamente impeccabile, ha come scopo principale quello di presentare i1 registro di una importante confraternita udinese del tardo Medioevo, quella dei pellicciai. In questo ambiente climatico tale mestiere deve esse­re stato importante; e vedrei una prova nel fatto che viene menzionato, a parte gli be9ars -macelatores (es. 42), l'unico, negli Esercizi di versione dal volgare friulano in latino nel sec. XIV in una scuola notarile cividalese dove si legge: L'ager galt, qual e d'estat, Jas spargna lis pli9is, chosa ricrisint agl pili9as. Ager calidus, qualis est in estate, facit parsimonucare renones, re cuius tedet pelixarios, (es. 40). 11 curatore della pubbli­cazione del Registro, Federico Vicario, vanta gia una decina di pubblicazi.oni di testi analoghi e con l'attuale ha aggiunto un ulteriore testo prezioso per la nostra cono­scenza del friulano antico. 11 Registro el'elenco dei censuari, pero, oltre ad essere un documento della vita e dei rapporti sociali del Tre-e Quattrocento, offre un quadro linguistico del friulano in un'epoca in cui la letteratura vera e propria in friulano offre poco. 11 Registro medievale pubblicato occupa, comprese le esaurienti annotazioni e note, le pagine 37-171. Lo precedono le note introduttive, dove troviamo presentati i criteri dell'edizione. 11 Registro eseguito dallaAppendice con il Glossario, pp. 173-184, dall'Indice onomastico, pp. 185-194, e dall'lndice degli argomenti, 195-196; non fa meraviglia i1 fatto che la stragrande maggioranza di questi appartenga a fenomeni fonetici. Chiude l'opera una selezionata ma esauriente bibliografia, pp. 197-204. 11 Registro consiste in 46 carte, recto/verso; il testo eabbondantemente commenta­to nelle preziose note le quali, oltre ad una accurata traduzione italiana, offrono un ricco e dettagliato quadro linguistico ed extralinguistico, annotazioni storiche, so­prattutto. Non sorprende che le note riguardino per lo piu il vocabolario e la seman­tica dei vocaboli usati nel testo, compresi antroponimi e toponimi, oltre alla veste fonica che possiamo scoprire attraverso la grafia, benche a volte oscillante; ci sia per­messo di aggiungere in lode del curatore che non etrascurato nemmeno il la:to sin­tattico. Per quanto riguarda il verbo troviamo confermata l'esistenza del preterito semplice: una chiassa la quale el compera, carta 2r, la qual lasa la Gundulina, carta 2r, ecc. A volte si puo vedere nell'impiego della forma semplice l'influenza dell'uso della corrispondente formula notarile in latino: nella carta 6v si legge infatti Ego ... notarius ordinarius scripsi ... Et io Piero Po/lame /o copiai ... di mia man propria; un analogo influsso latino sara da vedere senz'altro nell'uso del preterito semplice in Nicolaufilg chufuo di / ... / Margaretta mogli chufuo di ... , carta lr. La formula latineg­giante si ripete in molti altri casi, non soloin questa frase fissa; troviamo i1 preteri­to semplice dello stesso verbo di essenza o esistenza in sta in borgo di Glemona in lis casis che forin di Fantus, c 42v. Per la pura morfologia del sostantivo si constata che 190 i1 plurale non esempre sigmatico e nel campo della morfosintassi einoltre sotto­lineata con molta cura la mancanza di accordo tra vari elementi, ad es. dinars xx li qualiforin lasat, c 30v. Altrove il mancato accordo riguarda l'erroneo uso del numero grammaticale: d-una part posset gl-arer di Dene/ rodar, c. 3v. II curatore segnala scru­polosamente queste dissonanze che non potrebbero essere attribuite solo a una trascurata grafia. Inoltre, i1 pronome atono non si aggiunge alla forma tonica del pronome o a un sostantivo i1 che euna caratteristica tipica del soggetto nel friulano di oggi. La ripresa pronominale equella arcinota in friulano e in romanzo in genera­le. Qualche cenno si trova per i1 pronome relativo e per la subordinata relativa. L'edi­tore giustamente corregge la troppo frettolosa opinione che l'impiego del pronome relativo espHcito il quale sia un latinismo, che si trova, ad. es., negli EsERCIZI, teste menzionati, di uso scolastico dei futuri notai alla scuola di Cividale. E' pero ovvio che la sintassi, vale a dire soprattutto la costruzione della frase, rimane povera, come del resto c'era da aspettarsi. Un'analisi analoga dei testi antichi veneziani di Alfredo Stussi dimostra la medesima tendenza a una disperata monotonia. Si tratta, insom­ma, di un registra. II fulcro di tutto l'enorme lavoro di Vicario, ovviamente, sta nell'aver raccolto una miniera di vocaboli che interessano il lessico e con questo anche la semantica. Da una parte abbiamo una ricca raccolta dei nomi di mestieri. Se gli iscritti della con­fraternita furono pili9ars/pilli9ars, c. 3r, i loro padri e i loro vicini erano di mestieri differenti. Cosi troviamo: caligier/caligar/cialar/chaliar, cortelar, fari, lauar, mulinar, sartor, scarpar, spadar, stringai, taschiar, temesar, ecc. Si merita un particolar cenno fornedor, non fosse che per la corrispondente forma femminile: fornedressa, c. 2r. II Glossario racchiude tutti i vocaboli presenti nel testo, anche quelli delle note alle singole carte, riordinati secondo la loro provenienza: vi si trovano oltre il friu­lano parecchie lingue che hanno arricchito il lessico del Registro e percio del friu­lano dell'epoca, magari solo con qualche elemento lessicale. E' da notare che alcune tra le lingue, e soprattutto quelle delle fasi antiche, come il germanico o l'antico alto tedesco appaiono soprattutto come elementi degli antroponimi, pili raramente dei toponimi. Non sorprendono alcuni toponimi del gallico, come Broyli, nell'antico fran­cese breuil, oppure Grevar, Nimis che, in qualche modo, si conservano ancora fino ad oggi in francese, cfr. greve, Nimes, e ugualmente il germ. kasto casto, c. 40r, frl. 'ciast' o la longobarda braida. Pili sorprendente ei1 termine longobardo fanthio che si con­serva in Domeni Chiandit Fant, c. 11v -Vicario ammette la possibilita di farlo deri­vare non dal lat. INFANTEm, bensi dal menzionato sostantivo longobardo. Ci attira in particolar modo l'apporto sloveno (Vicario scrive sempre corretta­mente "sloveno", non genericamente slavo). Tra i termini di provenienza slovena i1 pili vetusto esenz'altro i1 noto slavismo pustota; qui, edegno di nota, perche si trova in una frase in latino: duo alia /.../ sunt in pustota 'due altri possedimenti sono in­ 191 colti', c. 42v. La traduzione del curatore e sicuramente corretta, anzi, il termine sloveno, in origine senz'altro un sostantivo, forma con la preposizione una specie di avverbio, il che assicura che il vocabolo ediventato patrimonio della lingua riceven­te. Nel toponimo Loca in Gl-arer di Pieri da Locha 'gli eredi di Pietro di Lonca', c. 25r, einteressante constatare la denasalizzazione della vocale accentata: il toponimo, percio, sembra essere relativamente recente, vale a