L' ASSOCIAZIONE per un anno anticipali f. 4. Semestre e trimestrein proporzione Si pubblica ogni sabato. I. ANNO. Sabato 21 Novembre 1846. M »S-ff». Il il medico primario nell' Ospitale di Trieste, signor Antonio Dr. Lorenzutti, è stato nominato Direttore dello Spedale ed uniti II. RR. Luoghi Pii. Biblioteca civica di Trieste. Accennati sommariamente alcuni elementi di statistica, come dicono, per corrispondere ad un desiderio preponderante, è tempo ormai che si vadano enumerando quelle instituzioni patrie, municipali, o provinciali che sono destinate a promuovere il benessere, la civiltà e la coltura. Daremo principio colla biblioteca civica di Trieste. Nessuna biblioteca di uso pubblico esisteva in Trieste nei tempi addietro, od almeno di nessuna giunse a noi contezza, se non fosse stata quella dei Padri della Compagnia che non sappiamo come sia andata a terminare. Due società letterarie eransi in due tempi diversi piantate in Trieste, una delle quali ebbe anche capitali propri, ma di loro appena il nome è noto, nullo 1' operare, ned è questa iattura, perchè già limitate ad incensi vicendevoli, o ad ire per qualche sonetto bene o m^le riuscito, che indifferente era ai presenti ed ai posteri. Crediamo che le querimonie fatte da qualcuno sulla dispersione delle carte di queste accademie sieno espansioni di patrio amore soltanto; perchè se delle opere loro nessuna traccia si ebbe mai, nè fu ricordata, conviene credere che fossero accademie di mera oziosità, quand' anche faticosa. Della libreria dei Gesuiti nessun indizio; i Padri francescani di S. Antonio vecchio non ne ebbero certamente, od almeno di poco momento, perchè quei frati e-rano croati, più propensi alle cose slave, allora poverissime; se pure ebbero libreria, nè questa nè quella dei cappuccini vennero date ad uso del pubblico in questa città, alla soppressione dei cenobi. Non è però che mancassero libri; i sacerdoti, i i laureati o per propria coltura, o per ostentazione forma-vansi piccole librerie a proprio uso, non ispregevoli però, sebbene piccole, perchè sarebbe stata mancanza il non avere i classici, nelle parole dei quali si giurava, qualunque poi fosse il ramo di scibile; ed era allora più facile il trovarne più esemplari di qualcuno meno ovvio, di quello che oggidì un solo. Nel 1783 le Contee principesche di Gorizia e Gradisca vennero unite a Trieste accrescendo 1' ambito del Governo del litorale, ed erano allora di sistema le concentrazioni. Gorizia andava distinta per coltura di quei cavalieri e di quel clero, educati dai Gesuiti o nel collegio germanico di Roma, od in insigni università. Nel 1780, pochi anni dopo la soppressione della compagnia di Gesù, cui facevano capo i dotti d'allora, formavasi in Gorizia la colonia Sonziaca degli Arcadi di Roma, promotori il conte Guidobaldo de Coblenz, il conte Raimondo della Torre che ebbe educazione in Bologna; e ad impulso di certo Giuseppe de Colletti, toscano, militare austriaco, fondavasi per private liberalità una biblioteca. Levato a Gorizia il governo provinciale ed unita quella contea a Trieste, la colonia Arcado-Sonziaca risentì gli effetti dei nuovi pensamenti dei tempi avversi a siffatte instituzioni; la biblioteca non potè reggersi per mancanza di dotazione. Nel 1793 la colonia Arcadica abbandonò le sponde del Sonzio, ove di giorno in giorno venivano sempre più stranieri e dileggiati i concenti pastorali, e si trasportò alle rive dell' Adriatico, sperando trovarvi novello bosco parrasio, ed un serbatoio tranquillo. Ciò avveniva nella decade .... del mese di Maimaterione dell' Olimpiade ... ....... e chi volesse sapere a quale tempo corrisponda nell' odierna èra non ha che a consultare la tavole Bar-zelliniane fatte con rara esattezza e diligenza ad uso della colonia, per molti secoli avvenire. Reggeva allora le cose di Trieste il conte Pompeo Brigido, uomo che alle dottrine sode della vecchia scuola univa rara sperienza e maturo giudicare dei tempi moderni. L' Arcadia fece capo in questo suo potente mecenate, ed avviata la biblioteca nei portici del palazzo vecchio, accresciuta per doni di spontanei oblatori di libri e di danaro, veniva nel 1793 offerta in dono al Municipio di Trieste affinchè tenutala aperta al pubblico, ne fosse garantita 1' esistenza e 1' aumento. Il quale divisamente era ottimo perchè le melodie dei pastorelli d' Arcadia sarebbero state soprafatte dal frastuono di un emporio, e la colonia sonziaca sarebbesi fusa in mezzo a popolo mercantile; la biblioteca avrebbe potuto durare ad essere di vantaggio all' emporio medesimo. Il municipio nell' accettare il dono, nell' obbligarsi di provvedere perpetuamente la biblioteca, e di preporvi intelligente e sufficiente personale, congniamente ricompensalo, dichiarava che lo scopo di questa biblioteca ed il futuro acquisto di libri debbano essere principalmente diretti a formare V intelletto della gioventù nello stato mercantile ed a procurargli aiuti per V estensione di quelle cognizioni che conducono alV ingrandimento dell' industria. Questa disposizione fu il testamento dell'Arcadia, mandato ad esecuzione vivente il testatore, il quale sopravisse ancora qualche anno ed assistè ai propri funerali. Approvata la disposizione dalla sovrana autorità, venne la biblioteca trasferita nel quartiere della casa vicariale ove oggidì è 1' arsenale della milizia territoriale ; Colletti fu bibliotecario gratuito fino al 1805, in ricompensa di che ebbe nel 1803 la media medaglia aurea, nel 1808 il titolo di segretario magistratuale. Sulla facciata esterna della casa vicariale fu allora posta la seguente epigrafe in marmo nero colle insegne d'Arcadia sovraposte, una zampogna, due cani, ed il motto TANDEM. Fu poi trasportata nell' atrio dell' o-dierna biblioteca. BIBLIOTHECAM ARCADVM • ROMANO • SONTIACORYM ZELO • CONATV • SVMPTIBVS POMPEIO -SRI- COMITE • A • BRIGIDO TERGESTI • PRAEFECTO • PROMOVENTE IN • THEATRALI • PORTICV • INCHOATAM AC TERGESTINO • SENATVI DONO • TRADITAM FRANCISCVS • II • CAESAR IN • HAC • AMPLIORI • SEDE PERPETVO • SCIENTIARVM • INCREMENTO INGENIORVMQVE • AEMVLATIONI PARANDAM ■ PERFICIENDAMQVE • SANCIVIT A • R • S • CI J • IO • CC • XC ■ V RAYMVNDO -SRI- COM • A • TVRRI • GORITIAE PRAEFECTO ^ONTIACOS • ARCADES • VNIVERSOS POMPEIO • S • R • I • COM • A • BRIGIDO • TERGESTI VRBEM • ET • ARCADES GVBERNANTIBVS La biblioteca all' atto della consegna aveva 2735 opere in 4965 volumi. Nel 1805 fu data base alla biblioteca; il bibliotecario ebbe 400 fiorini, 200 ne ebbe un servente: 600 furono destinati alle spese ed all' acquisto di libri. In questo torno di tempo inauguravansi nella biblioteca con straordinarie solennità il busto del governatore conte Brigido ed i ritratti dei fondatori, fra i quali figurava quello del marchese G. P. Polesini da Parenzo; si adornavano le stanze, chè fu stile dei secoli passati essere modesti nelle private abitazioni, non così nei luoghi pubblici; vi si raccoglievano a diligenza del Colletti alcune anticaglie di tempi remoti e del medio evo, però con improvvido pensamento dacché gli oggetti erano tutti stranieri a Trieste; e con molta assennatezza eggi provinciali che allora correvano volanti od erano rare; e cose di pratica immediata utilità, e procedette la biblioteca con vantaggio e decoro universale fino al sur-venire del governo francese nel 1809. I tempi allora cangiaronsi; quel governo che pure promoveva gli studi fu indifferente, anzi avverso alla biblioteca, sia che avesse in mente altro piano, sia che dèsse troppo facile ascolto a quelli che cercano nascondere la propria ignoranza coli' attribuirla ad altri ed alla generalità; la dotazione fu scemata, lo stesso locale vagheggiato per altro uso, nò mancò perfino proposizione di togliere la biblioteca all' uso pubblico per darla a privata società, formatasi appunto nel 1810 con grande apparato. La fermezza del Colletti fu maggiore di quello che poteva attendersi da persona che era straniera: tollerò con rassegnazione la riduzione della paga a pochi franchi, la cessazione della dotazione; però le avversioni contro la biblioteca non cessarono sì tosto. Fu trasportata al N.° 575, nella caserma di polizia, poi, ridonato quello stabile all' antica destinazione, nel primo piano del N.° 752. Neil' occasione del primo traslocamento, le scolture di marmo passarono nel magazzino dei sali in Cavana e vi furono ricuperate appena nel 1821 a somma fatica ed in quello stato e numero che ognuno può ima-ginare; nel secondo trasloco, per insufficienza del locale, gran parte dei libri venne riposta nella sala comune del vecchio palazzo, da dove poteronsi ritrarre appena nel 1823. Al riordinarsi del governo in queste provincie dopo la felice rioccupazione, veniva rimessa nel 1815 la dotazione primitiva, però i tempi eransi cangiati, ed il pensare degli uomini propendeva ad altro che agli studi. Il governo francese aveva fatto trasportare in Trieste le librerie dei Domenicani soppressi di Capodistria e di Parenzo, per unirle alla biblioteca civica, e non avrebbero dovuto essere cattiva acquisizione se fossero state integre; queste librerie erano esse pure depositate nella sala del palazzo vecchio; nel 1819 passarono al seminario di Gorizia; per modo cha la biblioteca di Trieste non ebbe alcun aumento dalla soppressione di conventi, nè di quelli che vennero tolti dal governo italico nell' Istria già veneta nel 1806, nè di quelli che vennero tolti da Giuseppe II nell' Istria austriaca, nella quale era il ricco e celebre cenobio di S. Pietro in Selve, già appartenente alla diocesi di Parenzo. Prima che Trieste cadesse in potere dei Francesi nel 1809, era desiderio generale di vedere attivata un' accademia di commercio per educare la gioventù nelle scienze mercantili e nella nautica, ed il principe avevane anche sancita 1' erezione. Nel 1814 si rinnovò il desiderio, e coli' ottobre 1814 cessò il ginnasio ed il liceo cui dovevasi surrogare un' accademia di commercio, di nautica e di architettura. Nel 1818 fu acconsentita la riunione della biblioteca coli' accademia, conservata nel comune la proprietà dei libri ed il carico della dotazione; 1' officio di bibliotecario sarebbe stato poggiato ad individuo del corpo accademico insegnante, e questo provvedimento venne sancito sovranamente nel 1820. Nel 1821 passò difatli nel secondo piano del civico edifizio dell' accademia, e vi assegnarono tre sale pei libri, una di lettura, un gabinetto pel bibliotecario, fornite le sale e stanze di nuove belle mobiglie. La dotazione per acquisto di libri fu rimessa alla cifra di annui fni. 600; nel 1823 vi furono trasportati i libri dal vecchio palazzo, e nel 1824 compiuti i cataloghi che segnavano 9300 volumi. Nello stesso tempo riunivasi alla biblioteca civica la raccolta dei libri di nautica, 700 fra volumi e carte, di ragione dell'Erario imperiale; e si dettava il regolamento per la biblioteca che fa parte del regolamento per 1' accademia. La biblioteca, che in origine era destinata per persone di lettere, che nel 1793 si voleva destinata a formare l'intelletto della gioventù nello stato mercantile, aveva nel 1820 precipua destinazione, e di giovare alla gioventù educanda e di fornire al corpo insegnante modo di conoscere il progresso delle scienze e delle arti, per cui fu prescritto che 1' acquisto dei libri per la biblioteca seguisse d'intelligenza del personale accademico. La dotazione fu però oscillante, scemò ai 300 fnì.j fu sospesa nel 1832, fu rimessa dal Consiglio ai 600 fni. e crebbe la biblioteca per quanto i mezzi lo concedevano. Come la pubblica opinione scemava nel favorire siffatto stabilimento, si raffreddava pure nei privati quel genio di liberalità in vita od in morte che diede origine alla biblioteca ed è appena a dubitarsi che se quelle raccolte maggiori o minori fatte per privata diligenza, che poi andarono disperse senza frutto per gli eredi, fossero state legate alla biblioteca, ne avrebbero avuto onore i donatori, e la biblioteca sarebbe oggidì di rilievo maggiore, quand' anche i più dei libri fossero stati di argomento dei più ovvii. Le spese annue per la biblioteca sono : Al bibliotecario...........f. 400 Al bidello.............B 250 Dotazione per acquisto di libri, scaldalura, spese minute ecc...... . „ 600 Dotazione della Petrarchesca......„ 100 fiorini 1350 Il Dr. Domenico de Rossetti, benemerito della patria e delle lettere, dava beli' esempio di patria carità. Aveva desso in vita fatto raccolta di più opere per suo studio e per sollievo dell' animo, che si riferissero a belle lettere, filosofia, diritte, storia, e 1' andava di mano in mano>taumentando. Negli ozi suoi durante il^g^verijo straniero ; aveva cominciato a raccogliere quante edizioni potè avere delle opere di Francesco Petrarca, delle latine come delle italiane, e dagli stampati aveva esteso le premure ai manoscritti, da questi alle opere tutte che illustravano quel sommo ingegno, ai ritratti di lui, ad incisioni, a pitture, a plastiche che o raffigurassero il poeta, o rappresentassero gli argomenti che ei prese a cantare. Pensò qualcuno che il Rossetti avesse posta insieme questa raccolta per fasto soltanto; ma così non fu; ch'egli anzi scorgeva nelle opere del Petrarca men note, assai sapere non valutato come il si conveniva; curò un'edizione esatta delle poesie minori, voltate in italiano da valentissimi poeti, ed altro volgeva in mente, e 1' avrebbe portato a maturità di frutti, se chiamato ad imprese più gravi, non avesse dovuto diferire l'adempimento d'un voto, che non potè poi soddisfare. Quasi contemporaneamente alle raccolte del Petrarca, cominciò la raccolta delle opere a stampa e manoscritte del Piccolomini, di quell' Enea Silvio che lettera- to, ministro, vescovo, pontefice, fu sempre in grandissima estimazione. Noi pensiamo che il Rossetti fosse tratto a fare raccolta delle sue opere non solo dalla fama grandissima, ma altresì dalla circostanza che Enea Silvio fu per quattro anni vescovo di Trieste. II Rossetti era stato scelto a relatore del Codice di commercio e di marina, nella commissione aulica di legislazione in Vienna, e per corrispondere con pienezza di cognizione alla fiducia in lui riposta dall'imperatore; aveva fatto raccolta di quante mai leggi marittime di o-gni stato potè rinvenire. Il Rossetti legava in morte queste raccolte alla sua patria tanto diletta, con ciò che la sua libreria fosse incorporata alla pubblica; le collezioni Petrarchesca e Picco-lominea venissero proseguite, dacché sebbene pochissime edizioni mancassero, voleva che le opere su questi due autori e presenti e future venissero acquistate in tutti i tempi avvenire. Il municipio accettava con grato animo il frutto delle diuturne, diligentissìme cure dell' ottimo cittadino, ed assegnava alla Petrarchesca ed alla Picco-lominea 1' annua dotazione perpetua di cento fiorini, come il Rossetti aveva desiderato. Per questo legato aumentava il numero dei volumi della biblioteca di 7000, sicché oggidì ne conta oltre 20,000, numero piccolo se pongasi mente alla mancanza di ogni altra biblioteca, ed alla varietà delle materie abbracciate; sufficiente se calcolare si voglia come sia nata da forze private, come negli anni di sua esistenza abbia dovuto sottostare a vicissitudini talvolta fatali; se si voglia calcolare che nell' annua dotazione sono compresi i dispendi pel servigio stesso della biblioteca, scaldatura, legatura di libri, e minori, e come nessun sussidio ne venga per esemplari di stampe che è altrove debito di rassegnare. Forse verrà tempo in cui la fiamma riaccesa del sapere persuada altri ad imitare in parte almeno 1' esempio del Rossetti, la di cui santa memoria, come per altri titoli, anche per questo sarà in venerazione dei posteri. La biblioteca di Trieste come è in oggi composta, dai libri degli Arcadi, dagli acquisti successivi, dalla Ros-settiana colle sezioni Petrarchesca e Piccolominea, ha non pertanto opere pregevoli; della prima materiali di studio ora meno utilizzati di storia, diritto sacro e civile; fra i nuovi acquisti opere eccellenti e costose di commercio, di marina, di scienze tecniche; la Rossettiana poi è tale da onorare qualunque biblioteca anche maggiore, anche reale, per le cose di legislazione mercantile-marittima, per le raccolte pressoché perfette del Petrarca e del Piccolomini. Memoriale presentato troppo tardi. Si è veduto come nel 1717 Carlo VI dèsse comin-ciamento alle cose di commercio e di navigazione nei litorali dell' Adriatico, preferendo sopra ogni altra spiaggia e porto quelli di I'ortorè e Vinodol. Trieste che da secoli sperava di vedere sorgere in lei un emporio che servisse ai commerci dei paesi cisdanubiani, e che sempre protestò contro la chiusura del mare Adriatico, non istette oziosa, ma sì bene seppe maneggiarsi, e con tanta destrezza Germini d' allora e pur troppo non inusitati Q W u, Xtyptt yiÀ /t^Je^rO^U /V oggigiorno) che ottenne di vedersi dichiarata porto-franco nel 1719 insieme a Fiume, di preferenza ad altri competitori, e trionfò su Aquileia, della quale i Veneti avevano gelosia più che di qualunque altro luogo. Le discussioni in allora furono vive assai, e come avviene quando si tratti di grande provvedimento che doveva mostrare sua efficacia sull' impero tutto e sulle future generazioni, le opinioni erano assai svariate. Dapprima l'Imperatore gettò 1' occhio sulle coste del Quar-naro; il porto che aveva nome di Porto Rè, le spiagge della Croazia sembravano preferibili perchè poste in seno di mare, che a vederlo segnato sulle carte, pareva ampio lago, arcipelago sicuro e propizio ; la terra circostante aveva abbondanza di legname da costruzione, di acque sorgive, di abitati, condizioni che appunto venivano laudate nella patente del 1717. Veglia, che stava dirimpetto al Litorale militare della Croazia, era già spettante alla corona di Ungheria, ne era stata staccata per atto che non lasciava tranquillità che fosse giusto ; Veglia poteva riaversi o per patto, o per eventi futuri incalcolabili; però tutto quell'Arcipelago che stava dinanzi alla costa croata era della Repubblica, e la libertà dei mari poteva a stento pretendersi in istretti di poche miglia i quali potevano incrocicchiarsi coi cannoni veneti. Aquileia era della Serenissima Casa d'Austria, e parlavano per lei P antica fama d'immensa città ed emporio , gli avanzi, l'importanza che le volle dare il conte della Puebla governatore di quei paesi, il terreno piano e fertile, il silo adatto per passare e verso il Ti-rolo e verso la Carinzia e verso il Carnio, P abbondanza di acque navigabili e più che tutto il magnifico porto artifiziale che facilmente poteva essere restituito. Se non che i Veneziani non vollero cedere Grado che sta dinanzi; e la laguna che mette in Aquileia era proprietà della Repubblica anche riconoscendo la libertà dei mari; ed i Veneti temevano assai il ristabilimento d' Aquileia ed in ogni modo lo attraversavano. Duino pure fu tra i concorrenti ; Duino aveva per sè il mare aperto e profondo, il porto sotto il castello che allor sembrava sufficiente, il Timavo, la prontezza e facilità del passaggio oltre Flitsch ed oltre Prewald. Duino apparteneva al Carnio politicamente, ed era sì prossimo al contado di Gorizia da considerarlo appendice; i desideri, le speranze di queste due provincie erano sostenuti da quegli stati provinciali. Trieste non aveva intercessori : quelli che erano avversi alla creazione di un emporio pensavano che Trieste nel clima, nel terreno, nel mare ofTriva tali ostacoli che mai sarebbersi vinti; si citavano le burrasche, le disgrazie nel porto medesimo, l'infuriare di bora, le abitudini inerti dei cittadini, il sito insufficiente a formare città; difetti che assai più tardi persuadevano Giuseppe II di chiedere ai Veneziani la cessione di Cittanova per trasportarvi l'emporio ; prevalsero però i benefizi di un mare aperto libero da scogli, i benefizi di un porto del quale appunto allora s'incideva in rame la pianta; e Carlo VI dichiarava nel 1719 porto-franco Trieste. Tanto benefizio, cui P odierna Trieste deve la sua esistenza, fu invocato dal Consiglio d' allora che dicevano dei patrizi, Consiglio che godeva in corpo del rango degli onori e dei diritti di persona nobile, e che i membri suoi anche non personalmente nobili faceva partecipi di onorificenze e distinzioni quasi nobiliari; ed il Consiglio bene meritò della patria e talmente, che la memoria di lui deve aversi in venerazione e gratitudine da noi che di tanto benefizio risentiamo gli efletti. Pure anche allora come oggigiorno non tutti pensavano ad un modo, ned egualmente ravvisavano il pubblico benessere e la prosperità pubblica nei futuri commerci; che anzi i novelli, venuti per trattare il commercio, erano da taluni guardati di mal occhio, e per isfregio venivano indicati con nome vituperoso, e si vuole che di queste ridicole antipatie durassero a lungo le tracce. Comunque il Consiglio dei patrizi d'allora fosse persona nobile, ed il parteciparvi desse onorificenze nobiliari, pure vi ebbero alcune famiglie le quali si riunirono in confraterna nel 1246 (erano in numero di tredici) ad oggetto di preservare intatta la purità del sangue ; e fino a' nostri tempi la voce tredici casate significava il fiore, la quintessenza dei patrizi, una specie di famiglie elettorali o tribunizie venete, e queste famiglie eransi ridotte a' tempi in cui fu proclamato il porto-franco a sette soltanto. Non è privo d'interesse il vedere come tralignassero in piccolissima città instituzioni che sono piuttosto di stati o di provincie maggiori ed entro quai limiti si movesse lo spirito di siffatto corpo. Carlo aveva nel 1717 dichiarato di voler avviare i commerci e le industrie nelle sue provincie, e pensava ad Ostenda pe' suoi stati del Belgio, a Messina pe' suoi stati di Napoli; toccava le difficoltà di appianare coi Veneziani le differenze per la libera navigazione dell' Adriatico, senza venire a guerra; non appena aveva conchiusa la pace col Turco, risolveva la questione assai agitata a quale dei porti dell' Adriatico doveva darsi la preferenza, e dichiarava Trieste porto-franco con patente del 1719; ampliava, regolava le strade nelle provincie, costruiva lazzaretti, fabbricava magazzini, regolava i dazi nel 1725; nel 1722 dettava un Codice cambiario, costituiva un tribunale mercantile, accordava privilegi alla compagnia 0-rientale, chiamava ingegneri e proti navali, e tutto intento ad accelerare l'opera veniva in persona a Trieste nel 1727, e mentre disponevasi a concedere una fiera privilegiata che poi si disse di S. Lorenzo e che doveva gareggiare colle più celebrate del mondo, non appena a-veva pubblicata nel 1733 la nuova tariffa dei dazi d'importazione ed era ansioso di udirne gli effetti sul novello emporio, che egli creava chiamando forestieri da ogni parte per moltiplicare i commerci dei suoi stati, veniva a lui presentato il seguente memoriale: « Sacra Cesarea Real Cattolica Maestà Signore Signore Monarca Clemenlissimo ! « La città di Trieste che vantando una distinta antichità di natali porta anco seco per impareggiabile conseguenza d' aver havuto uomini di virtù insigni e celebri di nobiltà, poiché governatasi già secoli con massime democratiche diede sufficiente motivo agi' istorici di rifletterla d' origine antica, e per riferirla tra le colonie più celebri della romana grandezza. Ora poi con più gloriosi applausi vive sotto li felicissimi auspicj, et Austriaco Dominio della Maestà Vostra verso il quarto secolo, nè vi voleva altro Sovrano, eh' un Carlo VI Invittissimo Monarca per fargli rihavere qualche fregio de'suoi antichi splendori, e qual Fenice rinascere al fuoco del di lei paterno Imperiai amore, che giornalmente va dimostrando a questa fedelissima Patria. « Alimentata per molti secoli dalle false dottrine della cieca gentilità hebbe la sorte, ch'appena pubblicata la fede cattolica, restò l'anno 46 condecorata con le gloriose insegne del Crocefisso Signore, restando felicitata da S. Ermagora che circa tal' anno dopo la morte di Cristo le diede il primo Vescovo e Pastore. « Un secolo e mezzo pria della nostra fortunata soggezione all' Augustissima Casa d' Austria, seguita 1' anno 1382, ritrovandosi questa città desolata per le tante patite disgrazie, dovette il ristretto Civico Governo farne scielta di soggetti rustici ed artigiani, ed arrolarli a Consegli per compir il numero primiero, come di ciò si trova qualche piccola memoria ne' archivj della città. « Ritrovavansi in tempi sì calamitosi tredici famiglie distinte di nobiltà per li meriti ed azioni illustri proprie, e de' loro antenati, quali considerando avvilirsi il consiglio per 1' aggregazione et introduzione di simili persone estere, rustiche ed artigiane, e volendo conservare il fregio de'loro natali per massime temporali ed anco profitto dell' anima, instituirono nel 1246 un' assemblea di quaranta Fratelli aggregati sotto gli auspicj del glorioso Serafico S. Francesco nel convento de'PP. Minori Conventuali, che poco pria fuori delle mura della città era stato fabbricato, titolandola il Congresso de' nobili, e fu composta da'membri delle prescielte 13 famiglie discendenti da legittimo e nobile ceppo, di quali famiglie nel corso in circa di cinque secoli rimasero estinte sei, restandone solo sette superstiti che vivono. « Quest' assemblea, come umilmente di sopra dissimo, fu ancor l'anno 1246 li 2 febbrajo instituita appena fondata in Trieste la franciscana Religione, e vedendosi nel corso del tempo mancante qualche famiglia s'invogliarono taluni che venisse aggregata qualche altra delle più purgate nobiltà; ma li nostri maggiori Institutori della medesima previdero che aggregandosi altra nobiltà che non sij delle 13 famiglie verrebbe ad oscurarsi il splendore antico delle medesime, onde con saggia antivedenza e con special legge determinarono che : « Nessuno possi essere admesso in questa Congregazione che non sia nato d'una dette 13 famiglie infrascritte con pena di L. 100 alli Carrier ar j senza admet-terti alcune eccezioni, e V admesso o proposto sij nullo, irrito e casso ; et ciò si è avverato con diversi Cavalieri Paesani anco in questa generazione, che fecero ricorso in scritto, affine le loro fossero incorporate nelle 13 famiglie, ma temendo li Camerarj li rigori dell' instituto non hebbero spirito nè di proporli nè tam meno d' accettarli. « Grande fu in vero il zelo de' nostri maggiori per conservare 1' antico decoro della nobiltà, ed acciò la memoria delle medesime fosse distintamente considerata hanno proveduto che nelle pubbliche Processioni del Corpus Domini e Venerdì Santo, nelle quali tiene la nostra Assemblea Uprimo luogo dopo il magistrato, in loco di torcie, eli' anticamente si portavano, per distinguersi dalle altre congregazioni, si sono surrogali candelotti di libbre 4 1' uno, e perciò siamo chiamati volgarmente Nobili del Mocolo, con obbligo ai Camerarj prò tempore di non ceder a veruno la preminenza fuorché a qualche cavaliere foresto, a cui presentandosi un candelotto s'accetta nel mezzo di essi due Camerarj, e così quelli costringono a dispensar vino e denari a' poveri delle città, benché 1' entrate delle medesime assemblee sieno assai diminuite per 1' antichità della stessa, le di cui memorie in parte svanirono. « Li Cavalieri forastieri, che curiosi d'investigar l'antichità de' paesi, informati della fondazione ed instituto di questa Congregazione antica di nobili restano ben perplessi nel non aver procurato dall'Austriaca Sovranità qualche distinto fregio per far maggiormente risplendere la sua stella che con tredici raggi ed armeggj delle famiglie riduce a memoria 1' antica nobiltà preservata dalle disgrazie ch'in tant'incontri abbatterono questa città. « Tutte queste famiglie che vivono, oltre che per il corso di cinque secoli in circa hanno potuto far un pur-gatissimo sangue nobilitato dal tempo, nulla di meno tengono da'Reggi ed Imperatori et particolarmente da'Augustissimi Austriaci Regnanti Clementissimi Privilegj con fede Imperiale d'averli trovati nobili, e perciò fregiati d' altre prerogative, e resi meritevoli per il fedelissimo servigio prestato con le sostanze e con la propria vita prontamente consagrata in sostegno dell' Imperiai Trono. « Sapendo dunque che la Maestà Vostra sii amante de' suoi fedelissimi sudditi e vassalli e della nobiltà, qual secondo il sentimento del gran filosofo Cassiodoro abbellisce le città e Repubbliche, così questa nobiltà delle 13 famiglie prostrata implora dalla Maestà Vostra un Cle-mentissimo Austriaco contrassegno di Grazia di poter con special Privilegio li confratelli legittimi della prenominata Assemblea di nobili che vivono nobilmente e secondo le regole, et li successori di legittimo Toro in perpetuum portare al petto una simile picciola Stella d'oro di raggi tredici allusiva alle 13 famiglie, da quali fu e-retta, con la figura del Serafico Santo da una parte, e dall'altra 1'armeggio della casa col motto: Car. VI. Aust. Imp. sic condecoravit 1734, senza che possa da'Fratelli essere ampliata, ingrandita, ma tutte consimili da distribuirsi e dispensarsi a'legittimi e buoni fratelli con cle-mentissimo Placet della Maestà Vostra dalli Camerarj prò tempore della suddetta congregazione. « E quando della nobiltà rappresentata cadesse in ombra, che queste ossequiose nostre rappresentanze non fossero di tutta verità 01 che mai non osaressimo) si degni la Maestà Vostra informarsi dalla Sopr' Intendenza commerciale qui in Trieste clementissimamente delegata, e composta di soggetti degni. « Tal grazia s'implora dalla Maestà Vostra, e questa sarà una memoria eterna per lasciar tra le gesta memorabili di sì Invito e Clementissimo Sovrano l'amore intenso verso li suoi fedelissimi Vassalli e li nostri Posteri havranno a cuore per debito indispensabile di tener illeso 1' onore di loro nascita e d' esser in ogn' incontro pronti col proprio sangue alla difesa dell' Augustissimo Austriaco Trono, che 1' Altissimo conservi et esalti sino gli ultimi periodi del mondo, e noi genuflessi con prò- fondissimo triplicato inchino si glorieremo di vivere e morire « Della Sacra Cesarea Real Cattolica Maestà Vostra Umilissimi Fedelissimi Vassalli Gio. Guglielmo de Bonomi Vito Modesto de Giuliani Cainerarj dell' antica Assemblea de' nobili in Trieste. « (fuori) Alla Sacra Cesarea Real Cattolica Maestà di Carlo Sesto Invittissimo Imperator de' Romani Sempre Augusto, Re di Germania, Spagna, Ongaria e Boemia ecc. Arciduca d'Austria ecc. Signore Signore e Monarca Cle-mentissimo Umilissimo Memoriale dell i Camerarj dell' antica Assemblea de' Nobili di Trieste Per la Clementissima Grazia ut intus ». Si figuri il lettore quale impressione lasciasse in Carlo VI. Risposta non diede inai. Nomi delle contrade interne ed esterne di Capodistria indicati da Gedeone Pusterla. Ricercato da noi il signor Gedeone Pusterla a favorirci i nomi delle contrade interne ed esterne di Capodistria, cioè a dire della città e dell' agro municipale, dacché in questi nomi si ravvisano frequentemente le prove dell'antica condizione, le quali possono risalire fino a'tempi più remoli, ed essere sempre di scorta a comprendere carte vecchie sia che si riferiscano a cose di chiesa o di governo, o riguardino ragioni private ; esso gentilmente secondò il nostro desiderio. Nel fare di pubblica ragione le indicazioni avute, ci pennelleremo di omettere alcune indicazioni storiche, non già perchè stanno in perfetta opposizione con ciò che noi ebbimo a rilevare, ma perchè ci parvero meglio adalte ad altra occasione. La città aveva doppia cinta di mura, 1' una più antica e di ambito più ristretto, I' altra più ampia e di e-poca più moderna, del secolo XV. E le une e le altre mura avevano dodici porte intitolate: Isolana, Bussedraga, S. Pietro, S. Tomaso, Petronio ovvero Ognissanti, Pusterla, Nuova, del Ponte Maggiore, Bracciolo, S. Martino ossia del Porto, Zubenaga o Musella. La città medesima era divisa in rioni, quante erano le porte, ed i rioni i quali perchè prendevano il nome dalle porte si dicevano anche porte. Ogni porta aveva il suo chiavedierc, volgarmente detto cavediere, il di cui incarico era di a-prire e serrare le porte. All' invece noi pensiamo che siffatto nome il quale si riscontra nelli antichi statuti con voce latina capiterii indicasse, anziché il volgare officio di chiudere ed aprire i battenti, quello più nobile di presiedere alla porta, cioè al rione, e che in tale carica avessero diritto d'intervenire ai consigli municipali, come già era in Trieste nel medio evo, e come era durante l'impero romano nelle colonie e municipi, detti al- lora Seviri. E questi seviri, veri tribuni del popolo, sebbene privi di volo, avevano il diritto del veto, e Caporioni poi si dissero, nome che ancora in qualche città italiana che le antiche forme ha conservato indica officio precipuo popolare, ma che comunemente indica piuttosto l'abuso che ne fecero persone le quali volevano darsi aura popolare, e segno ridicolo di grandi meriti col-1' opporsi a tutto che venisse da altri proposto, e col suscitare fazioni e partiti per coprire l'incapacità di proprio ragionare. Di queste dodici porte la seconda ha nome sbrčp, l'ultima ha nome di Musella, del quale non sappiamò dare spiegazione. In assai città e castella istriane abbiamo riscontrata questa voce, or scritta Mugil, or Musiel-la, e la frequenza costante sembra indicare parte esterna, però indispensabile di città, non sappiamo poi quale. Il Pusterla indica oggidì undici porte o rioni, le antiche, meno porta nuova che fu incorporata a quella del ponte; di queste la porta maggiore, cui dovrebbe corrispondere anche la Calle maggiore, indica indubbiamente che da questo lato fosse l'ingresso principale della città dal lato di terra. Il Pusterla fra i nomi delle vie indica la Ferdinan-dea, l'Eugenia, Belvedere, Ginnasio, Porto, Callegheria, Fabbri, S. Sofia, Ognissanti, S. Pietro, Madonetta, Busse-draga, Ortigrandi, Case bruciate, S. Tomaso, Ebrea, S. Chiara, S. Biagio, Servi, S. Gregorio, Cappuccini, Pozzetto, Nuovo Magazzeno del Sale, Semprepeggio, Piaio, ed altre ; però osserva desso che i nomi non sono tutti gli antichi, ma troppo spesso cangiati a caso. Nell'agro municipale comincia l'enumerazione sortendo dalla via che già era presidiata dal Castelleone, e dal castello di sanità terrestre. — Canziano dove in antico dice che v' era cenobio di Clarisse, Gravise, S. Michel, Ariol o Passadella, Lazzaretto, Bertocchi, Pompiano, Pobeghi, Cesari, Prade, Faranzan, presso il fiume Risano, Sennino, Ancaran, Villadiol, Campi, Stagnon, S. Caterina, S. Nicolò, Sànichi, Crevatini, Norbedi, Colombina, Fon-tanotti, Barisoni, Cavriola, Valle, Taglio, Bruii, Cipressi, Gaselo, Puntagrossa, Punta olmo, Punta sottile. V' ha poi Elleri, Guardei, le tre Scoffie, Decani, S. Antonio con Tedeschi, Brainichi, Rossetti, Colombar, Cragnizza, Zupi-gni, Cavaliehi, Cosciancich, Duliani, Ficoni, Turchi, Gre-gorich, Tomassich, Machnetti, Boscarie, Petscke, Sistetti, Colombai-, Aquaro, Villa, Cornalunga e Carliborgo. Sotto Paugnano vi sono S. Zannè, Cerè, S. Ubaldo, S. Tomaso, Tribano, Klibano, Manzano, Babichi, Verga-luzzo, Tricolla, Praticiolo, S. Barbara, Bossamarino, Canapello, Nigrignano. Sulle Poggiane v' hanno S. Croce, S. Maria del Monte, Paderno. Sul Monte S. Stefano sono: Sa-lara, Canal, Pcrariól, S. Margherita, Carbonaro, Pasturano, Segadisi, Cupole, poi Goson ed in basso Campomar-zo. Dal lato di ponente vi e S. Marco colle contrade, Colonna, S. Pietro di Barbana, S. Antonio, Ceredel, Salvane, S. Vittore, Panariol, Colomba, Vitisano, Provè, Cisterna, Semitela. Dai quali nomi vediamo come prevalga l'uso di dare alle contrade, anziché il nome proprio antico, o quello dei Santi frequente nel medio evo, nomi che segnano l'individuo o la famiglia proprietaria. Il Pusterla ci avverte: « delle molte altre contrade non è facile di rilevare il nome, perchè molte vengono chiamate a capriccio, e variatamente dagli odierni abitanti, i quali per non so quali sospetti, sono restii nell' indicare il nome sincero ». Ed osserva pure che i nomi altresì delle vie interne della città vengono cangiati a capriccio. Delle acque avverte il Risano, i torrenti Pastorano, Paderno, Centora che uniti in Campomarzo formano il Fiumicino. Delle valli, quella di Risano, di Campomarzo, di Valdolmo, di Salara, di S. Barbara, di Tricolla. Trieste e i suoi contorni. Zagabria, nella libreria Geistinger 1807. Neil' ottobre 1807, Ignazio Kollmann pubblicava un volumetto in 16.° di pagine 230, nel quale si propose di descrivere la città di Trieste ed i suoi contorni, in 27 articoli, il di cui argomento ci piace di riportare — Opchiena — posizione geografica, territorio, storia antica — Scompartimenti topografici — Porto, Canale, Lazzaretti — Costituzione politica, giurisdizione — Costituzione ecclesiastica, prediche quaresimali — Comunità acattoliche — Patrizi — Privilegi — Commercio , Storia del commercio •— Borsa, negozianti insinuati — Compagnie di sicurtà — Fabbriche, manifatture, industria — Navigazione, consoli, costruzione navale — Pensieri sul commercio, spirito del commercio — Edifizi precipui — Ville, villetta Porcia — Antichità — Teatro — Passeggi, luoghi di piacere — Grotta di Corniale — Produzioni agricole, pesca — Costumi, carattere del popolo — Educazione pubblica, Biblioteca, accademie, librerie, stamperie — Opere pie — Osterie, locande, caffè — Carnevale — Cangiamenti avvenuti durante la stampa. L' operetta è scritta con molta conoscenza di cose, con assai brio, e comunque dal 1807 le condizioni siensi cangiate di molto, ed in qualche argomento abbia P autore preso equivoco, pure quell' operetta è prezioso testimonio delle costumanze sociali di allora. Confessiamo con piacere d' aver nella gioventù attinto a questo libro le prime nozioni sincere di Trieste, e di avere destata la nostra curiosità delle co§e antiche nelle poche leggende romane che registra e che legge con esattezza e scienza migliore di quella che più tardi ebbiino occasione di vedere in qualche nostro scrittore. Il Kollmann non era triestino; chieste notizie di lui, seppimo clic fosse dalla Stiria, e che nella patria sua figura ottimamente. L' acquedotto romano, del quale un nostro scriltore pensò essere passato attraverso 1' arco di Riccardo, non era ignoto a quello scriltore per noi straniero, ed ecco cosa ei ne diceva in lingua tedesca ai forestieri tedeschi che avrebbero visitato Trieste. « Le tracce di antico acquedotto sono frequenti e visibili in varie parti del territorio, di quest' opera dispendiosa e benefica dell' arie e della grandezza romana. « Nei dintorni di Bolunz, una lega e mezza da Trieste, cominciano le tracce alle sponde del Rosandra, si perdono poi sotto il terreno, ricompariscono nelle alture di Ponzano, da dove ripartite si dirigono verso la città, e si scoprono in occasione di costruire nuovi edifizi, ora interriti, ora con qualche filo d' acqua. « L' acquedotto romano scorre presso la villa Pontini (ora Gallici), si dirige su colline verso il rione Giuseppe II, e termina nel gran fontanone sotto la casa del signor de Fecondo (Fontanone di Cavana) ». Napoleone Biionaparte in Trieste. I grandi avvenimenti sono sempre ricordevoli, sia che segnino un' epoca di sventure od un' epoca di prosperità ; e più se perduto ogni effetto o di odio o di amore, sono ormai di ragione della storia imparziale. Quindi crediamo poter ora ricordare qualche momento del secolo passato. Nel 1797 ferveva guerra fra la repubblica francese e l'impero, e l'Italia era luogo precipuo dei fatti d' armi. Combattuta dalle due armate la giornata del Tagliamene, ne seguì la presa di Trieste, avvenimento celebrato col coniare medaglia. Nel giorno 23 marzo 1797 entrarono le truppe francesi in Trieste, precedute da 100 ussari, con alla testa il generale di brigata Murat, quello stesso che fu poi duca di Berg e Cleves, e tenne il reame di Napoli dal 1809 al 1815. Presidiata la città, Murat ritornò all' esercito, rimasto il generale Duguà al comando di Trieste. II popolo si contenne dapprima tranquillo, poi in occasione di fazioni combattute sulle alture di Trieste e per entro la città, si sollevò in massa, e raccolte armi da ogni parte, voleva rovesciarsi sul nemico ; imprudente, inutile impresa, perchè fra le potenze belligeranti erasi in precedenza conchiuso armistizio, pel quale Trieste doveva tenersi occupata dai Francesi ; impresa che ebbe a conseguenza la taglia di guerra di due milioni e 200,000 lire tornesi. Nel dì 29 aprile 1797 alle ore sei e mezzo del mattino il generale in capo dell' armata d'Italia giungeva in Trieste, e prendeva quartiere negli appartamenti del conte Pompeo de Brigido Governatore di Trieste, il quale per le operazioni di guerra se n' era allontanato. Al seguito di Napoleone erano i generali Murat, Berthier, Clark, Lannes, e quel Bernadotte che fu poi re di Svezia. Napoleone visitò le fortificazioni, vide il Lazzeretto vecchio, si mostrò informato di certe cose avvenute nella costruzione del grande Molo Teresiano, diede udienza alle autorità e rappresentanze, licenziò bruscamente il console veneto (era malcontento della repubblica), e sull' intervento del console di Spagna, in allora in grandissima grazia, condonò alla città 200,000 lire tornesi della taglia imposta. ' La città per blandirlo fece dono a Napoleone di un cavallo della razza di Lipizza, che comperò da Mario Ustia, ed al colonnello Brechet, comandante della piazza, donò una tabacchiera d' oro, ed un orologio con catena. II giorno seguente alle ore 8 del mattino, Napoleone lasciò Trieste, e nel 24 maggio seguente il generale Bernadotte restituiva la città al generale austriaco Meerfeld. Stima censuaria. Distretto di Volosca. Superficie Stima Censuaria Iugeri kl. □ fior. car. Castua ..... 252 871 370 8 Jurcichi..... 486 617 1040 28 Serdoczi..... 686 233 1048 57 1 Zamet...... 555 622 956 32 |Hosti...... 365 884 510 10 s H Blasichi..... 454 959 841 55 IO < J Bernassi..... 699 1514 1416 7 U |Sarsoni..... 813 863 1506 14 Becsina..... 631 1061 420 54 Marzegli..... Bermichi..... 1055 642 898 615 859 1104 2 37 Szroki...... 540 1340 1182 11 Bresa...... 3121 888 798 9 Spincichi..... 289 236 601 39 iTrinaistichi .... 205 1562 476 26 ljussichi..... 217 1062 490 33 llurdani...... 726 135 904 19 N iKuchielli..... 761 1291 932 48 •< > ^ i Punsi...... 1166 576 1043 7 o \Svonecliia..... 2827 1503 1377 7 Bi jRucavaz (Goregni) 2085 279 982 40 Rucavaz (Dolegni) . . 119 501 415 22 'Perenichi..... 268 390 603 14 Pobri...... 194 927 492 57 Breghi...... 644 1207 528 28 ^Mattugli con Rubessi . 629 61 989 58 Abbazia..... 111 698 396 32 Volosca..... 239 1093 580 32 ^ S Pogliane..... 836 140 1020 31 ^ ea Bernardova .... 804 623 1158 37 < Puharsca..... 2831 795 777 41 Vassansca..... 3552 189 1601 9 < Lovrana con S. Fran- «! cesco .... 1600 1321 1920 8 K >• o 1 Oscritz..... 1000 1024 1520 46 -J Tullisseviza .... 2251 179 2018 45 1 Moschenizze . . . 193 1456 577 41 i N Callaz..... 1442 1178 1184 9 VI o N Z Draga ..... 2600 195 1906 9 s Cray..... 819 338 1213 19 Somma . . 38725 1524 37770 16 Recrutamento militare dei Veneti noli' Istria. La Repubblica Veneta soleva recrutare nell' Istria a lei spettante con più di rigore di quello oggidì il si ricordi. Eccone i modi e la quantità. L'Istria doveva fornire una legione di 4000 uomini, che da antico nome dicevano di cernide; erano a questo corpo destinati uomini dai 18 ai 36 anni, scelti dal podestà e capitanio di Capodistria, e servivano per quattordici anni. La legione era sottoposta ad un gene- ! rale, ed a sei comandanti o tribuni, dei quali uno risiedeva in Dignano ed avea sotto di sè 1000 uomini, altro in Montona con 800 uomini, altro in Pinguente con 700, altro in Buie con 600, altro in Capodistria con 500, altro in Albona con 400; ogni cento uomini avevano un capo che dicevano Capo di cento o centurione. Il generale, i comandanti erano scelti dalla repubblica. Oltracciò v' era il corpo dei bombardieri, e quando l'Istria doveva fornire le galere, v' erano marinari. Questi corpi erano a domicilio nelle loro case, e venivano chiamati al servizio attivo quando occorresse; qualche distaccamento era però sotto le armi, p. e. in Pola. V' erano poi artiglieri in servigio in Capodistria, in Pinguente, in Pirano, in Pola; in Pinguente oltre ciò un corpo di quaranta cavalli. In tempo di guerra o di bisogno, la legione veniva fatta mobile in parte; p. e. nel 1643 vennero mandati 500 nel Polesine; nel 1645, mille in Dalmazia; al cadere della Repubblica v' erano cernide istriane in Venezia o piuttosto al Lido, chiamatevi negli ultimi parossismi di quel governo. La Repubblica recrutava in proporzione tripla di quello che succede oggidì; imperciocché su 230,000 abitanti furono levati 5000 in 14 anni (tempo della vecchia capitolazione), con più 800 uomini di Landwehr, e questa cifra non fu integra nelle caserme, facilmente essendosi accordato congedo temporaneo; il governo veneto reclutava 4000 e più uomini, sopra 80,000 abitanti, anzi su meno poiché alle cernide si arruolavano uomini della campagna. Il signor Pietro Urizio di Giovanni da Cittanova ci aveva fatto dono già tempo di un esemplare manoscritto completo delle leggi statutarie di Cittanova, le quali poste a confronto con esemplare credibile esistente altrove, si è mostrato per esatto assai. A queste ;leggi sono aggiunte le posteriori fatte pel buon governo di quella città, poste tutte insieme nel 1754 da un conte Bartolomeo Rigo che esercitò avvocatura, e 1' esemplare donatoci è scritto di pugno di certo Alessandro Beltramini, speziale nel 1793, tre anni prima dello scioglimento della Repubblica veneta. Queste leggi hanno di particolare la lingua in che sono dettate e della quale abbiamo dato saggio in questo foglio. Ci proponiamo di dare alle stampe questi statuti quanto prima ci verrà fattibile. Il signor Pietro Urizio in segno di affezione alla patria terra, c'invia due monete, l'una d'argento dei tempi della repubblica romana, alquanto guasta, coli' anima di ferro, trovata in Mareda, contrada esterna di Cittanova; l'altra di metallo di Vespasiano nel suo V consolato, di medio modulo. Altre medaglie, molte di modulo maggiore, ebbimo occasione di vedere in Cittanova, la cui frequenza pare a noi indizio che fosse città anche nei tempi antichi, siccome la pianta, e le non rare leggende indicano. Fra le quali leggende ci occorre di avere tre brandelli d'una, che sembra essere stata in onore di un imperatore, e che era per lo meno in sette versi. Peccato che ne abbiano fatto tre soglie di porla!