ANNO XXIII. Capodistria, 1 Aprile 1889. n. 7 PROVINCIA DELL'ISTRIA Esce il 1° ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3; semestre e quadrimestre in proporzione. — Gli abbonamenti li ricevono presBO U Redazione. Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Un numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. Il sentimento nazionale degl'Istriani studiato nella storia1) Ancora due parole, e finisco, del culto prestato da tutti gì' Istriani alla lingua nostra, culto che fu, e sarà sempre la più potente esplicazione del sentimento nazionale. Fino dai tempi della conquista romana, i coloni latini e i militari romani ebbero gran parte nella formazione del latino rustico che andò mano mano prendendo terreno sull'antiche lingue del paese veneto .-tracica e gallo -jjeltica. In Rovign^ invece,, a Tali e, a Urallesano, a Dignano, il nuovo latino rustico, conservò maggiormente 1' impronta della lingua preesistente alla conquista romana, perchè luoghi meno frequentati da coloni e militari. Ed è questo il dialetto dagli accenti crudeli e strani degl' Istriani annoverato da Dante nel suo libro — De vulgari eloquio — ai dialetti italiani. Se, come sognano gli Slavi, l'Istria fosse stata occupata prima dei Romani da genti di razza slava, di questo fatto avrebbe pur dovuto conservare memoria la storia, e un qualche dialetto dei tanti che si parlano dalle varie tribù slave nell' Istria, dovrebbe servire di studio per la formazione del loro Croato. L' autorità di Dante sta invece tutta per noi; l'autorità del padre della nostra letteratura: le citate sue parole sono il più irrefragabile documento della nostra italianità, e per esse il dialetto antico istriano vuol essere considerato quale un volgare ladino, comune a tutta la regione veneta, documento per gli studi dell' etnografia italiana. Se qualche affinità poi questo dialetto offriva prima del secolo XIV col dialetto friulano, per cui fu detto crudele e strano da Dante, andò poi mano mano svestendo i caratteri ladini e si avvicinò, per i frequenti contatti sul mare, al nuovo volgare che in tutte parti d'Italia andava sviluppandosi, mantenendo però per qualche tempo ancora, più che non si facesse a Venezia, centro dell' irradiazione, alcune traccie dell' antica latinità, le quali col procedere del tempo andarono poi disparendo. Ma se da un lato i commerci e le relazioni sul mare, e la libertà dei nostri comuni staccarono alquanto il nostro dialetto dal volgare friulano, parlato da genti più di noi soggette al feudalismo patriarcale; non, si deve credere però che questo sia avvenuto solo per 1' influenza veneziana, ma piuttosto per menu rie delle istituzioni romane. E per vero vocaboli vomente ladini sono d'uso quotidiano pr§£$o gli agricoltori dell' Istria che abitano nelle cittadelle e nelle borgate. «Così serir (seminare, piantare) ocar (mareggiare) sermentar (fascinare) pastinar (voltar la terra) comodo da quomodo (in qual maniera) oli da olet (odora) ignora (non so) e moltissimi altri nella sola Capodistria, dove altresì parecchi nomi di contrade campestri, abitate oggi da Slavi, suonano oggi alla latina, come Semedella (semitela) Ariolo e Perariolo (da area) Prade (da prata) Tribbiano, Pompejano, Paderno, Ancarano, Antignano, titoli frequenti di campagne romane:» 2) e simili in tutto a moltissimi nomi di casali e ville nell' antico agro di Lodivecchio in Lombardia. (Prade, Ariolo, Villa Pompejana, Paderno ecc. ecc.). Conchiude quindi benissimo in altro suo lavoro Carlo Combi — Vanno erigati tutti coloro, i quali la popolazione italiana dell' Istria immaginarono quale una veneta colonia di recente tradottavi dalla serenissima......... Giustizia per tutti — la storia ci apprenderà invece che Venezia portò in Istria Slavi non Italiani. Dunque Vedi l'erudito studio di Oddone Zenatti La vita comu nale ed il dialetto di Trieste nel MCCCCXXVI. Trieste Herrman-storfer 1888. 2) Vedi Combi Porta orientale Anno terzo pag. 117. è chiaro come il sole, che la lingua degli antichi Istriani si mutò in volgare ladino dopo 1' occupazione romana; e che questo volgare ladino, modificato non del tutto dal veneziano, è tuttora il linguaggio della parte colta di tutta l'Istria, la quale da secoli, usa quale lingua scritta la lingua illustre, comune a tutti gì' Italiani. In questa scrissero il Muzio, il Santorio, i Vergerio, il Carli, via e via fino al Kandler, ai Combi e al Besenghi ; in questa scrivono oggi Attilio Hortis a Trieste, autore di pregiati studi sul Petrarca, il Morpurgo, i Zenatti, Tomaso Luciani, il Cesca, il poeta Riccardo pittori da Trieste, il Revere, il romanziere Bocqardi ed altri moltissimi; ed è questo il sacro patrimonio ereditato dagli avi, che le vigenti leggi, bene interpretate, ci danno il sacrosanto diritto di conservare gelosamente. Perchè che cosa mai sono in confronto di questo diritto storico, confermato da documenti, e dalla autorità di Dante le pretese dei Croati ? E una nazione che non possiede neppure l'unità della lingua, per amore delle rozze tribù, importate da Venezia sull' agro latino, e che parlano vari dialetti, vorrà sopraffare in Istria una lingua che ha sei secoli di gloriosa letteratura? Le attuali leggi consentono ad ogni popolo 1' uso della propria lingua, e va benissimo; ma nei paesi di confine o di nazionalità mista, sempre deve prevalere nell' uso pubblico la lingua del popolo colto : la perfetta gftua-gli;;.aza è impossibile senza rinnovare le scene dèlia torre di Nembrod. Liberi gli Slavi che abitano l'Istria di parlare i loro dialetti; ma liberi anche noi di usare della nostra lingua nella pertrattazione dei pubblici affari, senza essere turbati da discorsi che non si capiscono. E tanto più liberi, e tanto più fieri del nostro diritto, che (cosa degna di nota questa) 1' attuale agitazione slava non è nata, ma importata nell'Istria: i caporioni si conoscono, preti perlopiù calati dal Cragno e dalla Croazia, e ospiti nostri. Non è vita, non è esplicazione del pensiero istriano ; non risponde al passato del paese ; con le varie tribù slave abbiamo vissuto sempre in pace, e si vivrebbe anche oggi senza una parola d'ordine venuta dal di fuori; e se certi forestieri non fossero venuti da noi a dare lezioni di diritti croati. ■ >l(JIl(> .1 l: J- r ; MIC'4 " - É J fi ! Ti"ll» Lezione a noi ! Prediche a noi, e da che pulpiti ! Sei secoli or scino,..l'uomo più grande della razza latina moveva da Aquileja verso l'Istria, ci sentiva parlare, e ^nnover^va subito il nostro dialetto tra i volgari d'Italia. Interrogati gli uomini, lo stesso uomo interrogò pure la natura, e salito appunto a San Michele sopra Pola vide il Prato magno e il Quarnaro «Che Italia chiude e i suoi termini bagna.» Queste le lezioni che noi ascoltiamo, sono questi gli uomini che hanno da noi voce in capitolo. Perciò senza preoccuparci d' altro, noi vogliamo entro i suoi naturali confini difendere la civiltà latina e il culto della lingua di Dante : questo è oggi il supremo nostro bisogno. E lo faremo fondati sulle vigenti leggi, senza curarci dell' ignoranza altrui, delle basse insinuazioni, e dei susurri di delatori, i quali prima d'indicare la pagliuzza nell' occhio fraterno, per non darsi della zappa sul piede, dovrebbero voltarsi, a vedere donde viene, e da qual braccio mossa, la trave, che con maledetti urtoni nel groppone, gli manda innanzi ad agire. Sarebbe il caso di ripetere un civile proverbio italiano : Zitto, in bocca chiusa non entrano mosconi. Per finire poi, come si è cominciato (giacché è necessaria oggi in casa nostra, anche nei tranquilli studi storici la forma polemica) diremo da ultimo a quel tale signore della boccaccia : gì' Istriani furono prima Latini poi Italiani; Slavi mai; questa la risposta della storia. Non si può chiudere la bocca, come al primo villano che s' incontra, ai rappresentanti del Placito di Risano, non a Dante per Iddio ! non ai rappresentanti della maggioranza della Dieta istriana, non all' intiera Dieta di Trieste, unica e vera capitale dell'Istria, non al suo popolo eminentemente italiano. E se anche, per un caso, impossibile ad avverarsi, si giungesse a chiudere la bocca agli uomini, parlerebbero i nostri monumenti, i monti, il mare, parlerebbero in Istria anche i sassi. E gì' Istriani allora muti, e gravi, come gente che pensi ad un' alta sventura, guarderebbero i monti ed il mare dalle volte dell' anfiteatro di Pola, dall' arco dei Sergi, dalla basilica di Parenzo, dalle rovine del Campidoglio di Trieste. Anticaglie e rovine, dicono gli avversari, il presente è nostro. Ma un popolo, che non ha un passato in un paese, è estraneo al paese stesso, ed ha già sottoscritto la sua condanna. E la storia che scioglie a noi lo scilinguagnolo ; non siamo e non saremo mai muti noi Istriani nella difesa della nostra lingua e della nostra civiltà. Il passato ci è garante : italiani fummo, italiani siamo, ed italiani, piaccia o non piaccia, vogliamo rimanére. Fine P. T. -•.Héàjfc»---- Ogrn.-u.rLO a- casa- sviali. Carpaccio (Continuazione vedi numero 6) A.) Tanto per variare incomincio da quello, che m,olti usano di porre nel fondo, intendo dire dalle fonti, che io copio esattamente, affinchè coloro, i quali per domicilio, od altra favorevole circostanza, si trovano nel caso di consultarle, ne traggano tosto lor prò, e, tenendo dietro alla traccia delle stesse, aumentino i documenti dimenticati o sconosciuti. Ben merita l'insigne pittore che ogni buon istriano concorra con la propria qualunque opera a rinverdirne la memoria, a rinnovargli innanzi alla storia quello splendore, onde la nostra provincia, per avergli dato i natali, si gloria di chiamarlo grande, e nell' arte uno dei più classici antesignani. Fonti : — (1) Vasari. Vite de' più eccellenti Pittori, Scultori ed Architetti. Livorno 1767. Voi. II pag. 540. (2) Ridolfi Carlo. Le meraviglie dell' arte, ovvero le vite degli illustri Pittori veneti. Padova 1835. I. pag. 59. (3) Lanzi Luigi. Storia pittorica della Italia. Milano 1823 V. Ili, p. 42. 47. (4) Carrer Luigi. Elogio di Vittore Carpaccio. Venezia 1834. (5 ì Bosschini. Descrizioni di tutte le publiche pitture della città di Venezia. Venezia 1733. p. 18, 72, 214, 405. (6) Mosehini. Guida per la città di Venezia. Venezia 1815. (7) Mosehini. Nuova Guida per Venezia. Venezia 1840. (8) Moschina, Guida per la città di Padova. Venezia 1817. (9) Zanetti. Bella Pittura Veneziana. 1771 e 1792. (10) Zanotto Francesco. Pinacoteca dell' Imp. Meg. Accademia Veneta delle Belle Arti. Venezia 1830. (11) Paoletti E. Il Fiore di Venezia. Venezia 1839-1840. (12) Stancovich Pietro. Biografia degli uomini distinti dell' Istria. Trieste 1828. V. Ili, p. 106. — *) specie nella seconda edizione del 1888, pag. 416-421, alle annotazioni recentissime^ (13 Maier Joch. Christ. Beschreibung von Venedig. Leipzig 1796. (14) Lecomte Jules. Venise. Paris 1844. (15) Friedrich Pecht. Siidfruchte. Skizzenbuch eines Malers. Leipzig 1854. I. p. 80. (16) Fr. Pecht, Venedigs Kunstschatze. Triest 1858. Heft IV. (17) Miinster 's Fulirer durch Venedig. Venedig 1857. (18) Frizzi. Guida per la città di Ferrara. Ferrara 1787. (19) Rigamonti. Pitture di Trevigi. (20) Fr. Muller. Die Kiinstler aller Zeiten und Vòlker. Stuttgart 1857 | 8. (21) Ticozzi — (22) De Boni — (23) Fussli — (24) Nagler — e gli altri dizionari degli artisti. (25) Istria 1846, N. 51-52. 1849, N. 63-64. (26) Slovnik Umjetnikal Jugoslavenskih od Ivana Kukulie-viéa Sakeinskoga — *) Fascicolo II,'Zagabria 1858. pag. 137-145. *) Alle suddette fonti trovo utile di aggiungere: (27) La Nuova Enciclopedia Italiana, non tanto per la sua brevità al titolo ^Carpaccio", quanto perchè ricorda un altro illustratore in: (28) Forster. Briefen i'iber Malerei. (29) Tra i Conversation - Lexikon cito, dei più vecchi, la edizione F. A. Brockhaus del 1843; (30) Fra le più recenti : Meyers Konversations - Lexilion. Voi. Ili, Lipsia 1886. (Riferisce „II Carpaccio e il Tiepolo" — Torino -Boux e Favale 1885; del Molmenti) Si accenna in generale a dipinti esistenti anche a Dresda. (31) M. Fontana. Guida di Venezia 1876. (A pag. 104: Nelle — stanze private del Doge — vi è „I1 leone di S. Marco" attribuito al Carpaccio. (32) E .per ultimo: Dr. Th. Gsell-Fels. Ober-Italien. Hild-burghausen 1872. (Nella quale guida si nominano due pitture ri-trovantisi a Bergamo, di cui si darà l'indice al debito posto). Dr. E. N. -------- Due lettere di Giacomo Zanella Nel numero 72 dell' eccellente periodico l'Archivio Veneto, leggesi un' ottima biografia del poeta Zanella, di cui tutta Italia ha 1' anno scorso deplorato la perdita. L' autore della biografia ha aggiunto una nota di tutti gli scrittori, i quali giudicarono il poeta, senza alcuna distinzione (che pure sarebbe stata opportuna) tra i critici che esaminarono, ed i critici che tentarono di demolire. E poiché tra i critici dello Zanella appare il mio povero nome, e taluno potrebbe credere abbia anche io contro l'illustre poeta sfoderate le unghie, vinco la ritrosia che mi è abituale; e a necessaria difesa rendo di pubblica ragione la risposta a me diretta dall'autore dopo letta la critica nel Cittadino. A ciò fare sono pure indotto dal desiderio di spiegare gl'intendimenti del poeta, e di portare, se anche in minima parte, il mio contributo alla storia letteraria per la piena conoscenza del pensiero zanelliano. E per vero nel Cittadino 26 e 27 Novembre 1868 io gli aveva fatto un rispettoso appunto, a proposito di una sua poesia su Galileo Galilei, perchè mi pareva argomento trattato troppo soggettivamente; e perchè nella mitezza e nella temperanza di linguaggio del grande scienziato vedeva quasi rispecchiarsi la mente del poeta sacerdote timoroso di offendere la curia romana. Vedrà il lettore la risposta e la spiegazione dello Zanella. E così è allontanato da me pienamente il sospetto di denigratore del poeta vicentino. Aggiungo, non senza peritanza, una seconda lettera che favorevolmente, troppo favorevolmente, giudica alcuni miei versi, oggi dimenticati, ignoti all'estensore dell' Almanacco delle Muse. L'Almanacco e le muse poco ci hanno perduto per vero; le lodi dello Zanella sono in gran parte frasi di cortesia; pure, giacché il Barbiera nell'Almanacco delle muse ha chiuso le porte in faccia a tutti gì' Istriani, nell' interesse, non mio, ma del paese, non per una misera e ridicola soddisfazione di amor proprio, ma indotto dalla carità del natio loco, mi faccio animo di additare al Barbiera il giudizio dello Zanella su que' miei poveri versi; tanto perchè un' altra volta abbia a rammentare che nell' Istria pure, come in ogni altra provincia italiana; o bene o male si scrivono dei versi. Ed ecco ora le lettere dello Zanella. Ottimo professore, Padova 2 Novembre 1868. Ebbi i due numeri del Cittadino col suo bellissimo articolo sopra i miei versi. Riconobbi tosto la penna spiritosa e vivace, che nei giorni...... di lotta ha tenuto vivo nelle nostre provinole il santo fuoco della speranza 0............ ........Io ho cercato di fare il poco che poteva; ella, tanto gentile, ha volato trascorrere troppo nelle sue lodi. Ho trovato giustissimi i suoi appunti ; ma quanto a Galileo creda, che avendolo fatto parlare con tanta temperanza io non ho fatto che scemare la colpa che gli si volesse dare di essersi ritrattato. Mi conservi la sua preziosa benevolenza, e mi creda Di Lei 066. Servo Giacomo Zanella Egregio Professore, Vicenza 20 Ottobre 1877. Altra volta ebbi da lei prezioso dono di suoi versi. Il volumetto ultimamente mandato mi ha rinnovato il rossore di non averle già fatti i miei ringraziamenti : perdoni alla mia smemorataggine. Quanto bello, giusto, vero, santo quel suo Sermone SulV insegnare !2) In un volume che uscirà, entro il mese, di mie prose, dico cose medesime : così fosse con la medesima efficacia ! Anche sul del........non si può scrivere con dignità maggiore, e con più nobile affetto. Peccato che quel robusto verseggiatore si lasci vincere dagli esempi oltremontani ! Ella continui a tener viva la fiamma dell' onesto pensare e del bel poetare, e mi creda Di Lei dev.o G. Zanella Egregio Professore Paolo Tedeschi Lodi Seminario o Collegio li Capflistria (Continuazione vedi N. 7 e seg.) addì 30 marzo 1699 *) Radunato il Sp.le Coll.o del Seminario al n.o di dieci e fu stabilito come segue. Vada parte di torre ad imprestito D.i sessanta dagl' utili della fontana quali deuono essere irremissi-bilm.te restituiti col p.mo soldo che di rag.ne del Seminario si riscuotesse imponendo obigatione particolare al Cas.o del Seminario che deue adempiere la sopras.ta restitutione col p.mo soldo che uenisse riscosso e questo p. I1 onorario eh' a riguardi del uiaggio deue esser contribuito alli Maestri che sono p. capitare. Ballottata P. 10 C. — *) Nota in margine: Nulla p. esser registrata nel bollettario del fontaco, cioè la bolletta e la parte è registrata nel libro de Consegli duplici 11. ') Si allude al giornale II Tempo di Trieste. 2) Nel Graffiatine e Carezze. — Lodi, Dell' Avo. adì 25 Ap.le 1699 Radunato il Sp.le Coll.o de Seminario al n.o de undici e fu posta la seguente parte. Essendo già auanzati nel uiaggio p. q.ta città li due Maestri eletti dal zelo del S. Abate Brutti come da parte del Coll.o de di etc. e douendo esser stabiliti dalla Ballotatione in q.to Coll.o Vada parte posta dalli SS. Cristoforo Brutti Dr. Franc.o Grisoni Sindici di condurre li due maestri p. anni tre da principiarsi la condotta al loro arriuo in q.ta Città con le solite conditioni, e salario già stabilito da più parti, e solito a darsi a loro Precettori de quali l'uno sarà di Rettorica e l'altro di Vmanità giust'alla parte presa in questo Coll.o. (carte 43) Adi 8 Maggio 1699. Comparse in off.o il Sig. Don Girolamo Grauisi Dr., et instò notarsi, ch'essendo tosto per giungere li Maestri del Seminario di questa Città, cade in conseguenza la dispensa, che ne richiede dell' essercitio fin' hora sostenuto in queste publiche scuole. Venerando per tanto la conferita incombenza per un fregio benefico dell' adorata sua Patria, cosi per questo, come per tanti altri, con la douuta gratitudine, implora alla medesima dal Cielo le più copiose beneditioni, esibendosi anco spirato il suo tempo con riconoscenza di semplice aggradimento ad' ogni suo cenno, e richiesta continuare l'impiego sino all'arriuo de uenturi soggetti; instans. sic. adi 9. d.o Fu notificata la sop.ta comp.a ex off.o all' Ill.mi SS. K. Olimpo Gauardo, et Dr. Bortolo Petronio Sindici, i Ill.mi SS. SS. P.ni Col.mi*) Adempisco il mio debito unitamente con gì' altri ; P. P. assistenti significando alle Sig. e V. V. Ill.me, che domatina parte il Padre Carlo di S. Piero, che con la presenza si darà più distintamente a conoscere per guidare a cotesta uolta i due Maestri compromessi, quali essendo per molti anni uersati nelle scuole prime con molta lode, spero saranno graditi dalle S. S. V. V. : Ill.me e che si raccomanderanno con le proprie Azioni, e col profitto di cotesta nobile Giouentù nella Pietà, e nelle Lettere. Confido ancora che col progresso del tempo senza pregiud.o d'altri si degneranno le SS. VV. Ill.me seruirsi d'uno de miei Religiosi nella terza scuola del Semin.o, acciò con maggiore Armonia si possa procedere nel gouerno uniforme di tutte coteste scuole. Di che unitam.te con i medesimi P. P. assistenti supplico la gran Pietà delle !SS. VV. Ill.me, offerendomi con i medesimi ai loro riueriti comandam.ti, e confermandomi sempre più riuerente, et obbligato alli Patrocinii Roma 2 maggio 1699 di SS. VV. Ill.me Vmiliss.o e Obbligatis.mo Senio Bernardo della Mad.a di Dio Ass.te e Coad.e Gen.le *) Nota in margine: Vedi a carte 21 Ducale di confermate dell' Ecc.mo Senato dei contros.ti Maestri. La Ducale fu pubblicata nel N. 7 di questo periodico — 1 Aprile 1888 — a pag. 51. Antonio di S. Giuseppe Ass.te Gen.le second.io All' Ill.mi Sig. Sig. e P.ni Col.mi Li Sig. Sindici di Capod' Istria Ill.mi SS. P.ni Col.mi Accompagno con questo mio riuerentissimo foglio li Padri Rettore Carlo di S. Pietro d'Ancona, Padre Eugenio di S. Silvestro di Fiorenze, P.re Claudio di S. Stefano di Roma e fra Luca del Nome di Maria di Firenze, destinati per le scuole di cotesto Sem.o, e le SS. V.re Ill.me, che si sono degnate mostrar tanto gradimento di questa mia fortunata elett.ne, spero barreranno la generosità di farlo conoscere sempre maggiore nell' accoglierli, et animarli, affinchè si renda reciproco il desiderio all'Ill.mo Pub.co di mostrar sempre questa Relig.ne prediletta et alla Relig.ne di proueder continuamente de soggetti d' esquisita uirtù. Io ho stabilito per tré anni, ma confido nel Sig.e Iddio, che chi succederà nel gouerno non hauerà per 1' auuenire a pensar ad altro, e che la Patria sarà inuidiata per quest'acquisto. Mi riporto a quanto scriuo a dirittura su questo med.mo negotio, et alle SS.e V.re Ill.me fo cordialiss.a riuerenza Roma, 2 maggio 1699 di VV. SS. Ill.me Deuotis.o Obbligat.mo Seru.re Dionisio Bruti (Continua.) Antonio Barsan Era uno dei pochi uomini egregi che raggiunta l'età senile ancora ci rimangono ad occupare i posti più difficili nelle amministrazioni comunali e provinciali, e in seno alle istituzioni sorte in questi ultimi tempi nella nostra provincia: dei pochi che oltre una grande intelligenza un anima generosa, integrità di carattere, possedesse una lunga esperienza: un complesso di virtù che formavano il tesoro della città cui fortunatamente stava a capo, e davanti alle quali i nemici stessi non avrebbero osato ardire aperte lotte. Apparteneva a quella nobile schiera di patriotti i quali appena spirate le aure di libertà, senza lotte per unanime sentito voto dei cittadini, eletti alle pubbliche cariche, andarono ad occuparle con entusiasmo con abnegazione e le tennero animati da un solo pensiero, dall'affetto per la patria. Nobile schiera che si va ahi troppo rapidamente assottigliando, e ad ogni mancanza ci lascia sgomenti! Antonio Barsan entrò nella dieta provinciale fino dalla sua istituzione nel 1861 e vi rimase rieletto nei susseguenti periodi fino all'anno 1883; per qualche tempo (1870- 77) coperse anche il posto di assessore provinciale per adempiere a un dovere con suo sagrifizio, e ricomposta la giunta ritornò alla sua vita modesta di professionista e di cultore delle belle lettere; chiamato nel 1875 ad occupare il seggio podestarile nella città di Pola, dove esercitava l'avvocatura, obbedì e disimpegnò 1' arduo onorifico mandato coi migliori risultati fino al giorno che abbandonò nel 1882 la carica, alla quale P anno decorso fu rieletto con la più grande soddisfazione della città di Pola che riponeva in lui le migliori speranze ; egli accettò un altra volta con annegazione, ma le forze gli vennero meno e colpito da fiero morbo morì. Quanto egli fosse amato e stimato lo hanno dimostrato il compianto di una intera città, e di tutta la provincia. Abbiamo dovuto compiere, in breve periodo, troppo spesso il doloroso ufficio di ricordare la memoria di egregi uomini, ed ogni volta, come oggi, abbiamo sentito il desiderio di far seguire alle parole di elogio, la descrizione dei fatti nell' esercizio della vita pubblica per cui gli elogi si meritarono ; ma questo lavoro è superiore alle nostre forze, e i tempi noi consentono ; ci conforta la certezza che verrà giorno in cui la storia ricorderà coi numerosi documenti dagli archivi comunali, e con la preziosa eredità degli esempi fecondi tramandati di genera-ziQne in generazione, gli egregi che presero tanta parte in quest' ultimo periodo non inglorioso di cin-quant' anni, a maturare i destini della patria. Antonio Barsan avrà un posto d'onore tra questi egregi. Antonio Barsan nacque a Rovigno nel 1823; fece gli studi in patria e nel liceo di S. Caterina di Venezia. Passò a studiare legge nell' università di Pavia, e fu laureato in quella di Padova. Seguì la carriera degli impieghi giudiziari e fu promosso al posto di sotto procuratore di stato a Cherso e poi a Rovigno ; ma ben presto abbandonato l'impiego, concorse e fu nominato notajo a Pola nel 1864; otto anni dopo si fece avvocato. I funerali furono fatti a spese del comune di Pola per unanime deliberato di quella cittadina rappresentanza e riuscirono splendidissimi per ricchezza di pompe e commoventi per lo straordinario concorso di rappresentanze di tutta la provincia, di Trieste e Gorizia. 2ST o tizi e La Presidenza della Società Politica istriana ha tenuto domenica 17 p. d, una seduta straordinaria, nella quale fu deliberato di pubblicare il seguente Appello : Elettori del Collegio delle città, borgate, paesi industriali e del Collegio della Camera di commercio e d' industria delV Istria ! Per sostituire il non mai abbastanza rimpianto cornili, dott. Yidulich Deputato al Consiglio dell' Impero, gli elettori delle città, borgate, paesi industriali e della Camera di commercio e di industria sono chiamati all'urna pel giorno I. e rispettivamente 4 aprile p. v. La Presidenza della Società politica istriana ha anche questa volta assunto il grave compito di proporvi il candidato, su cui con tutta tranquillità d'animo e colla coscienza di fare il bene della patria nostra possiate concentrare i vostri voti. LODOVICO DOTT. RIZZI DI POLA giovane di sentimenti liberali e purissimi, di carattere integro, inspirato al più verace amore di patria, della di cui attitudine alla vita publica abbiamo già splendide prove, è il candidato che la Presidenza della Società politca istriana dopo maturo esame e tenendo conto della publica opinione vi presenta, nella certezza che gli interessi generali della nostra provincia troveranno in lui in ogni evento, in ogni tempo ed in ogni luogo un difensore intelligente, strenuo e coscienzioso. Elettori ! concorrete per ciò tutti, senza eccezione a dare il voto al dottor Lodovico Rizzi e così giustificherete ancora una volta l'invidiabile ma ben meritata fama, essere le città, borgate, paesi industriali e la Camera di commercio e d'industria sempre concordi, gli inespugnabili baluardi della nazionalità e civiltà italiana e del liberale progresso dell'Istria. Pisino, 17 marzo 1889. LA PRESIDENZA della Società politica istriana La morte prematura successa il giorno 16 p. d. del Comm. Bartolomeo Ceccbetti R. sopraintendente agli Archivi Veneti, fu sentita con vero dolore anche in questa provincia, dove aveva molti ammiratori, i conoscenti, per le frequenti nostre ricerche storiche nell' archivio di stato in Venezia. Pieno di zelo e gentile con tutti che dal mondo civile si rivolgessero a lui per notizie, a noi si dimostrò fratello ; e ne serberemo sempre riconoscenza. Porgiamo alla sua signora, la gentile poetessa Anna Mander Cecchetti, ed alla famiglia egregia le nostre condoglianze. Pubblicò parecchie opere, la principale delle quali è La Repubblica di Venezia e la Corte di Roma; nell' altra sua opera Gli archivi della Regione Veneta comprese gl' importanti documenti che si conservano nei municipii di Albona, Barbana, Capodistria, Montona, Muggia, Pa- renzo, Pirano, Pisino, Rovigno Valle; e l'elenco degli atti di Raspo e dei manoscritti di Kandler conservati nell' archivio provinciale. -----ÌÌSX&r--- Cose locali Ieri ebbe luogo il congresso generale del nostro gruppo "Pro Patria». Si è lamentata la scarsezza degli intervenuti; a proposito di che abbiamo trovato molto giuste le raccomandazioni del direttore del gruppo, ai signori soci, di essere disciplinati conforme le prescrizioni dello statuto ; nou bastano le generose saltuarie dimostrazioni ; è necessario sempre e nell' esatto paga -mento dei canoni, e coli' intervenire alle sedute, magari nojose, in ogni occasione, partecipare con rigorosa esattezza; acciocché anche i minori congegni dell' amministrazione sociale funzionino senza interruzione. Approvata la bellissima relazione del segretario sulla gestione morale economica del gruppo durante l'anno decorso, furono rieletti a unanimità la direzione e i delegati del gruppo. La società cittadina di navigazione a vapore tenne ieri il suo congresso generele per l'esposizione ed approvazione del bilancio e del dividendo. Gli affari dell'anno scorso furono buonissimi. Coperte le spese ordinarie, sostenuta una grossa spesa pel ristauro radicale del piroscafo Carli, esborsato l'importo rateale annuo per l'acquisto del nuovo piroscafo Santorio, nutrito convenientemente il fondo di riserva, si è potuto ancora ripartire cogli utili dell' esercizio il 6% nelle quote sociali. Le previsioni per l'avvenire di questa nostra società sono molto promettenti e noi andiamo lieti di annunciare un fatto che torna utile e decoroso al nostro paese. La spettabile Direzione del gruppo locale della società "Pro Patria, ci comunica, e noi pubblichiamo di buon grado, quanto segue: L'introito lordo della serata datasi a benefìcio del fondo "Pro Patria, la sera del 25 febbraio decorso in questo teatro sociale ascese alla vistosa somma di f. 740,14, l'introito netto spedito alla direzione centrale di Trieste importa f. 607,55. Da alcuni soci pervenne alla scrivente la somma di f. 85,81, risultato di numerose piccole oblazioni, che gli offerenti destinarono al fondo "Pro Patria, per onorare la memoria del compianto Dr. Carlo Bertolini, presidente della società. Il signor Antonio Burlini consegna l'importo di f. 8 raccolto in una cena di amici a beneficio del fondo sociale. Con lo stesso intento la spettabile direzione della società cittadina di navigazione a vapore devolve l'importo di f. 5,28 reincassato per una tassa da lei indebitamente pagata. Il sig. Giovanni Battista Padovan dedica al fondo sociale f. 8, raggranellati in una cena di amici. La lettura del programma sull' operosità che la società di pesca e pescicultura marina si prefìgge di spiegare per lo sviluppo e l'incremento dell' industria peschereccia, pubblicato in occasione del congresso generale della società tenutosi in Trieste il 24 p. d. ; ci ha fatto credere opportuna la pubblicazione del seguente articolo, tradotto dalla Neue Freie Presse del 5 gennaio p. d., di Enrico Lùtrow, che tratta la stessa importante questione con piena conoscenza di causa, e senza reticenze dipinge le misere condizioni della pesca nel nostro mare e ne prescrive i rimedi. INDUSTRIE MARITTIME (Chi dura vince) Un allegra comitiva, nel decorso maggio, dopo una passeggiata di alcune ore lungo la ridente riviera del Quarnero, tra i poggi coperti di lauri e le amene vallette, si raccoglieva a modesto desinare nelle vicinanze di Abbazia. Il parco menu consisteva di un risotto, di pesce, e arrosto, preparato semplice ma a puntino e condito dalla ben nota saporita salsa dell' appetito, bagnato dall' eccellente vinello del paese, ancor puro in grazia alla mancanza in quei luoghi di una società enologica. La seconda portata, il pesce, era una frittata di minudaia, pesce popolo; ci saranno state delle centinaja di vittime microscopiche; intere covate appena sviluppate, di tre o cinque centimetri riempivano i piatti ; e per quanto possibile, si distinguevano i nobili branzini e i barboni fino alla sardellina e al guato volgare. A tal vista si sollevò un grido di indignazione contro la vandalica pesca del novellarne, e siccome tra i presenti vi erano degli ittiologhi, e appartenenti alla società della pesca da poco istituita in Trieste, il discorso cadde naturalmente sul manchevole e irrazionale ramo di industria marittima, sul sistema di pesca barbaro usato da noi. E furono pronunziate amare parole, ma vere. Francia, Inghilterra, Germania, America furono citate a modello a proposito di questo vivo e importante cespite di rendita, contati i milioni che in quei paesi si ricavano dalla pesca. Tra altri abbiamo ricordato Carlo Cav. Scherzer, quello che ha fatto il giro del mondo, ora console generale austriaco in Genova, per la bella relazione fatta or sono pochi anni sulle industrie marittime. Se non che i pesciolini non potevano più essere restituiti al loro elemento : erano fritti i poveretti, d'altra parte noi tutti ittiofoghi abbiamo vuotati i piatti recitando necrologie elegie con funebri meditazioni; ma abbiamo altresì fatto il proposito di ricordarsene in seguito, e richiamare 1' attenzione dei nostri uomini pubblici, deputati alle diete, al parlamento, sopra i tesori posseduti dallo stato, e che fin ora non furono sfruttati. Pubblicazioni e accurate statistiche dimostrano i guadagni degli stati vicini, e in confronto a questi 1' Austria vi fa una figura ben meschina. A ciascuno il suo; il governo ungherese con uno sviluppo di costa di 85 miglia marittime, da Fiume a Carlopago l'Austria ne conta 3600 — dall'anno 1868 in cui ebbe principio la sua amministrazione, collocò ogni anno nel suo bilancio una somma considerevole per i miglioramenti della pesca, e spese fior. 6000 per la costruzione di barche, attrezzi e reti sui modelli Chioggiotti ; addottò la misura introdotta in Austria riguardo i pericfdi di proibizione della pesca a fondo e strascico, da Aprile a Settembre; pubblicò regolamenti, decreti che proibirono la pesca del novellarne, con la tratta presso le spiaggie, la pesca con le fiaccole e con la dinamite ; esperimentò la coltura delle ostriche nel golfo di Martinschizza ; la propagazione dei salmoni del Reno, e dei gamberi. Tutto tempo e fatica sprecata perchè questi lavori non vennero sistemati razionalmente, mirarono a proteggere la popolazione costiera la quale esercita la pesca con modi illeciti e senza fatica; e in fine perchè le misure di riforma devono essere allargate su grandi estensioni e mantenute con rigore onde riescano fruttuose. E intanto è provato che la pesca nell'adriatico diminuisce anzicchè aumentare, che i soli pescatori che comprendono quest'arte sono gl'italiani del regno, e che nel tempo della concessione della pesca da Settembre alla fine di Aprile, i mercati sono abbondantemente forniti da quei pescatori, e non si verifica alcuna vandalica distruzione di novellarne con le loro reti a strascico. Nessuna meraviglia dunque, se la popolazione della costa da Trieste a Fiume fino a Spalatro saluta con piacere in Settembre le vele pittoresche della flottiglia Chioggiotta, la di cui venuta ritorna al mercato abbondanza di pesce e a buon mercato. Migliaia di povere famiglie dell'Istria e della Dalmazia vivono esclusivamente, durante la stagione della pesca, soltanto di polenta e pesce. La commissione d'inchiesta per la pesca quattri anni or sono in Gorizia, ha potuto constatare con 1' ajuto di valenti scienziati ittiologhi, e di competenti pratici, la innocuità del modo di pesca dei Chioggiotti; e riscontrò che essi soli offrono a prezzo vile il pesce da loro portato di prima mano al mercato, ma che questo prezzo viene alzato quando il pesce passa in seconda mano al mercato col mezzo dei pescivendoli ; un eccesso che venne più volte lamentato ma al quale fin ora non venne posto riparo. Il chioggiotto vende il suo pesce assortito a un prezzo ristretto al pescivendolo nella pescheria, il quale lo separa e ne stabilisce il prezzo, sovente doppio e fino a dieci volte tanto, secondo il bisogno del mercato, le varietà, e le epoche dell' anno (giorni di digiuno, Natale-Settimana santa e occasioni di spedizioni). Tutto ciò è a conoscenza dei Municipii, ma non vi pongono freno, malgrado che il popolino ne soffra. Da un anno il pesce non è soggetto a dazio eccettuato quello di lusso come scampi (astacus norvegicus.) e gran-zievole Iche pagano un dazio considerevole. Questa misura viene spiegata con l'intenzione di sollevare l'industria della pesca degli indigeni di fronte ai forestieri. Nessuno dei nostri giornali che pure aprono le colonne ad argomenti di economia rurale, eccettuata la Neue Freie Presse (decembre 1880, agosto 1886) si è mai curato di rilevare le tristi condizioni dell'industria della pesca; il pregievole lavoro di Antonio Krisch intorno alla pesca in Austria pubblicato nell' opuscolo La Pesca dei Chioggiotti, rimase lettera morta; la costosa opera illustrata The fischerie of the Adriatic che dobbiamo a un erudito straniero, C. Faber console inglese a Fiume, non venne letta, e soltanto se ne ammirarono le splendide illustrazioni; le susseguenti pubblicazioni del professore Colombatovich di Spalato, e del solo coltivatore razionale di pesce e di ostriche A. Gareis in Pola, ri- masero prediche al deserto. I buoni consigli furono gettati al vento, nessuno seppe approfittarne, se non i Chioggiotti ai quali nell' interesse della piscicoltura, severamente è proibito di pescare a cocchia e strascico a fondo da Decembre all'Aprile sulla costa italiana, mentre possono pescare in quello stesso periodo sulla costa austriaca, il paradiso della pesca, come la chiamano, e per la abbondante preda e per la frequenza e facilità di poggiata, nei porti sicuri di questa costa durante le burrasche invernali. Durante il periodo del divieto di pesca, sulla costa italiana, pescano sulla nostra costa 880 chioggiotti con 220 barche, e ricavano in media annualmente dai nostri mercati 360 mila fiorini e ne importano nel loro paese oltre 250000 fr. — Per questa libertà di pesca del nostro pesce, abbiam o in ricambio il vantaggio dell' esenzione del dazio d'introduzione nel regno d'Italia del nostro pesce salato, dazio che corrisponderebbe a fior. 15 mila in media ciascun anno; si veda da qual parte stia il maggior utile; avvertendo ancora che non è ben dimostrato, se sia razionale il diritto accordato ai Chioggiotti, di pescare nello stesso golfo sotto circostanze climatiche uguali, in un epoca determinata sulla costa orientale e in un altra sulla costa occidentale, e se sia miglior partito mutare i periodi accennati. Sul tempo della cova i scen-ziati non sono del tutto d'accordo ; del pari non è dimostrato ancora se la pesca con reti a strascico in grandi profondità porti danno alla propagazione del pesce; ma possiamo affermare che le reti delli stessi Chioggiotti che spesso abbiamo esaminato durante la pesca sortite dalle acque non mostrarono traccia di fango ne traccia di novellarne; mentre questo si trova in acque basse e viene barbaramente distrutto dai pescatori indigeni con le tratte che si tirano a terra. Questa piccola rete viene gettata anche con la bonaccia dalla barca, e si trascina sul fondo dove tutto sconvolge nelle nidiate, e porta su la fregola e il novellarne di pochi centimetri. Le grosse barche dei Chioggiotti non possono pescare in bonaccia, abbisognano di bava fresca per filare almeno quattro o cinque nodi all' ora; e con questa briva la rete che è trascinata da due barche con rotta paralella, non può toccare il fondo; e specialmente quando si tengono alla prescritta distanza di tre miglia marittime; mentre i pescatori costieri possono pescare a un solo miglio dalla spiaggia, e spesso anche dentro il miglio, specialmente di notte tempo. Malgrado ciò non è ancora constatato se più danneggia la produzione del pesce il Chioggiotto o il nostro pescatore. La sola grande opera veramente apprezzabile che possediamo sulla pesca dell' Adriatico, fin ora, è quella del Dr. Carlo Marcbesetti „La pesca lungo la costa o-rientale dell'Adria" In questo libro la questione viene trattata con profondità- di vedute, e con tanta ricchezza di dati statistici intorno al nostro mare così ricco di pesce e facile a navigarsi, che bisogna arrossire e lamentarsi con r egregio autore quando ci dipinge i numerosi tentativi fatti per sollevare l'industria, e la nessuna perseveranza nel continuarli ; limitati a mezze misure, e abbandonati subito che non si avesse toccato un immediato risultato; come si fece per esempio nell'iniziata coltura di ostriche nelle lagune di Grado e Aquileja, e 1 nel litorale ungherese a Martinschizza presso Buccari. I L'America, la Francia e l'Inghilterra hanno sagri-ficato per anni e anni somme enormi per la propagazione del pesce, e godono oggi una corrispondente rendita. Ma senza perseverare nei ripetuti tentativi, sieno pure costosi, non si può attendersi una riuscita. E chi non semina non raccoglie. La grande importanza della pesca nella economia degli stati ci venne insegnata dai Romani e dai Greci ; e dai moderni non solo nel mare mediterraneo e nell'oceano del sud dove tutto concorre col sole splendido a favorire la pesca; ma i più inospiti paesi, i più avversati per così dire dalla natura, come la Svezia e Norvegia, hanno saputo ottenere incredibili risultati dalla pesca — la rete ha sostituito l'aratro in alcuni luoghi, e per esempio in Norvegia una popolazione di 1.800,000 abitanti ha potuto ricavare nel decennio 1869-79 una rendita di £9 milioni di fiorini dalla pesca. In Francia la pesca dà una rendita media di 37 a 40 milioni, in America di 120 milioni, in Inghilterra di 100 milioni di fiorini. Qualora si facesse un confronto proporzionato alla estensione tra la costa francese e questa austriaca, il prodotto della pesca dovrebbe salire qui da noi a fiorini 1952000 annui, mentre dalle nostre statistiche apparisce di f. 152,000. Dalla recente pubblicazione del prof. Brown Goode (Nuova York 1882) la rendita annua che gli Stati Uniti ricavano dalla pesca ammonta a 48,880,000 di dollari. Ed oltre alla considerevole rendita nazionale, fa duopo tener conto dell' abbondante sicuro e molto salubre mezzo di sussistenza offerto alle popolazioni col pesce. Fino a tanto che noi contempleremo lo splendido azzurro del mare, di questo bellissimo mare che si spinge così addentro della monarchia, così favorito dal clima e dalla facilità di movimento, e tanto suscettibile di prodotto ; noi incorreremo nella più vergognosa critica, e perderemo ogni energia, perchè abbandoniamo tanti tesori sepolti, mentre con un dispendio relativamente piccolo, potressimo assicurarci una grossa rendita. Chi dorme non piglia pesce. Questo il grido che dovrebbe alzarsi dalle nostre spiaggie ; per svegliare dal letargo quei tali il cui dovere sarebbe di additare i tesori che inutilmente si trovano nelle profondità del mare; quelle profondità che sono popolarissime come la superficie terrestre e l'aria ; e approfittarne a vantaggio della ricchezza nazionale ed a benefizio dell'umanità. Uomini esperti cui' affidare tale incarico, non ne mancano, purché si sapesse prescieglierli ; e la sola opera del Marcbesetti basterebbe per servire di guida nel lavoro di indubbia riuscita e con una spesa relativamente piccola. Voglia Dio che si risolvano una volta a fare ciò che altri hanno già fatto da gran pezza, con iniziative coronate dai più splendidi successi, che si godono oggi superbi: mentre la nostra meschina industria della pesca va decadendo ogni anno, in barba alle leggi, alle ordinanze alle scritturazioni d' ogni specie, che vengono sepolte nel mare e non salvano il novellarne, ma ne raddoppiano la distruzione: mentre Marziale (Epig. LXIII) da vero epicureo canta : Ad Pallatìnas aeipensem mittite mensas Ambrosias ornent nranera rara dopes mentre noi facciamo la strage degli innocenti della menudaja e paghiamo questa distruzione a 10—15 soldi il chilo ! Enrico Littrow Pietro Madonizza edit. e redat. responsabile