ANNO XVII. Capodistria, 16 Ottobre 1883. N. 20. DELL'ISTRIA Esce il 1° ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3; semestre e quadrimestre in proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso l» Redazione. Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Un nùmero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. I giardini d'infanzia „In un' epoca, nella quale 1' educazione della primissima età è sempre all' ordine del giorno, non crediamo inopportuno di intrattenere i nostri lettori „suH'argomento d'uno fra i primarii giardini d'infanzia „nella provincia di Vicenza, che ne conta, per suo „onore e fortuna, parecchi." Con queste parole la Gazzetta di Venezia accompagnava la corrispoudenza da Valdaguo, che riportiamo qui sotto. Vorressimo aver potuto scrivere altrettanto dei risultati dell'-AsiZo di carità per l'infanzia di Capodistria, il solo per quanto sappiamo che esista nella nostra provincia; in altri tempi, molto lontani, modello di simili istituzioni, citato ad esempio dal Tommaseo! .. . ma cosa potressimo dire ? Leggano gli onorevoli direttori di questo nostro asilo, la descrizione delle feste che si sono fatte a Valdagno — e che si fanno da per tutto — per il saggio finale! e pensino con quanto piacere la nostra popolazione accorrerebbe a godere di tali feste e quanto profitto se ne potrebbe trarre a vantaggio dell' asilo, ora ricordato appena il giorno della votazione dei bilanci nell' amministrazione comunale in fin d' anno. Se non che per invitare il pubblico a giudicare dei saggi finali, e riscuoterne gli applausi, bisogna apparecchiare con lunghe e affettuose e intelligenti cure l'educazione dei bambini ricoverati, e non basta provvedere acciocché loro non manchi un piatto di minestra ed un boccone di pane. Questa è la stagione dei saggi finali ... e da qui un anno c' è tempo e speriamo che la onor. direzione sappia approfittarne. Ecco la corrispondenza: SAGGIO FINALE al giardino d' infanzia Mar/otto. Valdagno 2 ottobre Il giardino è posto sopra una delle più ridenti colline di Valdagno. Il fabbricato ne è comodo e vasto, contenendo due aule spaziose, cucina e refettorio, spogliatoio e stanza di riposo, con relative adiacenze ad uso del personale insegnante. Alla parte di mezzodì ha un vasto cortile con palestra, piantato d' alberi, e circondato da aiuole ad orto e a giardino. Vi si gode una prospettiva incantevole. I locali son volti a mattina, mezzodì e sera, difesi poi come sono da costruzioni e ripari naturali dal lato di tramontana. Nè il caldo, nè il freddo vi sono mai eccessivi ; l'aria e la luce, ed uno zampillo di eccellente acqua potabile lo rallegrano a profusione. I signori fratelli Marzotto, assegnando al giardino una località tanto felice, in un paese ove le aree per costruzione difettano, posposero persino i loro comodi al bene dei figli dei loro operai. II giardino venne frequentato, quest' anno, da ben ottanta bambini d' ambo i sessi, dagli anni tre e mezzo ai sei circa, e lo sarà da più che cento nell' anno venturo. Appartengono tutti ad operai addetti al grandioso Lanificio Marzotto, che vi lavorano in numero d' oltre settecento. A buon dritto, pertanto, questa uumerosa falange adora e benedice gl'industriali benefici, che con tanta larghezza ed intelligenza provvedono al bene presente e futuro di sì numerosa prole. Quanto a suppellettile didattica, nulla ci lasciamo a desiderare le vigili e premurose signore di casa Marzotto, pronte a soddisfare ad ogni bisogno. L'insegnamento, impartito da quella espertissima maestra eh' è la signorina Silvia Boesso, coadiuvata dalla madre, da un assistente, e dal necessario personale di servizio, è tutto informato al metodo froebelliano. Viene impartito con energia ed intelligenza, cui vanno di pari passo congiunte la pazienza e 1' affetto. I bambini, tutti in istato fiorente, vi aqnistano un progressivo sviluppo delle facoltà mentali ed etiche, "ed un contegno a modo. È indeclinabile 1' esigenza della nettezza e della disciplina ; e nelle ore del riposo e del silenzio s' ode appena il respiro dei bambini, pure in gran parte svegli. Questo sistema di educazione riscosse applausi e dalle autorità scolastiche, e da educatori di bella fama, che visitarono il giardino. L' alimentazione, gratuita, n' è sana e variata. Ai j bimbi che manifestano un qualche incomoduccio, vien persino amministrato un brodo a metà lezione, onde riu-1 francarne lo stomaco. Oggi, destinato al saggio finale, i bambini, al cospetto di numorosa adunanza, ov' era il fior del paese, diedero prove molto applaudite di buon profitto, di svegliatezza, di belle maniere ; e crediamo che e i fondatori, e le signore patronesse, e le maestre abbiano colto con questo il più bel premio, che si potessero desiderare, delle loro fatiche, cure e dispendi, siccome da sua parte il pubblico, che sempre accorre affollato a questi simpatici saggi, deve aver provato le più dolci emozioni, e riportato un gratissimo senso di riconoscenza per questa benefica istituzione. Furouo eseguiti esercizii ginnastici, cantati per bene inni educativi e patriotici, con eletta musica del maestro Lievore : alcuni dei bambini e bambine offrirono anche saggi di lettura, scrittura, numerazione e geografia — tutti poi, i consueti esercizii sulle materie religiose, e sul sistema oggettivo. Parecchi lavori di varia specie, eseguiti nel corso dell' anno, si trovavano in mostra. La festa venne aperta e chiusa dal concerto di questa i brava banda musicale. Dissero parole appropriate alla j circostanza il sopraintendente, avvocato Cengia, ed il ! reverendo Arciprete. Con gentile pensiero venne offerto dai bambini un magnifico mazzo di fiori alla ispettrice, signora Valle-Orsini. Ventiquattro furono i premii, e tutti appropriati, e bene scelti, ed ogni bambino ebbe il suo bel cartoccio di dolci. Domani, altro premio a tutti, cou una gita campestre in quattro carri, ed un pranzetto : non mancheranno i brindisi di quei piccioli ma svegli scolaretti. Il desiderio dei modesti fondatori ili questi giardino è che se ne parli men cbe si può; afflano fatti, , e non chiacchiere, -— lo sappiamo. Sappiamo il nostro dovere, ma sappiamo eh' è un dovere più urgente au- ( cora del pubblico, e verso il pubblico — il segnalare quei fatti che onorano il sentimento della beneficenza, e contribuiscono alla vera e soda prosperità di un paese serio e laborioso. E noi adempiamo questo dovere, poiché possiamo parlare altamente, scevri da ogni ombra della, più lontana adulazione, sopra e fuori d' ogni partito. Luciano da Lovrana celebre architetto del secolo XV. Due egregi patrioti di due diverse proviucie, mossi tutti due dallo stesso scopo, senza sapere 1' uno dell' altro, fecero ricerche iutoruo al celebre architetto Luciano da Lovrana; il nostro Paolo Tedeschi, per provare che egli nacque nella Lovrana d'Istria, e nella Vrana di Dalmazia il sig. Prof. Vitaliano Brunelli di Zara; ed oltre 1' articolo pubblicato nella Provincia N, 15 il sig. Tedeschi ha scritto intorno alla patria del celebre architetto nella Concordia almanacco istriauo sortito in questi giorni; ed il sig. Brunelli ne scrisse nell'annuario Dalmato per 1' auno 1884. (Zara lip. G. Wo-ditzka). Il sig. Brunelli ci ha mandato anzi uua Lettera Aperta diretta al sig. Tedeschi, alla quale diamo volentieri posto qui sotto. Lasciamo a questi dotti signori 1' appurare la verità sulla patria dell'insigne architetto, una cosa è certa che Luciano è gloria italiana. Lettera aperta a al signor P. I. IsTEIA. Deploro vivamente di non conoscere l'egregio signore P. T. e non potergli stringere amichevol- mente la mano ; e ciò per la sua gentilezza, adoperata verso di me, nel rispondermi nel N.ro 18 della Provincia. Ad ogni modo, al di sopra delle azzurrine onde del Quarnero, Che Italia chiude e suoi termini lagna, gli mando il mio fraterno saluto, e gli chiedo perdono, se, in quanto sono per dire, sosterrò un' opinione diversa dalla sua. Invitato ad occuparmi intorno ad alcuni artisti dalmati ed istriani, di cui il signor P. T. scrisse nel N.ro 15 di questo riputato periodico, mi sono subito procurato il N. in questione, ed ora, eccomi qua, a dire la mia. Di Martino da Zara e di Iacopo da Traù non so nulla di particolare; ma non è di questi, su cui voglio intrattenermi, bensì di Luciano da Laurana. Vado pienamente d' accordo col signor P. T. circa i meriti di quest' insigne architetto, ma dissento affatto circa alla patria. Laurana non è la. Lovrana d'Istria, bensì Vrana di Dalmazia. E credo che ciò si possa provare coi seguenti argomenti. a) Se il padre di Luciano era da Zara, come diffatti lo era, è credibile che possa avere procreato un figliuolo ad una ventina di miglia lungi dalla sua città natale, senza che vi sia un documento, che ce lo indichi ; ma supporlo andato a Lovrana d'Istria, che a quei tempi sarà stata una meschina borgatella, senza un plausibile motivo e senza una carta, che ce lo attesti, non è cosa storicamente probabile. b) Quasi tutti gli scrittori italiani, che parlarono di Luciano, lo dissero schiavone, oppure da Laurana di Schiavonia. Che Con questo nome nei tempi andati, gì' italiani in generale ed i veneziani in particolare designassero i dalmati, noa fa d' uopo qui di citazioni, a convalidarlo. c) Aurana, Tirana, Laurana, la Vrana e Vrana sono un solo e medesimo luogo, venti miglia circa a mezzogiorno di Zara. La forma originale latina fu Aurana; donde, per vari procedimenti etimologici, comuni alla lingua italiana, che allora si parlava e tuttora si parla in Dalmazia, derivarono tutte le altre. Siccome con la voce Aiorana non si designava soltanto il castello di questo nome, ma il lago omonimo e tutta la regione adiacente, che formò il priorato di Vrana, che ebbe tanta parte nella storia dei re ungheresi da Lodovico e Sigismondo ; così questa voce, conformemente all' uso italiano coi nomi di provincia, pigliò l'articolo e si disse V Aurana. Questa forma coli' articolo la troviamo già nei cronacisti veneziani, anteriori a Luciano. Si consulti a quest' uopo il Lucio de reg. Balm. et Croat. lib. IV, pag. 223. Ora da questa VAurana discesero altre due forme. GÌ' italiani parlanti o scriventi la buona lingua, credendo di avere a fare con un semplice nome di città, che regolarmente rifiuta 1' articolo, ritennero che la forma ì'Aurana fosse una voce sola, e scrissero Laurana. Mentre i veneziani, conoscitori del paese, in cui ebbero a sostenere molte lotte, mantennero l'articolo staccato e la Tirana, cioè la Frana, indicando con questo nome non solo il castello, ma anche il territorio ad esso soggetto. Quando poi quel priorato, prima distrutto dai turchi, passò poi colla pace di Carlovitz sotto il dominio veneto, e la Vrana cessò di essere una provincia, per indicare soltanto il castello ed il lago di questo nome ; allora i' articolo andò perdendosi e si disse come tuttora si usa, Vrana. Della quale unione dell' articolo determinato a sostantivi, e del distacco di una vocale iniziale dal corpo delle parole abbiamo frequenti esempi nella nostra lingua. Cito qui a caso Lamagna (anche La Magna) e l'Alemanna, la lodola e l'allodola, il rosignolo e T usignolo, V alloro invece di la loro ed altri. Sarebbe difficile in quella vece giustificare la derivazione di Lovrana da Laurana ; giacché quest' ultima voce, per la solita contrazione del dittongo, avrebbe dovuto dare in italiano piuttosto Lorana che Lovrana. Ho detto difficile e non impossibile, perchè, trattandosi qui di una sillaba atona, 1' a poteva anche mutarsi in o. d) Una tradizione costante presso gli scrittori dalmati vuole che Luciano da Laurana fosse da Vrana di Dalmazia, e non da Lovrana d'Istria. Si consulti a quest' uopo un articolo del zaratino 6. Ferrari-Cupilli, inserito nell 'Artista dalmato, lunario pel 1855, pag. 15 ed il Dizionario biografico degli uomini illustri della Dalmazia di S. Grliubieh. Tra gli stranieri poi, il Kukuljevich il quale avea prima ritenuto che Luciano fosse da Lovrana, ArMv za povjestnicu Ingoslavensku voi. Ili, pag. 241-251 (Zagabria, 1854) si è ricreduto, ed ammette che Lovrana sia l'odierna Vrana presso Zara. La quale opinione fu riprodotta da G. Yalentinelli nella sua Bibliografia della Dalmazia e del Montenero —- Zagabria, 1S55, pag. 285. Così Carlo Promis nella biografia di Francesco di Giorgio Martini, premessa al Trattato di architettura civile e militare di quest'insigne artista senese (Torino 1841, pag. 2'i e seg.) dice chiaramente che Luciano fu da Laurana, piccola città di Dalmazia. La quale notizia fu ristampata poi nelle Memorie originali italiane risguardanti le belle arti —- Serie sesta Bologna, Sassi, (1845 pag. 19S). e) Bitenuto Laurana essere la Vrana di Dalmazia, resta spiegata più facilmente la seguente circostanza, rilevata da Bernardino Baldi nella sua Descrizione del palazzo ducale d'Urbino, Roma, Salvioni, 1724, pag. 44 : Il duca, fatto pratica con molti principi, per aver architetti, che fossero atti a soddisfarlo, fra molti altri gliene fu mandato uno dal re di Napoli, chiamato Luciano, nato in Lovrana, luogo della Sehiavo-nia. Le relazioni politiche e commerciali della Dalmazia nel secolo 15. col reame di Napoli, fanno ragionevolmente supporre che Luciano siasi recato da Zara nel napolitano, donde passò ai servigi del duca d' Urbino. Sarò grato al sig. P. T., se con qualche prova di fatto scioglierà questa questione. Intanto, protestandogli la mia stima, mi dico suo devotissimo V. B. Zara, 30 ottobre 1883. Cose locali Sempre cauti e con un senso di ripugnanza, che nasce per l'indole se non del tutto privata neppure del tutto pubblica del soggetto, noi abbiamo adempiuto al dovere di scrivere anche delle associazioni d' affari che sorgono qua e là in provincia ; facili a tributare lodi e incoraggiamenti, abbiano preferito il silenzio, anche sollecitati a romperlo, quando l'opinione pubblica accennava a errori commessi; avvegnaché noi sempre ricordiamo il proverbio chi fa falla; e badiamo più all' indirizzo generale di un impresa che, s' è buono, anche tra gli errori inevitabili si fa strada e vince le difficoltà che si oppongono in un paese nuovo, come questo nostro, allo spirito di associazione. Ma anche questi nostri sentimenti hanno un limite e quando 1' affare stesso che interessa molti, e lo spirito di associazione ne vanno a soffrire, per cui è compromesso l'interesse generale, sarebbe colpa tacere. Pur troppo ci troviamo oggi in queste condizioni, e non ci possiamo rifiutare di dar posto alla seguente lettera che abbiamo ricevuta : Onorevole Redazione. Non mi rifiuterete il favore di pubblicare questa lettera nel vostro pregiato periodico ; si tratta di grave questione che interessa non solo la nostra società di navigazione, ma la città intera. È successo uno di quei fatti nell' amministrazione della società cittadina del traghetto a vapore con Trieste, che 1' eguale credo non ha riscontro, e tale che esige pronta e ampia riparazione, se non si vuole che le sorti della nostra società vadano a rotoli, ed alle liete speranze che sorridevano allo spirito di associazione succeda la diffidenza e l'avversione. Il fatto, lo saprete, è noto a tutti : la dire-rezione della società cittadina di navigazione a vapore, con tutto che vedesse con sempre maggiore affluenza di passeggeri e di merci aumentare il lavoro e gli utili, per cui aveva raggiunto il sopravento nella concorrenza con l'altra linea dello stabilimento tecnico triestino ; ed ha potuto presentare agli azionisti un dividendo del 1-1 per °{0, ha creduto con tutto ciò prudente, poiché l'occasione le fu porta, di eliminare affatto la coiicorenza e raggiunse l'intento con sagrifìzii pesanti sì, ma accettati di buona voglia dagli azionisti, per la maggiore sicurezza che ne derivava di migliori affari, divenuta che fosse la società la sola arbitra della linea Capodistria Trieste. Chiamati essi azionisti al congresso generale, approvarono F operato della direzione e appena a mezza voce con bonario rimprovero, espressero il desiderio che in seguito la direzione, anche convinta che fosse di fare il bene sociale, ligia al contratto non oltrepassasse le sue mansioni. Tutto a'nlava a meraviglia, quando alcuni mesi dopo, e precisamente la decorsa settimana si venne a sapere per caso, che nel contratto con lo stabilimento tecnico triestino la sospensione della concorrenza da parte di questo era limitata a soli cinque anni! La prima voce, difusa rapidamente, sparse l'allarme fra tutti gli azionisti, e chi lo crederebbe ? tra la stessa direzioue, la quale ignorava la clausula accennata del limite di tempo. Convocato d' urgenza il consiglio e interrogati i signori incaricati delle trattive con lo stabilimento tecnico, venne da questi confermata come vera la voce corsa, che cioè la cessione della concorrenza era limitata a cinque anni. Si venne quindi a rilevare, che la direzione, la quale, aveva ascoltata — soltanto ascoltata — molto tempo fa la lettura del preliminare di contratto, ne ignorava oggi le condizioni per la ragione che aveva udito senza aver compreso ; — che questa clausola del contratto importantissima fu sempre ignorata dal consiglio di amministrazione e dagli azionisti nell' ultimo congresso generale e rimase ignorata fino l'altro giorno. Da questi fatti che non hanno certo bisogno di commenti, si deduce : che la direzione è assolutamente inetta a condurre l'azienda sociale ; ma per quanto sia lecito ritenere che essa direzione non ebbe occhi per vedere ne orecchi per udire, bisogna per necessità venire a un altra deduzione di grande interesse — attenti signori azionisti — che cioè gl'incaricati da essa direzione a condurre a termine le trattative con lo stabilimento tecnico triestino nel riferire alla direzione ed al consiglio le fasi singole delle trattative stesse e le conclusioni patuite, non hanno saputo o non hanno voluto, una delle due, farsi intendere ; perchè s' è vero che non c' è sordo peggiore di quello che non vuol sentire ; non c' è nemmeno relatore più oscuro di quello che non vuole farsi capire. E come mai di una clausola tanto importante del contratto per la cessazione di concorrenza, dalla quale si avrebbe dovuto far dipendere l'accettazione del contratto stesso, non se ne fece oggetto di discussione in seno al consiglio di amministrazione, da parte di quelli che ne erano informarti, se pur la direzione non seppe rilevarne 1' esistenza, o se pur l'avesse rilevata, non seppe darne il giusto peso ? Se la direzione dunque fu inetta e lo fu del pari il consiglio, non lo furono meno gli incaricati da essa a combinare il contratto con lo stabilimento tecnico. E di meno non si può dire. Tutto ciò ho creduto di far pubblico oggi, su queste colonne, per compiere un dovere da parte mia e un atto di giustizia vivamente reclamato dell' opinione pubblica. Provvedano ora gli azionisti ai loro interessi. Ringraziandovi mi protesto vostro dev. Un azionista. CONVERSAZIONI AGRARIE POPOLARI La formazione del terreno agrario Il primo soggetto di studio della scienza agraria è il terreno. Il terreno agrario non è altro che un miscuglio di rocce polverizzate commiste più o meno a delle sostanze organiche, ed è il mezzo principale di produzione. Il terreno si distingue da tutti gli altri mezzi che possiede 1' agricoltore per la sua estensione che è limitata alla scorza terrestre e perchè le forze che tiene racchiuse non si esauriscono mai totalmente ; è produttivo poiché sovra vi si alzano i fabbricati, la pianta fissa le sue radici che sostengono lo stelo, le foglie, i frutti ed assieme ali1 aria fornisce gli elementi necessari al suo sviluppo. Quelle masse minerali, mobili, semplici o composte, cui si è dato il nome di roccie, sono le materie prime da cui si forma il terreno, ed ecco in qual modo. Noi vediamo giornalmente che le pietre più finamente lavorate, levigate e le più dure, col-l'andare del tempo, se esposte all'aria libera diventano ruvide, alcune parti si corrodono, per l'azione continua dell' aria, dell'umidità, dell'acido carbonico e dell' ossigeno dell' aria, per l'alternarsi delle stagioni ; la vita di vegetali e di alcuni animali cooperano al loro disgregamento. La roccia più compatta, la pietra più dura e levigata non è mai priva di piccole ineguaglianze su cui possa trattenersi 1* acqua. Questa può agire sia sciogliendo una parte della roccia oppure se congela, per la forza espansiva che si produce aumentando di volume, fa screpolare la roccia o allarga la fessura, cosichè una maggior quantità d'acqua potrà essere trattenuta ed agire energicamente. VI sarà successo qualche mattino d' inverno, di trovare la bottiglia dell' acqua, che incautamente avete lasciata piena tutta screpolata ? È un effetto della dilatazione che subisce 1' acqua nel congelarsi. Immaginiamoci ora noi gli effetti prodotti per secoli e secoli sulla nostra crosta terrestre, di questo fenomeno fisico ! L'acido carbonico che noi sappiamo esistere nell' aria, favorisce e rende più attiva 1' azione solvente dell'acqua, che ne è satura, così noi possiamo spiegarsi come molti minerali si trovano in soluzione nelle acque, e come il movimento delle acque che portano in sospensione delle materie dure, corrodono con maggior facilità le le roccie, su cui scorrono. L' ossigeno coli' acido carbonico è uno dei fattori più attivi della decomposizione delle rocce; molti minerali, specialmente quelli del ferro, ossidandosi, da cristallini diventano terrosi, i solfuri diventano solfati e perciò p ù solubili, nuovi sali alla fine si formano, qu:« li il gesso. La vegatazione concorre anch': alia formazione dei terreni. Da prima dei licheni impercettibili vegetano nelle cavità delle roccie, trattengono l'umidità, le loro radici intaccano la roccia ; coi cambiamenti di temperatura e sotto le varie inflenze atmosferiche, la decompongono lentamente. I prodotti di questa prima decomposizione della roccia assieme ai resti del lichene, formano un piccolo cumolo di terreno, sul quale trovano agio di vita, piante di ordine superiore ai licheni e cosi seguono ai licheni microscopici i licheni di maggiore dimensione, a questi i muschi, poi le graminacee e così via. Noi dobbiamo credere che in tal modo si sono formati una gran parie dei terreni e se noi vediamo oggigiorno delle nude rocce, ciò indica che per la loro situazione si rende impossibile una tale vegetazione oppure che i primi prodotti, a seconda che si formano, vengono portati in basso dalle acque. Conviene accennare ancora all' azione che hanno avuto i lombrici o vermi sulla formazione del terreno vegetale. All'ammirabile occhio scrut-tore dell' immortale Darwin, non poteva sfuggire l'osservazione, che tutte le particelle di cui è composta la terra vegetale si presentano sempre uniformemeute finamente divise ; quell' immenso ingegno, di cui la scienza ne piange la perdita recente, ha dimostrato col suo ultimo lavoro che tutto lo strato superficiale di terra vegetale nello spazio di pochi anni passa attraverso i corpi dei lombrici, dove viene elaborato, e finamente diviso, a guisa stessa del giardiniere quando prepara la terra per le sue piante più scelte. D. Dr. T. Appunti bibliografici Bersaglieri della letteratura In questo esercito di militi che combattono, 0 almeno dovrebbero combattere per la conquista del vero e del bene, ci sono anche i bersaglieri. E questi sono i giornalisti, gli scrittori di opuscoli e di fogli volanti. Che cosa fanno 1 bersaglieri nell' esercito ? Spiano il nemico, danno il primo segnale della battaglia, vanno innanzi, ma sanno anche tornare un' altra volta su di un altro terreno ad ingaggiare la battaglia. Così gli scrittori di studi, di monografie nei periodici ; studi e monografie che vengono poi raccolte in opuscoli e spedite in dono ad amici. Spesso questi brevi studi sono il compendio di lunghe ore di meditazione, altre volte le prime-, prove nel campo letterario, e prove non sempre felici. Non importa,; anche al bersagliere talora scatta P arma innanzi il tempo, e la palla per la troppa distanza non colpisce che nelle frasche. Avviene anche che gli opuscoli siano le parti d' un tutto, 1' annunzio di un' opera preparata con lunghi studi : oppure la brevità loro è voluta dai ristretti limiti dell' argomento scelto a trattare. Insomma anche gli opuscoli hanno la loro ragione di essere ; ed io ne tengo molti sul tavolo, ed esigono un breve esame, una parola almeno. Cominciamo dai nostri. I L'assedio di Trieste nel 1468. Ventuno documenti inediti pubblicati ed illustrati dal Dr. Giovanni Gesca professore ' di filosofia nel B. Liceo Umberto di Palermo. Drucker e Tedeschi. Verona e Padova 1883. Ventuno documenti ? E perchè no documenti ventuno? esclama irata la veneranda ombra del Puoti che ha sempre il fino orecchio straziato da quella vicinanza di numero diverso ? Lasciamo da parte questi battibecchi linguistici, e passiamo a dire del merito intrinseco dell' opuscolo. Il pensiero dominante ; lodevolissimo che guida 1' autore in questo ed altri simili studi è sempre scusare la sua Trieste dalla lunga opposizione fatta alla repubblica veneta : pensiero che si manifesta dal motto del Villani impresso a capo del opuscolo: „Le repubbliche italiane avrebbero preferito a Venezia non solo la monarchia, ma aucora lo straniero." I documenti ventuno tratti dal regio archivio generale di Venezia, inediti tutti, sono preceduti da poche pagine di storia ; ma potevano dar luogo a un più minuto esame, e a qualche considerazione più ampia, e non solo ad un' affrettata recensione. Così nel documento 4 dove è parola dei balestrieri di Nicolò de Gravisi posti sotto gli ordini di Santo Gavardo, piace osservare, mutati i tempi, Giustiuopoli fedelissima alla repubblica. Anche la statistica dei voti merita un cenno, ed insegna pur qualche cosa. Se nel senato si discute dei mezzi secondari per condurre la guerra contro i Triestini, i de non sono qualche volta abbastanza frequenti, come nel documento XII dove si ordina ai provveditori di bandire premi a chi primo ascenderà le mura di Trieste. I voti negativi furono ventuno, ciò che dimostrerebbe in quei Serenissimi o avarizia, od un elevato concetto pedagogico dell' umana perfettibilità. Ma quando trattasi di volere il fine e i mezzi necessari, allora uno è il volere dei Padri, unanime il voto, e in faccia al pericolo o al bene della patria, ogni opposizione tace : esempio agli oppositori sistematici e di mala fede. Vedi i documenti I, II, X. II Un grande precursore. Discorso letto a Ven-timiglia nella solenità nazionale dello statuto addì 18 Giugno 1882 dal Dottor A. Jona. Profes- sore nel B. Ginnasio di Cagliari. Cagliari Simon 1883. Anche questo signor Jona è un po' nostro e se non isbaglio, goriziano. Il grande precursore poi è Giuseppe Parini del quale in poche linee il Jona condensa la vita, in un discorso accademico e con uno stile giovanile. E si capisce subito che il giovane professore non appartiene alla scuola del nichilismo letterario ; ma è contento dei placidi ideali. Certo del Parini si poteva dire di più anche in un discorso accademico, e certe frasi sonore e d' effetto potevano tralasciarsi. La sua è proprio uu' innocua fucilata all' aria da bravo bersagliere. Neppur un passero è morto ; non importa le fucilate mettono sempre 1' entusiasmo e scuotono i giovani. Maturato e nutrito l'ingegno con I lunghi studi e scelto un qualche argomento, 1' egregio professore divenuto adulto unirà alla pacatezza dello stile, al paziente esame, e in tutto lo svolgimento del tema quel calore e quella vita che mancano ai seguaci della nuova scuola critica foggiata sul tipo inglese e tedesco. Dice bene 1' autore : un po' d' argine al soverchiare d' un affettata popolarità non farà male ; e perciò consiglia lo studio del Foscolo e delle eleganze greche come antidoto al soverchio man-zoneggiare. Così anche non fa male un po' di Bartoli, un po di Cesarotti un po' di Bembo per non lasciarsi vincere dalla volgarità, dalla sciatteria e dalle causerie moderne. L' autore però è sempre nel campo opposto e perciò recipe : molto Manzoni molto Bonghi molta semplicità inglese e tedesca. Quel po' d' argine opposto, se mai gli sarà necessario più tardi. Ili Dante e le belle arti. Discorso letto da Carlo Vassallo preside e professore nel liceo Alfieri, nei la solenne distribuzione dei premi. Asti Tipografia Paglieri e Baspi 1883. L' egregio professore Vassallo, già noto fra i cultori di belle lettere pe' suoi studi su Dante, gentilmente mi fece dono di un suo applaudito discorso nella solenne distribuzione dei premi nel Liceo d'Asti, Liceo che va superbo del nome del grande tragico. Mi sovviene di aver letto, non so bene dove, parmi nel Tommaseo, che l'oratore il quale sale il pergamo di Nicola Pisano nella cattedrale di Siena, miracolo di venustà deve provare una specie di terrore per non profferire parola che non sia elegante, e degna del monumento e del luogo onde parla. Così anchè parlare degnamente in Asti, ai giovani del liceo Alfieri non è da lingua che chiami babbo e mamma. L' egregio Vassallo però, che è un professore di studi severi, scelse vasto e degno tema al suo dire — Dante e le belle arti e lo trattò con fecond'a e venustà degne dell'altissimo soggetto e del luogo. Vasto tema ho detto ; vasto e per le relazioni del sommo poeta con 1' arti belle ; e per le moltissime questioni che in fatto d' arti oggi si agitano, e che 1' autore volle toccare. In quanto alle prime cioè ai rapporti di Dante con gli artisti del suo tempo, l'autore, ricordata la tradizione del sasso nella Piazza di Santa Maria del Fiore e f amicizia dell'Alighieri per G-iotto, Oderisi da Gubbio, il Belacqua ed il Casella subito, allargando l'intento, accenna ai vantaggi che provengono dal mutuo concorso fra i cultori delle lettere e delle arti del disegno, ina insieme rammenta la esenziale differenza tra queste e quelle, e dà una giusta interpretazione al celebre motto di Orazio : ut pretura poesis. Segue quindi un accceuno alla celebre opera del Lessing — Laocoonte, che fu occasione di lunghe e dotte disquisizioni sulla differenza tra la poesia e 1' arte del disegno. La questione è toccata opportunamente oggi, poiché a Roma, trapiantata dagli Abbruzzi, regna la scuola del d'Au-nunzio e dei Misusi che rubano allegramente al pittore il mestiere. In qnei versi, in quelle lubriche novelle (e ciò pur troppo è naturale, perchè la lascivia mai sazia serra il cuore ad ogni nobile affetto, da nel multiloquio, e, aggirandosi in un cerchio angusto, frigge e rifrigge il medesimo pensiero) ; iu quei versi, in quelle novelle dico, <;' è uno sguazzo di opalo; di lacca, di I carmino e ogni sorta colori che produce al lettore tutti gli effetti del mal di mare. Il cavalier Marco B .lossardi, ha messo testé iu ridicolo questa scuola della tavolozza sporca nella Domenica letteraria (23 Settembre N.ro 38). Piacemi citare i seguenti versi felicissimi. Policromia Recipe : giallolino Di Napoli, con sale Di Saturno, carmino E lacca naturale, Azzuro di Boriino Con verde m iterale Bruno Wan Dyck, turchino, E rosso tale e quale, Lacca violetta, asfalto, Nero d' avorio schietto. Massico e cobalto: Sciogli con bianco d' ovo, Ed impasta un sonetto Buono pel Canto Novo. A proposito di colori il Vassallo scrive che „la scoltura respinge i colori che sono proprietà della pittura." Si può aggiungere che non gli ha sempre respinti però. Ne' tempi più remoti Bacco, Mercurio, Pane avevano il viso colorato in rosso, Minerva in bianco, Apollo in oro. Di qui la scultura policroma o criso-elefantina. Anche il celebre Giove di Megara di Fidia era condotto in questa strana maniera. (Vedi Selvatico — Storia dell' arti del disegno. Voi. I pag. 235 e 320 edizioue Nara-tovich. Venezia). Passando poi a dire delle relazioni di Dante con 1' architettura, il Vassallo cosi scrive. .,Nessun edificio infatti fu mai ideato con più unità di concetto e simmetria di parti, come quello della Divina Commedia ; poiché esso sorge dal centro della terra, allora creduto centro del mondo, e levandosi negl' immensi spazi s' appunta alla cima iuacessibile dell'Empireo, ove splende, quasi punto luminoso, il Creatore : nove cerchi nell' inferno, nove gradini in Purgatorio, nove cieli in paradiso. Ma in mezzo a quella euritmia quanta varietà! Lo si direbbe una sterminata cattedrale, gotica con una selva di guglie, d'archi, di sporti, di sfondati, di colonne, di statue, di finestrelle bifore, trifore ed a rosoni ; di cui nessuna parte è eguale alle altre, e pure tutte cospirano ad unità meravigliosa. Dante architetto. Ecco un tema bellissimo e non ancora, che io sappia, trattato. Come di ritorno da un viaggio ricordiamo gli edifizi amirati, e ci par sempre di vedere i palazzi le cupole, le chiese e le piazze più grandiose, così letto e studiato il divino volume, e compiuto con Dante il mistico viaggio, ci accorgiamo di non aver solo ricevuto delle vaghe sensazioni, ma delle impressioni profonde che non si cancelleranno inai più. Nessun poeta ha avuto, dirò così, una forza tanto plastica della parola ; e nessuno ha mai immaginato un edificio così immenso. Dante è mosaicista sommo nel Paradiso ; pittore nel Purgatorio, scultore nell' Inferno : architetto sempre. È la sua grandezza. Perchè 1' architettura è più della scultura e della pittura. L' essenziale è la casa ; statue e quadri ne sono le decorazioni. Tanto è vero che se manca il vero loro posto ci scapitano. Il Mosè del Buonarotti ha una barba e due corna immense, perchè non è sulla cima di un grande monumento, dove aveva ad essere collorato. Ohe effetto dovea produrre l'Assunta del Tiziano lanciantesi sopra all' altare in un mare di luce ! Ecco perchè talvolta 1' architetto fu anche scultore e pittore. Così Michelangelo, il Dante delle arti figurative, così Giotto. Negli immensi mosaici o nelle miniature, „nelle postille debili dei visi" nel paradiso ; negli angeli dipinti dalle verdi penne nel purgatorio ; nel Farinata, nel Capaneo, e nelle sculture dell' inferno Dante ha sempre 1' occhio all' edifizio, all'immenso, contorno e perciò è breve, reciso, più che artista finito, poeta, perchè le minuzie, i lenocini dell' arte spariscono nello sterminato edifizio del sommo architetto. Il Vassallo sfiora quindi altre importanti questioni : dell' ideale, del verismo, del principio — l'arte per l'arte, ecc. ecc. e chiude il suo discorso con nobilissime parole alla gioventù studiosa. Che, se come ho detto, molte questioni ap-pajono appena toccate, e forse con danno dell' argomento principale che richiedeva una più larga pertrattazione, il chiarissimo autore è scusato pienamente dal genere di componimento e dal desiderio lodevole di guardare la gioventù dagli errori che più oggi si predicano con grande schiamazzo. Così le nostre scuole avessero molti di questi veri educatori della gioventù. In quest' arte del mantenere il sentimento del bello e di rinvigorire il carattere non con sola pompa rumorosa di frasi, ma con alte idealità, con efficaci esempi e con quella schietta e serena italianità di concetti e di parole che ogni giorno si fa sempre più rara il Vassallo è maestro, e merita piena la lode. P. T. PROSSIMA PUBBLICAZIONE DELLE POESIE E PROSE DI BESENGHI DEGLI UGHI Alcuni anni or sono la Nuova Antologia di Roma recava alcuni cenni biografici sul Besenghi ; e 1' autore, dopo aver discorso con caldo affetto delle vicende del poeta e de' suoi scritti concludeva così: „Sarebbe ormai tempo che qualche ^editore pensasse a pubblicare una raccolta di GAHOKISTBIA, Tipografia ili l'ano l'riora. „tutte le sue cose scelte. La mèsse non sarebbe „però il pregio della squisitezza, e l'Italia verrebbe, in tal modo, a conoscere uno scrittore, „che, senza essere sommo, può stare tra' suoi „ migliori." Abbiamo fatto nostro il gentile pensiero dell' egregio collaboratore della Nuova Antologia, e, previe le debite pratiche, ci proponiamo ora di pubblicare coi nostri tipi una raccolta di tutti gli scritti dell' illustre nostro comprovinciale, degni di essere ristampati, rifiutando, naturalmente quelle cose che il poeta stesso non aveva destinate alla pubblicità o che, se pure stampate nella sua gioventù, non desterebbero però adesso alcun interesse nei lettori. E ci proponiamo questo prudente programma rispetto agli scritti del Besenghi, anche per fare un' edizione, che possa correre nelle mani di tutti, e sia, nel tempo stesso, un tributo d'amore e di stima alla memoria dell' illustre uomo, che, specialmente a Trieste, dove riposano le sue ossa, lasciò tanti ricordi di sè. Rammentare le testimonianze di stima, di cui furono larghi al Besenghi non solo i più insigni scrittori d'Italia, ma ben anche molti illustri stranieri, ci pare cosa ormai superflua, tanto note sono quelle cose. Basti il fatto, che Nicolò Tommaseo così severo ne' suoi giudizi, lo ebbe a chiamare „signore di stile composto e fervente", e Giacomo Zanella, certamente de' più illustri fra i viventi scrittori d'Itaiia, ebbe a notare che „i pochi versi del Besenghi vivranno più assai dei grossi volumi di qualche moderno Non è neppure mestieri ricordare la vita raminga e sconsolata del nostro poeta, perchè anch' essa troppo nota ; e nemmeno 1' amor patrio ond' era acceso il nobile suo cuore, e la parte attiva da lui presa nella guerra dell' indipendenza greca, nella cui storia il nome suo splende accanto a quelli del Byrou, di Santorre Santarosa, dei Rossarol e di tanti altri egregi, italiani e stranieri, che accorsero in aiuto di quell' illustre, ma allora infelicissima nazione. Il nome di Besenghi degli Ughi è una delle glorie più belle della nostra provincia, ed è tempo ormai che i suoi scritti, per incuria si a lungo obliati, ritornino a fare parte del santo patrimonio della letteratura nazionale. Le associazioni si fanno presso la tipografia Giovanni Balestra & C.o editori in Trieste ; il volume di circa 300 pagine in tipi elzeviriani, costerà per gli associati fior. 1.50. Pietro M&douizza — Anteo Giayin «clit. • r.iiat. raipouiakili-