Rosanna Sornicola CDV 805.0-56:801.25 Napoli SUJ PRONOMI PERSONALI DI PRIMA E SECONDA PERSONA PLURALE IN ITALIANO 1. Nella sua fondamentale Grammatica storica dell'italiano Tekavčič accoglie come spiegazione delle forme pronominali italiane noi, voi una trafila che parte dalle forme nominativo-accusative latine NOS, VOS ed esibisce un successivo sviluppo fonetico caratteristico dei monosillabi con uscita in -s, ovvero /si-> /y/1 • La tesi di una evoluzione di /s/ in posizione finale in /y/, nell'area che include toscano, dia­letti italiani centro-meridionali e balcano-romanzo (veglioto, romeno) era gia stata avanzata da Reichenkron (1939). In tale area sia parole monosillabiche che polisilla­biche presenterebbero questo sviluppo. Ad esemplificare le prime sono chiamate in causa forme come rom. e it~ dai < DAS, rom. e it. stai < STAS, rom. e it. poi < POS ( < POST), it. centr. e merid. crai < CRAS, it. merid. cčuy e it. piu < PLUS, rom. e it. merid. trei < TRES, oltre per l'appunto, alle forme pronominali rom., vegl. e it. noi < NOS e voi < VOS. Nei polisillabi questo sviluppo si mostrerebbe con minore evidenza, perche qui /y/ si sarebbe fusa con la vocale atona precedente, o sarebbe caduta: si pensi all'it. ant. cante (it. mod canti), tosc. sett. canta, rom. canfi < CANT AS; it. vedi, rom. vezi < VIDES, e cosi via2 • Come si vede dagli esempi, il cambiamento fonetico avrebbe investito con una notevole regolarita classi di parole diverse: avverbi di varia natura, numerali, forme verbali (con maggiore precisione, le forme di seconda persona singolare del presen­te) e forme pronominali. D'altra parte, il fenomeno potrebbe esser stato operante anche nella morfologia nominale3 , sebbene la questione rimanga assai controversa. Tekavčič stesso, in effetti, dopo aver ricapitolato le tesi opposte avanzate sul proble­ma della caduta della -s finale e le loro diverse ripercussioni sugli esiti di desinenze verbali, nominali e di forme monosillabiche, conclude che: Tutto sommato siamo del parere che un'instabilita della /s/ finale nella latinita orientale (meno colta di quella occidentale) sia abbastanza probabile ... Non si deve dimenticare che nelle diverse realizzazioni della /s/ finale si trattava di fe­nomeni automatici, dettati dalla fonetica sintattica, dunque al di sotto del livel­ 1 Cfr. GSI 2, §558; della stessa opinione Lausberg 1969, 1, §524. 2 La problematica delle forme verbali di seconda persona singolare etrattata da Wartburg 1967, pp. 67-70 all'interno della piu generale questione del mantenimento o del dileguo della -s finale nella Romania, Per alcune osservazioni critiche all'approccio complessivo di Wartburg al riguardo cfr. Varvaro 1983. 3 Cfr. GSI I, pp. 155-157; GSI 2, pp. 47-53. Jo fonematico ... Tali fenomeni non vengono notati, percio possono benissimo essere esistiti ne! linguaggio parlato senza che i testi ne serbino alcuna traccia. In questo contesto si possono supporre anche diverse varieta di latino, in senso sia cronologico che sociolinguistico, di modo che si puo pensare anche ad una poligenesi delle desinenze italiane, !a quale permetterebbe di conciliare le diver­se tesi opposte4 • La tesi esostenuta con la prudenza e problematica apertura sulla diacronia e sulla diastratia, che caratterizza i migliori Javori di linguistica storica. E' lecito pero farse avanzare qualche dubbio sul filo che tiene insieme le diverse classi di parole che mostrerebbero il passaggio da /s/ in posizione finale a /y/. Le poche considera­zioni che si avanzeranno qui riguardano le forme pronominali noi e voi. 2. Un primo ordine di problemi riguarda la distrib°uzione areale delle forme noi e voi rispetto alle forme di seconda persona del presente in -i, e agli esiti con perdita di /s/ finale di TRES, SEX, POS(T). Dall'esame delle carte deli' AIS (8, 1637 'che viene da noi', 8, 1607 ' ...ma a noi ci sgrida', 8, 1633 'voi lo troverete') risulta che il tipo r noi,, r voi „, oltre ad essere presen te in tosc., e nei dialetti centro-merid. (con alcune rilevanti eccezioni, come vedremo in 3.) compare anche in aree piuttosto am­pie dei dialetti sett. In Piemonte Jo ritroviamo in una vistosa zona centrale (P. 114, 124, 128, 147, 149, 153, 155, 158, 167, 169), mentre l'area occ. ha prevalentemente nus, vus. Tutti i punti occidentali della Liguria hanno il tipa rnoi 1 , rvoi' (P. 177, 184, 185, 190, 193), mentre quelli or. esibiscono il tipa, del pari presente in altri dialetti sett., 'noi­altri1. La Lombardia mostra una vasta area con nii , n6e (altrove si ha „noialtrf'), mentre un 'area cospicua tra Alta Adige e le province venete di Vicenza, Belluno e Rovereto ha noi e voi (P. 310, 311, 317, 322, 323, 325, 332, 334, 343; '"noi', „voC ha anche il P. 397 in Istria). I punti altoatesini 305, 312, 313 e Claut in Friuli hanno invece 'nos„, come del resto un'area predominante del retorom.: il tipa rnoi', rvoC e ciroscritto ai P. 22, 31, 32, 41, 42, 53. Questo quadro, che lascia i tipi ,..nos 1 , '"vos„ su aree periferiche, coincide sostanzialmente con la generalita di attestazione del tipa ...noC, '"voi1 nei testi antichi di area it. sett. (cfr. Monaci 1955, p. 640, §450). Se ara proviamo a far corrispondere questa distribuzione areale con quelle, ri­spettivamente, dei numerali esiti di TRES e SEX e con l'esito di POS(T) vedremo che la sovrapposizione di forme senza -sedi forme con -se tutt'altro che perfetta. In linea di principio ci aspetteremmo che le aree con r noi ..,, rvoi „, debbano avere anche r sei ', trey o tre, e poi mentre le aree con r nos „ e .-vos1 debbano avere forme corri­spondenti con la -s finale. Cio che vediamo nei fatti eun certo grada di indipenden­za delle isoglosse, in buona misura in rapporto alla singola parola. Da AIS 2, 286 rcinque, sef risulta che malti in punti in cui si ha il tipo rnol, .-voi ',si riscontra invece il tipa rses„: si tratta di tutti i punti retorom. e piem. gia menzionati (meno il P. 169, GSI !, p. 157. che ha in effetti sey). Dei cinque punti liguri con il tipo r noi 1 , rvoi', tre (P. 190, 193 e 185) hanno sey, mentre gli altri due (P. 177, 184) hanno seze. Dove la correlazione · tra r noi 1 , rvoi' e rsei1 einvece perfetta enell'area alto-atesina e in quella veneta. D'altra parte, se la grande maggioranza dei punti con .-nos„, \,os' , esibisce la cor­relazione con r ses', non mancano anche qui le eccezioni: il P. 318, con noa, voa, ha pero sfs. Diverso eil quadro che si delinea per la correlazione con la distribuzione delle forme di ~tre". Qui tutti i punti sett. con rnoi „, rvoC hanno effettivamente for­me con caduta della -s finale. Inoltre, tutti i punti retorom. con rnos', vos', hanno forme con conservazione di -s finale. Tuttavia i punti piem. corrispondenti non han­no una correlazione cosl compatta (il P. 161, ad esempio, ha tre), e nell'area veneta e alto-atesina nessun punto con rnos', .-vos' ha forme di 'tre' con mantenimento di -s finale. Molto difficile ericavare una qualche prova dalla distribuzione delle forme di "poi": la carta dell' AIS 2, 262, infatti, permette di rilevare che buona parte del Ve­net o e del Friuli ha rdopo, come ti po lessicale, e cosl pure la Lombardia in una va­sta area centrale; il retorom. erappresentato prevalentemente con il tipo r alura ,, r poi' egeneralmente tosc. e prevalentemente piem. ed emil. Nessuna forma con conservazione di ~se esibita nell'area italiana (fanno eccezione, naturalmente, i pun­ti sardi 954, 955, 957, 973, coni tipi, che aprirebbero un altro fronte di discussione, r pusti', r appustis, ). In altri termini, dunque, tutti i punti sett. con r nos', r vos' che esibiscono continuatori di POS(T) non hanno per tali esiti il mantenimento di -s fi­nale5. Si puo dunque mettere in discussione la fondatezza dell'utilizzazione delle forme rpoi' per dimostrare la trafila /s/ finale-> !y!, tanto piu che i dial. centro­merid. hanno anch'essi prevalentemente il tipo r dopo„. Ma veniamo all'esame della correlazione con le forme verbali della seconda persona del presente. Uno sguardo alla carta 8, 1683, deli' AIS, con la coniugazione del presente di verbi in -are, mostra per i punti lig., piem. e-retorom. con rnoi 1 , rvoi' una correlazione esatta con forme verbali che hanno perduto -s finale. 11 dato edi maggior interesse per l'area piem. e retorom., che per converso mostra altrove forme con mantenimento di -s finale (in area retorom. questo tipo eprevalente, in area piem. compare ai P. 160, 161, entrambi con rnos', rvos'), mentre nessun pun­to della Liguria (come, del resto, nessun punto della Lombardia) ha forme siffatte. Si sbaglierebbe comunque a credere che questa correlazione sia generalmente perfet­ta. Intanto, il P. 123, con rnos', r vos„, ha pero lave. Ancora piu massiccia e l'asimmetria dell'area alto-atesina e veneta, dove i P. 310, 311, 322, 323, 332, con r noi 1 , rvoi, hanno forme del tipo rte laves'. Bisogna rilevare inoltre che il P. 337 accanto a rnos', rvos1 esibisce rte lava'. Un quadro non dissimile eofferto anche da AIS 8, 1537 17Hai cucito bene1 , i cui elementi di differenziazione riguardano la comparsa di forme in -s del verbo avere anche al P. 155 e al P. 317, entrambi con r noi 1 , r-voi'6 In verita i casi al riguardo finiscono con l'essere pochi: possiamo menzionare i punti piem. 123, 160, 161, che hanno rispettivamente pa, piiey, pd!. . . . Da AIS 8, 1683 il P. 155 risulta avere t lave, mentre per il P. 317 non s1 ha nlevaz1one. Che cosa si puo arguire da questa situazione? Certo, nessuno potrebbe pensare, in tempi cosi lontani dalla fede nella ineccepibilita delle leggi fonetiche, che le iso­glosse dei vari tipi esaminati coincidano perfettamente. Una casistica, diciamo cosi, da "ventaglio"7 di per se sarebbe del tutto normale, tanto piu che il supposto cam­biamento fonetico potrebbe avere operato con tempi diversi nelle diverse classi di parole. Ad esempio, epossibile che l'asimmetria vistosa riscontrata tra i punti alto­atesini e veneti con il tipo ri:e laves, e il tipo rnoi1 ' rvoe sia dovuta ad una resisten­za al fenomeno, offerta dal paradigma verbale. D'altra parte, la portata di questa considerazione viene ridimensionata dalla compattezza del tipo rses1 nelle aree nord-occ. Anche l'ipotesi di un'ondata italianizzante che avrebbe colpito le aree dia­lettali sett., portando il tipo rnoi 1 , rvoi, laddove in altre voci si conserverebbe la -s finale, urta contro la difficolta che nelle aree settentrionali le forme pronominali noi, voi sono, come si egia detto, di antica attestazione. E a questo riguardo eda tenere in conto anche la natura assai conservativa delle classi di parole chiamate in causa: pronomi personali, numerali, oltre ad un frammento di paradigma morfologico. Sembra chiaro, insomma, che l'esiguo insieme di esempi su cui estata costruita la tesi del passaggio di /si finale a /y/ si presta megli o a ricostruzioni di singole sto­rie di parole odi forme, che non a dimostrazioni di regolarita fonetiche. E' vero che oscillazioni areali furono ammesse anche da studiosi come Lausberg, che accettava­no il mutamento fonetico in questione8 • Ma se si esclude il ricorso ad un modello di legge fonetica, pur nelle sue irregolarita, converra pensare proprio a un modello di­namico di differenziazione diacronica, diatopica e forse diastratica, secondo il sug­gerimento di Tekavčic, in cui peraltro il conformarsi di singole voci o membri di un paradigma morfologico alla "tendenza" fonetica /s/ finale---> /y/ rimarrebbe da di­mostrare caso per caso. 3. In verita, l'osservazione di dati diatopici e diacronici sulle forme dei pronomi di prima e seconda persona plurale, concernenti il sardo e le aree it. merid., fornisce indizi che non solo rafforzano la conclusione precedente, ma fanno intravedere una possibile spiegazione diversa di tali forme. Si tratta dell'ipotesi che queste derivino dalle forme dativali NOBIS, VOBIS, avanzata gia da Rohlfs, con qualche cautela9 • Per quanto riguarda il sardo, da AIS 4, 660"" ci leviamo"' la distribuzione delle forme soggettive toniche del pronome di prima persona plurale10 mostra il tipo r nos' in un'area che include Baunei, Desulo, Laconi, Mogoro, Escalapluno e Villa­cidro, mentre un sottile corridoio individuato da Fonni e Dorgali ad est e da Santu 7 Situazioni di "ventaglio" di isoglosse sono state largamente studiate in varie aree dialettologiche euro­ pee: per un esame riassuntivo cfr. Chambers e Trudgill (1980), cap. 7. 8 Lausberg discuteva infatti il caso dell'area prov. e guasc. e di quella it. sett., notando al riguardo "una oscillazione tra mantenimento della -s e sua trasformazione in -i (con relativa caduta)": cfr. Lausberg 1969, 1, §539. 9 Cfr. Rohlfs, §308 (p. 431, n 2). 10 In vari dialetti sardi nella costruzione esaminata compare infatti, oltre al riflessivo, il pronome sog­ getto. ~ Lussurgiu e Milis ad ovest, ha nois, evidente sviluppo di NOBlS11 • La compresenza in sardo di esiti dativali ed esiti nominativo-accusativali non interessa soltanto le forme con funzione di soggetto; una distribuzione analoga ritroviamo infatti nella carta 8, 1607 ~...ma a noi ci sgrida' per forme toniche con funzione di oggetto obli­quo (in realta si tratta del cosiddetto "accusativo preposizionale") o di oggetto diret­to: a Nuoro e Milis abbiamo infatti il ti po r a nois 1 + V, a Dorgali r nois' + V, mentre negli altri punti prima menzionati emassicciamente diffuso il tipo ra nos' + V. Entrambe le carte dell' AIS in questione permettono inoltre di vedere che nel sar­do, laddove per le forme toniche sia soggettive che oblique si edeterminata una uti­lizzazione diatopicamente differenziata di un tipo dativale e di un tipo nominativo­accusativale, per le forme oblique atone invece si eavuta una specializzazione esclu­siva del tipo nominativo-accusativale: valga come esempio il nuorese ma a n grft5a (AIS 8, 1607), evidenti esiti di NO­ _.._ BIS12 • Sempre a Verbicaro, AIS 4, 661 'se voi vi levate' registra come forma tonica vupa, mentre AIS 8, 1633 da la forma v6a per Nemi. E' possibile che le forme cal. mio, mie, vua, vue (cfr. rispettivamente AIS 8, 1607, P. 762, 761, 771eAIS8, 1633, P. 762, 771) siano da spiegare con la stessa trafila trasparente per Nemi e per Verbi­caro (ma cfr. Rohlfs, § 144, che considera il cal. sett. n6a come esito di -e in iato (Vico del Gargano, AIS 8, 1633; cfr. anche AIS 4, 661), bby6y"ll (Gallo,AIS 4, 661), vd-w" (Canosa di Puglia, AIS, 4, 661), vawy~ (Spinazzola, AIS, 8, 1633). Benche ci sia il sospetto che le forme in questione siano dovute all' inserzione di un fono consonantico di transizione tra 11 1 P. 916, 922, hanno la forma italiana noi, il P. 963 voialtri. 12 Sulla derivazione delle forme sarde nois, vois da NOBIS, VOBIS cfr. Meyer-Liibke Gramm. II, §75; Wagner 1938-39, p. 115; Pittau 1972, p. 81. Per la situazione moderna cfr. inoltre Blasco Ferrer 1984, p. 95. 13 Cfr. anche mia, vua al P. 318 tli AIS (8, 1607; 8, 1633). v6e evariante registrata per il tosc. ant. (cfr. Monaci, Glossario, §455), v6ie per l'umbro ant. (cfr. Monaci, Joe. cit.). 273 due vocali (fenomeno largamente documentato in varie aree italiane: cfr. Rohlfs, §339), non etuttavia escludibile che si tratti di sviluppidei dativi NOBIS, VOBIS (la forma rubastina · potrebbe far pensare ad un tipo *NEBE, analogo alle forme *MIBE, TIBE14 , postulabili alla bas~ di un tipo variamente diffuso nella Romimia15 • Analoghe considerazioni possono valere per le forme ne'UWZJ, vew2>W7>, raccolte da AIS 8, 1607, 8, 1633, 4, 661 a Scanno. Cio che rende meno probabile questo seconda ipotesi, a parte difficolta di na­tura fonetica16 , eche forme come vebe e bobe sono effettivamente attestate nel Pri­mo Placito di Teano (cfr. Monaci 3, II: " ... kella terra per kelle fini qi bobe mostrai"), e nel Ritmo Cassinese (cfr. Monaci 25, 11: "por vebe luminaria factio"), sia pure in funzione di obliqui. Ora, il dativo dei pronomi di prima e seconda perso­na plurale eben documentato nella funzione obliqua anche nel Codice Diplomatko Longobardo: 713-714, Lucca: "et umquam ullo tempore ad nouis retragendum est ad alia eccl(esia) aut ad alium sacerdotem quod ad nouis offertum est"; (CDL 1, p. 45, r. 13-14); 723, Lucca: " ...nouis mercidem adcriscat" (CDLI, p. 113, r. 17-p. 114, r. 1); 736, Toscanella: "ubi nouis opum fueri" (CDLI, p. 180, r. 14); 740, Sibia­no (Bergamo?): "tu Stauelis nobis pretio deueas dare" (CDL I, p. 218, r. 11); 738, Massa: "et ipsa terras bobis q(ui) s(upra) emtoris coram testibus tradedimus" (CDL I, p. 207, r. 13-14). Per la verita, nelle carte del· Codice eben conservata la distinzione delle forme nominativo-accusative e dative: la prime sono usate in funzione di soggetto di una principale e di soggetto di una subordinata oggettiva, nonche di oggetto diretto 17 • Del pari, in diverse carte troviamo sintagmi come ad nos, non di rado in variazione con nobis. Le forme dativali compaiono invece spesso in funzione di oggetto indiretto. Tuttavia il sistema presenta gia delle crepe: non di rado si possono rinvenire costrn­zioni in cui nouis ha chiaramente un valore atrofizzato, come negli esempi di prove­nienza lucchese, dove la forma si combina con ad. L'uso in combinazione con de, come in "et si quis de nouis, quod abse, subtragere uolueret uel p(ro)prio defendere, uacuus et enanis exinde exeat" (713-714, Lucca [CDL 1, p. 45, r. 20-21], piuttosto che al mantenimento della vecchia distinzione di un ablativo, farebbe pensare ad una incipiente generalizzazione della forma come pronome tonico in funzione obliqua. 14 La forma tibe ein effetti documentata a Roma: cfr. CIL 1, 33, 5, ma con valore dativale. 15 Cfr. le forme Ieonesi ant. mibe, miue, tibe, tiue, mozarabico myb, tyb (cfr. Menedez Pida! 1956, pp. 340-341) e le forme meve, leve dei dialetti it. centro-merid. (cfr. D'Ovidio 1905, p. 58; Rohlfs, §442). 16 A quest'ultima spiegazione si opporrebbe il fatto che -w-emeno comunemente un fono di transizione (potrebbe pero trattarsi di uno sviluppo secondario da -v-?), mentre il passaggio di una -v-intervoca­ lica primaria a -w, specie dopo vocale posteriore, edocumentato almeno per l'area abbruzz. (cfr. Rohlfs, §215). Converra poi distinguere le forme di Ruvo e di Alberobello, senza -y-, da quella di Vi­ co, che presenta invece tale segmento. 17 Cfr. 736, Toscanella "si nos Maus pr(es)b(iter) et abbas uel posteris nostris bouis aliqua sup(er)inpu­ nere uoluerimus" (CDL 1, p. 180, r. 22); "dignum est nus hauitare in monasterio" (CDL 1, p. 44, r. 18-19). E in effetti; a conferma che la trafila seguita sia stata proprio questa, abbiamo le forme oblique toniche del tosc. ant. noi, voi: "Descrezione / arbitro, poder, cor, senno e vertute / noi fue dato in salute" [Guittone), "Per grazia fa noi grazia che dis­vele / a lui la bocca tua" [Dante, Purg.·31, 136) :cfr. GOLI 11, p. 500b, con ulteriori dati; per voi cfr. Rohlfs, §441). Gli esempianostra disposizione riguardano tutfrdegli oggetti indiretti, il che puo far ritenere che si tratti di una vera e propria pietrifica­zione del dativo (come del resto nell'uso assoluto in funzione .di oggetto indiretto delle forme dativali lui < ILLUI, lei < *ILLAEl18), un fenomeno conservativo dunque. Cio non e in contraddizione con l'ipotesi precedentemente avanzata di una generalizzazione, innovativa: le forme tosc. ant. noi, voi con funzione di oggetto in­diretto forniscono un interessante indizio sulla etimologia del pronome di prima persona plurale. Possiamo quindi pensare che il valore originariamente dativale si sia generalizzato dapprima ad altre funziqni oblique (sarebbe questo lo stadio rap­presentato ancora dalle carte tosc. e it. sett. dell'Vllsec.) e in seguito alla stessa fun­zione di soggetto. E' possibile che sia proprio questa fase quella attestata dalle for­me dialettali pugl. e abbruzz. Per unacomprensione della dinamica del processo, ad ogni modo, sembra par­ticolarmente interessante un /y/. Si e infatti ipotizzato al riguardo che -i sia analogica sulla flessione sostantivale26 • Si po­trebbero avanzare poi altre considerazioni sotto il profilo morfosintattico, benche queste non sembrino decisive. Un criterio da seguire sarebbe la ricerca di simmetrie in altri punti del paradigma dei pronomi personali. tale simmetria in effetti non sus­siste: ai nominativi eu, tu corrispondono, rispettivamente, i genitivi de mine, de fi­ne, i dativi mie, tie, gli accusativi pe mine, pe fine, dove mine, fine sono presumibil­mente forme accusativali con epitesi di ne27 • Tuttavia, a meno di non pensare a mec­canismi analogici assolutamente livellatori che avrebbero agito nella formazione del paradigma morfologico romeno, questo dato non puo costituire un argomento pro­ 23 Cfr. Meyer-Liibke Gramm., II, §107. J 24 Meyer-Liibke Gramm, II, §82 pensava ad uno sviluppo da INDE; idem, Joe. cit. sqstiene ehe it. ne non eeonfrontabile al rum. ne: la prima forma sarebbe, per l'appunto, un esito tli INDE, mentre la seeonda una forma ridotta del pronome personale. Di parere diverso Varvaro 1979, il quale ritiene ehe nei dialetti it. merid. ne sia l'esito tli NOS. . 25 Cosl Rosetti 1968, p. 145; Lausberg 1969, II, p. 103. La tesi era gia stata avanzta da Miklosich 1881-82, Vok. II, 39, 44, 49 e D'Ovidio 1905, p. 56 l'aveva aeeolta. Miklosich, Joe. cit., pensava ad una base NOBlS ( < NO BI S) (ehe attraverso un intermedio nove avrebbe dato la forma in questione). Della stessa idea era Grandgent 1914, p. 209, seeondo eui il fenomeno avrebbe riguardato l'intera area romanza. 26 Cfr. Rosetti 1968, p. 155. 27 Tali forme si ritrovano anehe altrove nella Romania: cfr. nap. men„ e ten-a, laziale mine e line (cfr. Rohlfs, §441). bante a favore della tesi che noi, voi rappresentino sviluppi di NOS, VOS. Resta in definitiva, anche per il romeno, il dubbio che le forme in questione, non si spi,~ghino a partire dalle forme nominativo-accusative latine, attraverso il passaggio di /s/ fi­nale a /y/. In base a quanto si edetto sinora sembra emergere un quadro piuttosto sfaccet­tato e problematico che, se non consente di ribaltare la spiegazione tradizionale, in qualche modo da fondamento a dei dubbi su un trattamento della questione di stam­po neogrammaticale. E' possibile che proprio l'ottica "variazionistica", acutamente prospettata da Tekavčic, permetta di delineare un modello che renda conto in modo pill soddisfacente della complessita dei dati. In effetti, lo sviluppo del tipa rnoi ', rvoi' sembra aver seguito trafile non ne­cessariamente uniformi. L'apparente omogeneita della situazione it. moderna po­trebbe essere stata il punta di arrivo di dinamiche multiple, forse variabili da area ad area. Senza escludere che in alcune zone noi, voi possa essere l'esito di NOS, VOS, con passaggio di /s/ finale a /y/ (la possibilita, ma niente piu della possibilita, di un tale fenomena operante su alcuni territori romanzi non si puo negare, persino per quelle aree merid. per le quali si postula una trafila diversa), bisogna pero tenere in conto che, sia in diacronia che in sincronia, le aree it. merid. esibiscono forme giu­stificabili piuttosto come esiti di NOBIS, VOBIS, secondo una tendenza che compa­re anche altrove nella Romania, e che contrappone le antiche forme dativali, toni­che, alle forme nominativo-accusativali, farse caratterizzate da un minore grada di tonicita. Particolarmente interessante, dal nostro punta di vista, eil fatto che la ten­denza in questione abbia seguito traiettorie diverse: in alcuni dialetti sardi, essa si e stabilizzata dando luogo ad un vero e proprio frammento di paradigma morfologico differenziato, mentre in area iberica e rimasta allo stadio di fluttuazione e poi e scomparsa. Le forme cal., pugl. e abbruzz. menzionate in 3., e farse le forme noi, voi dei dial. it. centr., del tosc. e dei dial. sett., potrebbero esser dovute alla stessa tendenza, con una ulteriore diversificazione di traiettoria, sia rispetto all'area sarda che a quella iberica, in rapporto all'erosione delle forme atone e/o alla loro sostitu­zione con un paradigma suppletivo. BIBLIOGRAFIA AIS., K. Jaberg, J. Jud, Sprach-und Sachatlas Jtaliens und cler Siidschweiz, Zofin­ gen, 1928-1940. Blasco Ferrer, E., 1984: Storia linguistica della Sardegna, Tiibingen. Caragiu Marioteanu, M. et alii, 1977: Dialectologie romana, Bucure~ti. 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Avtorica jemlje za izhodišče tezo jubilanta (gl. njegovo Grammatica storica dell'italiano, 2. izd., 1980, 206 in sl., 558). Tekavčič zastopa tezo o fonetičnem razvoju, S>i, dopušča pa tudi drugačne razla­ge za ta fenomen, ki je značilen za t.i. vzhodno Romanijo. Avtorica študije z vso potrebno previdnostjo opozarja na možnost, da bi it. oblike vendar nadaljevala lat. dativ NOBIS, VOBIS. Opira se na obširno dokumentacijo iz jezikovnega atlasa AIS (nemški romanist Rohlfs je bil eksplorator za vso južno Italijo) in ravno gradivo iz južne Italije, se ji zdi, daje nekaj več verjetnosti razlagi iz latinskih dativov. Enako velja za romunščino; ve pa se, da vežejo romunščino, dedinjo vzhodne littinščine, močne izoglbse z govo­ri na zahodni obali Jadrana. Avtorica navaja, za nas posebej zanimivo, da je problem za romunščino na­čel že Miklošič, Beitriige zur Lautlehre der rumunische Dialekte, 1882-82: za vir rom. noua, voua (indi­rektni objekt) ima oblike latinskega dativa.