ANNO XXYI. Capodistiia, ir Gennaio 1892. N. 2 LA PROY DELL'ISTRIA Esce il 1° ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3; semestre e quadrimestre in proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso la Redazione. Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Un numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati PRODROMI E CONSEGUENZE delle Ribellioni di Capodistria e d'Isola nel 1348 Continuazione, vedi numeri 21, 22, 23 anno 1891 ed 1 a. c. , 1348 more veneto 3 gennaio. — Essendo Giacomo Tedaldoni da diciotto anni al nostro servizio in Capodistria con due poste e nella ribellione essendo stato ferito e spogliato de' suoi beni come asseriscono Marco Giustinian, allora podestà di Capodistria e Andrea della Fontana, allora consigliere colà, gli si concede una posta equestre a Capodistria, alle stesse condizioni dei precedenti. (Atti memorie. "Voi. IV Fascicolo 1 e 2 pag. 56). 1348. Seguono altri due decreti del 22 gennaio dello stesso anno; il primo che determina la quantità d'armi necessaria a tenere ben custodita Capodistria; (Cesca Documento LXXIV.); e l'altro che ordina ai soldati di presidio di tenersi quanto più possono in prossimità della piazza. (Item Documento LXXVIII). E ciò non è ancor tutto. Stava a cuore al governo di avere in mano i capi della ribellione ; ed ecco perciò con altro terzo decreto dello stesso giorno citati sei dei cinquanta esigliati, non ancor comparsi a Venezia, di presentarsi entro quaranta giorni. E questi sono : Ser Pasqualino Vitando. Ser Michele de Lagnano. Ser Marcolino Copedella. Ser Bernardo de Guerra e suo figlio. Ser Pietro de Guerra suo fratello. (Cesca Documenti LXXIX). 1348 more veneto 27 gennaio, — Che Cristoforo Tele di Chioggia, detto Canestro, avendo avuto molti danni nella ribellione di Capodistria, ed avendo perduto tutto quello che aveva colà, perchè mentre era alla custodia del vicolo di S. Pietro prese molti di que' traditori e li condusse prigionieri a Venezia ex eo quia dum foret ad custodiam vici sancti Vetri, cepit multos ex illis proditorihus quos Venetias ducit captivos " abbia, anche dietro le informazioni avute su lui dai provveditori venuti da Capodistria, una posta equestre a San Lorenzo. (Atti e memorie loco citato pag. 56). Quindi si vede quanto fosse estesa la ribellione; non solo in piazza o intorno il Castel Leone si combattè dai congiurati, ma anche nelle parti più remote, e in generale in tutte le contrade vicine alle porte. Il vico, .o^ contrada di San Pietro si stacca oggi dalla Piazza dei Cappuccini, rasenta il mur(T^élP orto der^couvento, e mette capo sotto riva, di fianco al magazzino del sale, dove sorgeva un tempo la Porta S. Piero. Corre tradizione che da questa porta entrasse in città San Nazario ; ed è perciò che nel giorno solenne del Santo la processione fa una stazione precisamente al fianco dell'attuale magazzino del sale. Chiamasi anche Porta Rotta ; e per vero, oggi non so, ma a' miei tempi tra quelle casupole si vedevano molti rottami, e la via era proprio uno scheggiato calle come dice il poeta. 1348. m. v. 26 febbraio. Si conferma Lorenzo de Faganellis nella custodia della Porta Busardaga, per la sua buona condotta durante la ribellione, come è attestato dai provveditori. „Quod fiat gratia Laurencio de Faganellis qui per provisores nostros qui tempore ribellionis Iustinopolis se reperierunt in Istria, de sufficentia et bono portamento com-mendatur; ob quae ipsum in custodia porte Bu-sardage de Iustinopoli constituerunt, confirmetur. (Atti e Memorie 1. c. pag. 57). Ed ora tratteniamoci alquanto col nome di detta porta. È la prima volta, credo, che in un documento edito apparisce la lezione latina Porte Busardage, tradotto evidentemente dall' istriano Porta Busardaga') In un altro decreto del senato del 134:9 si legge invece — Porto Busardago. (Atti e Memorie pag. 59). Dunque, si noti bene, i documenti veneti variano la flessione Busardage, Busarrfagra, Busard^o per concordare l'aggettivo col nome, ma sono costanti m ì dare la radicale della parola stessa. Si può ragionevolmente supporre che il Senato in decreti di tanta importanza abbia errato, e data costantemente quella lezione invece del moderno Bossedraga ? No certo, tanto più, quando si rifletta che noi documenti riferiti dal Cesca e nei Senato consulti, i nomi di tutte le altre porte sono dati sempre corretti —- Zubenaga — Musétta ecc. ecc. Pare adunque si possa conchiudere che Bossedraga è posteriore, e che il vero nome, forse di origine gallo-celtica {ago, aga vicolo, casale) è Busardaga. E non mi vengano fuori gli Slavi coi loro ridicoli abacadabra di filologia: il Croato co' suoi cosi detti... diritti qui non ci ha a metter bocca. E neppure certi nostri filolologi che tutto vogliono tirare a filo di sinopia; senza tener conto delle scapestrerie del volgo; si possa o non si possa cangiare Busardaga in Bossedraga, sta il fatto che negli antichi documenti si legge Busardaga e non occorre altro. Il nome poi, più che celtico mi ha suono paesano, e potrebbe venire benissimo da Bu-sàrdega bugiarda. Non è nuovo il fatto di porte di città con un aggettivo indicante vizio ; così a Lodi c' è la Porta Traditola, perchè aperta di notte per tradimento agli assedianti milanesi. E chi sa che il nome di bugiarda non sia stato dato alla porta, qualche fatto simile di cui si è perduto memoria è un' ipotesi come tante altre. Prima di rimettermi a trascrivere tranquillamente documenti mi si conceda di tornare con la commossa fantasia nelle contrade di San Pietro e di Busardega. Ammiro ancor colà la poesia dei muri rotti, m' aggiro in ispirito intorno alle casupole dei buoni popolani, sento il saluto delle vecchierelle, i frati salmeggiatiti in lunga nenia nel coro, la pispilloria dei passeri negli alti cipressi, e uscito da quel serra serra mi trattengo a mirare sotto il leone di San Marco quell'ultima e placida distesa di acque in forma di lago sotto le verdi colline di San Canziano, di Sennino, di Prade. Quindi ritornando su' miei passi, entro nel chiassoso quartiere di Bossedraga, m'aggiro pei vicoli, per gli angi- I porti ; m' affaccio agli usci, alle basse finestre, onde mi viene un odore acre di pesce salato coi sussurri di granchiolini e di granciporri che affaticano, l'un sopra l'altro cacciati nei capaci barili, le zampe e i tentacoli : odori tutti, suoni e susurri che per associazione d'idee mi richiamano memorie lontane lontane ma pur sempre vive alla mente, e dolci affetti nel cuore. Addio, care memorie della tribolata mia gioventù, cari luoghi, vi trovo sempre gli stessi ; ed io pure sempre lo stesso ! Che ci hanno a fare queste strimpellate di lira scordata con la storia? Torniamo adunque alla prosa. 1349. 19 Marzo. Che si confermi Marino Gisi, che si portò bene nella ribellione di Capodistria, ad ufficiale della porta di San Martino. 1349. 5 Aprile. Che Ambrogio Moron di cui si loda il podestà di Capodistria, e che dai provveditori nostri al tempo della ribellione fu posto a custodia del porto di Busardago *) rimanga in detto officio alle condizioni solite. (Atti e Memorie 1. c. pag. 5S. 59). Salto a pie' pari altri documenti riferiti dal Cesca, per ricordare dettagliamente quelli che si riferiscono alla difesa della città. Urgeva di pensare alla sicurezza del governo, perchè, come si ha dal Documento LXXXVI, Pasqualino de Vitando il temuto capo dei ribelli non era ancor caduto in mano della Serenissima. Sumus contenti, quod in-•quiratis tractetis, et detis operam quam poterilis caute per quem modum possetis habere dictum Pa-squaìinum in manibus nostris.... Cum habeamus manifeste, quod ipse non cessavit, nec cessat, con-tra nostrum honorem prò viribus operari. Et quod principalior fuit in facto rebelionis nuper preterite. Il Senato adunque con decreto del 6 Luglio 1849 delibera di fortificare Capodistria e di costruirvi un forte verso il mare, e precisamente nel luogo detto Musetta. Di più vuole che ad ogni sbocco di via nella piazza si innalzi una forte sbarra, con una catena di ferro con chiavi, e che in capo al Brolo 'piccolo verso il mare ci sia una buona porta da chiudersi tutte le notti, e una simile porta si faccia in capo alla strada che mette alla Porta Zubenaga, dove la detta strada volge verso Porta Isolana. (Documenti LXXXVII e LXXXIX Cesca). {Continua) P. T. ') Non c'è più alcun dubbio, ripeto, sul vero nome della porta. Altra prova è questa della fortuna delle parole e delle più strane alterazioni specialmente nei dialetti. Cosi a Trieste si diceva e si scriveva trent' anni or sono — Via Baudariu ; ed oggi Via. Valdirivo. Provveda anche il municipio di Capodistria per la corretta lezione, almeno officiale del nome ; e faccia scrivere Contrada. Busàrdaga. INDICE DELLE CARTE 1)1 RASPO (Archivio provinciale) Filza 7. (Continuazione vedi N.o 10 anno XXIV e seg.) Proclama capitanale, 31 ottobre 1552, che vieta a chi che sia di sonare le campane di notte e promette 1. 50 a chi saprà fornire indicazioni che conducano alla scoperta di tale il quale, in certa notte, sonò le campane a martello mettendo lo scompiglio nella popolazione. Lettera del capitano, 11 febbraio 1553, annuncia ai provveditori e patroni dell'Arsenale avere egli assolto certi villici di Segnaeh i quali, accusati di aver tagliato legna nel bosco di Montona, erano stati condannati dal podestà di Montona. Decreto dal capitano, 13 febbraio 1553, vieta la circolazione entro il capitanato delle monete tedesche nominate suairi, le quali se spendono quatro per soldi tre ; ordina che quelli che al presente si trovano siano spexi cinque per soldi tre. Lettera ducale Francesco Donà, 23 febbraio 1552 I. XI, invita il capitano di dare il possesso temporale a prete Vincenzo Brencovich (?) nominato dal vescovo triestino parroco della chiesa di Colmo e confermato dal legato apostolico presso la Signoria. — Seguono carte risguardanti il diritto controverso di nomina dei preti di Colmo, le quali carte il capitano rimette, con dispaccio 29 marzo 1553, al Principe per la decisione. Lettera del capitano Bembo, 24 aprile 1553, ai provveditori sopra le fortezze. Informa che le munizioni e le armi domandate dal nuovo capitano di Raspo Nicolò Contarmi sono quelle stesse da lui richieste, ma che non furono ancora mandate. Lettera ducale M A. Trevisan, 13 luglio 1553 I. XI, al capitano D. Bembo. Approva la nomina di Antonio di Nicolò a chirurgo di Pinguente in sostituzione di Nicolò delli Elmi con la solita provisione de ducati tre per paga a paghe otto all'anno. Decreto capitanale, 8 agosto 1553, vieta di importar vino quando Pinguente ne sia provveduta. Decreto capitanale, 13 agosto 1553, vieta di gettare cose immonde nelle vie di Pinguente e di tenere cavalli suso la piaza del pozo davanti ne nelle strade che vano a S. Zorzi. anni 1550, 1551, 1552 e 1553 c. 48-67 Capitano David Bembo Consiliorum et partiura positarum Venticinque adunanze del consiglio comunale di Pinguente convocato dal capitano ad sonum campane solitamente nella sala dei palazzo, dove intervengono almeno 24 o al più 39 consiglieri. Sta registrato di esse il risultato delle elezioni degli ufficiali comunali, deliberazioni circa l'appalto dell'olio onde fornire il comune per tutto l'anno, circa il predicatore quaresimale da stipendiare, l'amministrazione delle fraternite ecc. anni 1550, 1251. 1552 e 1553. c. 68-99 Capitan David Bembo Conducta stipendiariorum et solutiones eorum Registro di ventiquattro paghe contate ai soldati della Compagnia di Raspo. In cadauna di esse, ad ogni mese e mezzo di distanza, i contestabili Antonio Lugnani e Domenico de Castro ricevono ciascuno 1. 49 s. 8 e ogni soldato 1. 18 s. 12. Nella vi-gesimaquarta paga tanto i contestabili quanto i soldati ricevono cadauno 1. 69 s. 4. — Segue il registro di quattro mostre fatte dal capitano dei soldati e dei cavalli onde si componeva la Compagnia di Raspo, la prima il 4 di aprile 1551, la seconda il 12 di ottobre dello stesso anno, la terza il 22 di settembre 1552 e la quarta il 7 di agosto 1553 anni 1550, 1551, 1552 e 1553 c. 131-252') Capitano David Bembo Stridationes instrumento rum recuperationesque ipsorum Proclami di istrumenti di donazione, permuta, vendita ecc. stipulati entro il capitanato negli anni indicati. — Iacopo Frumento notaio e cancelliere del capitano. — Sentenza pronunciata il 14 di marzo 1553 dal detto capitano in materia di confini per controversie esistenti fra i comuni di Pinguente e Rozzo. ') Nella enumerazione delle carte per errore fu scritto il 131 dopo il 99 in cambio di 100; carte quindi non mancano. Incipiendo a lapide signato cruce posito apud fontem ortum hahentem ultra ecclesiam Sancti Ioannis sub vena nugle edificatam: qui fons est penes viam per guani itur a castro rotii pinguentum; et a dicto lapide recto tramite descendendo per filum aquaris diete fontis usque ad monterà de psum : ubi est unus lapis in quo similiter est sculpta crux f per nos positus et affisus in sumitate prime rippe dicti montis loco arboris quer-cus deficientis que erat sic signata. Et a "dicto lapide recto tramite ascendendo per dictam rippam per triginta in quadraginta pertichas sic et arbitrio estimatas usque ad alium lapidem per nos similiter positum et affissum: In quo similiter est sculpa crux j. Et a dicto làpide recto tramite ascendendo usque ad verticem rippe dicti montis videlicet ad planitiem dictis montis ubi affisus et per nos positus est unus lapis signatus litera I loco alii termini sic signati deficientis. Et sic transeundo per sumitatem ipsius montis ad unam crotam vivam in dieta rippa per nos signalam litera M loco deficientis. Dimitendo arbores pendentes in dieta rippa a latere illorum Ile rotio. Et a dieta erotta eundo per summitatem rippe dicti montis usque ad alium lapidem per nos positum et affisnm in dieta rippa signatum cruce loco arboris quercus sic signati deficientis : Et a dicto lapide vero ])er sumitatem dicti montis sequentes reliqua confinia prout in sententia Clarissimi D. Jacobi Marcello capitanei Ra-spurch iudicis arbitri electi per dictos liomines et comunia cont-inetur : que confinia ordinavimus et poni fecimus loco deficientium presentibus partibus suprascriptis et multis personis aliis tam de rotio quam de pinguento etc. anni 1550, 1551, 1552, 1553 e 1554 c. 253-308 Capitani D. Bembo e N. Contarmi Pignorum mobilium et stabilium Registro di stabili, bovi, cavalli, vino ecc. dati in pegno in vigore di sentenze e incanti. anni 1500, 1551, 1552 e 1553 c. 309-620 Capitano David Bembo Civilium et praeceptorum primus, secundus, tertius, quartus, quintus. Registro di termini, sentenze, precetti e testimonianze in •affari civili. Qualche sentenza d'arbitri, note di spese processuali e qualche istrumento. anni 1550, 1551, 1552 e 1553 c. 621-716 Capitano David Bembo Extraordinariorum prìmus, secundus Atti di procura, fideiussioni, sequestri, concessioni della vicinanza con triennale esenzione dalle pubbliche imposizioni, contraddizioni a vendite, precetti. — Terminazione capitanale, 27 maggio 1551, per la quale gli stipendiari di Raspo sono obbligati di abitare in Pinguente con le loro famiglie. — Sentenze d'arbitri, proclami, compromessi, salvocondotti. — Diploma notarile di Giulio figlio di Sebastiano de Germanis pinguentino. — Elezione di Gerolamo Greblo a pievano di Rozzo, in sostituzione del morto pievano Elia Pechiarich, effettuata dal consiglio del comune di Rozzo il 17 agosto 1552 alla presenza del cancelliere capitanale I. Frumento. anni 1550, 1551, 1552 e 1553 c. 717-730 Capitano David Bembo Extimationes damnorum datorum Registro di centosette stime di danni dati ai campi eseguite dagli stimatori del comune. anni 1551, 1552 o 1553 c. 731-746 Capitano David Bembo Instrumentorum et rationes confraternitalum Registro dell'amministrazione delle confraternite pinguen-tine del Crocefisso, S. Martino, S. Vito, S. Trinità, S. Donato, S. Giorgio, S. Maria di Strana, della Chiesa maggiore, S. Sebastiano, S. Giovanni, S. Maria delle candele. anni 1550, 1552 e 1553 c. 747-799 <) Capitano David Bembo Testamentorum et relevationes ipsorym Presentazione nell' ufficio capitanale di due testamenti per essere stridati : il testamento di Giovanni Pechiarich pievano di «'Colmo e quello di Bartolomeo Cocever canonico di Pinguente. anni 1550 e 1551 c. 800-812 Capitano David Bembo Processus Petri Buranelli ctim domina Agnia Lucia moglie di Pietro Buranello ebbe a titolo di prestito alquante lire da Agna di Verch alla quale diede in pegno un pezzo di terra. Rifiutandosi Agna di restituire il pegno, viene obligata a farlo ed è condannata a pagare anche le spesa del processo. anno 1550 c. 813-816 Capitano David Bembo Processus ser Michelis Pengaricli cum Eufemia Miciza Eufemia è imputata di aver rubato grano e altre cose 4 ser Michele Pengarich. (Proc. non esped.) anni 1550 e 1551 c. 817-821 Capitano David Bembo Processus Nicolai Cam et alius processus loannis Vicovich Frammento di due processi circa un'aggressione e il furto di un cavallo. anni 1550 e 1551 c. 825-844 Capitano David Bembo Processus comunis et hominum Culmi ctim spectabili comunitate Pinguenti Differenza tra le comunità di Colmo e di Pinguente, dove é sentenziato non doversi obligare gli abitanti di Colmo ad altre fazioni che non sieuo le solite da loro prostate nel carizar le robbe su e giù di durissimi capitani. anni 1550 e 1551 c. 845-854 Capitano David Bembo Processus civilis Nicolai Radin cum Antonio Radin Nicolò Radin della villa di Salise, quale erede di suo padre, chiede e ottiene che gli venga rilasciata una casa posta in Pinguente nelta contrada frachia da altri ingiustamente occupata e similmente un pezzo di terra arativa situata nel territorio di Pinguente nella contrada nominata grisa. anni 1550 e 1551 c. 855-870 Capitauo David Bembo Processus ecclesie sancte Marie Magdalene de Slum cum Nicolao Corbancich Nicolò Corbancich è sentenziato a dover rilasciare certo terreno usurpato al gastaldo della scola di Santa Maria Maddalena di Slum e a pagare le spese del processo. anno 1551 c. 871-874 Capitano David Bembo Processus Andree Piego contra ser Hieronymum Padavinum Nota di spese incontrate nel processo tra Andrea Flego e Gerolamo l'adavino. anno 1551 c. 875-884 Capitano David Bembo Processus donne Clare raconice de rotio cum Berteo rapcich de rotio. Continuazione del processo iniziato sotto il capitanato di Iacopo Barbarigo predecessore del Bembo, in cui viene respinta la petizione di donna Clara vedova di Giorgio Rapcich di Rozzo che domandava fossero a lei rilasciate dal proprio figliastro Bartolomeo certe terre da lui usurpate. Contro tale sentenza donna Clara presenta l'appellazione. anno 1551 c. 885-889 Capitano David Bembo Processus Bartolomei Cham cum Polonia. Apollonia viene dispensata dal pagamento di certo legname tolto in un cortivo, a cui avrebbe voluto obbligarla Bartolomeo Cairn il quale invece è tenuto di pagare le spese del processo. anno 1551 Capitano David Bembo c. 890-893 Pro ferendo aquam in puteo Frammento di processo, in cui il capitano vorrebbe obligare i cittadini a fornire la sua cisterna dell'acqua mancante portandola coi cavalli della valle sottoposta al Castello. anno 1551 c. 894-897 Capitano David Bembo Processus D. Prancisci boltrestain patronus Razize cum hominibus et comuni Razize Frammento di processo. Francesco Boltrestain (o Wal-derstein?) signore di Racizze, privato del castello nel tempo della guerra passata e quindi reintegrato nella signoria stessa eccettuata la superiorità dela giurisditione, veiiendosi rifiutare dai sudditi la prestazione di certe angarie, chiede si voglia indurli a fare il loro dovere ed espone nel seguente modo in che consistano tali angherie: P.a dar dui zornatte a zapar per cadauno villico. 2. ognuno andar un giorno a segar fen et un altro a rastellar 3. una giornata per uno a sesolar le piane del patron (1) l. sono obligati et cosi facevano aiutar o. vendemar (?) un zorno quelli che non hano cavalli 5. quelli che hano cavalli portar V uva in castello 6. una zornata per uno collezer l'olive et portar legne et aqua quando si fa l' oglio 7. chi amaza porchi dar una spalla 8. da carneval dar una galina et s. 1 (?) per uno 9. quando si fabrica in castel condur lagni calzina et quello bissogna per rebotta overo angaria et .dar manoali X. sono obligati portar lettere (?) et menar vitiuaria per il Castel con cavalli cari et quello bissogna per una giornata lontano XI. Quando si fa calcare (?) sono obligati dar oppere et condur scaia et legni. (Continua) G. V. — Portole --——è&S—--- 2nT otizie I deliberati presi dal Consiglio della città di Trieste nella seduta del 30 decenibre p. d. onde por freno, finalmente, alle agitazioni anti nazionali in quel Comune, da parte dei preti slavi, hanno prodotto la più lieta impressione in ogni luogo della nostra provincia; perchè dovunque si riconosce che Trieste è il più forte baluardo, contro la grande agitazione dei popoli slavi per far valere le loro pretese su queste terre. Intanto riportiamo per intiero l'articolo pubblicato dall' Istria del 9 gennaio. UN'IMPORTANTE RISOLUZIONE II Consiglio della città di Trieste, nella seduta del 30 dicembre u. s., discutendosi le spese del Comune pel culto cattolico, ha preso, a grandissima maggioranza, la seguente importante risoluzione : „Considerato che ad onta dei sacrifizi sostenuti dal Comune in favore del culto cattolico, si sono avverati dei fatti deplorevoli di agitazione anti-nazionale da una parte del clero (slavo) ; „considerato che ai dispendi pel culto cattolico contribuiscono pertinenti ad altre confessioni, senza diritto di reciprocità ; ,considerato che per queste ragioni i dispendi pel culto cattolico devono limitarsi al minimo legale ; „ considerato che molti dei dispendi che figurano preventivo comunale non sembrano fondati in legge; „è invitato l'Esecutivo di accertare quali spese culto cattolico incombono per legge al Comune e ne sollecito rapporto al Consiglio della città." Alla buon'ora! — Perchè a tutti note, noi non eremo qui le cause determinarono l'inclito Consiglio Trieste a prendere la su riportata risoluzione ; ma ) ci faremo lecito di dire che, se una cosa ci ha sempre migliati, ella è stata quella di vedere esso Cousi-o, se non del tutto quiescente, per lo meno troppo llerante verso quella parte del clero che da troppo npo fomenta il contadino slavo del territorio, con egiudizio dei buoui rapporti fra territoriali sloveni e Jadini italiani, Trieste, grande emporio, fu fin qui, diremmo, in-ramente assorbita da somme e gravi questioni d'indole onomico-commerciale ; nè credeva forse francasse la «sa di occuparsi d' altri quesiti di minore levatura od itità. Non diremo, con ciò, eli' ella obliterasse la parte telettuale, morale e colturale della popolazione ; tutto tro! anzi ci sono poche città che come lei tanto fero, s'adoperarono e sacrificarono per l'istruzione in mere, per lo sviluppo del sentimeuto artistico e scien-fico, per l'incremento, insomma, di ogni altra emanatine di civile progresso. — A ragion di popolazione, mque, Trieste può annoverarsi fra le più cospicue e memerite città italiane ; e può dar dei punti a molte ire fra le più illustri città straniere. Fra i requisiti di speciale benemerenza per Trieste • diremo ancora — si è quello di essere una città ainentemente tollerante. In nessun luogo, forse, come > convivono pacificamente tante e sì disparate nazionale, tante e sì diverse religioni. Mai ancora si è dato caso che insorgessero conflitti, scissure, ripicchi fra e varie comunità: tutti si rispettarono a vicenda, e le elazioni più cordiali passarono mai sempre fra le une ( le altre. Codesta grande tolleranza però, sotto qualche a-petto, e secondo il nostro modo di vedere, nocque a trieste ; non nel senso su citato, ma nelle applicazioni lei rapporti tanto col territorio tergestiuo, quanto con a Curia vescovile di quella città. È ben risaputo che il detto territorio è abitato, ier la massima parte, da contadini sloveni. 1 quali virano esclusivamente dalla città, e poveri a loro se questa on esistesse o li discacciasse. Quali e quanti benefici issi ritraggano dalla città stessa non è da dirsi: basta «nfrontare le ville di quel territorio con le contermini per capacitarsi subito della immensa distanza cbe corre Ira le une e le altre. Se tutto ciò è scrupolosamente vero, ragiou vorrebbe di credere, che i territoriali sieno molto affezionati alla città, da cui ricavano tuttogiorno immensi benefizi, nè in alcuna guisa si lascino sedurre ad assumere un contegno contrario ai sentimenti di gratitudine e, diremo anche, di devozione verso i loro costanti benefattori. Ma, pur troppo, così non è. Non vorremmo esagerare tuttavia, asserendo che tra territoriali e cittadini fi viva in aperta ostilità: del buon senso ce n'è ancora anche in campagna, la quale, del resto, virtualmente è «osi meschina di confronto al grande emporio cui cir- conda, da lasciare quasi perfettamente nell'ombra quella parte dei territoriali che presume di fare una politica a sè, più all' unisono con quella degli esaltati suoi confratelli d' oltrealpe, che con 1' altra della grande maggioranza dei triestini. Tuttavia è certo però, che anche nel territorio di Trieste s'inneggia parecchio alla grande Slavia di là da venire, o si strizza l'occhio compiacente verso quei còsi della Caruiola cbe vorrebbero ricostituito il famoso Reguo d'illirio. E che su ciò non esageriamo punto, basta a riflettere da quanto tempo, da chi e come i detti territoriali sieno rappresentati tanto al Consiglio dell'Impero, quanto al Consiglio delia città di Trieste. Dal che chiaro apparisce, qualmente le aspirazioni e gli ideali della maggioranza dei territoriali sieuo non solo incerti, ma del tutto contrari o nemici alle aspirazioni e agli ideali della grande maggioranza dei triestini. Nè dai soli sintomi su citati si viene a questa conclusione: ve ne sono ben altri che inducono a più meste riflessioni. Abbiamo già detto altra volta: iu nessuna parte, forse, del Litorale, come nel territorio di Trieste, si fa sfoggio di tante tricolori slave e di canzoni patriottiche inneggianti ad un principio che sarebbe per lo meno, la morte dell'attuale ordine di cose. A Trieste v'è ancora, una Società politica slava, ben servita da giornali croati f e sloveni, che inondano le nostre campagne oltre il territorio tergestiuo. E che cotestoro non facciano dell'Arcadia, se u' ebbero prove infinite, specie al tempo delle elezioni, tanto a Trieste che in Istria. All' avanguardia poi di codesto movimento, che alcuni vogliono nobilitare chiamandolo ridesto nazionale, sta, lì come qui, il clero slavo, e in primo luogo la Curia vescovile. Noi ci ricordiamo molto bene le prediche, le esortazioni, i fanatismi e le dimostrazioni del vescovo Dobrila. A lui è seguito Mons. Glavina che dovette acconciarsi all' ordine di cose stabilito dal suo antecessore e dai suoi accoliti. Il fatto sta, che la stessa insigne cattedrale tergestina, San Giusto — il santo martire latino per eccellenza, ed emblema dell'italianità dell'antico Muuicipio romano-tergestiuo — è officiata da un clero onninamente crauzo-croato con esclusione di qualsiasi italiano! Po' su, po'giù. dicasi altrettanto delle altre tante parrocchie della città, almeno per quanto riguarda il coprimeuto dei posti principali. A tutto ciò — è pur forza confessarlo —• i Triestini non trovarouo mai tempo di pensarci. Ed ebbero torto — a nostro, per quanto modesto sia, modo di vedere. Noi non vogliamo che ci si cacci la politica in chiesa; ma quando gli altri ne la cacciano, o palesemente o alla chetichella, noi crediamo sia obbligo della comunità che costituisce la maggioranza dei cattolici di vederci un po' dentro e di opporsi o di sventare quelle trame eventuali che possono ridondare a suo danno. Si prenda un po' iu mano lo Schematismo diocesano di Trieste-Capodistria, e si vedrà qual parte infelice sia fatta al clero italiano. 0 perchè Monsignore non lia da pensare seriamente, efficacemente, come per quelle degli slavi, così per le anime degli italiani, che pur contano ben oltre le centomila? E se egli non ci pensa, o per- cliè non abbiamo da pensarci noi? Nel caso nostro, non è questa soltanto questione chiesastica, ma civile e nazionale; quindi degna di essere avvertita, studiata, ponderata e risolta da ogni persona che abbia a cuore l'organamento e lo sviluppo della propria nazionalità. Il possedere un clero nazionale conta moltissimo — e ne dia esempio il Trentino. Da noi, invece, a questo non ci si pensa, o iu modo affatto platonico. Viceversa, per rinforzare il clero slavo, si lascia reclutare nuovi leviti persino nella Boemia e nella Moravia — con quali risultati morali e civili, i fatti lo dimostrano tuttogiorno. È vero che Trieste non può temere, chec hè facciano o dicano i pochi territoriali sloveni che le stanno alla periferia; ma Trieste deve pensare, che al di sopra, al di sotto, tutto all'intorno insomma, vi sono delle altre centinaia di migliaia di sloveni che fauno causa comune con quelli, e che a loro possono dare, eventualmente, una forza ed uu valore che certamente i pochi non hanno. Ed ecco l'imperioso dovere di aprire bene gli occhi su codesto, e di provvedere a tempo perchè il creduto impossibile non diventi un giorno coutingibile. Egli è perciò che noi salutiamo con vera soddisfazione l'atto energico col quale il Municipio di Trieste imprende a resistere contro l'invadente braveria di certi Reverendi che dal pulpito o in altro modo cercano di viypendere la nostra nazionalità. È uu tasto molto delicato quello toccato testé dal sullodato Municipio, tasto che non potrà non produrre uu qualche effetto. Solo è da desiderarsi che non rimanga isolato; chè vi sono delle questioni non poche da rilevarsi e da risolversi in quel campo! E noi le attendiamo con ansietà, perchè dall'atteggiamento che iu questo rapporto starebbe per prendere la nobile e forte città di Trieste potrebbe dipendere, iu gran parte, anche la nostra morale rigenerazione. La scorsa settimana ebbe luogo in Trieste, al tribunale provinciale, il dibattimento intorno ai noti eccessi perpetrati da parecchi villici del comune di Maresego, dopo le ultime elezioni comunali di Paugnano, nella città di Capodistria. Emerse dalle risultanze del processo c'ne i detti villici si erauo recati a Capodistria cou intenzione di provocare disordini. Di fatti dopo aver bevuto parecchio cominciarono a insolentire a bordo del battello a vapore dove s' erano recati per trasferirsi a Trieste, chiamati in gran parte al servizio militare. Discesi dal bordo per il contegno energico del capitano, sulla riva, levando iu alto le falci, e minacciando i pochi cittadini che per caso là si trovarono, gridarono : Morte ai siori di Capodistria ; Viva la Croazia ! Comparsi i gendarmi ne arrestarono cinque; gli altri riunitisi più lontano nella via suburbana rinnovarono le provocazioni contro i pochi passanti, finché, fortuna per loro, ne furono arrestati altri tre, e gli altri poterono fuggire. Per questi fatti vennero deferiti all' autorità giudiziaria ; la procura di stato elevò accusa contro di essi per crimine di pubblica violenza mediante pericolose minaccie, di grave lesione corporale, di attentato allo stesso crimine e della contravvenzione d'illecito porto d' arme. Per quel che riguarda i coscritti, avendo essi dovnto portarsi sotto le armi, il P. M. si riservò di procedere a tempo opportuno in loro confronto. Tutti furono condannati, chi a 15 mesi fino a 2 mesi di carcere. I condannati si riservarono i rimedi di legge. j Ed ora staremo a vedere, — scrive VIstria e non sarà mai abbastanza ripetuto — se gli on. deputati Laginja e Spincich indirizzeianno al presidente dei Ministri un'altra interpellanza contro gli eccessi e le violenze degli italiani j in danno dei poveri contadini slavi! Noi non sappiamo se il conte Taaffe sarà par ri—fl spondere ai prezelauti — fin troppo zelanti — signori deputati ; ma se questo fosse, la risposta dovrebbe venir spontanea sulle labbra del Ministro Presidente: basterebbe eli' egli citasse 1' esito del dibattimento qui sopra riportato, dal quale ufficialmente appare constatato e lumiuosameute provato da qual parte sono ve-l mite e le provocazioni e le violenze. Imperocché i signori Laginja e Spincich non si. sono limitati a interpellare sulle presenti aggressioni di Visignano, ma ancora su quelle di Capodistria, di Buie (?!) di Portole, di Montona, di Paugnano e di Orsera. ; In quanto a Pauguauo, siamo ansiosi di sapere ancora, sa fu istruito alcun processo contro quei villici che nelle elezioni comunali ai quel luogo fecero saltare all'aria i protocolli e le urne, e fugarono violentemente la Commissione elettorale. Oh venga pure fuori la luce, noi non hi temiamo, anzi la provochiamo con tutte le nostre forze. Dicasi altrettanto di Portole, dove, alle elezioni politiche, una turba briaca e fanatica percorse tutta la notte le Berile facendo violenza agli elettori perchè votassero la lista slava. Né parliamo degli olivi e delle viti vandalicamente tagliate a chi si professava amico degli italiani. — E quello che si è detto per Portole,, valga anche per Orsera. Di Montona noi abbiamo pubblicato uu paio di articoli ed altrettante corrispondenze, delineanti le condizioni di quel luogo al tempo delle ultime elezioni comunali; articoli e corrispondenze che non vennero fin qui da nessuna parte smentiti, e che mettevano a nudo non solo gli atti di violenza, ma di aperta rivoluzione in alcune ville contro gli italiani montonesi. — Dicasi altrettanto di Orsera, uei cui fatti era involto un eroe che sta agli stipendi dell'Avv. Laginja. Ci vuole, dunque, una buona dose di spudoratezza e di sfacciataggine per invertire, come s'invertirono, i fatti successi durante le elezioni politiche e comunali negli ultimi tempi, e di interpellare sui fatti stessi il Ministro per gli interni. E una causa ben meschina quella che s'appoggia sulla falsità e sulla menzogna; come è indegno di persone sene e di capipartito, quali preteu-. dono d' esbii'e ì due deputati ru ricordati, di servirsi di simili armi per gettare su gli italiani dell' Istria la diffidenza, il sospetto e il discredito. Codeste sono delazioni infami quanto gratuite, duite quali ogui persona ben nota rifugge- ^ Dopo di ciò, apprendano ì nostri Deputati a Vienna ì di quali arti ignobili siano capaei i nostri famosi av-i versari, la cui grande e sola sapienza consiste, a quanto i pare, nel pigliare il tratto innanzi, rivelando infamie i che tutte spettano al loro partito, ma che, viceversa, a cercano di spaventarle sul nostro. È ben sottinteso, e le violenze non possono far partorire giaculatorie ed iressioui di tenerezza e di amore; ma chi per entro Ile cose mira col senno, e ne scaturisce le cause ime, troverà, senza sforzo di fantasia, che sono pro-io loro — i deputati interpellanti — che ridussero queste condizioni deplorevolissime V Istria nostra. E di ciò rimanga persuaso S. E. il sig. Ministro ime d' una verità evangelica. Cose locali ELENCO ti signori che iu ricorrenza del capo d' auuo elargirono surrogazione alle visite d'augurio le offerte sotto spe-Ecate a beneficio dell'Ospitale civico per l'anno 1892. Alla Cassa Civica : Genzo cav. Giovanni f. 2. — agelo Biscoutini f. 1. — Schaffenhauer-Neys Adolfo, r. capii distrett. f. 5. — Famiglia Cadamuro f. 2. — ogel Ferdinando e consorte f. 2. — Proteau André per la isa I. Champion & C. f. 10. — Giorgio Cobol f. 2. — icolò de Madonizza f. 5. — Pietro de Madonizza 3. — L. Venuti f. 1. — Pechiar Dou Giovanni, cau. ipit. f. 3. — Elio Longo f. 1. — Antonietta Pelle-ini f. 5. — Giorgio Faveuto f. 1. —Dandruzzi Nicolò 1. — Avv. Dr. Augusto Gallo e famiglia f. 5. — . f. 2. — Giovanni e Gregorio fratelli conti Totto 5. — Pietro Debellich e famiglia f. 2. — Maria intessa de Totto-Vicco f. 2. — Paccanoni Vittoria sd. Biagio, f. 1. — Marsich Andrea fu Dom. f. 1. — idatti Matteo f. 1. — Del Tacco contessa Teresa e tello f. 2. — Francesco Prof. Majerf. 1. — Francesco a. Frauza. f. 1. — Nicolò Dr. Belli f. 2. — Giuseppe of. Vatova f. 1. — TipogratìaCobol-Priora f. 1. Alla Cancelleria dell' Ospitale : Famiglia Bennati f. , — Francesca Vidacovich f. 2. — Mons. Bonifacio, f. 1. -Lucia de Florez f. 1. — Prof, don Lorenzo Schiavi f. , — Pietro Pecchiari f. 1. — Rodolfo cav. Mahoritsch 2. — Don Giacomo Appollonio f. 2. — Carlo Pa-lualis e figli f. 2. — Nicolò Dr. Baicich f. 2. — Mons. rancesco cav. Petronio f. 2. — Mons. Carlo Mecchia 2. — Antonio Riosa 2. — Dr. Antonio Paulovich f. ,— Giovanni Driuzzi f. 1. Al Caffè della Loggia: Eredi G. A. Gravisi f. 2. - Giuseppe Gravisi fu G. A. f. 2. — Antonio Grego-itti f. 2. — Longo Dr. Luigi f. 3. — Costantini Luigi 3. — Alessandro ing. Bratti f. 2. — Francesco de lmerigotti f. 2. — Famiglia Merkel f. 10. — Calo-flrgio Giorgio e famiglia f. 2. — N. De Mori f. 2. ■ G. Markelj f. 2. — Famiglia Kalclier f. 2. — Gre-irio Calogiorgio f. 2. — Francesco Vissich f. 2. — iovanni cav. Revelante f. 2. — Ernesto Gomiscig f. 1. ■ Brussich Giulio f. 1. — Luigi Poli f. 1. — Zarli rancesco f. 1. — Giuseppe Sparovitz f. 2. — Guido ermello f. 2. — Dr. C. Radoicovich f. 1. — Alessau-to Bonne f. 1. Al Caffè Aurora: Giovanni Santalesa di Giov. s. K).— N. N. s. 50. —Francesco Tomasich juu. s. 20. ■ Giuseppina Maddalena s. 20. — Giovanni Cren s. 20. -Elena Deponte s. 10. Alla Trattoria Pissarello: Nazario Marsich f. 1. Alla Trattoria Ferrari: Augusto Iacopich f. 3. — Antonio Rebek f. 2. — Nicolò Dr. Del Bello f. 3. — Pietro Stabile f. 1. — Andrea Tremili f. 1.— Giuseppe Sandriu e famiglia f. 2 — Teodomiro Federici f. 1. — G. Martissa Carbonaio f. 2. — Gerosa prof. Oreste f. 2, — E. Marini f. 1. —-- Appunti bibliografici Baleni e Luce. Versi di due signore. Tipografia Bonducciana. Piazza del Duomo. Firenze. Vale Lire 1.50. Don Bartolo è sparito a tempo dalla scena ; del mondo, intendiamoci, non da quella dell' arte, dove vivrà eterno. Avrebbe un bel piantarsi oggi con la tunica nera listata in rosso con l'indice teso, in atto inquisitoriale, per apostrofare Rosina, indicando „la penna, il foglio, il dito." Oggi anche le signore fanno scorrere fiumi d'inchiostro ; il vasto campo delle lettere è loro aperto dinanzi; e per le faccende d' amore non basta più un breve foglio di carta ; ma ci vogliono lunghi letteroni, e magari in versi. A dire poi di tutte le poetesse, romanziere e letterate, converrebbe stendere un ampio catalogo. Molte godono una fama stabilita ; di altre, che sanno farsi largo, i nomi si gridano fino alla noia, e si trovano scritti anche sui boccali di Montelupo. Alcune, schive e modeste hanno paura della emancipazione volgare, amano rinchiudersi nella cerchia dei domestici affetti; e di queste, sdegnoso anche io di certe chiassose stamburate, preferisco far conoscere le opere. Tali le due poetesse di — Baleni e Luce —- delle quali non si conosce il nome, e solo per sentita dire, si sa che abitano iu riva al Garda. In generale dirò che se non tutti i versi delle poetesse contemporanee s'innalzano sopra l'aurea mediocrità, nessuna signora, forse e senza forse, è caduta nella volgarità. Sia l'ingenita modestia, o un sentimento più squisito dell' arte, le donne nou hanno mai fatto ridere le cariatidi e tremar le colonne, come certi poeti da dozzina: m'intendo io nelle mie orazioni. E se non tutti sono proprio voli di aquila, anche in questi versi — Baleni e Luce —, nulla trovi di volgare, di barocco, o di quelle strampalate novità di ritmo e di frasi, di cui tanti si fanno oggi belli, imitando a sproposito il campione che tiene il campo in Parnaso. Senz' altre parole diamo adunque una libera occhiata anche a questi versi, ed appuntiamo. Baleni e luce! Sono due caratteri .opposti, e quindi due diverse manifestazioni estetiche ; 1' una più energica e dotata d'impeto lirico, manda ogni tanto tra il fumo vivi lampi; l'altra mite, sposa e madre felice manifesta sentimenti più dolci, e diffonde un quieto lume quale di lampada notturna da un vaso d'alabastro. In entrambe il sentimento della natura; ma l'altra si giova del cielo tempestoso ; all' altra piacciono i quieti tramonti e le lagrime delle cose. Quindi in questa uno squisito sentire, e certe manifestazioni dall'interno dell'animo, a' cui rispondono tutti i cuori gentili. Così nel canto — Una morente. Deli ! non turbate dei vegliardi il core Voi per cui s'apre splendido il domani, Neil' ora estrema della lor partita Per lieve fallo si daria la vita ; Si vorrebber far nostri i lor tormenti, Sol per vederli dipartir contenti ! Ed in — Mia Madre. Allor che fanciulletta rincorreva Le farfalle tra i fiori, 0 fra dolci compagne, di leggende Di saghe e fole lor venia dicendo, A 1111 tratto un' infinita Noia sentiva di cotesta vita. Sono impressioni comuni, si dirà, e provate da tutti quelli che fino da fanciulli hanno capito che la testa non ci è data solo per portare il cappello. Ma sono pensieri che per un momento si affacciano, e svaniscono subito nei più: solo i veri poeti li sentono. Anche il Prati della sua fanciullezza ricordava: Le subite e profonde Malinconie del ver. Ed il Leopardi pure, e tanti altri. Ho detto che nella poetessa dei Baleni c'e più energia ed impeto lirico ; e per vero quei baleni sono qualche volta saette. Leggasi — Disprezzare ed amar, specialmente la chiusa del secondo sonetto. 10 ti disprezzo, eppur darei l'eliso Per riposare ancora sul tuo cuore, 11 demonio tu sei, ma sei il mio Dio ! che è un motivo della Francesca da Rimini. Se non che la signora ci ricama poi sopra tante variazioni, un po' anche realistiche; e allora è una Francesca diluita. Di queste stonature non ne trovi nella buona mamma; solo che qualche volta il sentimento svapora nel romanticismo della vecchia scuola, o nel simbolismo moderno. La tecnica del verso è buona in entrambe, la lingua pure. Tanto per non perdere P usanza ap- punterei il verso: Pallida Cinzia maestosa appai Maestosa non mi pare epiteto proprio alla luna, specil quando è pallida. Nè mi piace il cipresso che di) sperde con fragore i suoi semi sulla terra. Anche la nota satirica fu tentata : e assai fa licemente, non so poi da quale delle due signori E per lasciare con la bocca dolce il lettore trai scrivo questo bel sonetto. AL CAVALIERE.... Voi non avete torto ; gli è un veglione Si, gli è un veglione questa nostra vita : Ed il plauso raccoglie, ed a ragione La mascherina che è più ben vestita. Oli ! di regnare invero 1' ban finita Pulcinella, Arlecchino e Pantalone, Sono maschere vecchie, e un'infinita Noja ci prese delle lor persone. Ma voi l'avete proprio indovinata, L' abito vostro fa un superbo effetto Sembrate un galantuomo, e ognun v'inchina. Passate, o prence della mascherata, Anco la croce che vi brilla ìli petto Rende più bravo quel che v'indovina. È questa una graffiatina proprio coi guanti! Un mirallegro alle gentili poetesse anche da questi ultime rive dell'Adria. Oddone Zenatti. Nuovi testi della canzone ca, podistriana sulla pietra filosofale. Verons Franchini 1S91. Un opuscolo di pagine sette Si è già detto nella „Provincia" (XXIV. 8 di questa canzone del maestro Daniele di Capodistria, scoperta dal bravo Zenatti. Con questo opu scoletto l'autore torna alla carica, e ci dà l'annunzio di altri tre esemplari di detta canzone, no velia prova della diffusione ed autorità del capodistriano tra gli alchimisti italiani dei secoli XV i XVI. Fattici sopra i debiti studi e raffronti l'autori conchiude con l'accettare gentilmente la lezione di me proposta — Rithmus Danielis de Iustino poli, e il fìdele riferito a professor, con che i tolto ogni dubbio sulla patria di Daniele. Non c'i adunque ramo quasi di letteratura in cui non s segnalarono i nostri: anche alle aberrazioni degl alchimisti V Istria ha dato il suo contributo. Vadan-ora i compilatori del Diritto de' così detti.... croat a frugare negli archivi di Zagabria per trovar qualche cosa di simile. Fatica inutile! Neil' latri la letteratura fu, è, e sarà sempre italiana. P. T.