L' ASSOCIAZIONE per nn anno anticipati f. 4. Semestre e trimestrein proporzione. Si pubblica ogni sabato. I. ANNO. Sabato 30 Maggio 1846. • M 31— Geografia amministrativa d'Istria. (continuazione) Commissarie distrettuali. IVei precedenti numeri abbiamo indicato le incombenze dei comuni istriani, ed abbiamo pure mostrato il loro ordinamento sociale; in oggi dovremmo passare direttamente agli ordinamenti di pubblico governo superiori ai comuni, o di categoria diversa. Prima però di farJo ci sia permesso di soffermarci alcun poco ancora e sulla importanza del reggimento comunale, e sul debito che ad ogni uomo incombe di partecipare ai comuni e sulF onorificenza, sul carico di quelli che sono chiamati alla rappresentanza ed alla amministrazione. Certo che se il provvedere alla propria economia, e di provvedere al proprio benessere, è incarico nobilissimo dei comuni, perchè segno visibile di quella fiducia che il principe ha ne'suoi sudditi; il debito di quelli che sono chiamati a rappresentare i comuni, e ad esercitarne le incombenze in nome di questi è sacro e non si facile, perchè non è già esercizio di comando, sibbe-ne esercizio di virtù e di prudenza ; di virtù nell' anteporre il pubblico bene al privato, di prudenza nell' a-dottare mezzi che si mostrino più adatti per conseguirlo. Perchè le rappresentanze comunali non trattano già le cose proprie delle quali a beneplacito e per proprio vantaggio possono disporre, ma trattano le cose altrui e pel vantaggio generale; le trattano non già per effetto di volontà che non ha limiti, ma di prudenza cittadina che il vantaggio generale deve soltanto avere a mira, con quei vincoli che ha chiunque amministri le cose altrui. Gli uomini non furono collocati su questa terra perchè abbiano a vivere isolati; non ne hanno l'attitudine, non ne hanno le forze, non ne hanno la volontà. L'uomo non è creato da Dio perchè ne' suoi simili ravvisi delle creature a lui straniere, alle quali per niun vincolo è legato, e delle quali possa servirsene come degli animali; l'individuo non è che membro della famiglia umana, nella quale nasce, nella quale vive, e nella quale muore. A differenza degli altri animanti che vegetano isolati, o se in attruppamento, non in consorzio, è proprio dell' uomo il debito di vivere in comune, di vivere per gli altri, e di riavere nel comune benessere il rimerito del suo operare. L' e-terno precetto che Dio ha scolpito nel cuore umano « ama il tuo prossimo come te stesso » impone 1' obbligo del vivere sociale, senza di che 1' adempimento di si sacro dovere, e degli altri tutti che ne conseguono sarebbe impossibile, perchè la carità dev' essere mutua, o-perosa. La chiesa stessa è la congregazione di tutti i fedeli, la chiesa di comuni ecclesiastiche si compone; e questo mirabile ordinamento, che integro, benefico ha potuto attraversare dieciotto secoli, diffondersi in ogni terra, in ogni popolo, si manifesta da sè opera di Dio, quan-d' anche di certa scienza noi sapessimo, fondato da quelli che missione e sapienza tennero da lui. Nel vivere civile l'insufficienza d'ogni singolo costringe al vivere comune: ogni uomo ha invero il germe di qualunque sapere occorrente alla vita; ma nè tutti 1' hanno in eguale grado, nè a tutti è dato di svilupparlo egualmente, nè il tempo è a tutti sufficiente. Non v' ha persona che qualche esperienza di medicina non possa a-vere e non ne abbia; pure sarebbe infelice condizione se ogni uomo dovesse curarsi da sè colle proprie conoscenze , e così dicasi di ogni altro sapere, di ogni altra necessitudine che esiga perfezione migliore della comunissima. Chi volesse cercare in sè solo ogni attitudine dovrebbe farsi enciciopedistaina; questo genere di perfezione è chimerico, contrario a quella esperienza di secoli che attesta insufficiente in ogni singolo ramo di scibile chi molti ne abbia abbracciato. In tempi a noi vicini, il pensamento forse preponderante di taluno ha creduto di ravvisare nell' umana famiglia un ordinamento artifiziale degli uomini, anziché una società disposta da Dio, come in altri secoli ebbesi a ritenere; quindi intemperanza di discipline eleggi, una violenza nel voler stretta la società entro definizioni, frutto d'imperiosa volontà. Siffatti ingegni presero le cose a rovescio : invece di dedurre le regole dalle relazioni naturali di società, vollero con regole arbitrarie formare le società; operarono come quelli che dettassero a capriccio la grammatica d'una lingua, nell'intendimento che così la lingua abbia a formarsi e parlarsi. E frutto di tale pensamento fu o lo scomporsi spontaneo delle società, od il ritenere l'individuo come sufficiente, anche nel suo isolamento; stato questo che fu errore, perchè gli uomini hanno vincoli tali di società che il toglierli è impossibile, il non permetterne Io sviluppo ha mostrato le brutture che sono degli individui, con pernicie dei più, con niun vantaggio nobile, eterno di loro medesimi. Ed è perciò che in tutti i tempi gli uomini si composero a comune, per profittare in comune del sapere della prudenza, che ristretta negli individui è quasi sterile; per promuovere la virtù, che se ristretta all'individuo-, per poco è proficua; per contenere il vizio, perchè nessuno vuole essere scellerato in pubblico, e perfino in sè medesimo cerca scusa alle turpitudini, al vizio. Tanto è nel cuore dell' uomo inspirato da Dio il debito di società, che ognuno ama gloriarsi delle geste onorate, delle virtù dei suoi concittadini, sieno presenti o passati, e farsele proprie quasi cosa a cui partecipa; ed arrossire dei delitti, delle turpitudini che a suo concittadino si appongono. Ognuno sente il bisogno di conoscere le vicende del suo comune, perchè sente che l'uomo soltanto nella società è qualcosa, è più che un animante. Può nell' interno della famiglia e del comune, per quella facilità onde le strette relazioni passano in ire e dissidi, nascere indifferenza ed avversione fra i singoli; ma è spontaneo il sentimento di vergogna, quando siffatti dissidi muovono le risate nel forestiere, e tentasi per ogni dove nasconderli e negarli, od almeno volerli ristretti ai limiti di querele famigliari. Tanto è il sentimento di vincolo comune, tanta è la carità di patria, che alle ire si fa superiore. E laddove niun vincolo di comune unisca gli uomini, il precetto di carità del prossimo non ha elfetto, niun soccorso al mendico, niun sollievo all' ammalato, niun provvedimento che torni di vantaggio a tutti; ma egoista l'uomo, passa la vita senza che di lui sia fatto conto più di quello che si farebbe della pecora di una mandra per sapere di quante si componga; la stessa virtù, la stessa saggezza che è degli individui, è sconosciuta nel rilassamento di ogni vincolo, perchè la scaltrezza, la frode è tenuta in conto di sapere; la virtù è tenuta inutile, stolida, spesso ipocrita; prudenza è il riuscire in qualunque siasi intento, anche in quello di togliere 1' altrui, qualunque mezzi si vogliano adoperare. Pure in tale rilassamento, quasi l'uomo sentisse rimorso del non partecipare all' umano consorzio, la carità della patria si fa strada attraverso 1' accidia, e prorompe in lagni, in biasimi, in progettare, continua scusa questa che se può sminuire in qualche parte il debito che ha ognuno verso la patria, torna sempre inutile; pure in tale rilassamento, nella certezza di operare senza frutto, nel timore di a-verne anzi derisione, nella certezza di non avere nemmeno il compatimento dei presenti, nè la lode dei posteri (che non v' ha storia da narrare ove non vi è consorzio civile), v' hanno sempre uomini che seguono l'i-stinto che li spinge ad operare pel prossimo; e la generalità, prontamente accusa a scusa di propria inattività, gì' individui dei quali crede debito od officio il provvedere alla terra, alla società comune. Tanto è il sentimento che Dio ha posto in cuore ad ogni uomo della carità di patria. Non vi ha che Dio, il quale sia solo, e basti a sè solo. Saggiamente in Istria non ha la legge precisato in che consista il benessere dei comuni, nè ha additato i modi di conseguirlo; devono questi essere il frutto della virtù, della saggezza dei comuni medesimi; la legge ha dato possibilità di conseguirlo, è debito dei comuni di provvedervi, e di rimeritare la fiducia che in essi fu riposta. La legge ha provveduto a quelli organismi di comune che sono indispensabili a rappresentarla, ad agire per lei, e facile e pronta se ne affaccia la ragione. Imperciocché, se il corpo sociale deve assimilarsi al corpo umano che è opera perfettissima di Dio, v' ha necessità di membri che esercitino le funzioni che sono necessarie e devono essere proprie di ciascheduno ; e se la mente è per pensare, le braccia per fare, e gli occhi per vedere, ogni membro deve esercitare quelle attribuzioni alle quali è disposto. Nè perciò può dirsi che un membro si arroghi le incombenze che altrimenti sarebbero dell' altro, nè perciò può dirsi che l'uomo non agisce, se per agire adopera soltanto le braccia quando occorre. L'armonia, la coordinazione, la subordinazione delle incombenze nel corpo sociale, son di necessità, e se ne ha vantaggio comune soltanto quando ogni membro eserciti ciò appunto cui è chiamato pel possesso di quelle attitudini che lo fanno capace delle mansioni poggiate. Ma è tempo ormai di passare ad altro argomento; forse avremo occasione di ritornarvi. I comuni sono le unità sociali di cui si compone 10 stato; al di sotto delle quali unità non vi sono che famiglie, e singoli individui; i comuni appartengono perciò agli ordinamenti politici dello stato, e devono considerarsi siccome elementi ed organi della pubblica amministrazione. Dei territori comunali si compongono i distretti. Come i comuni medesimi sono sottoposti alle Commissa-rie distrettuali, le quali emanano dal potere del principe, e d'una sola commissaria all' infuori (quella di Bellai), sono tutte di diretto esercizio del principe (diciamo diretto a diversità dell' esercizio dei poteri affidato ai comuni) ; le conunissarie sottostanno al capitano circolare, carica corrispondente a quella di delegato nel Lombardo-Veneto; il capitano circolare al governo provinciale; il governo alla cancelleria riunita. A spiegare 1' organismo dell' amministrazione, ci sia permesso di far precedere alcuni cenni che riteniamo convenienti a più facile intelligenza. Vi hanno diritti nei sudditi, e questi di doppia categoria, o civili del tuo e del mio che dipendono dal Codice civile, o politici come li chiamano, con voce usi-tata in senso opposto a quello di diritto civile, regolati da varie prescrizioni positive o di diritto naturale; vi hanno debiti dei sudditi verso il principe per sostenere in comune i dispendi e le forze dello stato, siccome le prediali, i balzelli, il servigio militare; vi hanno obblighi verso la società di non offendere la pubblica morale; vi hanno obblighi verso la società di promuovere il benessere generale di tutto intero lo stato. Quelli che sono veramente obblighi e debiti, sono dei singoli individui : i diritti sono degli individui e dei comuni; la condizione di questi li sottopone a naturale e positiva tutela delle autorità amministranti. GÌ' individui distinguonsi in cittadini ed in nobili, ed equiparati ai nobili, siccome è il clero, e le signorie quand' anche non possedute da nobili. E la materia e le qualificazioni personali sono titolo a giurisdizione di autorità, diverse per il vario genere di poteri, o diverse pel rango che hanno nella stessa categoria. In Austria 1' organismo amministrativo varia da quello usitato in altri stati; poiché, mentre altrove fra 11 ministero ed i comuni non vi ha solitamente che una sola persona fisica intermediaria, la quale assai poteri concentra, in Austria vi hanno molti ordini di dicasteri con poteri divisi, e questi poteri sono poggiati a collegi quanto più alto è il rango del dicastero. Né della finanza, nè del militare ferrassi in oggi parola, nè del potere giudiziario sia pel contenzioso, sia per l'onorario; nè del potere penale per delitti maggiori ; ma di ciò che solitamente dicesi politico, il quale dividerassi in penale, in amministrativo semplice, in amministrativo contenzioso, in tutela dei comuni e corpi, in provvedimenti di generale benessere. Il penale abbraccia due categorie, quella dei delitti minori, detti gravi trasgressioni politiche, delle quali tratta la seconda parte del Codice penale; e di semplici reati, i quali o naturalmente si qualificano in azioni riprovevoli, o sono puniti da peculiari discipline. L'amministrativo abbraccia pure due categorie, o sono diritti che possono esercitarsi dai cittadini, ma che l'esercizio è vincolato al riconoscimento dell'autorità, siccome 1' esercizio di arti liberali, 1' esercizio di professioni , il diritto di costruire case e questi costituiscono l'amministrativo semplice o volontario, perchè il cittadino non si trova in contatto che colla legge; oppure costituiscono il contenzioso allorquando il cittadino si trovi in contatto e collisione con altri cittadini. Vi hanno anche relazioni di cittadini col dinasta od altra persona, le quali o assolutamente provengono da diritto pubblico, o vengono da diritto assimilato al pubblico, o preliminarmente appartengono all' amministrativo contenzioso. La tutela dei corpi si estende ai comuni, sieno politici o religiosi, ed agli stabilimenti che sono comunali. I provvedimenti di pubblico benessere altri sono già stanziati dalle leggi, e quand'anche l'esecuzione sia poggiata a ramo speciale di amministrazione, siccome è delle scuole, l'ingerenza dell'autorità è naturale; altri poi sono da stanziarsi. Premessi tali cenni, si segneranno le incombenze delle commissarie distrettuali. Le quali incombenze altre sono proprie, altre delegate. Sono proprie: - la giudicatura dei delitti minori e dei reati e trasgressioni, se commessi da persona non nobile od equiparata ai nobili, siccome il clero; per questi la giudicatura spetta all'autorità circolare; -1'amministrativo semplice o volontario, eccettuato per esercizio di professioni liberali ;- P amministrativo contenzioso, eccetto per concessioni non proprie delle commissarie, e le prestazioni e censi dovuti a privati per titolo pubblico od equiparato al pubblico, che spettano all' officio circolare; - la tutela dei comuni, in cose di minore entità: per maggiori, incombe la tutela all'officio circolare, ed anche alle autorità più eccelse; - la presidenza dei consigli comunali; - la sorveglianza e manutenzione degli ordinamenti di pubblico benessere; - la tranquillità e sicurezza pubblica - e vi aggiungeremo l'esazione della prediale unica fra le imposte che in Austria è poggiata alle autorità amministrative politiche. Sono delegate : - l'esecuzione delle decisioni ed ordini dell'officio circolare, o di altra superiore autorità; - le rilevazioni istantanee di delitti che non lascierebbero traccie, o dei quali venissero incaricate; - le incombenze che l'offizio circolare loro poggiasse; dacché prescindendo dall' autorità propria, le commissarie sono essenzialmente gli organi esecutori dell' autorità politica e di qualunque altra pubblica che non abbia speciali organi. Le Commissarie sono poggiate ad una sola persona fisica, la quale ha il sussidio di altre da lui dipendenti, tra le quali i capi politici o podestà ne' comuni. Le rotazioni di Rovigno. La religione che accoglie l'uomo al suo nascere e il compone nella tomba, posandovi sopra il fiore della speranza che la pietà innaffia delle sue lacrime, lo accompagna altresì per tutto il corso della vita in qualunque età, condizione, stato egli possa trovarsi. Come una madre amorosa ella sorregge il passo vacillante di lui, sempre pronto a cadere; compatisce alle sue debolezze, che tutte obblia per un atto di fervore, per una stilla di pianto versata dal cuore compunto; parla con ogni argomento umano a' suoi sensi onde per questi giungere all' animo e sollevarlo nelle celesti regioni. Con sillàtto intendimento la chiesa istituì ed ordinò i riti e le esteriori solennità del culto, provvide non pure ai bisogni dell'affetto e dell'imaginazione, ma intervenne ancora nelle necessità materiali della vita santificandone la moderata soddisfazione: con che maggiore efficacia doveva sortire la condanna dell' abuso. Le processici all' aperto sono le festività che al popolo tornano più gradite, siccome quelle dove gli è dato di poter maggiormente esercitare le sue facoltà in consonanza alle proprie abitudini, e abbandonarsi agli impulsi del cuore che dalle esterne impressioni gli vengono dei vari oggetti, ai quali in queste occasioni la religione imprime un carattere tutto nuovo e presta un linguaggio, dapprima forse non avvertito, della grandezza di Dio e della meschinità dell' uomo. La preghiera di una moltitudine congregata in cospetto della natura, vero tempio della Divinità, che ad ogni passo muta sembiante e sorride egualmente al ricco che al tapino, e a tutti ricorda 1' origine è la line comune, s'inalza più spedita, più fervente, che 'non fra le ristrette pareti delle chiese, opera peritura dell' uomo ; comunque 1' arte ispirata possa avervi trasfuso nei marmi e nelle tele i più sublimi sentimenti. Saggio consiglio fu pertanto quello di aver introdotto e conservato le rogazioni, queste feste del popolo, e più propriamente del popolo di campagna. La gioia onde egli suol celebrarle è cosa da doversi rispettare anche da coloro che atti non sono di sentirla, e mostra quanto egTf-'vi sia affezionato. I Rovignesi, continuando la costumanza degli avi, con particolare solennità le festeggiano, ed io ne verrò divisando il modo, non già come vorrei, ma come la tenuità dell' ingegno mei consentirà, sfornito qual sono del linguaggio vero, pieno, efficace, cioè del poetico; di quel linguaggio che tiene della terra a un tempo e del cielo, eh'è l'accordo del pensiero e dell'affetto, cui l'imaginazione festeggia; luce dell'intelletto che nel cuore si concentra e si riscalda, slanciandosi poscia traverso il prisma della fantasia nell'infinito; e dò licenza di andare pe' fatti loro a tutti quelli che non avessero tempo da seguitarmi in questo pellegrinaggio, o che si piacessero delle corse a vapore, dei viaggi aerostatici, non intendendo io di rivolgere le povere mie parole che ai soli interessati. Alle tre del mattino s' ascoltano i primi tocchi della campana. Il buon campagnuolo è già in piedi; egli che si pose a Ietto colla mente preoccupata da una cara a-spettazione. Indossati gli abiti delle feste, e' s' avvia alla chiesa mormorando devotamente la preghiera mattutina, e la moglie, messo insieme alcun che da mangiare e pòrtolo al famiglio che col giumento andrà ad attendere i padroni a pochi passi fuor di città presso la Madonna delle Grazie, tosto gli è dietro colla restante famiglia. In breve è desta ogni casa; s'aprono porte e balconi, per tutte le vie un movimento, un allegro calpestìo di cavalli, di uomini, di donne che vanno e riedono salutandosi con cera d'insolita gioia; la paesanella con in testa il suo ampio cappello di paglia adorno di un ricco nastro serico, che aggiunge vaghezza al suo pallido volto, e che dinanzi allo specchio le turbò il seno di vereconda compiacenza; una pura e serena letizia gli animi inonda, pensando che verrà benedetto il podere innaffiato dai sudori del fidente colono, e resi onori alle tante chiesuole sparse per la città e pel contado che i maggiori inalzarono, non pochi mossi da pietà disinteressata; quali ad impetrare dal cielo quella sicurtà della vita e delle messi che i dominanti non poterono, o poco si curarono di loro procacciare; alcuni pur anco consigliati da aristocratica ambizione, che perfino nelle pratiche fra-tellevoli della religione li tenne sceverati dal popolo. Detta la prima messa nel duoni», la processione si mette in cammino, precedende la croce e seguitando i sacerdoti, gli uomini, le donne; vi si aggiunsero inoltre un impiegato politico ed uno del municipio. Dinanzi alla chiesa s'indugia per un momento, mentre il sacerdote più anziano, alzata la voce, intuona le litanie de' Santi. — Trovarsi in prospetto di un immenso mare, che sebbene commosso, appena mugghia quasi gigante trafelato dalla pugna, suo eterno travaglio, che per tornare più crudo all' orrenda tenzone riposa un istante le membra immani sull'arena; udire quella voce che testò fragorosa s'aggirava fra le arcate del tempio, andar ora in dileguo nel sublime silenzio della volta celeste; vedersi a due passi il triste luogo dove le più audaci pretensioni dell' umano orgogfio si vengono a rompere contra una zolla di terra; considerare, che l'onda investita dalla bufera, fatta inutile prova di aprirsi un varco traverso il baluardo su cui siede la più vetusta porzione di Rovigno, e nell' ira sua sollevatasi al cielo minacciosa n' è respinta, e a piedi sen muore mordendo le roccie da secoli e sempre invano : ciò tutto, meglio che un sermone sulle umane vanità, ha? potenza di ravvivare negli animi il vero solenne aversi da intendere lo sguardo nella vita di lassù. Attraversata la città cantando, la comitiva esce ingrossata per sorvenuti sulla strada maestra ; dove parecchi, saliti i loro ronzini, e fattesi assidere in groppa chi la figlia, chi la moglie, chi la sorella, si pongono in coda dietro i preti, a cavallo essi pure, e procedono composti in silenzio spiranti non ipocrita divozione. Tratto tratto i sacerdoti alternandosi cantano le litanie con cantilena propria di quest' occasione, flebile che t'investe di devota mestizia, e il popolo rispondendo ripete ogni volta le prime invocazioni delle litanie, facendo il medesimo quando uno de' suoi con voce robusta e ben modulata ad intervalli s' ode esclamare « Salvator mundi!» distinzione che gli valse il soprannome di Salvator mundi, di cui e' ne va lieto del pari che i popolani, da esso in questa solennità rappresentati. Abbandonata dopo poco più di mezzo miglio la strada maestra, che fino a sera più non si riprende, e messisi per una viuzza a man ritta, resa, come le più da percorrere, maggiormente disagiosa dalle pietre che il lavoratore vi accumulò per liberarne i campi circostanti, si fa la prima fermata alla Madonna delta torre; chiesetta così denominala per trovarsi a piè di un colle coronato dalle rovine di torre romana, insigne monumento di antichità, che gran luce sparge su tutta la provincia, ed è, a giudizio di persona intelligente, singolare forse più della stessa Rena di Pola; vuoisi pure che vi sia praticato un sotterraneo, ora ostruito, uscente non so dove nella valle. Detta la messa ed altre preci, si continua, quando per stradicene, quando per campi ben lar vorati di viti e d'ulivi carichi di speranze, che i primi raggi del sole di maggio inonda, ed allegra 1' armonioso gorgheggiare degli uccelli, e 1' olezzo de' fiori che il soffio di un soave zeffiretto fa ondeggiare mollemente, godendo pure cullarsi sui cappelli di paglia delle donne e scherzare coi variopinti loro svolazzi. Si arriva alla Madonna di campo, la più bella e capace fra le chiese campestri del territorio di Rovigno, siccome quella che va fornita di patrimonio dicevole. Qui è detta la messa capitolare; donne ed uomini in buon numero s' appressano alla mensa eucaristica, il sacerdote con brevi ed acconcie parole esorta la turba a rendersi degna delle benedizioni dal cielo invocate; ed è ascoltato con tale attenzione quel discorso detto là in mezzo dell' uditorio con modi famigliari e sentiti, da far persuaso chiunque ne dubitasse quanta sia 1' efficacia del raccostarsi al popolo e parlargli il suo linguaggio. Recitato il vespero pe' defunti, aggiun-tovisi qualche campagnuolo de' più abienli, artigiani, marinai, giovani dell'ordine civile, che se non sono tratti da gran divozione, dànno però beli' esempio di loro comportamento, si va fare la terza fermata sul colle Cere-siol, ad una chiesetta dedicata a S. Nicolò. Da questo luogo elevato, donde l'occhio, spaziando sopra un immenso bosco di ulivi vagamente intarsiato di vigneti e seminati, va posarsi sul mare lontano scernendovi appena, quasi bianche nuvolette librate sull' orizzonte, i navigli ond' è solcato, colla vista a destra della chiesa e campanile di Rovigno sfumati nei loro contorni, e colline salienti alle spalle; da questo luogo bellissimo si benedice la campagna. Levatisi di quivi, che il sole sta quasi a metà del suo corso, perviensi in Palù, ove altri pensieri, altre occupazioni: codesto è il luogo del pranzo. Amena situazione: campi, vigne, oliveti, un iago di ragguardevole estensione, il mare.- Podere della signora Garzotto di Rovigno, che vi ha una casa dominicale con tutti gli edifici alla rurale economia necessari. Peccato che le emanazioni del prossimo lago ne renda pericoloso il soggiorno nella bella stagione. Prima del pranzo una passeggiata nel campo qui a destra. Da quattrocento persone, a tre, a quattro, a otto e più sono qui adunate aH' ombra degli ulivi, parte sdraiati sul nudo terreno, parte accoccolati sui basti, sulle selle, sopra grosse pietre intorno a pasto frugale composto di cibi freddi recati da casa. La compagnia più numerosa, della quale fa parte anche qualche persona civile, e che tiene il mezzo dell' accampamento, è quella de' meglio considerati campagnuoli. Gente di senno e di antica lealtà, cui l'ambizione, l'invidia, la sazietà della vita non solcarono la fronte : quelle rughe che vi si scorgono, suggellate dalla sferza del sole, ne formano il più bello ornamento, mentre rendono aperta testimonianza di animo fortemente sincero, e di maschie virtù da lungo tempo esercitate. Con modi di franca modestia e di rispetto decoroso non meno a chi 'I tributa che a chi n'è il soggetto, fanno accoglienza a'sacerdoti recatisi con beli' esempio di fratellevole amorevolezza a scambiare secoloro due amiche parole. Avvegnaché sappiano inutile 1' esibizione di prender parte a' loro cibi, il fanno tutta-volta con non mentita cortesia, e della degnazione ne sarebbero oltremodo riconoscenti! I sacerdoti, continuando il giro, spargono parole ove di benevolenza, ove di conforto, ove di esortazione secondo fa d'uopo, ed è tale vivanda non meno gradita e sostanziosa a questo popolo, cui la vita intima non è punto straniera. Là in fondo havvi buon numero di donne attempate e giovani, le quali per astinenza non si cibano che di pane ed acqua; fuori del ricinto dello stabile, dietro una macchia, lungi dagli sguardi della folla, un drappello di donne Stanno dicendo la corona a bassa voce : digiunano affatto, ed hanno voto di andar in processione a piedi scalzi -arrossiscono di questa buona azione, com' altri non farebbe d' una cattiva ; fragrante pudore ! - Ma in quell' angolo arde il fuoco , bollono pentole , s' aggira 1' arrosto ! È la compagnia di artigiani attendatisi sotto quell' ulivo, di cui resero più fitta 1' ombra con ombrelli inseriti fra i rami e con fazzoletti, che vogliono dare un saggio di quanto già appresero della cittadinesca vanità. Non saranno per certo senza un bicchiere di bontempa stravecchio, ma il beranno forse dalla zucca. Nessuno voglia però credere che i circostanti portino ad essi invidia: sono avvezzi agli austeri diletti dell' annegazione. Tutta quella moltitudine, padrona di sé, siffattamente è compresa di sentimenti tranquilli e dell' accordatale confidenza, che nessuno vorrebbe essere biasimato del benché menomo sconcio - direbbesi che sono in chiesa. Taluni biascicando il frusto di pane, rammentano fra sospiri l'amico, il parente, forse la più cara persona del mondo che pur l'ultima volta era fra loro, là in quel sito.... e non è più; ad altri codesta fermata di più che un' ora si fa perfino penosa, sembrando ad essi perduto il tempo che in processione non s'impiega; nella cappella a pochi passi dalla casa, quante ella ne capisce, sonvi donne raccolte in comune orazione, sollecite di pascere più 1' anima che il corpo. Sul levar delle mense, i sacerdoti mandano ai primari campagnuoli e al Salvator mundi l'invito di venir prender parte a qualche vivanda e a un bicchiere della loro tavola - tratto anche questo che i vincoli rafferma dell' uguaglianza, essenza di nostra religione - e ne distribuiscono i rilievi con modesta carità ai poverelli. E l'ora delle Lodi. Tutti s'accalcano in cerchio attorno la croce e i sacerdoti, e da libretti stampati in lingua italiana, cantano inni sacri, che diconsi essere stati raccolti dalla bocca del popolo, alla cui popolarità nulla però nuocerebbe chi, rispettando coscienziosamente il carattere loro proprio, togliesse a purgameli dagli errori che offendono il senso, e dalle soverchie ripetizioni che aduggiano de' bei versi : sarebbe opera lodevole codesta. Rimettendosi in cammino, la processione s'avvia giù pei campi, passa dappresso al lago poc'anzi menzionato, attraversata una folla boscaglia, e visitata la chiesa di Damiano, rifà un tratto della medesima strada. Si va verso Rovigno, sempre in mezzo a dilettosi uliveti, per viottole affaticanti, sotto la sferza di un sole ardente; si cantano le litanie del dopo pranzo. Dico del dopo pranzo, perciocché vi si vengono invocando i Santi che nelle litanie non furono inseriti, e per atto di cor- tesia , primi quelli di cui i più notabili della comitiva portano il nome. Il caldo vien facendosi affannoso, e la sete comincia a tormentare i pedestri. Un laghetto di limpidissimi' acqua, posto sul passaggio, seduce potentemente colla sua freschezza. Hai un bel gridare che tirino innanzi, che quell'acqua è micidiale; un gran numero di donne sbandatesi dalla serie col bicchiere alla mano corrono a precipizio a berne e a rinfrescarsi la fronte. Le donne stenderanno dunque sempre la mano al frutto vietato? La vanità e la sconsideratezza avranno ad essere ognora 1' amara sorgente de' tardi loro rimorsi, e causa di tante sciagure all' uomo, che per essere, più che per avventura noi pensi, ad esse strettamente legato, trascinano seco nelle loro cadute? Le più in età, le madri specialmente, non dovrebbero seguirne, o fors' anco darne il mal esempio, ma opporvisi energicamente, usando di loro autorità. Vorrei che il sacerdote nell' allocuzione del mattino non isdegnasse di spendere due gravi parole intorno questo importante argomento, e facesse coscienza supratutto alle donne, degli uomini meno robuste, di smettere uso sì pernicioso, portatore tosto o tardi di funeste malattie, che il dente ognora più insaziabile stendono sui figli, tanta parte delle madri! e sui figli de'figli. Non vi ha forse paese che non abbia a piangere qualche vittima di codesta imprudenza del bere acqua fredda sendo accalorati. Fatte tre miglia si arriva al grazioso porticello di Vestre, ove i Vallesi recano la legna da imbarco, ed havvi una cava di pietre da pochi anni aperta all' industria. Gli fanno vaga corona parecchie isolette, dimora del mergo solitario, le quali a guisa di posti avanzati il proteggono dall' impeto delle procelle. Il gruppo che ne chiude la serie visibile da questo punto e sembra formare una famiglia a parte, sono le isole di S. Andrea, la principale delle quali, di questo nome, andava famosa un tempo pel convento de' PP. Francescani, che fra' loro confratelli vuoisi annoverassero un Fra Giovanni da Ca-pistrano (*). Qui non ha guari udivansi ancora echeggiare le divote salmodìe di quegli uomini forti, che per seguire il divino maestro seppero con generoso disprezzo volgere le terga alle mondane vanità, ed a memoria de' viventi i notabili di Rovigno convenivano in questo luogo di delizia a proficua ricreazione; ed ora un ferale cipresso, una crollante vedetta, una chiesa col campanile rovinoso, muraglie in sfasciume, imperturbato ricovero dell' ùpupa che cogli incessanti suoi ululati non si ristà dall' invocare nuove ruine al genio che distruggendo crea, *) Quel desso che nato nella provincia di Aquila verso la metà del XV secolo e datosi al foro, fu da re Ladislao assunto a giudice della gran corte della Vicaria, donde entrò frate di S. Francesco per non aver potuto impedire che il re estendesse al primogenito di un gran barone condannato nel capo la sentenza di morte, non volendo conservare un impiego che non poteva tenere senza ingiustizia. « E fattosi compagno di Bernardino da Siena, andò pre-« dicando, finché visto il pericolo sovrastante alla Cristianità (Mao-« metto li che, vinta la Servia, s'incamminava sull'Ungheria verso « Vienna e Roma), arrivò a porre insieme una quinta Crociata non «composta di nobili e cavalieri, ma di volgo, studenti, frati, con-« tadini, armati di mazze e fionde. Fra Giovanni solo confidente «quando tutta Europa dispera, procede sicuro, e ridesta Giovanni « Uniade, che memore delle vittorie e delle sconfitte antiche, assume «il comando di quell'esercito, che incomposto e gridando Gesù, « avanzasi contro i Turchi ed obbliga Maometto ad allargare Bel-« grado. Quasi fosse compiuta la loro missione, 1' Uniade muore «dopo due settimane, e dopo tre mesi il Capistrano ». C. Cantò, Gloria lln., Tom. XIII, p. 2da. è tutto ciò che rimane, o poco più. L' onda tempestosa che corse Europa, cogli infiniti altri asili del sapere e della virtù ancor questo travolse entro a' suoi vortici. Dicesi che nel convento de' PP. Francescani di Capodistria si conservino carte importanti sottratte da mano pietosa alla dispersione, le quali non dovrebbero essere inutili alla storia di Rovigno, e forse dell' Istria tutta, sì scarsa di storiche notizie. Se ora ci portiamo a Rovigno, la troveremo deserta; non vi rimasero, ad eccezione de'bimbi e degli impotenti, che pochi assai; tutti uscirono incontro alla processione fino al Prà maggiore, a un miglio di distanza. Si potrebbe saccheggiarla, se invece tanta non ne fosse la sicurezza da potervisi dormire a porte dischiuse. Un assordante gridìo s'ode correre per l'aere; la strada tra il prato (formicolante di fanciulli che si balloccano correndo, saltando, facendo capriole come tanti scarabei) e la città è tutta ingombra di gente festante come non la si vide mai; guardie militari e comunali vegliano perchè l'ebbrezza non cagioni tumulto; e in quella massa di uomini e donne d' ogni età e d' ogni condizione, di cavalli, di muli, di ciuchi, 1' angustia de' luoghi non generi confusione, nè spiacevoli accidenti: il che però non avvenne giammai. Chi, ignaro della cosa, venisse ora da Dignano, sarebbe non poco maravigliato di questo singolare concorso senza scopo che fosse manifesto. Ma in breve s'ascolta un' armonia di voci poco lontane e un grido di allegrezza si diffonde fra quella moltitudine di attendenti, che lasciati a mezzo i colloqui, bramosi volgono gli sguardi verso il fondo del prato, e molti a quella volta muovono il passo impaziente. Ecco spunta la croce, e dietro lunga e ben ordinata schiera di gente a piedi e a cavallo. A chi viene da anguste stradicelle, da un aere soffocante, dopo fatte più che venti miglia a passo lentissimo, quell' ampio prato, quell' erboso tappeto fa più largo il respiro di parecchi, che ardono di sfogare in una galloppata l'intorpidimento delle membra, mette a cimento il religioso contegno, e più d'un cavallo morde il freno, scalpita e imbizzarrisce d'impazienza ; pure , è tuttavia onorevole il dirlo, nessuno osa staccarsi dalle file : il che veduto non s'avrebbe qualche anni addietro, prima che la minaccia, una volta anche attuata, di togliere siffatta solennizzazione, non fosse venuta a ristringerla entro giusti confini. Nel passare che fa la processione dopo visitata la chiesa di Santa Brigida di mezzo alla folla fattasi in due, e che dietro le si chiude com' onda fragorosa sollevando una nuvola di polvere, che il sole indora degli ultimi suoi raggi, il sorridere, lo scrollare del capo delle persone amiche dimostrano come gli uni sieno contenti d'aver piamente impiegata la giornata, e come gli altri godano del loro ritorno e vorrebbero averneli imitati. Pervenuti alla Madonna delle Grazie, elegante tempietto, avuto in molta divozione dal popolo di Rovigno, come ne fanno fede i numerosi voti pendenti dalle muraglie, si scavalca, prendendo breve riposo. Indi, accresciuta di una turba di ragazzi, che parecchie settimane prima s'udivano addestrarsi per le contrade nelle litanie delle rogazioni, e le cui voci acute, fuse colle gravi degli adulti spiccano a guisa di vividi colori sopra fondo oscuro, la processione al suon festivo delle campane entra in città. Due a due, ognuno recando la spiga di frumento Ce di spighe hanno intessuta la cro- ce), col capo scoperto, meno le donne serbanti sempre il cappello di paglia, i preti col bordone, transita essa la piazza, e la bandiera inalberata sullo stendardo e quattordici colpi di mortaretto ne salutano il ritorno. Bisogna essere di quella schiera per sentirsi commosso fino ai brividi. Dopo breve ringraziamento, ognuno dalla chiesa riducesi a casa sua, desioso del domani. Percorsa il primo giorno la parte a levante del territorio di Rovigno, la processione ne percorre quella a settentrione il secondo, e perchè meno lungo il viaggio, esce più tardi. Appena fuor del paese si fa la prima sosta a S. Gottardo, piccola chiesa piantala sopra un masso nel campo dei militari esercizi: luogo di triste ricordanza, siccome quello che le vittime racchiude dal fiero tifo mietute 1' anno 1817. Dopo celebrata qui una messa, si va a celebrarne un' altra alla Concetta (Madonna della concezione), posta fra campagne a un miglio dalla città; donde levatisi, e valicati campi e viottole, si riesce sulla strada costeggiarne 1' ampio porto dei navigli maggiori chiamato Val dì bora, a cui un braccio di terra continuato dallo scoglio Figarola e da altro minore, è in parte difesa contro il tramontano. Girato mezzo il seno, la chiesetta di S. Pelagio, posta quasi sul margine, è la terza campestre in cui si dica la messa. La più bella prospettiva della città si olire da questo luogo al riguardante. Una massa compatta di case che emergono dal mare, e che, non sono molti anni, un ponte congiungeva all' altra, surta da due secoli circa sulla terra ferma, s'innalza a guisa di cono compresso quasi fino alla sommità del colle, da cui la mole severa della chiesa di Santa Eufemia appoggiata al campanile, quasi madre che vegli i suoi figli e li conforti a venire a sè per 1' erto cammino, domina tutt' intorno un orizzonte de' più estesi. Un braccio dell' altra parte da qui visibile, partendo dalla parte del cono, distendesi lungo il mare fino al massiccio edilìzio delle carceri di criminale inquisizione, cui a guisa di emblemi sovrastano alle spalle alcuni cipressi; l'altro braccio sale in oriente, e va a metter capo al maestoso edifizio delle scuole e al convento de' PP. Riformati; nell'intervallo alquante casette campestri, mezzo ascose fra gli ulivi, rendono tale aspetto di verecondia, quasi volessero sfuggire 1' amplesso della ciltà. Dopo tre miglia di strada sufficientemente comoda, si arriva al sito denominato Saline, dalle saline che là s' avevano un tempo, come il confermano le traccie tuttora esistenti: un seno di mare posto in vista di Orsera, presso l'imboccatura del canale del Leme. Costeggiata la sponda sinistra sopra un sentiero su cui dubita posare la zampa il cavallo, s' arriva ad una collina, ove, in pessimo stato, esiste ancora la chiesuola di San? Eufemia , nella quale si compiono le principali funzioni: messa cantata, discorso, comunione, vespro pei defunti, e, sortendo, la benedizione della campagna. Frattanto un sorprendente spettacolo s' è qui preparato. Il colle testé pur deserto e vestito dell' intatto mantello di natura, quà e là interrotto da qualche grigio macigno sorgente a sostegno della terra, cangiato aspetto, divenne in un subito e quasi per incanto screziato de' più svariati colori e tulto brulicante di popolo. Donne ed uomini a drappelli adagiati sull'erba molle, come il consente il terreno, stanno facendo la frugale merenda con tale una gioia come se assidessero a lauto banchetto ; tenui colonne di fumo che ritte s'inalzano in quell' aere puro e tranquillo, danno indizio de' fuocherelli in varie parti accesi per arrostirvi un pesce, od altro; cavalli e muli senza freno pascono frammisti alla gente sul pendìo della collina; signori e signore venuti da Rovigno a godere il gradito spettacolo di Saline, errano in mezzo alla folla. Lungi dai testimoni della loro opulenza, essi hanno dimesso il fare contegnoso; in mezzo a tanta semplicità e ingenua allegrezza si espande il loro cuore; e'sentonsi sforzati di rivolgere a quella gente, da essi forse altre volte non badata o riguardata con insultante alterezza, una parola amorevole: chè gli squisiti piaceri della natura santificati dalla religione tutti ne agguagliano, e del dolce nodo della fraternità ne stringono. Il campagnuolo senz'ombra di rimprovero, fatto più lieto, accoglie le cortesi parole, e de'schietti suoi modi le ricambia: forse la fredda memoria gli riserva qualche men pura compiacenza. Ella è pure una profonda verità codesta, che i dolori tanto più s'alleviano, e s'accrescono tanto più i gaudi, quanto maggiore è il numero dei partecipanti. La croce s' è posta in barca per tragittare all' opposta riva, ed entro come uno sciame d' api vi si versa tumultuante una folla da sommergerla, ov' ella non fosse bene raccomandata a due minori che le stanno ai fianchi, e si lasciasse fare alla gente. Tirata sopra una corda ferma al punto dell' approdo, la nave trigemina procede lenta in mezzo a leggieri barchetti, leggiadramente abbelliti di banderuole, che le scorrono intorno, e fra il canto dell' inno della Vergine, cui 1' eco delle colline ripetendo moltiplica, .più grata rendendone l'armonia, e fra lo sparo d' armi d' ogni maniera intrecciando carole la festeggiano. T'imagina di vedere una madre circondata da' suoi figliuoletti che pieni di esultanza le saltellano intorno, e chi una mano le prende e chi 1' altra, affettuosamente baciandola; quale le si attacca alla gonna, quale le ginocchia le abbraccia, sponendo le cento cose in un multisono cicalio, ed ora da una parte, ora dall' altra le fanno amoroso assalto per avere un bacio, una carezza. Durante il tragitto, che all' incirca è di mez-z' ora, parte della gente di processione, e i cavalli girano il seno alla spicciolata, per andarsi a ricongiungere a'suoi presso la chiesetta di S. Felice, e la musica avviva delle sue armonie 1' allegrezza della toccante cerimonia. Chi pensasse essere codesto uno spettacolo da profanare la sacra funzione, piuttostochè infervorare gli animi nella divozione, consideri le esteriori formalità e le pompe del culto religioso; consideri, e qui gridi pure, que' canti e quelle musiche che fra le stesse pareti del santuario costringono quasi gli animi più bisognosi di esterni eccitamenti a raccogliersi nel sentimento della pietà e della fede, a pensare invece agli amori del Pirata, agli adulteri amplessi di l'arisina, alle buffonerie di un Barbiere iti Siviglia, ai tradimenti, alle seduzioni, agli omicidi e simili. La religione, madre discreta, per mezzo de'sensi s'apre la via al cuore; seguendo, se così può dirsi, l'uomo nelle case, nelle botteghe, nelle officine, sui campi, lo guida per vie molteplici al fine unico. Dominate dal suo spirito, tutte le opere umane divengono suoi strumenti, sono stimoli che potentemente a poggiar alto aiutano il sentimento; essa possiede la virtù di ca- vare il farmaco dallo stesso veleno. La campagna poi parla con irresistibile eloquenza della magnificenza di Dio; la preghiera ha qui qualcosa di confidenziale, di semplice, di sincero come la casta sposa che ascende il talamo nuziale. Discesa all' opposta riva, la processione si riordina, e dopo orato alla chiesetta di /S. Felice presso la proda, s'incammina per vie e sentieri, fra seminati, vigneti ed oliveti, festeggiata in suo passaggio con spari di fucile e di mortaretti da' vicini poderi, ove alcune compagnie di signori profittando di questa occasione sonsi ridotti a desinare. In un campo presso la chiesa di S. Tomaso si fa la stazione del pranzo, dopo il quale la distribuzione a'poverelli degli avanzi, e le Lodi; quindi si procede in ver Rovigno visitando parecchie chiesuole. Anche in oggi, un prato poco discostg dalla città, chiamato Campolongo, mette alla prova il contegno di taluni fra i cavalcanti; però, giova ripeterlo, nessuno osa dare Io scandalo, e quella buona gente, confortata dall' esempio de' sacerdoti (è così che convien predicare!), si terrebbe salda anche se dovesse incoglierla la pioggia - caso più volte accaduto. Si entra in città coli'ordine istesso di ieri, tutti fregiati del pampino della vite, cogli onori della piazza e della chiesa. L' ultimo giorno si va pure in processione cantando le Litanie de' Santi e visitando chiese (*), senza però uscire di città, che pochi passi fino la Madonna delle Grazie; vi sono messe, e il vespro pe' defunti, e la comunione, e il sermone al popolo, e la benedizione alla campagna, e lo stesso solenne passaggio per la piazza, in oggi colla ciocca d'ulivo, e dopo il rendimento di grazie in duomo, ognuno va a pranzare a casa sua. Così hanno termine le Rogazioni di Rovigno, codeste feste religioso-popolari, che l'uomo mettono in comunicazione con Dio e coi defunti, e coi fratelli 1' accomunano e parte conservano delle antiche memorie e tradizione. C. Mabia Ca verza. *) Oltre la piccola chiesa della Madonna delle Grazie, cui si visita ogni giorno, e il duomo, se ne visitano otto il primo di, undici il secondo e diecinove il terzo. Il territorio, sebben breve, altre ancora ne conta, e di più ne contava, come altresì la città, ora dirute. Saggio di dialetto Rovignese. (**) Al scuminscia a cantà cun gran bravuwra : Cun pano vjirdo, rui*sso e culùr viula Ningouna dtiona xì visteida ancmtra, Nè cavj d'uoro indrjssa, ch'una sùla Che cùl sù gran sprendùr la me 'namuwra : E tanto biella che meio nùn sè ùla Xei, che gjlla me ciùl la libartà, E la me fà dei e noto suspeirà. **) Abbiamo creduto bene, nell' impossibilità di dare coi tipi i veri .segni che determinino la pronunzia di molte parole del dialetto Rovignese, d'innestare tutte quelle vocali contrassegnandole col corsivo che dovrebbero esser poste di sopra la susseguente, oppure omesse, ma che non restano mute e si pronunziano. - Inoltre le vocali a, u, a cui facciamo susseguita« un' altra simile in corsivo, chè si pronunziano come fossero realmente due a o due u, dovrebbero avere una lineetta orizzontale ; e la dovrebbero pur avere le vocali e ed o che si debbono pronunziare larghe e a cui noi soprapponiamo un accento acuto. L' i si pronunzia sempre largo; l'j col vero suono italiano. La Redazione. E zà xì uoto ani ch'in sta péna La me ten sempro 'nchin CO chi mourarè; Zà drento in cor me xì siccà ugni véna 'Nchin che piùn tira '1 fià riùn pwodarè": E duto cosa xì gujsta muléna (2) Che paz in la me verta i' nùn varè : Che s' i' vjisso de veir in secutoro Nùn pitodarè mai piùn truvà ristworo. Parchi xì tanta la sù gran baljssa Che la fà 'namurà i piani e i monti, A vai piùn al sprendùr d'una sù drjssa Che duto '1 staato dei piùn grandi cónti; I sù custrumi bai, la sù savjssa Nun sa poi numerà cun duti i cuonti Ningouna lengua dei nùn pieodaràvo Le sù vjrtù eh' al fià ghe mancaràvo. — Yuljde puoi chi nònnela C3) savj ? Uoldjde (4) ben, la non la gran Gudenscia, Che de maju?tre C5) stade nùn de'xì E biella purassè (6), de gran sapienscia. Ma cateiva cùn meio eh' i' nùn puoi dei Quanto la me fà pierdi la passenscia: Se la me vuolta puoi le sù palpjre (7) Le daliscie del zjil i' vido vjre. La me và cunsumando douto quanto 'Nchin che gninte de meio nùn restarò, E puoi ancuttra la se dà gran vanto Ch' incontra meio piùn doura la sarò ; E la voi malsipàme Cs) ancunra tanto Ch' al mondo a le me' pale reidarò : ^ Che par al grando amur i'jè sempro fan, Che sazià nu ma poi trj ster de pan. Ma in brjvo i' spjro se ti me vuoi ben, Di méti in paz ancuura un può '1 me sen. Ah! par pietà nùn stà scamparne veia, Nùn essi piùn cun meio cousseio spiataada, Nùn me fa veivi piùn 'n malincuneia, Che l'anema e la veita i' jè cargaada E ma vèn par cantà la scaranseia: Nùn me fa piùn ciapà calco (') rabiada Che ma fjsso veignì le cunvulscion E ma ijsso butà 'n desparascion. Al diz : inchin ca zùvani i' signémo Almanco un può gudénse, parche puoi Vieci sensa pensà i' daventaréino : Nè par nostro cuntento gnanca fjòi De poudi cunsulasse i' nùn varérno : De la miwr C2) donca femo '1 teibidòi (3), Nùn lnssemo passà stì ani bai, Parchi' s'i' passa i' nun' d' e turna mai. Donca Gudenscia mjeja, al me gran ben Che meio te vuoi ti cugnussjssi almanco, Forsi '1 muso i' varavi un può saren, Ne i' varavi '1 dulùr in ugni fianco Che mal pruvà '1 me fa qujl che sta ben E i'vaago ogni dei piùn vegnando manco: Ah! senti de meio almanco ancùj pietà Nùn me fa muori cousseio da desparà.— Piùn dmilsa un mondo C4) una lagrema tuoja A meio ma xì gnanca s' a fùsso arzento ; Al muso tuojo xì una vjra zoja Nama a vedàllo i'sento '1 cor-cuntento. Muori i' vuraovi pa le man del buoja Pour ch'i'pudisso sta cun teio un mumento; Nùn ma n' inpuorta de cuuri a la mworto Pur che cùn teio i' pudisso vi me' suorto. Se biella ti me pari cù C5) ti reidi Biella ti son quando ti pjuri ancuura, Cù ti trùvi baroufa, cù ti creidi Chi ca ta vjdo douti se 'namuura, Che cumù i usài C6) eh' i' zjra inturn' i neidi Cousseio 'nturno ta ven chi che te duura C7) ; Ningun se poi sazià 'n le tu'baljsse. Douti resta ligadi 'n le tu' drjsse. Veissare piùn nun pjura, essi bona Vjdi che meio mai piùn te mancarè: E mai ti ptiodarè trouvà parsona Che piun de meio te vttojo ben, ti sjè ; Cha meio i' jè cor duulso, ane a bona E sempre ugnùr par teio cousseio i' saré : Donca fa cor: e da«me un altro baz, Vwojame ben, e meti '1 cor in paz. Al dizjva : le angósse e i dulùr maari Che par teio i'jè pruvà xì cuosse grande, Sùl par vjdi una vuolta i uocci ijiàri y Ch'i passa i cori de doute le fiande. Tante giùsse de aqua in douti i mari Mei deigo che nùn xì, ne in bùsco giande, Quanti suspeiri ch'jè tirà par teio Che scouro al zjil xì davantà par meio. Cumù i' nùn siè puoi duopo in sta parzòp Chi m' ebbio strassinà a patei cusseio, Che dabttoto i'jè piersa la razon E ugni me bon umùr xì zei cùn Deio Ben presto i'm'ù sgambià qua drento '1 non: Che par al gran dulsùr del cantà meio (°) Che porpio al par un uorgano scuurdà, Andrja Uorgani douti m' ù ciamà. E uoto ani za xì che qua drento I pjùro C'°D sempro noto e dei cantando, Pàr finì s' i' pudjisso '1 mè turménto Ch'ai daventa ugni dei piun douro e grando; Cusseio menando la me vita in stento I'vaago ugni ùra sempro piùn muraando: ') Fino a che. Mollica del pane - cosa molle, delicata. Si chiama - si noma. 4) Udite. 5) Migliori. 6) Assai. 7) Palpebre, qui per pupille. 8) Trattarmi male - farmi disperare. 9) Licenza poetica, si dovrebbe scrivere mjejo - e pronunziarlo in quest' ultima maniera. 10) Piango. Questi brani di poesia sono tolti da un poemetto inedito scritto nel 1843, in cui l'Autore fa parlare uno stupido mendicante, figurandolo un poeta estemporaneo. ') Qualche. La mnwr, genere femminino, in mascolino amùr. 3) Teibidòi - metamorfosi, rivoluzione ecc. 4) Assai. '-) Quando. 6) Augelli. Duura - adora.