ANNO XX. Capodistria, 1 Giugno 1886. N. 11. LA PROVINCIA DELL'ISTRIA Esce il 1° ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3; semestre e quadrimestre in proporzione. — Gli abbonamenti ai ricevono presso la Eedazione. Articoli comunicati d'interesse generale «i stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Un numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. Del prodigioso approdo del corpo di S. Eufemia Calcedonese in Rovigno. P. Tomaso Caenazzo Canonico. ') Ed ora del famoso documento confusione di cose vere, per confessione dello stesso Canonico. È questo un codice membranaceo del secolo 13 e 14 che si conserva nell' archivio capitolare di Rovigno, e già fu edito dal Kandier nel codice diplomatico istriano ; e da lui giudicato con sano criterio non già „un documento di propria testimonianza dell' autore, ma un accozzamento di molte notizie tradizionali poste insieme da persona affatto digiuna della storia. In queste parole latet anguis, ed il Canonico Caenazzo, che ha buon discernimento, ha capito subito dove mirava il critico : mostrato il codice qual'è, addio leggenda ; convien proprio affidarla alla vaga tradizione popolare, senza l'appoggio di alcun documento. Perciò il Caenazzo, maestro nuovo si inalbera contro il maestro vecchio, e nega nega tutto. Badi però che egli si è già dato della zappa sui piedi ammettendo che il manoscritto contiene un accozzamento di cose vere. La verità è sempre limpida e schietta ; chi accozza cose vere, è già sulla strada di confondere il vero col falso e di non sapere più distinguere 1' uno dall' altro ; e questo è pure il caso dell' ignorante che mise insieme quel centone. Certo c' è qualche cosa di vero là entro, ma non quello che vuole il Caenazzo ; e il vero si è il trasferimento per barca delle reliquie della martire calcedonese nell' Istria e probabilmente a Cissa, donde poi, distrutta questa, furono traspor- ') Vedi gli — Atti e Memorie della Società Istriana di Archeologia e Storia Patria. — Fascicoli 3 e 4. Parenzo — Coana 1886. Continuazione e fine. Vedi «Provincia» N. 10. tate a Rovigno. Ma esaminiamo senz'altro il documento stesso. Comincia dallo sproposito Temporibus Decij cesaris imperatoris ; ed a tutta la dimostrazione del signor Caenazzo per provare che si ha a leggere invece — Temporibus Diocletiani — io non ci metto nè pepe nè sale. Ci sono ben altri spropositi saltati a pie' pari. Secondo il documento, nell' 800 non regnava già Carlo Magno (e si noti essere questa una data di avvenimento celebre: l'instaurazione dell'impero romano, fatto che i muric-iuoli dovevano sapere anche a Rovigno) ; ma Ottone. — Temporibus ìgitur Ottonis imperatoris qui vocatur, qui primus sueuorum regum italicis regni gubernanda dicitur suscepisse...... Lo sproposito è madornale, ed al Canonico che si crede d'avere un caso del calendario da sciogliere, non par vero di ricorrere a' suoi ferruzzi del mestiere, per tirare di qua, cacciar dentro di là arzigogolando e ragionando di trasposizioni, om-missioni ed incastri dell' amanuense, come se la storia si potesse trattare con gli amminicoli della casuistica. E poi qui non c' è solo un errore di nome, ma un più grosso di fatto. Nè Carlo Magno, nè Ottone per vero fu il primo dei Svevi che regnasse in Italia. Se il Caenazzo si decide per Carlo Magno bisogna che legga francorum, se per Ottone saxo-num, perchè è troppo noto che il primo della Casa Šveva fu invece Corrado II Hohenstaufen (1138 - 1152). E questa volta non vale il giuoco dell'amanuense ignorante che scrive Decii per Diocletiani; ci vorrebbe un bel coraggio a sostenere che l'amanuense abbia scritto svevorum in vece di saxonum o francorum, come meglio piace, secondo i singoli gusti. Basterebbe questo a persuadere ognuno quanto A poco valga il documento in discorso. E ci sono altre osservazioni a fare. I/ estensore di questo strambo scarabocchio comincia dal raccontare la storia della passione di Santa Eufemia vergine romana; e poi senza mai nominare città alcuna esce ad un tratto a dire che gli abitanti di quella città non meritavano più di possedere il corpo santo. . . . illius civitatis incolae. Ma alla croce di Dio! di che città intendete parlare? Forse di Roma, nominata aggettivamente di sopra? No certo. E qui bisogna proprio ricorrere alla supposizione del Caenazzo di una trasposizione dell' amanuense, dove vattelapesca, come ha fatto per quell' altro imbroglio della pia vedova. Ma quella almeno è più innanzi nel corpo del documento. Ed è presumibile che uno scrittore il quale abbia fior d'ingegno, ometta il nome del luogo dove avvennero i fatti che si descrivono, e si sbrighi con un illius sospeso nell'aria? Si leggano gli atti tutti dei martiri, e si vedrà come fino dalle prime parole lo scrittore si dia cura d'indicarsi il luogo dove avvennero i fatti che imprende a narrare. Basteranno queste due sole osservazioni, spero ; ed io non voglio qui annoiare il lettore col fargli notare tutti gli accozzamenti, le cose male comprese, peggio applicate, poste fuori di tempo e di luogo, come ha detto benissimo il Kandier „maestro di coloro che sanno" e dopo di lui, non già giurando in verba magistri ma per amore del vero, il Luciani, il De Franceschi, il Bennssi, ed ultimamente il Glezer. Solo una cosa voglio ancor qui rilevare. Il documento narra dell'arca santa arrivata ad quan-clam insulam in ore montis qui rubeus vocabatur. Io non ho tempo nè voglia di cercare l'etimologia di Rovigno. I bravi filologi istriani, il Vatova e l'Ive, vedranno se qui sia il caso di guardare lontano, e cercare la probabile comune origine di Rovigno e Rovigo : questo abbinamento di nomi nel-r Istria e nell' opposta sponda non è raro, ed ha un' importanza storica. Quello mi preme rilevare si è la poco attendibile etimologia del monte Rosso di Rovigno perchè bagnato dal sangue di molti martìri „midtorum sanctorum cruore." È presumibile, è serio credere che in uno scoglio quasi deserto, tra pochi pescatori, tanto abbia infierito la persecuzione romana? Si legga in proposito il Gibon — Storia della decadenza dell'Impero Romano. — Senza accogliere tutte le sue conclusioni panni vi sia dimostrato luminosamente che le persecuzioni non fecero poi tanta strage di Cristiani come da molti si crede. Ammetto qualche strage parziale ; sta il fatto però che nelle città e provincie i ma- gistrati applicarono la legge con certa relativa mitezza ; davano qualche esempio, abbattendo le cime ma lasciavano in pace le plebi. Così a Trieste città principale qualche dozzina di sentenze e non più ; non memoria di martiri a Capodistria ; pochissimi altrove : tanto vero che se gl' Istriani vollero possedere corpi di santi, dovettero cercarne altrove. Non è adunque probabile tanta strage di martiri sul monte Rosso di Rovigno ; ed anche questa leggenda fa riscontro all' altra di Sant' Eufemia. Conclusione ; il documento citato non ha alcun valore storico in conferma delia leggenda. Ha solo, come benissimo vide il Kandier, una qualche importanza, perchè così in confuso rammenta la catastrofe di Cissa abbattuta, e sepolta da terremoto fortissimo. Al Canonico Caenazzo parve invece di poter conchiudere che questo codice non è meno attendibile di qualsiasi altro, poiché, sebbene malamente, pure si appoggia al vero ed alla tradizione. Adunque 1' argomentatore cita il documento per provare il prodigioso approdo della Santa a Rovigno, ma viceversa ammette che il documento è vero perchè si appoggia sulla tradizione rovignese : idem per idem dicevano nelle scuole ; argomento zoppicante. Che altro resta adunque per dimostrare il prodigioso approdo ? La tradizione, nuli' altro che la tradizione, una tradizione che fa ai pugni col buon senso e con la storia. E forse questa una di quelle sacre tradizioni che insieme con le Divine Scritture sono fondamento di fede? No certo. Come sia nata l'abbiamo -veduto ; gl' Istriani diffusero le leggende udite tra i Greci avvezzi a bere grosso ed a vendere lucciole per lanterne in fatto di reliquie dei santi, per testimonianza di San Gregorio Magno (Liber tertius. Epist, 30). Sprofondata Cissa, tanto più la storia vera di Sant'Eufemia si abbuiò; (dico vera, perchè io ritengo probabilissimo Santa Eufemia di Rovigno essere la martire Calcedonese, degna quindi di venerazione) e tanto più si abbuiò in tempi barbari a Rovigno, tra tante desolazioni e stragi di pirati slavi a cui fu esposta questa città. Ma quando si viene a tempi più recenti e a fatti storici, allora le vicende di Sant'Eufemia non possono più dar luogo alla ripetizione del soprannaturale. I Genovesi rapiscono le sacre reliquie, i Veneziani le ritengono trent' anni circa nella chiesa di San Canziano ; i buoni Rovignesi piangono a calde lagrime, e aspettano invano una seconda prodigiosa venuta dell'arca: bisogna proprio decidersi a mandare un' ambasceria, e riportare con la sua brava barca la Santa a Rovigno, senza il Deus ex machina e la mise en scene dei secoli barbari e credenzoni. La leggenda del prodigioso approdo è una di quelle tante pie, e non sempre poetiche invenzioni con le quali il popolo, (i frati e le fanciulle isteriche specialmente) manifestavano la loro semplice fede. Oggi un campanile che s'incurva infino a terra per confondere la superbia di un gentiluomo che non voleva cavarsi il cappello al suono dell'avemmaria: e questa storiella leggevasi fino pochi anni or sono, per tutto il mese di Maggio in una chiesa a Capodistria; domani il bacio di una preziosa reliquia conservata dai Padri Domenicani di Genova: la coda del benedetto asino che portò Nostro Signore nel suo trionfo a Gerusalemme; e questo si legge in un officio della Settimana Santa con licenza dei superiori e privilegio. E quanto ad apparizioni, anche lo scorso anno, da tutte le parti del contado piacentino accorrevano i villici a vedere la Madonna, apparsa dietro una siepe ad una ragazzina : pochi carabinieri bastarono per cessare quell' indegno baccanale. Sono questi i pregiudizi, le superstizioni, le allucinazioni, le storielle tante volte già cancellate dai libri liturgici almeno, sono queste pur troppo le male arti ed i bassi interessi che fecero perdere la pazienza all'illustre vescovo Vergerio, e scossero la fede di mezza cristianità nel dolce e poetico dogma e così conforme ai bisogni del cuore : il culto e l'innovazione dei santi. Tutte queste cose ho io cretto per amore della verità, e non per odio d' altrui, nè per disprezzo ; e più che tutto le ho dette perchè mi sta a cuore che la Società nostra di Studi storici si faccia veramente onore, in tanta luce di studi ed esigenze della critica, anche fuori della nostra Provincia. Comprendo le difficoltà, capisco come nell' Istria si debba approfittare di tutte le forze vive della Provincia, e che ai buoni sacerdoti di parte nostra si debba lasciar libero il campo di cooperare al comune intento anche con una cerchia d'idee talvolta ristrette. Ma non mai libertà assoluta, e almeno almeno, una qualche prudente noterella a pie' pagina col N.a d* Direzione attenui l'impressione sgradevole che può ricevere lo spregiudicato lettore. Rimane da ultimo sempre desiderabile che il buono ed erudito canonico resti forza viva nel nostro paese, e dedichi l'ingegno alla ricerca di cose veramente profittevoli alla patria ed alla religione. Per me la questione è finita, e fin d'ora dichiaro che non ho fatto nè farò mai polemiche, per rispetto ai lettori della Provincia, e un po' anche per riguardo a me stesso, avendo tante cose sulle braccia, ed opportunità di dedicare meglio il mio tempo. Ancora un corollario. Il breve ma importantissimo cenno sull' opera del Mussafia — „Per la formazione del presente nel romanzo" —con un e-lenco di 150 verbi raccolti a Capodistria da G. Vatova e confermanti la dottrina dell' illustre filologo ; e le diligenti recensioni bibliografiche fanno rimanere a bocca dolce il lettore, e rendono sempre più importante questa pubblicazione della benemerita Società Istriana di Archeologia e Storia Patria. Desiderano alcuni, e non a torto, una brevissima recensione di quanto sull'Istria si scrive nel Regno, specie nell'Archivio Storico Italiano, nell'Archivio Veneto, nel Lombardo, nell'Archivio Storico ecc. ecc. nell' Annuario scientifico del Treves ecc. ecc. In quest' ultimo si fa degna menzione del nostro Lo-visato ; l'Archivio Veneto oltre ad un buon articolo sul Pietro Micca dell'Istria (vedi Provincia N. 8) riporta uno studio del Gallo sulle nostre saline. Probabilmente le relative Direzioni avranno accettato il cambio ; uno spoglio è presto fatto ; e se ne gioverà non poco un qualche futuro bibliografo, calcando le vaste orme del Combi. P. T. Tutti a Parenzo Trieste, domenica 23 maggio « quorum pars parva fui » Ne avrete già letto su per tutt' i giornali, e mal pratica a descrivere è la mia penna. Pure, sta bene che in questi tempi di melanconie l'eco giuliva se ne ripercuota anche nella vecchia e severa Provincia — forse non inutilmente. Chè io vorrei — e con me tutt' i buoni — che queste gite, al piacevole meschiando l'utile, vieppiù si facessero frequenti tra i luoghi dell'Istria e diventassero quasi di moda: nè dico fra i luoghi maggiori, ma fra i maggiori ed i piccoli ancora e fra i piccoli e i minori — cemento d' amore e di concordia di chi abita una terra stessa ed à comuni aspirazioni disperazioni e speranze, protesta contro le mene di mestatori esotici, i quali vorrebbero, in vece, banditi da' cuori nostri questi nobili sensi, a' quali gioia suprema sarebbe se ci guardassimo ognora in cagnesco. * * * Non per anco avea finito di cantare il gallo, che già le signore balzavano leste dai cari letti a farsi più vezzose del solito, ed alle sette già tutti, cen-tottanta fra loro signore e fra letterati scienziati ed artisti — tra' quali, perdóno, se ini pongo anche io — trovavamci riuniti sul grosso Trieste del Lloyd, pregustando le delizie che ci avrebbe offerte questa splendida giornata. E via a suon di banda lungo l'amena riviera, qua un gruppo allegramente cianciando, là un altro ammirando le naturali bellezze che da presso e da lungi gli fan corona, altri danzando la quadriglia — e una fresca brez-zolina tutti piacevolmente accarezza. Alle nove è servita la colazione. E così Capodistria ci ammicca di lontano e Isola e Pirano e Umago e Cittanuova e dall'alto la spia dell'Istria — e in fine Parenzo, la sospirata, salutiamo noi verso le undici. * * * E qui m' è impossibile proprio di ritrarre il momento dell'approdo. In aria fazzoletti e cappelli di noi sul vapore e di tutt' i figli di Parenzo che ci attendevano stipati, uomini e donne e fanciulli e vecchi, sulla riva pavesata a festa e un uragano d'evviva — quando la nostra banda suonò „0 bel-l'Istria" e „Viva san Giusto" quella parentina. Quindi sbarcammo e si scambiarono il saluto i capi della Società Adriatica, degl'Ingegneri ed Architetti ed Agraria, promotori della gita, e il podestà del luogo onorevole Sbisà — e ci sbandammo a visitare e le cose antiche e le moderne della terra, tali e tante quest'ultime e nate in così breve tempo e così bene, da destare sincera ammirazione : gli avanzi de'Templi romani, la Basilica, il Museo archeologico, la Scuola agraria, le Scuole popolari, la Sede dietale, il Teatro. La qual dilettosa ed istruttiva fatica eccitò mirabilmente il desio del cibo e della bevanda. E batton già le due. * * * Sono le mense in beli' ordine disposte e con molto buon gusto allestite nella platea e sul palcoscenico del Teatro. Spettacolo imponente ancor questo, che invano tenterei di descrivere, quell'agi-tarsi di ducencinquanta forchette e d'altrettanti coltelli e '1 tintinnio de' cucchiai e de' bicchieri. Squi- siti i cibi, sublimi i vini. Vari e nobili i discorsi. Parlano : 1' onorevole podestà, ringraziando della visita, il Dr. Biasoletto dell' accoglienza, il Dr. Amoroso, il Dr. Dompieri, il Dr. Geiringer, il Dr. Hortis, il prof. Vierthaler, il Dr. A. Vidacovich ed altri, tutti inneggiando alla concordia, alla fratellanza, alla prosperità di Trieste e di Parenzo e dell' Istria, rammemorando la romanità di Parenzo, affermando l'italianità dell'Istria. Frequenti i brindisi sullo stesso tenore. E ogni brindisi ed ogni discorso accolto da interminabili evviva e battimani ed agitar di fazzoletti — mentre su in galleria si alternano i concenti della banda. Commovente episodio, quando il podestà legge un telegramma mandato da Vienna dal podestà Bazzoni per ringraziare della festosa accoglienza fatta a' suoi concittadini, a che risponde un' altra salva d'applausi e di battimani. Si raccolgono per i poveri della città fiorini cencinquanta, di cui ancora ringrazia il podestà visibilmente commosso. * * * Si protrasse il banchetto fin presso alle cinque. Poi tanto per avviare la digestione capitò in buon punto la visita al già famoso Predio agrario. Poi chi a rinfrescarsi e chi a goder della musica al Casino sociale e al Circolo parentino. Così passò la giornata, ahi, troppo presto, e venne 1' ora del ritorno, le otto e mezzo. * * * E mentre c'imbarcavamo, e la città e la riva e il molo e gli scogli attorno e le barche s'illuminarono come per incanto e di fuochi bengalici e di razzi e di ruote e di fanali multicolori e fra gli „evviva Trieste, evviva Parenzo, evviva l'Istria" incessanti e fra i concenti allegri delle bande — ci staccammo. * * * Lietissimi noi, sorridenti dall' alto le stelle e da presso le belle signore, dolcemente cullati dalle onde e vuotando tratto tratto qualche bottiglia di antico e buon refosco, via correvamo per la calma notte. Se non che si scorgevano appena con gli ordinari binoccoli qua e là dentro alla costa certi impercettibili scintillìi come di lucciole innamorate, che ninno poteva spiegarsi clie fossero mai e mettevano in corpo a tutti un' inquieta curiosità. Ma ben rischiarò la cosa uno fra gli scienziati, che, puntato il suo buon canocchiale, disse essere quegli, arrampicati su di talune collinette, i nasi tabaccosi rugiadosi e lunghi un metro di alcuni individui di quella nuova fillossera vastatrice che volgarmente Domasi prete cranzo : certo strani guizzi d'invidia e di livore mandavano que' nasi nel sereno e tranquillo aere della notte. Ma non facevano paura, no. * * * E questo fu l'episodio più sagliente e più ameno del ritorno. Un po' dopo la mezzanotte già tutti a sognare in braccio a Morfeo la deliziosa gita, l'ospitalissima accoglienza, la cordialità senza pari, il buon umore universale, gli affettuosi arrivederci, i generosi vini, le gentili signore, l'entusiasmo della partenza...... * * * Evviva Trieste, evviva Parenzo, evviva l'Istria nostra ! G. ALL' ISTRIA Terra diletta — diletto asilo, Cui dalle sfere — sorride amor, Tu dalle Giulie — che il gran profilo Spieghi a segnacolo — d'antico onor, Sorgi e t' allegra ! — Di sol qual raggio Per te lucente — stà l'avvenir; Nei giri arcani — del fausto viaggio La tua fortuna — non può fallir. Sparse per 1' aria — corron bufere, E s'avviluppano — d'intorno a te; Son fuochi fatui — non li temere: Chi sempre à fede — vinto mai è. Le altere gesta — che un dì i tuoi figli, Carchi di ferro — gloriosi oprar, Sfidando l'impeto — dei gran perigli, Che in terra sorgono — con furia e in mar, Sien la tua guida! — Sempre gagliardo Nel petto e impavido — coltiva il cor. Pensa ai Tradonico — pensa ai Gavardo, Dei dì che furono — pensa al valor. Pensa e sorridi! — Per te la gloria Fulgida sempre — risplenderà; Finché nei secoli — vivrà la storia, Finché negli animi — virtù sarà. Pirano 25 aprile 1885. N. S. Appenflice alla recensione snl Vergerlo del Ferrai SECONDO ELENCO delle famiglie Capodistriane, parenti, amiche ed avverse del vescovo Pietro Paolo Vergerlo, i di cui membri, rilevati negli archivi comunali e parrochiali, vivevano nel secolo XVI con brevi cenni; compilato da Andrea Tommasich Bonacorsi Agostino, Dorsetta, Simona. Estinta. Nel 1260 uno di questa famiglia è stato eletto vescovo della sua patria. Possedeva le sepolture N. 11 dinanzi la porta del convento di S. Francesco, e N. 55 nel primo chiostro. Bonzannini Francesco, Chiara, Bernardo, Andrea. Estinta. Borisi Bernardo, Doralice, Francesco, Lugrezia. Esiste nei due rami del conte Nicolò e del conte Lazzaro. Nel secolo scorso era una delle più doviziose famiglie della città, e teneva nella propria scuderia dodici cavalli, quasi tutti del medesimo mantello. La monaca Madre Laura contessa Borisi è stata una delle ultime del convento di S. Biagio. Il conte Bernardo, mancato a' vivi nell'età d' anni 75 nella sua villa di Cerè, li 16 Novembre 1807, sepellito nel giorno successivo nel cimitero di S. Antonio, fece venire dal Friuli veneto ed austriaco per lavorare i terreni dei maggiori possidenti di qui, in luogo dei vecchi coloni d'origine slava, le seguenti famiglie : Augeliui, Antoniutti, Apollonio, Argenti, Benedetti, Cheber (era di Romans), Ci-cutti, Corradin, Curet, Danielutti, Fantini, Gandusio, Giacomin, Lenardon, Loredan, Met-ton, Novello, Pelos, Petruz, Rossetti, Viola, e Zorzetti. Teneva la sua sepoltura nella chiesa di S. Maria degli Angeli (S. Anna) dei Minori Osservanti. ( Continua) ILT o tizi e La questione della pesca dei chioggiotti nelle1 nostre acque, verrà risollevata alla scadenza del trattato di commercio e di navigazione conchiuso il 27 ') Continuazione. Vedi n. 1, 2, 4, 5, 6, 7, 8 e 9 a. c. decembre 1878 tra 1' Austria - Ungheria ed il Regno d1 Italia. Su questo vitalissimo argomento il nostro periodico si occuperà nei prossimi numeri. Furono approvati gli statuti ed ebbe già luogo in Pirano la costituzione del Consorzio agrario distrettuale; quanto prima potremo annunziare quella del Consorzio della nostra città. Altri statuti furono approvati ; cioè quelli dell' Associazione delle Alpi Giulie, che formerà un solo corpo con le Società degli alpinisti di Trieste e del Goriziano. Il progetto di legge concernente l'imboschimento del Carso istriano ebbe la sovrana sanzione. Col giorno 1 giugno si apre a Pola il bagno inaugurato l'anno scorso col nome di Bagno polese. Precederà l'inaugurazione una pubblica festa rallegrata dalla musica della Società Operaja. Cose locali Rappresentanza comunale. — Seduta del 12 Maggio p. p.; presidenza del podestà G. Cobol; — presenti 17 rappresentanti e 5 sostituti ; — commissario governativo cav. Bosizio. Ordine del giorno: approvazione del protocollo; — comunicazioni: 1. conto consuntivo del civico monte di pietà; — 2. supplica di Caterina Franco fu Matteo per coudono parziale di debito ; — 3. supplica di Francesco Genzo fu Pietro e consorti per conseguire lo svincolo d'ipoteca a sollievo parziale delle realità intavolate a garanzia di credito del Civico ospitale; — 4. parere richiesto dall' i. r. Capitano sull' istanza del comune di Grisignana per attivare colà un mercato annuale nel primo lunedì di marzo ; — 5. nomina dell' assistente di cassa. — Approvato il protocollo, il podestà comunica: i fatti successi in seguito alle provocazioni dei militi dell' i. r. guarnigione, il giorno di Pasqua, tributando i dovuti elogi alla energia e savia intromissione del sig. cav. Bosizio capitano distrettuale, per cui si è potuto impedire che prorompesse in una fatale reazione lo sdegno dei cittadini ; dà parte alla rappresentanza di un rapporto sui fatti accaduti diretto all' i. r. capitanato ; — partecipa la morte dello zelante cursore comunale G. Urbanaz ed il pagamento dalla cassa comunale delle spese di malattia e sepoltura con fior. 66.10; — partecipa il risultato dell' asta per forniture al Civico ospitale della carne a soldi 48 al chilo ; del pane a soldi 12.90 e soldi 10.90 ; — partecipa il generoso lascito del defunto sig. Francesco Vicich, di fior. 200 al Civico ospitale, e fior. 100 all' asilo d'infanzia; — l'intervento della deputazione sulle esplorazioni del comitato viennese per ospizii marini, nei dintorni ; — la consegna della direzione cessata del Civico ospitale alla nuova amministrazione ; 1' assistenza alla estrazione delle sei grazie dotali della istituzione Grisoni; — mette a disposizione dei signori rappresentanti i protocolli di seduta della deputazione comunale. Al primo punto dell' ordine del giorno approva il conto consuntivo del civico monte di pietà che presenta una facoltà di fior. 26,121.41 Al secondo e terzo punto del' ordine del giorno sulla proposta della deputazione vengono accolte le suppliche Franco e Genzo. Al terzo punto, la rappresentanza si dichiara favorevole alla domanda del comune di Grisignana per 1' apertura colà di un mercato nel 10 lunedì di Marzo. Al quarto punto viene nominato sopra tre concorrenti al posto di assistente contabile presso la civica cassa il signor Nazario Gallo. Esaurito l'ordine del giorno fu chiusa la seduta. La rappresentanza comunale si raccolse di nuovo a seduta il giorno 21 Maggio e deliberò la vendita delle ease Grisoni per fior, dieci mila alla Curia vescovile di Parenzo - Pola che vi collocherà il convito diocesano. Nel prossimo numero saremo in grado di pubblicare il sunto del verbale della seduta. Ci era già noto come un giovane nostro concittadino — Nicolò Calogiorgio — intramezzasse i suoi studi ginnasiali, con studi ed esperimenti meccanici ; anche questi vantaggiosi per que' giovani che volessero nei ritagli di tempo che loro avanza trovar modo di nou aunojarsi o meglio di fuggir 1' ozio. Un esempio di quanto potrebbe fare il Calogiorgio, perchè appena diciotteune, ce lo ha dato nell'invenzione e costruzione di un' Irroratrice per difendere le nostre campagne da quell' altro mostro che è la Beronospora, irrorando le viti col latte di calce. I meriti dell' istrumento inventato da lui per la sua semplicità, maneggio e potenza di getto sono ormai conosciuti ; com' è conosciuta 1' approvazione del suo paese, tanto più da apprezzare, se è vero il proverbio : Nemo propheta in patria. Ma il giovane inventore avrà avuto una doppia soddisfazione, quando lo stesso podestà, incoraggiandolo, lo incaricò di eseguire due esemplari della sua Irroratrice, per regalarli, uno per ciascuna, alla stazione enologica provinciale e alla società agraria triestina. Porgiamo quindi i nostri migliori auguri al Calogiorgio per il primo saggio che ci ha dato del suo promettente ingegno. Bollettino statistico municipale di Aprile 188G. Anagrafe. — Nati (battezzati) 31 ; fanciulli 15, fanciulle 16; — Morti 26; maschi 13 (dei quali 7 carcerati), femmine 4, fanciulli 2, fanciulle 4 al di sotto di sette anni, nonché 3 femmine nate morte. — Trapassati. 1. I. A. (carcerato) da Spalato, d'anni 21 — 5. Deponte Nazario fu Francesco, d'anni 74 — 7. Pelaschiar Francesco di Francesco, d'anni 14 — 9. R. M. (carcerato) da Trieste, d'anni 23 — 10. P. G. (carcerato) da Cattaro, d' anni 36 — 12. Urbanaz Giuseppe fu Matteo, d'anni 58 — Pe-chiarich Maria fu Andrea, d'anni 95 — 15. P. G. (carcerato) da Eovigno, d' anni 58 — 16. Fontanot Antonia di Antonio, d' anni 12 — I. C. (carcerato) da Zara, d'anni 27 — 18. Venus Giovanni fu Giorgio, d'anni 75 — 19. Delconte Maria fu Giovanni d'anni 74 — 21. K. L. (carcerato) da Zara, d'anni 21 — 26. Martissa Orsola fu Antonio, d'anni 78 — 26. Filippi Antonio fu Antonio, d'anni 37 — 27. Scher Vincenzo fu Giambattista, d'anni 84 — 30. V. M. (carcerato) da Zara, d'anni 65. Più fanciulli 2, fanciulle 4 al di sotto di sette anni, nonché 3 femmine nate morte. — Matrimonii : Carlo Carcich — Maria Minca di Giacomo. — Polizia. Denunzie di polizia sanitaria 1 ; di polizia agraria 1 ; per rissa 2 ; per furto 1; per contravvenzione alla legge sul riposo festivo 1; Itr contravvenzione al regolamento sui public! mercati 1 ; per ■ntravvenzione al regolamento sul possesso di cani 2. — Sfratili 10. — Usciti dall' i. r. carcere 7, dei quali 5 dalmati, Ì go-liiano, 1 istriano. — Insinuazioni di possidenti per vendere al linuto vino delle proprie campagne 4 ; per ettolitri 4 '/, prezzo I! litro soldi 44. — Certificati per spedizione di vino, 12 per etto-Li 19 litri 6. — Animali macellati. Buoi 52 del peso di chil. 1830 con chil. 875 di sego; vacche 3 del peso di cbil. 472 con kil. 28 di sego; vitelli 26 ; agnelli 78. — Licenza di fabbrica 0. ■ Licenze industriali: per insalatura di pesce 1. Bollettino mensile delle malattie zimotiche Capodistria 0 — Lazzaretto 0. UNA VOCE DISCORDANTE A PROPOSITO DELLA PEIiONOSPORA („Economia rurale", fascicolo 8, 1886) Il Prof. Orazio Comes ha pubblicato nel periodico \ Agricoltura meridionale n. 8 un articolo nel quale |a!za una voce discordante (sono sue parole) nel coro i«ineroso ehe acclama in Italia al latte di calce come rimedio coltro la perouospora. L' egregio professore dichiara invero che gli sono tornati di sommo gradimento 1' inno di gloria sciolto ìalla stampa per la vittoria della calce sulla perouospora e la clamorosa propaganda sull' efficacia della falce, tanto più che egli da parecchi anni ha suggerito l'uso della calce per combattere la peronospora. La divergenza sta in ciò che il Comes ritiene più rautaggiosa la polvere di calce che non il latte di calce. L'uso di questo utile rimedio presenta, secondo il parere dell' autore, questi inconvenienti : 1. che l'applicazione del latte di calce non è possibile che là dove 1' acqua è largamente disponibile : (nelle altre località il trasporto dell' acqua nei vigneti Isarebbe troppo costoso : 2. che nelle località dove alla vigna (caso frequente) sono associate le piante erbacee queste resteranno bruttate dal latte di calce : 3. che alla vendemmia sarà indispensabile procedere ad un lavaggio accurato delle uve e al loro prosciugamento prima di pigiarle. La conseguenza di tutto ciò è questa, che il rimedio viene a costar troppo caro e il Comes dice che i fautori del latte di calce hanno fatto il conte senza foste e l'oste s'intende è il povero vignarolo. A documento irrefragabile delle gravi spese occorrenti per l'uso del latte di calce l'autore riferisce le parole pronunciate alla Camera dei Deputati da S. E. Grimaldi, Ministro per 1' Agricoltura, alla interrogaiione jell' On. Toaldi sulla peronospora. Le parole sono le seguenti: „Riconosco che il Governo debba compensare i fratelli Bellussi delle spese sostenute per raggiungere lo scopo che io ho avuto 1' onore di accennare alla Camera ... Il Governo è pronto a pagare ai fratelli Bei-lussi le spese e i danni da essi subiti." (Atti Parlam. Cam. dei Deput; Leg. XV, la sess. tornata del 25 marzo 1886 p. 17681). Le obbiezioni sollevate dal prof. Comes sono troppo serie e 1' autorità del valente botanico è tale che non sarebbe conveniente lasciarle senza risposta da parte nostra che siamo stati, e ce ne vantiamo, dei primi e più convinti sostenitori del latte di calce. Anzitutto faremo osservare all' eg. professore ch'egli è incorso in equivoco interpretando le parole sopranominate dell' On. Ministro Grimaldi come irrefragabile documento che 1' uso del latte di calce sia sfattamente costoso che non si possa applicare senza ricorrere al sussidio del Governo. In verità, come ognuno comprenderà leggendo l'intero discorso, il sig. Ministro non ha inteso dire se non che il Governo è pronto a pagare le spese e i danni subiti dai fratelli Bellussi perchè essi, aderendo cortesemente all' invito fatto dal Comizio A-grario di Conegliano, non hanno tenuta nascosta la buona riescita del rimedio, ma hanno permesso a migliaia e migliaia di visitatori di accorrere alla loro vigna per ammirare il portentoso risultato ottenuto coli' applicazione del latte di calce. Ad ogni modo 1' esempio dei Bellussi sarebbe sempre citato male a proposito ; essi hanno per la prima volta nello scorso anno tentata 1' applicazione in grande del rimedio senza avere alcun istrumento per aspergere le foglie, ma versando la calce semplicemente con una scopa ed una farzora : operando in tal guisa si capisce che una grande quantità di liquido andava perduto, che l'aspersione non riusciva omogenea e che è bisognato ripeterla molte volte ; è naturale quindi che anche la spesa incontrata sia stata notevole quantunque possiamo assicurare che non è stata eccessiva, tanto più se si tien conto che usando il latte di calce si risparmia la spesa per la solforazione contro 1' oidio. Ma la spesa sarà senza confronto minore nel nuovo anno in cui i viticoltori potranno fare uso di convenienti pompe irroratrici. Dalle esperienze fatte nel podere della R. Scuola Enologica risulta che la cura col latte di calce potrà costare 40-50 franchi per ettaro di vigneto: spesa come ognun vede non molto maggiore di quella che costa attualmente 1' ordinaria solforazione che d'ora innanzi potrà essere in gran parte risparmiata. Certamente nelle località dove l'acqua sia scarsa, il rimedio verrà a costare molto più ed io voglio concedere che in alcuni siti non vi sarà il tornaconto ad applicarlo ; però non si deve dimenticare che in questi non ve ne sarà neanche il bisogno, perchè colà dove domina la siccità la peronospora o non si sviluppa affatto o fa pochi danni. È lungi da me l'idea di voler sostenere che 1' uso del latte di calce sia affatto scevro di difficoltà e di inconvenienti. Ma la questione seria è tutta qui: vi è qualche cosa di meglio da sostituirsi al latte di calce? Il prof. Comes risponde di sì e questo consiste nella polvere di calce cosparsa mediante i comuni soffietti su tutta quanta la vite : l'impolveramento dovrebbe essere rinnovato almeno una volta al mese e dovrebbe incominciare dall' epoca delle insolforazioni fino al settembre. Questo rimedio, non vi è dubbio, sarebbe semplice e non presenterebbe gl' inconvenienti che in qualche caso s' incontrano volendo applicare il latte di calce. Ma quali prove può il prof. Comes addurre per dimostrare che colla polvere di calce si ottiene di preservare le viti dalla peronospora in modo così perfetto e completo come col latte di calce? Egli si limita a dire che gli esperimenti compiuti in diverse regioni viticole, massime nel mezzogiorno, hanno provato ad evidenza 1' efficacia della calce in polvere. Ma chi non sa che finora nel mezzogiorno la peronospora non ha giammai infierito con quella intensità spiegata purtroppo nell' Italia superiore. ? Può r egregio professore citare uno solo esperimento serio sull' uso della polvere di calce che presenti quella evidenza che si è ottenuta nelle prove col latte di calce eseguite presso la nostra Scuola e dai fratelli Bellussi? 10 debbo francamente dichiarare che all' infuori delle esperienze, tante volte descritte in questo giornale, eseguite nel Veneto lo scorso anno, non conosco altri casi in cui si sia riusciti ad ottenere una completa immunità dalla peronospora se non quelli descritti ed illustrati in Francia dal Millardet. Ma in che cosa consista il rimedio francese ognun lo sa: latte di calce mescolato con fosfato di rame, ciò che, secondo me, è perfettamente identico al latte di calce solo. Non nego che la polverizzazione colla calce non abbia dato qualche parziale buon risultato, anzi io stesso ho riferito nella Rivista (anuo 1885 pag. 327) sull'efficacia dimostrata dalla polvere di calce nelle esperienze eseguite nel podere della Scuola e del resto questo rimedio non è punto una novità, ma è stato usato da tutti fino dai primi anni della comparsa della peronospora, e tutti anche, nel Veneto almeno, hanno potuto convincersi che con questo rimedio non si ottengono che risultati mediocri, per nulla paragonabili a quelli splendidissimi avuti col latte di calce. 1 fratelli Bellussi, ai quali ninno vorrà negare il merito di abili e perseveranti sperimentatori, ecco che cosa scrivono delle prove da essi fatte fin dal 1883 colla polvere di calce : «Circa 20 quintali di calce furono sparsi sopra le viti, ma ciò non ostante in agosto e in settembre si fece manifesta la grande strage prodotta dalla peronospora. Le foglie erano quasi tutte cadute ; F uva rossa in luogo di nera ; così si ebbe una raccolta veramente infame." (Annuario del Comizio Agrario di Conegliano per V anno 1885 p. 115). 11 Comes osserva che qualora il vignaiolo verso il tramonto o prima della levata del sole impolveri di calce i pampini, questa si stempera nell' umido che incontrerà sulle foglie e con 1' acqua della rugiada formerà il latte di calce: proprio „quel latte di calce che è stato tanto vantato contro la peronospora." Se le cose stanno in questi termini il prof. Comes non potrà negare ai propugnatori del latte di calce il merito di essere stati i primi a segnalare il rimedio veramente efficace centro la peronospora, essendo una questione di secondaria importanza, dal punto di vista teorico, quella che il latte di calce sia versato sulle foglie direttamente ovvero vi si formi mediante la polvere di calce e la rugiada. Ognuno mi concederà che se d' ora innanzi sarà possibile ottenere dei buoni risultati colla polvere di calce sarà solamente in seguito alla conoscenza di questo fatto, fino allo scorso anuo ignoto, che cioè la polvere di calce non può tornar utile se non quando sia &ÀKUU1HTRIA, Tipografi» dì Carlo Prióra! aspersa nella condizione da poter dare origine al latte di calce. Senza gli esperimenti del Bellussi e della Scuola Enologica di Conegliano, l'uso della polvere di calce, fatto a caso e senza criteri razionali, avrebbe continuato-a dare risultati incerti e contradditori come ha dato finora. Ma si è poi ben sicuri che la polvere di calce somministrata nelle ore vespertine formerà colla rugiada, della notte un latte di calce altrettanto efficace contro-la peronospora quanto quello versato colle pompe irroratrici ? Per formarsi un concetto chiaro della questione-bisogna tener ben presente che dalle esperienze eseguite F anno scorso è risultato chiaramente che la calce riesce a proteggere le foglie non già per la sua azione! caustica contro i conidì della peronospora, ma semplicemente per ciò che il latte di calce ricopre la foglia di uno strato che le zoospore non possono perforare e attraversare per svilupparsi entro al parenchima: l'azio-l ne adunque è tutta meccanica e non chimica come mol-i ti suppongono. Ora coli' uso della polvere si riescirà a formare j sulle foglie uno strato compatto, una specie di vernice omogenea che valga ad impedire la penetrazione dei germi infettivi ? Non si può affermarlo nè negarlo, perchè non sono state finora eseguite esperienze in proposito. Peraltro da alcune prove fatte da me sopra foglie bagnate e poscia impolverate dalla calce, risulta che lo stratto si forma assai disugualmente e quindi si può prevedere che mediante la polvere si avrà un' efficacia molto mi-1 nore di quella che si ottiene coli' applicazione diretta del latte di calce. Tuttavia riserveremo il nostro giudizio fino a che'' nella nuova vegetazione avremo avuto campo di parago- j nare la rispettiva efficacia della polvere e del latte di calce ; ci sembra che anche il prof. Comes avrebbe do- i vuto riservare il suo, perchè finora egli non ha che ragionamenti da addurre e non fatti positivi. Finalmente faremo osservare che gl'inconvenienti deplorati dal Comes — cioè il danno alle piante la cui coltura è associata a quella della vite e la necessità del lavaggio delle uve troppo sporche dal bianco di calce non sarebbero evitati punto sostituendo al latte la polvere di calce. È evidente che l'uva resta ugualmente sporca nell' uno e nell' altro modo e che la polverizzazione diffonderà la calce a grande distanza danneggiando così anche i foraggi posti a qualche lontananza dalle viti. Concludiamo, assicurando l'eg. Prof, che la sua voce discordante non è punto riuscita a noi sgradita. Se ci siamo associati al coro numeroso che acclama in Italia al latte di calce ciò è stato per questa unica ragione che abbiamo de visu e con esperienze proprie constatato fatti che giustificano pienamente la fiducia in questo rimedio ; quando riconosceremo fatti ugualmente solenni che attestino 1' efficacia della polvere di calce non mancheremo da parte nostra di far propaganda a questo sistema di cura, che del resto non è che una modificazione di quello sostenuto da noi. Dott. Giuseppe Cuboni Pitìtro üadgnizza — Anteo Gravisi edit. e radat. responsabili 3