179 Massimo Bontempelli (1878-1960) lettore di Stendhal e il pubblico della società di massa alle soglie della Terza epoca Dana Božič Astratto Nella prefazione all’edizione italiana del Rosso e il nero di Stendhal (1913), Massimo Bon- tempelli (1878-1960), il traduttore del romanzo, presenta alcune sue opinioni relative al necessario rinnovamento culturale e letterario che costituirà poi il suo Novecentismo, di- feso nella rivista letteraria “900” (1926-1927). Il presente articolo esplora come Bontem- pelli, attraverso le osservazioni sulla vita di Stendhal e la tragica esperienza di Julien Sorel, traccia un parallelo implicito con il proprio momento storico, considerando il ruolo dello spirito rivoluzionario delle avanguardie in tale rinnovamento. Tuttavia, implica anche che ciò debba essere controbilanciato dall’idea classica di arte e letteratura, dove la tradizione è vista come un’intima e profonda continuità tra manifestazioni di inaspettata novità. Anche se Bontempelli simpatizzerà in seguito con il Futurismo italiano, è proprio tale equilibrio che rende la sua proposta culturale e letteraria per la “Terza Epoca”, il Nove- centismo, unica nel panorama letterario italiano. Questo saggio considera i suoi scritti del 1913 nel contesto della società di massa emergente, e quindi gli aggiustamenti editoriali e linguistici che furono necessari per l’edizione, e li paragona contemporaneamente alle riflessioni bontempelliane fatte sul tema negli anni a seguire. Parole chiave: prefazione, novecentismo, avanguardie, Stendhal, pubblico di massa ACTA NEOPHILOLOGICA UDK: 82.09Bontempelli M.:821.133.1Stendhal DOI: 10.4312/an.54.1-2.179-196 Acta_Neophilologica_2021_FINAL.indd 179 6. 12. 2021 11:36:16 180 Dana Božič POSIZIONI SOCIO-LETTERARIE DI BONTEMPELLI ATTORNO AL 1913 Massimo Bontempelli, scrittore, giornalista, traduttore e collaboratore editoriale è conosciuto soprattutto per il suo impegno letterario negli anni Venti quando, at- traverso la rivista «900» (1926-27), lanciò la proposta per il rinnovamento e la spro- vincializzazione culturale chiamata “novecentismo”. In realtà, non fu una teoria né una scuola e neanche un movimento (Bontempelli 1938: 38), bensì una tendenza che alle soglie della Terza epoca1 auspicava delle trasformazioni sul piano estetico, socioculturale e filosofico (Farinelli, 2014 e 2016). Le tesi originali di Bontempelli traspaiono del resto già da interventi di critica letteraria scritti all’inizio della sua carriera ovvero dalle sue prime prefazioni a opere altrui e da alcuni dei suoi primi articoli critici,2 le tesi che negli anni Venti costituiranno la base della sua proposta di rinnovamento, e che miravano non solo al superamento di schemi rigidi (ormai superati) connessi all’attività letteraria, ma anche e soprattutto al superamento di lasciti di poetiche ottocentesche, come ad esempio il naturalismo, che impediva- no a suo giudizio la creatività nella scrittura. Inoltre il novecentismo auspicava il distanziamento dall’eccessivo soggettivismo che per tanto tempo aveva avvelenato le due dimensioni del Tempo e dello Spazio.3 Contemporaneamente egli punta- va il dito sulle avanguardie europee e in particolare sul futurismo italiano4 che sul piano teorico aveva lanciato delle proposte estremamente rilevanti per il rinnova- mento culturale dimostrando un atteggiamento dirompente verso la tradizione,5 1 Bontempelli divide la storia culturale occidentale in tre epoche principali: la prima si estende dalla nascita di Cristo fino all’avvento del cristianesimo e ad essa risale la creazione dei miti omerici e preomerici. Quell’epoca “manterrà sempre una simpatia accesa [in Bontempelli], per aver foggiato personaggi così semplificati e inconfondibili da diventare [...] dei veri e propri stereotipi metaboliz- zati e riutilizzati nel linguaggio comune” (Fabbri, 2008: 30). La seconda, chiamata romantica, inizia con il primo Settecento e si protrae nel primo Novecento; è vista infatti permanere nella cultura del decadentismo e finisce con la “rovente fiammata delle avanguardie primonovecentesche” (Fabbri, 2008: 31). La terza, all’insegna di un vero novecento, diventa l’obiettivo da difendere. Per Bontem- pelli movimenti come il cubismo e il futurismo rappresentano il periodo transitorio tra la seconda e la terza epoca (Bontempelli, 1938: 21). 2 Si pensi ad esempio all’articolo “Grande e piccola critica” (Bontempelli, 1908: 128-140) e all’Intro- duzione alla raccolta Il Poliziano. Il Magnifico. Lirici del Quattrocento (Bontempelli, 1910: I-V). 3 Cfr. Bontempelli, 1910: 2-3. In quell’articolo, dal titolo “Un nuovo e un antico” apparso sul Mar- zocco fiorentino, Bontempelli si oppone con tono polemico a un popolo di italiani pronti a imitare ogni nuova tendenza letteraria e ogni proposta di pensiero, specialmente se provenienti dal Nord, come quelle di Søren Kierkegaard, la cui opera viene vista (in modo del tutto parziale) come intrisa di un senso di malattia e di morbosità. 4 Sul Bontempelli futurista e sul suo allontanamento da tale movimento scrive Usher (2017); sul rapporto di Bontempelli verso il futurismo si veda anche Milanko (2018). 5 Si pensi, ad esempio, al discorso su padri e figli che accomuna Bontempelli a quello svolto da Mari- nelli nel primo manifesto futurista. Quell’atteggiamento di rottura non viene invece perseguito dal Acta_Neophilologica_2021_FINAL.indd 180 6. 12. 2021 11:36:16 181Massimo Bontempelli (1878-1960) ma che a livello estetico aveva deluso, così come avevano deluso altre avanguardie (Bontempelli 1938: 38). Bontempelli riconosceva l’impegno di tali movimenti nel processo di superamento di una cultura sentita come epigona, cosa che a un cer- to punto lo portò ad avvicinarsi al futurismo italiano, e però le avanguardie non aprivano a suo giudizio una nuova epoca, bensì semplicemente chiudevano quella che stava alle spalle (Bontempelli, 1938: 355).6 Una delle principali ragioni era la loro incapacità di parlare al nuovo pubblico di massa e di conquistarlo. Curiosa- mente, il ‘novecentismo’, pur essendo una tendenza con tratti d’avanguardia (Fa- rinelli, 2014: 85-86), poneva la comunicazione con l’emergente pubblico di massa al primo posto (Bontempelli, 1938: 75-76). Quel nuovo tipo di rapporto era stato reso possibile attraverso i nuovi mezzi di comunicazione, i mass media, come ad esempio il giornale, alla cui terza pagina (al feuilleton) andava in particolare affida- to il compito di proporre testi orientati al rinnovamento letterario e culturale7. Il nuovo pubblico, a differenza da quello borghese ottocentesco la cui vita quotidiana era regolata “a ritmo funerario” (Bontempelli 1938: 148), voleva essere soprattut- to divertito. L’abisso tra i due secoli e le due mentalità, abisso causato anche dalla crescita esponenziale dei nuovi mezzi di produzione e dall’espansione delle città, è avvertito dallo stesso autore nell’articolo “Quel che bolle in péntola”:8 Quando la sensibilità d’una generazione avverte decaduti [certi mezzi], ogni ostinazione nel tenerli in uso è inutile e delittuosa. Bisogna trovare, o meg- lio, «lasciar nascere», i nuovi mezzi per interessare e divertire (commuovere) i contemporanei. (Perché è inteso che si scrive per i contemporanei, quella dei posteri è una favola messa in giro dagli impotenti.9 movimento di Margherita Sarfatti con il suo ritorno all ’ordine (Barilli, 2008: 8): “[...] la Sarfatti non fu altrettanto pronta ad ammettere e a proclamare [la assoluta rottura con le correnti passatiste, come ad esempio il naturalismo o l’impressionismo, tipici della Seconda epoca], risultando così esposta al rischio di reintrodurre nel suo Novecento molte scorie del vecchio sensibilismo otto- centesco [...].” Bontempelli, dall’altra parte, non “ammetteva concessioni” (Barilli, 2008: 8-9). 6 Cfr. anche Bontempelli, 1938: 277-278. 7 Cfr. Falqui, 1964. Non sorprende perciò che Bontempelli sceglie di pubblicare i romanzi La vita intensa (1920) e La vita operosa (1920) come romanzi a puntate: il primo sul supplemento «Ardita» della «Gazzetta del Popolo» nel 1919, e il secondo sulle pagine del settimanale «Industrie Italiane Illustrate» nel 1920. 8 L’articolo è privo di data e del nome del quotidiano; è reperibile presso il Fondo Falqui alla Bib- lioteca Nazionale di Roma e finora non è stato considerato dalla critica; la sua trattazione, qui, presenta una novità nel campo degli studi bontempelliani. 9 Curiosamente, solo un anno più tardi della stesura della prefazione che esamineremo, intitolata Stend- hal, appare su «La Nazione» l’articolo “Per i poveri letterati” (Bontempelli, 1914), che prenderà suc- cessivamente, ne L’Avventura novecentista del 1938, il titolo “Prefazione scritta ventiquattro anni fa” (Bontempelli, 1938: 9-13) e avrà in quel contesto la funzione di articolo di apertura. Bontempelli vi lancia l’appello metaforico ai suoi contemporanei a “chiudere bottega” perché incapaci di adottare nuove strategie letterarie per affrontare il nuovo pubblico. I contemporanei sono da lui accusati di Acta_Neophilologica_2021_FINAL.indd 181 6. 12. 2021 11:36:16 182 Dana Božič La consapevolezza dell’importanza di un rapporto del mercato librario col pubblico e altre posizioni bontempelliane sulla letteratura che sarebbero poi confluite nel no- vecentismo avrebbero portato Bontempelli a un proficuo sodalizio con l’editore Um- berto Notari, e proprio a partire da quel lavoro prefatorio.10 L’imprenditore milanese non solo avrebbe rappresentato per lui una sicura fonte di guadagno, ma la nascente visione bontempelliana sul rinnovamento culturale si sarebbe sposata perfettamen- te con quella di Notari: i due condividevano infatti comuni prospettive nell’ambito editoriale e letterario.11 Bontempelli si accorge presto del ruolo dell’editore, che è ap- punto una figura da tramite tra scrittore e lettore: il compito principale dell’editore e dei suoi collaboratori sarebbe stato creare lo spazio “nel quale avviene l’incontro tra i testi degli scrittori e le esperienze dei singoli lettori” (Cadioli, 2012: 32). Si presu- me che la prefazione fosse intesa appunto come un intervento di collegamento e che Bontempelli cercasse di promuovere, in quello spazio di incontro, non solo il capola- voro stendhaliano in una maniera popolare ma anche la propria visione sul rinnova- mento letterario e culturale. Inoltre, in un articolo del 1929 intitolato “Per esagerare”, Bontempelli noterà che “la libreria è la finestrella tonda dalla quale lo scrittore può spiare il suo pubblico” (Bontempelli, 1938: 74). Da questo pensiero poi traspare non solo la consapevolezza di quello spazio d’incontro, ma anche la percezione della re- altà economica e cioè che il successo di uno scrittore è misurabile con il criterio delle vendite del suo prodotto ovvero con il grado di favore dei suoi lettori.12 scrivere per la propria cerchia e non per il pubblico, di gettarsi “carponi a raccattar gli avanzi delle cene francesi o dei banchetti nordici” (Bontempelli, 1938: 10). ma soprattutto di negare al pubblico di let- tori “il [...] sacrosanto diritto” (Bontempelli, 1938:10) a essere divertiti, interessati e scossi. Perciò non sorprende che questi continuino a rivolgersi alle “opere dei vecchi […]; vi trovava[no] più umanità e novità e modernità che nei vostri vient de paraître [...]” (Bontempelli, 1938: 10). 10 Bouchard (2005: 392) considera il periodo tra il 1913 e il 1917 la “fase più intensa” delle loro col- laborazioni. 11 Durante la nostra indagine sono emersi degli articoli di Bontempelli degli anni Venti e Trenta dai quali traspare la sua stima per Notari non solo per le capacità di questo ultimo nel campo edito- riale ma anche per le sue posizioni in ambito letterario: Bontempelli recensisce i suoi quattordici saggi come un’importante opera di orientamento novecentista che svolge funzione mitopoietica. L’articolo, dal titolo “Umberto Notari”, apparso sulla «Gazzetta del Popolo», è reperibile presso la Biblioteca Nazionale di Roma ed è privo di data. 12 Ne scrive lo stesso Bontempelli nell’articolo “La crisi degli scrittori” (13 ottobre 1938, «Gazzetta del Popolo»), non ancora considerato dalla critica. Lo scrittore constatava in prima persona quanto fosse difficile vivere del proprio lavoro. La precarietà economica continuò ad affliggere lo scrittore comasco dagli anni dell’insegnamento ad Ancona fino a tutti gli anni Venti e si protrasse oltre la sua nomina ad Accademico d’Italia nel 1930. Ciò traspare dal carteggio Bontempelli-Della Per- gola, conservato presso il Fondo Bontempelli-Della Pergola alla Biblioteca Comunale di Como, e dal carteggio Bontempelli-Arnoldo Mondadori, conservato presso la Fondazione Mondadori. È altrettanto rivelatorio della problematica anche il carteggio Bontempelli-Paola Masino reperibile presso il Getty Research Institute di Los Angeles (Cfr. Manetti, 2013). Si veda anche Cigliana (2005), Bouchard (2005) e Božič (2019). Acta_Neophilologica_2021_FINAL.indd 182 6. 12. 2021 11:36:17 183Massimo Bontempelli (1878-1960) Tutto ciò ci porta alla prefazione in questione che accompagnava la pubblica- zione in versione italiana del romanzo stendhaliano Il rosso e il nero, del 1913, la quale nell’ottica orientata a un pubblico di massa aveva come attendibile un taglio “necessariamente divulgativo” (Bouchard, 2012). Entra in quella logica anche lo scarno titolo presceltovi: Stendhal. Nonostante la formula suggerisca solo un profi- lo biografico dello scrittore francese, Bontempelli “riesce a delinearvi in nuce molti elementi di una poetica che, oltre ad essere riferibile a Stendhal, anticipa quella da lui attuata sia nei romanzi della maturità (in special modo Vita e morte di Adria e dei suoi figli) sia nel progressivo processo di costruzione di un ciclo autobiografico coerente che, intorno a Mia vita morte e miracoli, trova la sua definitiva imposta- zione con il riassetto della propria opera nell’ambito della collana dei «Racconti di Massimo Bontempelli», da lui avviata presso Mondadori tra il 1938 e il 1943” (Bouchard, 2012). Nella nostra analisi andremo a cercare proprio quegli elementi, in particolare: la lungimiranza bontempelliana nel riconoscimento della ricezione di un’opera letteraria, il ruolo dell’immaginazione e della riflessione, e l’importan- za dell’ispirazione nel processo della scrittura, per nominarne alcuni. E non solo: mostreremo che la posizione antiaccademica e anticanonica di Bontempelli e allo stesso tempo la consapevolezza del ruolo della società di massa nella ricezione delle opere letterarie lo avrebbero portato intenzionalmente a scegliere per i testi prefatori una scrittura anti-filologica, paragonabile a quella giornalistica - sinte- tica, coinvolgente e comprensibile, privilegiando la schiettezza e la naturalezza.13 Per una tale scrittura è caratteristica una struttura sintattica basata sulla paratassi, vicina al parlato e orientata a esprimere immediatezza - tutto ciò a un unico scopo: non perdere l’attenzione e l’interesse di chi legge.14 Per la nostra analisi sarà necessario considerare gli studi svolti finora nel cam- po di tale poetica, come ad esempio quelli di Bouchard, Cigliana, Farinelli e di alcuni altri. Attingendo alla teoria di Genette, disegneremo alcune caratteristiche principali del peritesto in questione, mentre sarà essenziale aggiungere l’apporto di alcuni studiosi, come Spinazzola e Cadioli, esperti di questioni socio-letterarie, e in particolare di dinamiche editoriali di pubblico di massa.15 13 Piscopo (2001: 73) nota, che un tale stile emerge a partire dagli anni fiorentini (dal 1910 in poi): Bontempelli, lasciato il lavoro da supplente e immerso nella libertà intellettuale come giornalista e scrittore nel capoluogo toscano, sembra abbandonare la “sintagmaticità costruita su innervature e diramazioni di subordinate, a favore di una paratassi agile, svelta, prossima al parlato.” 14 Le osservazioni sulle posizioni critiche e socio-letterarie di Bontempelli, e sulle avanguardie, il novecentismo sono servite non solo ad illuminare il contesto in cui nacque la prefazione Stendhal, oggetto della nostra analisi, ma anche a dimostrare alcune scoperte pertinenti all’argomento affron- tato che abbiamo fatto nel corso della ricerca dottorale e che eventualmente apriranno delle nuove prospettive sull’attività bontempelliana sia letteraria che critica e pubblicistica. 15 L’argomento principale della ricerca dottorale in corso verte sul novecentismo bontempelliano e più specificamente sul rapporto di Bontempelli con il nuovo pubblico di massa, così come emerge Acta_Neophilologica_2021_FINAL.indd 183 6. 12. 2021 11:36:17 184 Dana Božič LA PREFAZIONE STENDHAL COME SPAZIO DI INCONTRO FRA CRITICO E LETTORE L’edizione italiana de Il rosso e il nero (1913), tradotta e curata da Bontempelli, appartiene alla prima serie della collana «Gli immortali e altri massimi scrittori» diretta e curata da Luigi Luzzatti e Ferdinando Martini. Bontempelli per la prima volta non è solo il prefatore16 ma anche il traduttore del romanzo.17 Nonostan- te ciò, nella prefazione non vi sono incluse osservazioni sulla traduzione stessa,18 perciò, se seguiamo la terminologia di Gérard Genette (1989: 260), si tratta di una prefazione allografa ulteriore. Si potrebbe dire che entra tra le prefazioni di media lunghezza (quasi sei pagine di testo) rispetto alle altre svolte da Bontem- pelli nell’arco della sua vita.19 In termini di ricezione una tale lunghezza, assieme alla impostazione discorsiva e al registro espressivo prescelti avrebbero facilitato la comprensione del testo al lettore. Una prima lettura rivela una forte messa in rilievo, da parte di Bontempelli, del legame tra Henri Beyle - Stendhal e Julien Sorel, il protagonista del romanzo, il che sarebbe dovuto anche al fatto che Il rosso e il nero, come sostiene nella parte introduttiva Bontempelli, sia “una specie di au- tobiografia (Bontempelli, 1913: 11). Il titolo implicherebbe, metaforicamente, una serie di opposizioni che segnarono la vita di Stendhal, “entusiasmo e ipocrisia, l’e- roico e il subdolo, Napoleone e i Gesuiti [...]” (Bontempelli, 1913: 11), e allo stesso tempo l’esperienza di una generazione, quella stendhaliana, tesa tra due momenti storici: il romanticismo e il classicismo. Con quelle osservazioni sul titolo, Bon- tempelli anticipa al lettore i nodi principali su cui si soffermerà, svelando la sua strategia di creare curiosità e facilitare al contempo la comprensione del discorso. Dato l’ampio respiro dell’edizione, la parte principale delle pagine prefatorie presenta un ritratto biografico di Stendhal, ovvero Henri Beyle, come promesso in articoli apparsi sui quotidiani, a partire dal 1908, e nelle prefazioni stilate da questo scrittore a partire dal 1910 per varie case editrici. Per alcuni dati si sono dimostrati preziosi anche i carteggi tra i soggetti coinvolti, ad esempio tra Bontempelli e sua moglie Meletta, oppure tra Bontempelli e Arnoldo Mondadori. 16 Bontempelli fino al 1913 aveva scritto la prefazione a Il Poliziano. Il Magnifico. Lirici del Quattro- cento (Bontempelli, 1910: I-VI.) e la prefazione al dramma Fiorenza mia! Dramma in Quattro atti (Yambo, 1911: 5-6). Sono inoltre del 1913 le prefazioni ai Canti carnascialeschi (Bontempelli, 1913: 9-20) e alle Prose di fede e di vita nel primo tempo dell ’umanesimo (Bontempelli: 1913: I-VIII.). 17 Del suo lavoro da traduttore si è finora occupato François Bouchard (2005 e 2012). 18 Come succede ad esempio nella prefazione di Felice Martini all’Asino d’oro (Apuleio, 1927: IX- XVI.), che confronteremo in altra sede con quella di Bontempelli, tale scritto accompagna un volume delle Trasformazioni apuleiane uscito un anno più tardi (Apuleio, 1928: 17-22). 19 Le più lunghe prefazioni bontempelliane hanno una lunghezza di circa venticinque pagine. La prima risale al 1910, mentre si presume che le ultime, a restare alla ricerca bibliografica finora svolta, sarebbero del 1947. Acta_Neophilologica_2021_FINAL.indd 184 6. 12. 2021 11:36:17 185Massimo Bontempelli (1878-1960) dal titolo del testo. La presentazione però, a parte offrire al lettore una cronolo- gia essenziale della vita dello scrittore, tenta soprattutto di delineare il carattere di Henri, e a ciò che lo avrebbe motivato. La sua figura emerge da una dinamica familiare piuttosto complessa ed è quella di un uomo continuamente spinto ad al- lontanarsi dalla società in cui viveva, a differenza di un altro scrittore su cui si era soffermato da poco Bontempelli, vale a dire Lorenzo il Magnifico,20 il cui carat- tere si fondeva invece perfettamente con quello dell’epoca in un continuo Carpe diem per la coscienza del tempus fugit, ragion per cui il Magnifico era “insieme una espressione e una causa del suo tempo” (Bontempelli, 1913: 14).21 Per dipingere il quadro familiare di Henri e per descrivere le figure della real- tà stendhaliana egli si serve di alcune strategie sintattiche e lessicali. In realtà, si tratta di un tentativo di trasmettere allo stesso tempo anche lo stato d’animo di Stendhal: dopo la morte prematura della madre, il giovanotto rimane solo con il padre, “magistrato di provincia, subdolo, arido, chiuso […]” e con una zia materna, “ipocrita, dispotica, collerica” (Bontempelli, 1913: 11). Henri quindi sviluppa un disprezzo profondo per la famiglia e il prefatore ce lo dimostra con una costruzio- ne della frase in cui vengono elencati molti aggettivi. Lo stesso procedimento giu- stappositivo vale per la rappresentazione della città natale, Grenoble: il presunto sentimento stendhaliano nei confronti di quell’ambiente è trasmesso attraverso un elenco asindetico di aggettivi che si incalzano a ritmo veloce: “quasi tutto il paese, erano quanto poteva esservi di provinciale, di borghese, di comune: bigotti, ava- ri, retrogradi, senz’amore, senza simpatia” (Bontempelli, 1913: 11). Ne segue che il risentimento accumulato del giovane Henri si andrà calmando nell’inevitabile isolamento che per lui rappresenterà una condizione di tranquillità: [n]ell’isolamento aspro cui si trovava costretto, l’indole e la consuetudine del pensiero si svolsero solamente in intensità, ritraendosi dalle sensazioni del mondo esteriore sempre più esclusivamente verso l’interno, verso l’anima, verso i menomi movimenti del meccanismo dell’anima (Bontempelli, 1913: 12). La descrizione bontempelliana insiste sulla concentrazione interiore trovata dallo scrittore nella serenità della solitudine; il passo si oppone al quadro dell’ambiente 20 La prefazione ai Canti carnascialeschi risale allo stesso anno; in essa Bontempelli presenta il si- gnore fiorentino in perfetta fusione con la sua epoca, il Quattrocento fiorentino. (Bontempelli, 1913: 9-20). 21 Se nel caso del Magnifico la forza creatrice emerge proprio dall’immersione del signore fiorentino nelle dinamiche della sua epoca, dal contatto diretto con le feste popolaresche per le vie di Firenze, l’ispirazione stendhaliana proviene dal rifiuto della società, da una condizione di isolamento e dalla riflessione. Bontempelli vede in Stendhal un emarginato che respinge la rigidità e la prevedibilità del costume borghese, aspetti da lui presi di mira molto esplicitamente in articoli successivi degli anni Venti e Trenta (Bontempelli, 1938: 148). Acta_Neophilologica_2021_FINAL.indd 185 6. 12. 2021 11:36:17 186 Dana Božič soffocante da cui questi fuggiva, presentato poco sopra con altrettanta intensità. È significativo, nel passo citato, il dominante suono nasale “m” (MenoMi Movi- Menti del MeccanisMo dell’aniMa) che sottolinea forse la componente intima raggiunta in una situazione di isolamento. Bontempelli qui interviene da narratore con una prosa incisiva e immagini vivaci, e fa dello scrittore di cui parla una sorta di personaggio calato nelle avventure della vita. Alcuni indizi di fiction sarebbero anche il discorso libero e i verba sentiendi come se l’autore cercasse di entrare nel- la testa del personaggio, narrativizzando la prefazione che tradizionalmente ha in primis funzione informativa. Presumiamo che siano delle scelte stilistiche orienta- te ad attrarre l’attenzione di lettori non specializzati e rispondenti allo stesso tem- po anche a posizioni poetologiche. Ricordiamo che anni dopo, in un articolo del 1931 riportato ne L’avventura novecentista, Bontempelli avrebbe formulato chia- ramente la sua posizione in favore di una letterarizzazione del biografico. È di moda parlare male delle biografie romanzate. Esse hanno questo di buono: che tendono a presentare l’uomo come «personaggio», cioè piuttosto nella sua leggenda che non nella sua biografia anagrafica. Sono l’ultima liquidazione del- la mania erudita che soffocava la nostra prima giovinezza; per la quale la fun- zione suprema degli studi storici era l’«accertamento delle date» (Bontempelli, 1938: 254). Tornando alla prefazione in questione, nei paragrafi successivi, in cui Bontempelli esplora le motivazioni della fuga di Stendhal a Parigi22 e le dinamiche sociali in- contratevi, cominciano a trasparire più esplicitamente dei tratti della futura poe- tica novecentista, in particolare l’apprezzamento dell’avventura come generatore narrativo che emerge dai casi della vita. Non è la fuga nella metropoli che fa tra- boccare in Stendhal “il suo desiderio d’opera e d’entusiasmo” (Bontempelli, 1913: 12), bensì il fatto che un anno dopo segua Napoleone in Italia. I combattimenti che Henri vive profondamente ed eroicamente, suscitano il manifestarsi dell’uo- mo “d’azione ch’era in lui [...] d’un tratto” (Bontempelli, 1913: 12). Quella fase fu per lui “un periodo libero ed eroico: amò, viaggiò, combatté [...] Non pensa- va a scrivere. Amava la lotta e il pericolo: adorava le donne e Napoleone” (Bon- tempelli, 1913: 12). Si potrebbe parlare di un percorso liberatorio da un oppri- mente ambiente borghese ottocentesco verso un mondo mentalmente più aperto. Come nota Bouchard (2005: 397), questo periodo d’azione di Stendhal in Italia presenta alcune curiosità ed è significativo perché suggerisce delle somiglianze 22 Come osserva Zweig, nonostante Stendhal lasci la nativa Grenoble e suo padre “tenace calcolatore, freddo”, quest’ultimo “resta in vita per altri cinquant’anni sotto la pelle di Arrigo Beyle e continua a vagargli come un fantasma nel sangue; per cinquant’anni gli avi delle sue due anime, i Beyle e i Gagnon, lo spirito pratico e quello romantico, si battono di continuo in lui senza che l’uno possa mai completamente aver ragione dell’altro.” (Zweig, 2015: 42). Acta_Neophilologica_2021_FINAL.indd 186 6. 12. 2021 11:36:17 187Massimo Bontempelli (1878-1960) con il Massimo, protagonista de La vita operosa, del 1921, dedicandosi esclusi- vamente all’azione, ma allo stesso tempo il periodo risulta “sterile” (2005: 397). Analogamente il Massimo del futuro romanzo bontempelliano, dopo aver capito che nonostante una vita operosa, d’azione, nella Milano del primo Novecento, gli mancavano la riflessione, la scrittura e esercizio intellettuale, pensa a una carriera tranquilla da scrittore (Bouchard, 2005: 397).23 La vita operosa di Stendhal, gli anni italiani di “sfrenata socievolezza” (Bou- chard, 2005: 397) possono essere sintetizzati, secondo Bontempelli, con l’asindeto “amò, viaggiò, combatté” (Bontempelli, 1913: 12), il quale è in realtà stendhalia- no. Nel suo testamento Stendhal vorrà che sulla sua pietra tombale venga scolpito «Arrigo Beyle - milanese - visse, scrisse, amò», il che indicherebbe una particolare valutazione del verbo vivere, che appare collocato prima del verbo scrivere. Nono- stante Stendhal sia conosciuto soprattutto come romanziere, egli rifiutava di pas- sare in primo luogo per tale: “[...] mio Dio, quanto si sarebbe indignato dell’indi- pendenza a vedersi considerare come uno del clan dei poeti” (Zweig, 2005: 55).24 Bontempelli a questo punto sembra voler rendere giustizia al desiderio dell’autore francese: nella prefazione viene adoperato il nome italianizzato di Henri, Arrigo, ma soprattutto amò, viaggiò, combatté implica che per Bontempelli Stendhal è in primis un uomo di azione e che la scrittura è di secondaria importanza. Quel romanzo di Stendhal, come dice Bontempelli, “è un quadro di tempo” (Bontempelli, 1913: 12); narra di una costante tensione tra “la monarchia e l’ari- stocrazia, la borghesia e il clero, il popolo e i politicanti, la provincia e la campagna e la capitale di Francia” (Bontempelli, 1913: 12). Dal punto di vista sociologico e storico si tratta di un momento importante per una società come quella francese. Il sociologo Alvin Gouldner (1975: 328) osserva che nel periodo in cui era gio- vane Stendhal, i romantici vivevano in un mondo crepuscolare di transizione, tra un presente insoddisfacente e un passato impraticabile, tra la decadente tradizione feudale e l’emergente riforma borghese. Vivere in un mondo in cui le mappe so- ciali convenzionali avevano perso la loro efficacia, ma in cui non ne erano ancora state formulate di nuove accettabili, significava per gli intellettuali rivolgersi al sé individuale come indicatore di orientamenti piuttosto che alle regole tradiziona- li. Napoleone, come abbiamo osservato, per i giovani come Henri rappresenta la forza ispiratrice che avrebbe formato le basi per un nuovo inizio, un momento di transizione. Infatti, emerge che per Bontempelli il disorientamento vissuto dal- la generazione di Stendhal era paragonabile a quello provato dagli intellettuali 23 Cfr. anche: Bontempelli, 1921: 192. 24 Questa ultima volontà di Stendhal prima della morte sarà però volutamente deformata dall’es- ecutore testamentario, come osserva Stefan Zweig, perché verrà fatto scolpire sulla tomba dello scrittore l’asindeto con gli stessi verbi, ma in un ordine diverso da quello voluto da Stendhal, privi- legiando cioè il verbo scrivere. Sulla pietra verrà inciso: “«Scrisse, amò, visse»” (2005: 55) Acta_Neophilologica_2021_FINAL.indd 187 6. 12. 2021 11:36:17 188 Dana Božič d’inizio Novecento durante il periodo delle avanguardie. Entrambe quelle gene- razioni hanno un ruolo fondamentale, e cioè di rendere possibile l’inizio di una nuova epoca, ma non di parteciparvi sempre come protagonisti. Ciò trasparirà an- che dagli articoli programmatici alla rivista “900” nel 1926: “La nostra generazio- ne, […] ha il còmpito imponente di aprire le porte alla Terza Epoca dell’umanità occidentale [...]” (Bontempelli, 1938: 23). In questo senso, le avanguardie e le loro energie giovanili sono importanti affinché nella nuova epoca possano nascere e fiorire tendenze come il ‘novecentismo’. Uno strumento potente per compiere quell’operazione, ma anche per confron- tarsi con il futuro, è l’immaginazione. Proprio grazie a una “sfrenata immagina- zione” (Bontempelli, 1913: 14), il personaggio di Julien riuscirà a scoprirsi nel fondo più primitivo nel suo animo: benché la sua vita nel romanzo proceda in un modo ben calcolato, grazie alla componente “cerebrale” (Bontempelli, 1913: 14), nella sua anima c’è “la passione, c’è la tendenza all’impeto, all’illogico” (Bontem- pelli, 1913: 14), una sua parte d’“inconsapevole” che egli non è riuscito a elimina- re (Bontempelli, 1913: 15).25 Tutta quell’energia per Bontempelli rappresenta un pregio e una necessità, nonostante essa porti il giovane Julien all’omicidio. E an- che se quest’ultimo atto è valutato come “luce d’eroismo” (Bontempelli, 1913: 15), ciò non significa che l’autore promuova l’atto violento; vuole sottolineare solo che esso segna la celebrazione del non-conformismo e lo scoppio delle energie gio- vanili e dello spirito primitivo. Nel caso di Julien, così come nel caso dei giovani sofferenti dell’ordine borghese all’inizio del Novecento, quelle energie che erano state soppresse per tanto tempo rappresentano ora la condizione necessaria per un rinnovamento. La simpatia di Bontempelli per quel personaggio dallo spirito irrequieto è ben comprensibile per l’atteggiamento dirompente che egli stesso aveva verso codici letterari e culturali irrigiditi, cosa che lo avrebbe avvicinato ai futuristi e alle avan- guardie. Allo stesso tempo però bisogna sottolineare che quella somiglianza con 25 A quel punto, la “complicatissima anima” (Bontempelli, 1913: 13) di Sorel, risultato delle tensioni del tempo, potrebbe essere paragonata alla figura di Leopardi, così come viene presentata nel saggio bontempelliano Leopardi l ’«uomo solo» del 1938 (Bontempelli, 1943: 31-69). Entrambe sono spinte dall’immaginazione “sempre sveglia, che precede ogni menomo atto, e frattanto si complica con la minutissima analisi del sentimento che esso atto prepara: immaginazione pur di natura cere- brale” (Bontempelli, 1913: 13). Quello che però distingue fondamentalmente le due personalità è la solitudine e come essa viene vissuta. La solitudine di Leopardi è caratterizzata dal tentativo di comprendere lo stato dell’uomo nel cosmo che lo porta al superamento della misantropia (Bontem- pelli, 1943: 59). A quel punto la “delusione [...] non è cupa né irosa [...] È una delusione limpida. Qui la passione s’è fatta tristezza anzi dolcezza [...] qui la ragione [...] è diventata immateriale [...]” (Bontempelli, 1943: 59-60). Invece, la solitudine di Julien (e di Henri) è alimentata dall’odio e dalla delusione sia per il padre sia per la società che lo rappresenta. Bontempelli nota che “Giuliano è un condannato al perpetuo isolamento, è un diverso” (Bontempelli, 1913: 14) a causa dell’ambiente sociale in cui si trova e che gli si presenta come un’armata nemica per la quale sente fastidio. Acta_Neophilologica_2021_FINAL.indd 188 6. 12. 2021 11:36:17 189Massimo Bontempelli (1878-1960) le attitudini delle avanguardie è solo apparente: il nostro prefatore mostra in realtà un approccio bilanciato: non rifiuta la tradizione, ma la intende in termini origi- nali come “continuità intima, profonda, tra manifestazioni di inaspettata novità” (Bontempelli, 1938: 34). In quel senso, i classici rappresentano allora “i valori del sovratemporale, sovraspaziale, sovraindividuale” (Farinelli, 2012: 24). Julien Sorel è secondo Bontempelli è l’espressione perfetta della fusione di una intensità di spirito e di intelletto (Bontempelli, 1913: 14). Ha un’anima compli- cata che è: […] un miscuglio di sincerità e d’ipocrisia, di logica e di fantasia, di studio e d’abbandono; un meccanismo complesso, per cui non sentiamo simpatia quasi mai, ma che seguiamo con un interesse intenso e vigile del suo giuoco imman- cabile (Bontempelli, 1913: 14). Il passo è rivelatorio del modo in cui Bontempelli cerca di coinvolgere i lettori attraverso l’uso di verbi nella prima persona plurale. La sua presentazione conti- nua attraverso una struttura sintattica basata sulla paratassi: le frasi sono separa- te da due punti, dal punto e virgola, dal trattino o dalle congiunzioni (e, ma), in cui la congiunzione ma appare anche a inizio frase. Ciò sarebbe indicativo di un approccio più informale al linguaggio, orientato appunto verso un pubblico più ampio, come quello che legge i quotidiani. La paratassi emerge come modalità di- scorsiva che permette di velocizzare la narrazione, segnalando al lettore i fatti più importanti del personaggio principale. La narrazione guadagna un ritmo ancora più incalzante quando il discorso si avvicina a trattare dell’omicidio e dello stato d’animo in cui Julien poteva trovarsi in quell’istante. I periodi diventano sempre più brevi, le scelte lessicali sono pertinenti all’azione e sono paragonabili a quelle che troveremmo in un romanzo poliziesco (Bontempelli, 1913: 15). Inoltre appare di nuovo l’asindeto, “più assurdo, più inutile, più illogico” (Bontempelli, 1913: 15), strategia che trasmette l’intensità di quanto accaduto. Raggiunto il punto più alto di tensione, Bontempelli rallenta la narrazione con un discorso dal ritmo meno in- calzante e una descrizione dallo sguardo più distanziato (Bontempelli, 1913: 15). Nella parte conclusiva della prefazione, in cui Bontempelli brevemente men- ziona il romanzo La certosa di Parma, da lui considerato superiore a tutte le altre opere di Stendhal, egli implicitamente apre un’altra questione che gli stava a cuore e che ritornerà spesso nei suoi scritti in difesa del novecentismo, come osservere- mo tra poco. Il romanzo di Stendhal, Il rosso e il nero, “al primo uscire (1831) passò quasi inosservato” (Bontempelli, 1913: 15), e solo cinquant’anni dopo guadagnò la stima e il riconoscimento sia dei lettori che dei critici. Il problema della ricezione di un’opera letteraria rappresenterà una costante nel pensiero bontempelliano: nel- la prefazione al primo dei dieci romanzi de La Vita intensa del 1919, l’io narrante Acta_Neophilologica_2021_FINAL.indd 189 6. 12. 2021 11:36:18 190 Dana Božič annuncerà di scrivere il romanzo “per i posteri” (Bontempelli, 2009: 7), il che im- plica che i lettori non siano capaci di capire l’arte del proprio tempo.26 Bontempelli segnalerà inoltre che l’artista stesso è spesso cattivo giudice del proprio lavoro. Così nel 1930, nell’articolo “Passaggio all’architettura”, affermerà che “ogni artista (salvo casi rari, di chi sappia sdoppiar bene in sé l’artista dal cri- tico) sarà cattivo giudice di valori dell’arte che è la sua, perché tenderà a stabilire una scala di valori partendo dal preconcetto e dal gusto invincibile del proprio me- stiere” (Bontempelli, 1938: 93). Non è però questo il caso di Stendhal: lo scrittore francese appartiene infatti a quel gruppo di artisti che ebbero la consapevolezza di non poter venire apprezzati subito perché nel 1830 “ebbe a scrivere una lette- ra a Balzac [a proposito del trattato Dell’amore] in cui sosteneva: «Penso che non sarò letto avanti al 1880.» Profezia non riuscì mai più miracolosamente esatta di questa.” (Bontempelli, 1913: 16). Anticipando così un’altra posizione del novecen- tismo, e cioè che un’opera riuscita supera il proprio tempo e che spesso non viene nemmeno compresa dai contemporanei, Bontempelli chiude così la prefazione al romanzo Il rosso e il nero. LE LETTURE STENDHALIANE NEGLI ANNI VENTI, TRENTA E QUARANTA Per appoggiare la pertinenza delle tesi difese in questo articolo, va notato come Bontempelli intervenne su Stendhal altre volte nel proprio percorso di critico e traduttore. Mentre l’edizione del 1917 dell’opera stendhaliana Dell ’amore, tradot- ta da Bontempelli, è priva di una nota introduttiva,27 sono invece rivelatori delle sue posizioni su Stendhal altri interventi. Se negli articoli raccolti ne L’Avventura novecentista (1938) egli appare come uno dei maestri della letteratura mondiale,28 l’autore francese è poi più specificamente l’oggetto di tre testi di Bontempelli che merita presentare almeno brevemente perché non sono ancora mai stati conside- rati dalla critica: si tratta di due articoli e della prefazione al romanzo Ricordi d’e- gotismo (Stendhal, 1944): ne parleremo nell’ordine cronologico in cui apparvero. All’occasione dei cento anni dalla prima edizione del romanzo La certosa di Parma, Bontempelli, nel primo articolo “Centenario d’un romanzo”, del 1938, de- linea un quadro storico-letterario delle circostanze pertinenti ai manoscritti sten- dhaliani i quali, dopo la morte di Stendhal, furono riuniti sotto il titolo Chroni- ques italiennes. E se l’articolo potrebbe a prima vista sembrare solo un resoconto di 26 Cfr. Bontempelli, 1938: 40. 27 Stendhal, 1917. 28 Cfr. “Lontananza della tradizione” del 1928 (Bontempelli, 1938: 53-54); la lettera a G.A. Borgese del 1930 (“Due lettere” in Bontempelli, 1938: 238); “Confronto” del 1935 (Bontempelli, 1938: 275). Acta_Neophilologica_2021_FINAL.indd 190 6. 12. 2021 11:36:18 191Massimo Bontempelli (1878-1960) quelle circostanze, in realtà è anche altro: vi traspaiono assieme alla lode del genio stendhaliano, anche alcune posizioni poetologiche di Bontempelli, in particolare, quelle pertinenti al processo di scrittura che deve essere basato sull’intuizione, vi introduce inoltre un ulteriore riferimento al fenomeno della ricezione tardiva del- lo scrittore francese ovvero del difficile rapporto fra pubblico e scrittori e critici. Si tratta di posizioni che egli cominciò a nutrire a partire dagli anni dell’insegna- mento,29 e di cui sono rivelatori i suoi primi articoli, come ad esempio “Grande e piccola critica” del 1908, nonché le prefazioni degli esordi.30 A parte riportare alcune informazioni sulle edizioni passate del romanzo, Bontempelli si sofferma sulla fortuna dei romanzi stendhaliani, così come aveva fatto nella conclusione della prefazione a Il rosso e il nero del 1913, e paragona fra loro il rapporto tra Bal- zac e Stendhal con quello tra Dante e Cavalcanti e tra Boccaccio e Dante. Il secondo testo in questione è la prefazione senza titolo al romanzo Ricordi d’Egotismo del 1944. Benché il testo confronti argomenti diversi (osservazioni bio- grafiche su Stendhal e il suo soggiorno italiano, appunti sul titolo, sul manoscritto e sulle ristampe), Bontempelli vi intreccia alcuni nodi principali della sua poetica. Più di trentacinque anni dopo i primi articoli e quasi vent’anni dopo il lancio della rivista “900”, l’autore indubbiamente dimostra la continuità del suo pensiero.31 Si pensi nuovamente al ruolo dell’intuizione e dell’immaginazione nel processo della scrittura, inteso come divertimento, e dell’inutilità del pianificare quell’attività. La prefazione include anche la lode dell’approccio anticanonico all’autobiografia di Stendhal per aver cominciato non dall’infanzia bensì da quando si era trasferito a Parigi. La lode vale anche per il filo cronologico della narrazione che in Stendhal si spezza continuamente, una tecnica narrativa adoperata dallo stesso Bontempel- li, ad esempio nel romanzo La vita intensa nel 1920, nonché nella monografia San Bernardino da Siena del 1914 (Bontempelli, 1914), in cui il predicatore senese vie- ne presentato prima per i successi che ebbe con i fedeli e per le sfide imposte dalle 29 Per un resoconto curioso delle esperienze scolastiche del professor Bontempelli, avverso alle “coazi- oni e [...] [alle] menzogne istituzionalizzate”, si veda Piscopo 2001: 28-30. 30 Si pensi alle edizioni scolastiche curate da Bontempelli (la prefazione ai Lirici del 1910, e quella alle Prose del 1913), ma anche ai testi prefatori inseriti nelle edizioni dei «Classici italiani» presso la casa editrice notariana, Istituo Editoriale Italiano. 31 È la testi di Emilio Cecchi (1884-1966), scrittore e amico di Bontempelli, che nel 1925 scriverà: “[n]ell›arte, come in natura, non si fanno salti” (Cecchi, 1972: 837). A differenza di critici orientati a vedere un “primo”, “secondo” e “terzo” Bontempelli, propugnava che questo intellettuale in realtà non avesse subito alcuna trasformazione nel corso della sua attività. Anzi, Cecchi parla di “comodi travestimenti” (1972: 838) e scrive: “crisi, [di] colpi di folgore, e [delle] esplosioni, [che] nello svolgimento degli artisti, quasi sempre sono espedienti descrittivi di critici i quali s’accorsero della musica che, da gran tempo, un artista veniva suonando, solo il giorno che, per toccare i loro orecchi, egli imboccò il trombone e lasciò il violino” (1972: 837). Dunque, tutti processi sensati e soprattutto necessari per lo sviluppo di un artista e della sua poetica. Acta_Neophilologica_2021_FINAL.indd 191 6. 12. 2021 11:36:18 192 Dana Božič autorità clericali, e solo alla fine attraverso osservazioni biografiche concludendo con la sua nascita. Il secondo articolo, e quindi l’ultimo testo stendhaliano che presentiamo qui, è intitolato “Suggerimenti alla storia” e apparve su L’Unità nel 1948. Tale intervento è più collegato alla prefazione Stendhal del 1913, oggetto del nostro contributo, e ci dimostra un Bontempelli amareggiato che valuta i fallimenti delle sue speranze. Quel futuro brillante di rinnovamento culturale, che nella prefazione in questione, a partire dalla esperienza di Stendhal, egli auspicava per il proprio presente, non si è realizzato. L’articolo prende avvio da una riflessione sulla rivoluzione e su come i popoli, in particolare i francesi e gli italiani, ancora non abbiano imparato a veder- ne l’importanza nel processo del rinnovamento storico e culturale. Il ragionamen- to bontempelliano parte dalla Rivoluzione francese. Fa osservare come essa aprisse una finestra di opportunità attraverso le quali il popolo avrebbe potuto creare nuo- vi modelli sociali e culturali. Invece, “[c]aduto Napoleone, la gente non ha capito che quello che cadeva a buon diritto era il Napoleone diventato antirivoluziona- rio, e non l’originario” (Bontempelli, 1948). Quindi, al posto della costruzione, alla Francia successe la restaurazione che per Bontempelli significava “tornare indietro” (Bontempelli, 1948). Lo stesso accadde in Italia in tempi più recenti: la finestra di opportunità, ovvero “la nuova piazza pulita” (Bontempelli, 1948), fu un’occasione persa. Valutando il momento storico, nota che [c]oloro che hanno da tirare le somme di quei 32 anni, [dal 1914 al 1944,] devono essere tanto intelligenti da capire [...] che le due guerre [...] di reale e diretto non hanno creato niente altro che macerie. Noi non le abbiamo ancora spazzate via, noi abbiamo anzi lasciato [...] che si accumulassero in modo da individuarle bene. Fatto che avremo la ‘piazza pulita che Stendhal a un secolo e mezzo di distanza ci raccomanda, dovremo metterci ad inventare tutto di nuo- vo. Inventare l’Europa (Bontempelli, 1948). Trentacinque anni dopo la prefazione al romanzo Il rosso e il nero, Bontempel- li valuta ciò che in quel suo testo (Stendhal) ottimisticamente auspicava e che sarebbe stato possibile grazie all’impegno rivoluzionario delle avanguardie e al dispiego di energie giovanili. In dubbio persino per la propria arte, amareggiato, fa capire che la strada verso il rinnovamento della cultura europea è ancora lun- ga. Ciò viene sottolineato soprattutto nell’ultimo paragrafo dell’articolo in cui viene esplicitata appunto la sua delusione per quanto accaduto e per la perduta occasione di rinnovamento che si sarebbe potuta attuare un trent’anni prima: il nazifascismo sarebbe dovuto essere eliminato appena nato come normalmente si fa con i “grumi di sudiciume [...] venuti a galla” (Bontempelli, 1948) dopo averli schiumati dal bicchiere. Acta_Neophilologica_2021_FINAL.indd 192 6. 12. 2021 11:36:18 193Massimo Bontempelli (1878-1960) CONCLUSIONI Dunque, nella prefazione a Il rosso e il nero del 1913 Bontempelli dipana un ra- gionamento che si basa soprattutto su come Stendhal e allo stesso tempo Julien Sorel vivano la realtà in un momento storico di transizione tra classicismo e ro- manticismo. Bontempelli riesce ad intrecciare un profilo di Stendhal basato, a tratti, sull’analisi psicologica, al profilo di Julien Sorel, il personaggio che vive gli eventi del romanzo nella sua interiorità. Questa presentazione biografica sareb- be dovuta al taglio divulgativo che la casa editrice di Umberto Notari e Bontem- pelli stesso volevano dare al volume. A ciò corrisponde anche la lineare struttura dell’articolo, suddiviso in tre parti. Il linguaggio della prefazione è privo di ironia e di irriverenza, il che è forse indicativo del rispetto che Bontempelli nutriva per un capolavoro come Il rosso e il nero e anche del fatto che in quel contesto non aveva ragione di aprire polemiche letterarie con il pubblico di specialisti. Descri- vendo la realtà stendhaliana, soprattutto quella familiare, adopera un linguaggio che esprime l’atteggiamento di Stendhal verso quella realtà. In un modo simile affronta la presentazione di Sorel; lo fa servendosi della paratassi e usando nella rievocazione delle vicende vissute dal personaggio anche forme del tempo pre- sente. Cerca dunque una espressione chiara e allo stesso tempo coinvolgente. Il fatto che non dia spazio alle osservazioni formali sul testo e alle sue eventuali novità riguardo la traduzione conferma le nostre tesi, e cioè che la prefazione non era rivolta a un pubblico di specialisti. Inoltre dal testo traspaiono alcu- ne delle posizioni novecentiste di Bontempelli, come ad esempio l’importanza dello spirito avventuroso e delle energie giovanili in un periodo di transizione come elementi necessari per il rinnovamento di una cultura, le potenzialità del- la scrittura dilettantistica, il ruolo dell’ispirazione e dell’intuizione nel processo creativo, l’importanza dell’immaginazione, nonché il problema del difficile rap- porto tra scrittori e pubblico e la necessità quindi di una cultura che li sappia collegare meglio. Bontempelli avrebbe intenzionalmente sottolineato il proble- ma generazionale vissuto da Stendhal per paragonarlo a quello che vivevano giovani scrittori e artisti della contemporaneità. Curiosamente, la necessità da parte di Bontempelli di un rinnovamento culturale europeo persiste anche negli anni Quaranta, quando, amareggiato, constata che l’Europa non si è ancora resa conto dell’importanza di opportunità, e quindi di far piazza pulita di quanto del passato è superato, che a una società si presenta dopo una rivoluzione, cosa che invece Stendhal intravide e capì già nel 1815. Acta_Neophilologica_2021_FINAL.indd 193 6. 12. 2021 11:36:18 194 Dana Božič BIBLIOGRAFIA Apuleio. L’Asino d’oro. Ed. Felice Martini, A.F. Formíggini, 1927. Apuleio. Le trasformazioni. Versione di Massimo Bontempelli. Istituto Editoriale Italiano, 1928. Artieri, Giovanni. “Massimo Bontempelli e l’avventura novecentesca.” L’Osserva- tore politico letterario, a. XXIV, n.11, novembre 1978, pp.39-52.   Barilli, Renato. “Benvenuti nella Terza epoca.” I due novecento. Gli anni Venti fra arte e letteratura: Bontempelli versus Sarfatti. Manni, 2008, pp. 5-10. 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Is- tituto Editoriale Italiano, 1913. Acta_Neophilologica_2021_FINAL.indd 195 6. 12. 2021 11:36:18 196 Dana Božič Stendhal. Dell ’amore. Istituto Editoriale Italiano, 1917. Stendhal. Ricordi d’Egotismo. Documento, Roma 1944. Usher, Jon. “Intellectual (Auto)Biography in Bontempelli.” Biographies and Autobi- ographies in Modern Italy: a Festschrift for John Woodhouse. Ed. Peter Hainsworth e Martin McLaughlin, Legenda, 2007. (E-book) Yambo. Fiorenza mia! Dramma in Quattro Atti, con prefazione di Massimo Bontem- pelli. Quattrini, 1910. Zweig, Stefan. Stendhal. Lit Edizioni srl, 2015. Dana Božič Univerza v Ljubljani, Filozofska fakulteta danabozic.uk@gmail.com Massimo Bontempelli (1878–1960) kot bralec Stendhala v odnosu do množičnega bralstva na prehodu v Tretje obdobje V predgovoru k italijanski izdaji Stendhalovega Rdeče in črno (1913) Massimo Bontem- pelli (1878–1960), prevajalec romana, predstavi svoja opažanja o nujni kulturni in lite- rarni prenovi, na katerih je kasneje temeljil njegov novecentismo, ki je bil prvič uradno predstavljen v literarni reviji “900” (1926–1927). V članku raziskujem, kako Bontempelli z opazovanji o Stendhalovem življenju in tragični izkušnji Juliena Sorela zariše implicitno vzporednico z lastnim zgodovinskim trenutkom ter v svoje razmišljanje vplete ključno komponento - vlogo revolucionarnega duha avantgard v tej prenovi. Kot nujno pa med drugim navaja tudi klasično idejo o umetnosti in literaturi, pri čemer je zanj literarna tradicija intimna in globoka kontinuiteta manifestacij nepričakovanih novosti. Čeprav je Bontempelli kasneje simpatiziral z italijanskim futurizmom, je ravno ravnovesje med obema komponentama tisto, zaradi česar njegova kulturno-literarna pobuda za »tretje obdobje«, novecentismo, velja za edinstveno v italijanski literarni panorami. Predgovor iz leta 1913 v članku obravnavam v kontekstu nastajajoče množičnega bralstva, s tem pa tudi uredniške in jezikovne prilagoditve, ki so bile potrebne za izdajo. Prav tako njegovo razmišljanje primerjam z zapisi na temo literarne prenove, ki jih je ustvaril mnogo kasneje. Ključne besede: predgovor, novecentizem, avantgarde, Stendhal, množično občinstvo Acta_Neophilologica_2021_FINAL.indd 196 6. 12. 2021 11:36:18