Esce una volta per settimana il Sabbato. — Prezzo anticipato d'abbonamento annui fiorini 5. Semestre in proporzione.— L'abbonamento non va pagato ad «Uriche alla Redazione. Cinque diplomi clic riguardano Isola. Abbiamo dato in precedente numero il diploma del 1189 con cui Patriarca Goffredo d'Aquileja termina la questione fra il Monastero Aquilejese di S. Maria fuor-lemura, ed il Vescovo Aldigero di Capodistria per le decime del luogo d'Isola ; le quali decime erano laiche e di tutto diritto del monastero, le quali erano state tenute qualche tempo a titolo di feudo dal Conte Engelberto d'Istria, e da questi restituite al Convento medesimo. Di questa restituzione parla anche un Epistola di Papa Innocenzo III diretta all' Abbadessa Ermelinda. Oggi diamo cinque diplomi che chiariscono le condizioni d'Isola, la quale da semplice luogo o villa giunse fino al rango e potere di comune perfetto con proprio podestà, e con pienezza di poteri, quali le leggi del medio tempo concedevano ai comuni maggiori. Primo tra i quali diplomi si è quello dell'Imperatore Ottone II dell' anno 976 col quale confermava al patriarca d'Aquileja Radaldo 1'aquisto fatto di Isola che il padre di lui Ottone I aveva concesso a certo Yenetico Vitale Candiano, del quale si tace la dignità. Ottone I fu Re d'Italia dal 961 al 973; un Vitale Candiano fu patriarca di Grado fra 964 e 1018, altro Vitale Candiano fu Doge di Venezia nel 978; e noi seguendo tradizione pensiamo che la donazione di Ottone I non fosse già fatta al Patriarca di Grado, Vitale Candiano, il quale metropolita dell'Istria ed in scissura con quello d'Aquileja, non sì facilmente avrebbe venduto a questi un suo bene, nè Ottone II avrebbe taciuta la dignità patriarcale, ma pensiamo fosse quel Vitale Candiano che poi fu Doge, e che tanto a tempi di Ottone primo, quanto nell'anno 976 era ancora privala persona. Il quale Vitale Candiano a-veva venduto al Patriarca Radaldo Isola, e quest'atto siccome atto civile non sembra avere avuto bisogno di conferma imperiale; ma ben lo abbisognava per quei diritti baronali che erano congiunti al possesso d'Isola, e che rilevando dall' autorità del Principe avevano bisogno di conferma. Ottone II confermava la vendita ed attribuiva Isola al Patriarca Radaldo con quelli stessi diritti baronali, coi quali l'aveva posseduta il Principe medesimo, così che nessuna autorità pubblica poteva tenervi placito, °ssia tribunale di giustizia per cose minori, nè pubblico officio senza licenza del Patriarca; la concessione poi ve-n'va fatta al Patriarca ed ai suoi successori. Vi ha tradizione che il luogo d'Isola si fosse forcato dai profughi d'Aquileja allorquando Attila rovesciò nel 452 quella città, il che è anche a credersi, perchè l'Istria andò esente dalle stragi di quel flagello di Dio, checché abbiano detto in contrario scrittori a ecchi e nuovi, i quali seguendo lo stile delle antiche lamentazioni portano la lista di tutti i popoli che invasero l'impero romano, e così di botto in tuono retorico li fan tutti passare per l'Istria; che poi non è provincia di transito terrestre. È naturale che la novella colonia formasse a sè un territorio, il quale dovevasi detrarre a quello di altre comuni, e noi crediamo che venisse formato con frazioni dei territori di Giustinopoli e di Tirano ; il luogo stesso d'Isola era su territorio del Comune di Capodistria, Il quale territorio isolano novellamente formato, se per le giurisdizioni reali era veramente distinto dai territori dei comuni dai quali fu escisso; non perciò cessavano quelle antiche condizioni di obbligo speciale, o di altra dipendenza che non fossero di baronia territoriale. La chiesa che non ammette cangiamenti senza grave necessità o vantaggio non cedette sì facilmente i suoi diritti, ed ancor oggidì vediamo censo ed onoranze durare in testimonianza della dipendenza antica di Isola al Capitolo di Capodistria; il diploma di Ottone II ci svela altra dipendenza, espressa con parole che a parecchi furono pressoché inesplicabili, il che provenne dal significato che attribuirono alla voce civitas che è di persona morale, tenuto identico colla voce urbs che è di materiale abitato. E siccome la civitas è veramente condizione politica, non materiale; non avrebbe dovuto intendersi che il censo dovuto al tesoro imperiale per le case e le altre cose che gli uomini di Isola avevano nella ci//« di Capodistria, fosse dovuto per le case e sostanze nell' urbe di Capodistria, quasiché gli isolani abitassero in quest'urbe; sibbene avrebbe dovuto intendersi per le cose loro e per le loro fortune poste entro il territorio di Capodistria, cioè a dire dello stesso luogo di Isola e nell' agro che era già di questo comune. L'Imperatore cedeva al Patriarca questa esazione; non la cedeva per tutto l'agro isolano, perchè o questa imposta imperiale non pagavasi per la parte di agro isolano che era piranesc, il che anche crediamo, od era già di diritto altrui, che l'imperatore non voleva rivocare. Questa imposta che Ottone donava al Patriarca e che si dice nel diploma censo, noi crediamo che sia veramente l'antico censo romano, del quale si ha testimonianza di durata nel placito istriano dei tempi di Carlomagno. Dal diploma apparirebbe che il censo non si pagava in tutto l'agro isolano, forse era così anche della decima; quello corrispondeva all' odierna imposta delle rendite, questa all'imposta fondiaria. Isola non sembra avere appartenuto al patrimonio della chiesa, piuttosto all' appanaggio dei Patriarchi, alla mensa patriarcale come solevano dire, e si suole tuttora. Nel 1041 Patriarca Popone, il restitutore della chiesa A-quilejese, quegli che vide ricondotta l'Istria tutta alla sua giurisdizione metropolitica, che alzò la nuova Basilica, che ordinò e dotò il capitolo, che fondò il Monastero di Dame fuori le mura d'Aquileja, che voleva rialzare la città fPopone, volle per atto che dicono di morte dotare il novello Monastero, e gli faceva dono del suo luogo d'Isola nella Contea d'Istria con tutti i pubblici diritti che a lui spettavano. Ne diamo il diploma; nel quale rileviamo come Popone, tedesco di nazione, professava di vivere secondo la legge romana, certamente perchè addetto al sacerdozio, col qualo si rinunciavano alle condizioni del secolo; e come Isola si dicesse collocata nella Contea d'Istria. La quale indicazione sembra a noi esatta; imperciocché essendo Isola in condizione di semplice baronia, gli alti poteri spettavano al Conte, in quel modo che in tempi assai vicini ed in provincie non lontane, l'antica forma non del tutto tolta, mostrava li comuni liberi sottoposti al Principe soltanto ed al suo delegato; i luoghi di condizione inferiore soggetti a carica che non aveva giurisdizione sulle città libere. Delle quali Contee e Comitati, tre ve ne erano nella provincia, l'uno di Pola, l'altro di Trieste, durati per venerazione alle antiche colonie romane; il terzo l'istriano così detto per eccellenza, al quale spettava quella parte di territorio che usando formola noninusitata anche ai nostri giorni,diressimo la campagna in opposizione alla città, la quale campagna crediamo aversi dovuto piuttosto dire la provincia in opposizione alla città. Popone scriveva in tempi nei quali la Contea d'Istria non era ancora formata a baronia maggiore, ma era ancora semplice officio. Questa soggezione d'Isola al Conte d'Istria per le cose di maggiore governo ci spiega perchè avesse in potere le decime d'Isola, che poi restituì all'Abbadessa Ermelinda. Altro diploma del 1082 spetta propriamente alle cose di chiese, ma chiarisce le condizioni civili, perchè la- chiesa dovette naturalmente nella sua pianta di amministrazione seguire le cose civili. Il diploma è tratto dall' Ughelli che lo trasse dalle schede del Vescovo Zeno di Capodistria; però, la carta originale, se esistesse, dovrebbe togliere il sospetto che abbiamo di qualche alterazione nel testo ; non è che dubitiamo dell' insieme, ma di qualche o interpolazione o alterazione. Secondo questo diploma Isola sarebbe stata in condizione di villa, baronale s'intende, però cresciuta di popolo per modo da avervi bisogno di plebania, e sospettiamo avertasi allora formata; però quella plebania non doveva portare di conseguenza che dovesse divenire chiesa baptismale, che anzi il Duomo di Capodistria doveva continuare ad essere chiesa baptismale d'Isola; la plebania poi non veniva affidata a proprio clero, ma al Capitolo di Capodistria, che aveva fin allora il diritto di cura d' anime; così che ne veniva di conseguenza dovervi bensì essere in Isola sacerdoti in cura d'anime, ma per autorità e delegazione del Capitolo cattedrale di Capodistria, unico curato nell'agro proprio di quel Comune. In appanaggio al capitolo conferiva il Ve- scovo il quartese, che era la quarta parte delle decimo laiche d'Isola, le primizie è le oblazioni; il capitolo p0j avrebbe dovuto fare la dotazione al clero da lui delegato. Noi pensiamo che prima del 1082 vi fossero in Isola cappellani, come li dicevano; da quel tempo impoi Vicarii; posteriormente il clero si costituì in collegio canonicale che pochi anni or sono ritornò alla condizione rurale. Nel 1212 Isola ebbe battistero e capitolo, nel 1843 divenne semplice parocchia; però la scemazione di dignità non scemò la pienezza della cura d'anime. Altro diploma del 1202 veduto in originale, mostra come il Capitolo cattedrale di Capodistria dava in arrenda il quartese d'Isola che consisteva in vino, frumento o legumi, eccettuato però il quartese degli agnelli, ed il fitto si conveniva in cinquanta orile di vino, e cinquanta stara di formento pel primo anno, in seguito di trenta stara. Ma se vi fosse guerra e venissero guaste le messi si sarebbe pagato in proporzione. Così la decima totale di Isola (per la parte di territorio soggetta a Capodistria) avrebbe importato il valore di duecento orne di vino, e di centoventi stara di frumento ; il reddito totale poi sarebbe stato del valore di due mila orne di vino, e di mille ducento stara di frumento; cifre propizie per giudicare delle condizioni agricole d'Isola nel 1202, calcolato che gli appaltatori dovevano porvi a calcolo la rotazione incerta dei prodotti, le cure di amministrazione ed il profitto loro che certamente vollero fare. Ai quali redditi d'Isola devonsi aggiungere i boschi, le frutta arboree, quelle non soggette a decima, la pesca, l'industria marittima, non preso a calcolo il sale, che piccola era quella saliera. E memorabile nel diploma che pubblichiamo, la notizia che non tutto 1' agro isolano era ripartito a proprietà privata, ma parte era coltivato in comune, e sembra essere stata comune la valle di Albuzano, prova che il territorio isolano passava il monte di Castellier o Monte Malio e stendevasi nella valle di Siziole. Noi dubitiamo che questa valle fosse di giurisdizione antica del Comune di Capodistria, e quindi di giurisdizione decimale del Capitolo; era certamente del Comune d'Isola, come vedesi in carta del 1177. Nella quale anzi si scioglie questione insorta fra Capitolari di Capodistria e Capitolari di Trieste pel possesso della pieve di Siziole, e la sentenza aggiudicò a Trieste le decime di Siziole e delle possessioni di Albuzana che si dicono di Isola. Nella Carta che pubblichiamo si mostrano timori di guerra, e non a torto. Appunto allora, nel 1202 il dominio dell' Istria passava dalla casa degli Andechs ai Patriarchi d'Aqjileja; ma il passaggio non seguiva col consenso di tutti, nè pacificamente; v'erano partigiani per 1' antico Signore, ve ne erano pel nuovo, ve ne erano pei Yeneti; Capodistria, Pirano avevano in quel giro di tempo preso le armi contro Rovigno, la pace del quale con Pirano venne da noi pubblicata; i Conti d'Istria e-rano avversi ai Patriarchi. Appena nel 1208 si composero le cose coi Conti, coi Veneti, colle città, per saviezza governativa dei Patriarchi; non è meraviglia se nel 1202 bollendo già il malanimo degli uni contro gli altri, avendo già Doge Enrico Dandolo richiesto ed avuto il giuramento di fedeltà ed obbedienza dalle città marittime, si prevedessero moti di guerra; moti accompagnati sempre da devastazioni e morti durando allora il principio di certa insolidarietà dei Cittadini col comune; guerre che si ritenevano non già fatte come ai dì nostri fra potentati e potentati, fra milizie e milizie, ma da cittadino a cittadino, da uno contro tutti, da tutti contro uno, contro le persone come contro le sostanze. L'ultimo diploma che diamo è del 1220, ed è già documento che prova come Isola procedesse nelle libertà di comune. A capo del reggimento pubblico d'Isola vi era un Gastaldo per l'esercizio delle attribuzioni baronali, il quale naturalmente essendo officiale del barone, era di nomina di questi; ed essendo barone d'Isola il Monastero di S. Maria di Aquileja, era nominato da questo. Dal nome non può mai dedursi l'indole della cosa, dalla voce di Gastaldo non può dedursi se fosse officio di alta o bassa magistratura; in Isola non era più che Gastaldo di villa. Abbiamo avvertito come nel 1212 le condizioni di governo ecclesiastico si fossero in Isola alzate, avendo allora avuto Capitolo proprio e proprio fonte battesimale. Conviendire che inallora se non in qualche precedenza di anno si fossero anche alzate le condizioni civili, e crediamo che fosse ciò seguito per concessione dei Patriarchi marchesi, i quali si mostrarono larghi verso i comuni, avendo così preparato certamente contro volontà quell' emancipazione dei comuni, che poi degenerò in tumulti, in rivolte e terminò colla piena dedizione al Principe Veneto. Convien credere che fra Comune d'Isola allora formato e Monastero d'Aquileja Cominciassero differenze per riguardo al Gastaldo, come si videro nascere fra città e patriarca per riguardo ai podestà; il Comune che considerava precipua condizione di comune la nomina alle cariche, volleva nominare il Gastaldo presentandolo poi a conferma del Monastero, il quale poi riteneva di essere nel diritto di nomina, alla quale lasciava ad Isola soltanto la partecipazione. Nel 1220 il Comune d'Isola aveva nominato a Gastaldo certo Adeloldo da Isola, e lo aveva presentato al Monastero perchè avesse da questo l'investitura. Ma il Monastero pensava all' incontro che senza licenza e concorso di lui non potevasi eleggere il Gastaldo; la quale licenza anche il Patriarca voleva che chiedessero le città istriane per la nomina del podestà. Concordavano monastero ed ab-badessa del convento che il gastaldo dovesse venire nominato da lei e da suo nuncio e dal consiglio degli uomini di Isola (notisi questa parola d'uomini, che si usava pei consigli delle ville o poco più, non si usava per le città) e che dalla abbadessa avesse poi l'investitura soddisfacendo le tasse di onoranza. Così quel potere che era del solo barone, aveva modificazione nel chiamare a concorrenza il comune, e terminava poi coli'essere del solo Principe Veneto, il quale dalla dedizione d'Isola in poi, diede bensì podestà, ma di esclusiva nomina del Principe che l'esercitò fino al cadere di quel governo. Diploma Gradente del secolo VII. Il conte Marco Fantuzzi pose in aggiunta ai suoi monumenti Ravennati dei secoli di mezzo, alcuni diplomi tolti dal Codice Trevisani, e primo fra questi una concessione di terre a livello, site nel Cesenatico, che la chiesa di Grado faceva in Ravenna ad un Prefetlurio e ad un Maestro come pure dei militi. In fronte alla carta il conte Marco pose l'anno 681 ; però non a ragione per quanto a noi pare. Nel diploma si segnano note croniche le quali non portano a questa cifra, e queste note sarebbero, il primo dì di marzo di un anno nel quale correva l'indizione decimaterza, mentre erano Imperatori Costantino, Eraclio e Tiberio, nell' anno decimosettimo dell' impero di Costantino e primo dopo il suo Consolato, nell'anno duodecimo dell' impero di questi. Questo imperatore era il Pogonato figlio di Costante, il quale ebbe veramente due fratelli di nome Eraclio e Tiberio da lui associati all'impero, e da lui anche deposti ; ma crediamo imperfetta la lezione del diploma là dove sembra parlare dell'anno duodecimo del loro impero. Imperciocché essendo stati assunti alla porpora nell' anno 669, il duodecimo del loro impero sarebbe stato nel 681, ma in quest'anno correva l'indizione nona non la decimaterza ; e correva 1' anno 671 dell' impero di Costantino se lo si voglia calcolato dal 654 in cui venne dichiarato Augusto, o 685 calcolando dal tempo in cui cominciò a regnare solo. In quest' anno 685 correva in vero l'indizione XIII, ma da quattro anni Eraclio e Tibero avevano cessato da essere Augusti, deposti dal fratello per partecipazione a congiura, e con tale macchia non potevano certamente figurare il loro nome insieme con quello dell'Imperatore, in alto al quale interveniva il Prefetturio ed il maestro dei militi, gli agenti di una chiesa metropolitana che stava sotto protezione imperiale. Dopo il 681 gli alti non portano più i nomi degli Augusti, e sarebbe strano che figurassero in questo unico quasi per eccezione; nel 681 era associato all' impero il nipote di Costantino di nome Giustiniano. Il numero segnato dopo il nome dei principi non pensiamo possa in nessun modo riferirsi a questi, crediamo piuttosto che vada unito al die che sarebbe ozioso innanzi al Kalendis Marciarum e piuttosto vada inteso duodecimo die Kalcndarum Marciarum, mancando poi nella copia o nell' originale la nota numerica dell' anno di loro impero. Durante l'impero di Costantino Pogonate tre volte corre l'indizione decimaterza, nel 655, nel 670, nel 685, che fu l'anno appunto in cui morì; nel 670 correva l' anno appunto XVII di suo impero calcolato dall'anno 654 in cui fu fatto Augusto. Nei tempi in cui cade il diploma gli imperatori soli erano consoli, ed una sol volta contandosi gli anni del loro consolato il che equivaleva a quelli dell'impero effettivo. Or essendo morto Costante padre di Costantino nel 668 al 15 luglio, fu Costantino Consolo nel 669, e nel febbraro 670 era veramente il secondo anno di suo consolato, e sta bene detto anno primo post Consulalum. La quale nona cronica corrispondendo all' anno 670 pensiamo che il numero degli anni dei principi fosse il secondo. Per le quali note croniche siamo persuasi a ricusare 1' anno 681 segnato dal conte Marco Fantuzzi, ed a sostituirvi come più vero l'anno 670. La chiesa che dava in enfiteusi od a livello le terre, non era quella di Aquileja che ebbe tale nome in opposizione a quella di Grado, sibbene la chiesa di Grado. Ambedue le chiese furono in origine una sola ed unica chiesa; i prelati, il clero coi sacri corpi, coi sacri libri ripararono in Grado dopo distrutta Aquileja, ed abbandonarono questa città quando per le irruzioni dei Longobardi fu tolta ogni speranza di vederla rifatta. La chiesa era una, la sede era cangiata, ma anche nella nuova sede la chiesa conservò il nome di chiesa aquilejese, ed il prelato era suddito degli imperatori bizantini. Ed allorquando il territorio di questa unica chiesa venne scisso, secondo le dominazioni terrene bizantina e longobarda, cosi che il Gra-dense perchè bizantino, non avesse giurisdizione sulle terre longobardiche, il prelato longobardo, si disse Fo-rojuliese dal Forogiulio o Cividale ove aveva stanza, e quello di Grado dicevasi della nuova Aquileja, o semplicemente Aquileja ancor nell' 8U0; ma poi prevalse il dirla Gradense per distinguere l'insulare dalla Aquilejese terrestre. Nel 670, tempo del diploma, Grado era dei bizantini, dei bizantini Ravenna, la città d'Aquileja dei Longobardi; appena nel 715 vi fu prelato in Cividale con legittima giurisdizione sulla città di Aquileja, nel 670 non ve ne era di tale, e se fosse stato non avrebbe potuto disporre di terre che poste su territorio bizantino, non sarebbero state riconosciute di proprietà che dei prelati bizantini di Aquileja cioè a diro di Grado. Le cose possedute da questa nel territorio Ccse-nate consistevano in un casale, cioè a dire una possessione agricola, con una piccola vigna che dicevasi Libia, ed altro terreno che già era vigna, ed altro fondo. Questi beni erano patrimonio della chiesa, non del prelato, erano per le luminarie della chiesa. Le persone che pigliavano a livello quelle terre, erano certo Parsino personaggio illustre che nel diploma si dice Prefectnrius, ma che noi crediamo vada letto Prefectorius Cvir), cioè persona che aveva sostenuta la carica di prefetto ; l'altro si era un maestro che il Fantuzzi pensa essere stato dei militi ; al che soscriviamo. Agivano per la santa chiesa aquilejese, i difensori di questo officio che venne preso ad imitazione dei difensori o curatori delle città. Nè fa meraviglia che la chiesa di Grado avesse terre nell'Esarcato, ne ebbero anche le chiese istriane per liberalità degli imperatori o di illustre persone per atto di loro devozione; imperatore Eraclio avea fatto dono alla chiesa di Grado nel 630 di una sedia episcopale marmorea che si custodisce nel Tesoro di S. Marco in Venezia. Registriamo il diploma sebbene non riguardi direttamente l'Istria, perchè tocca la chiesa di Grado la qua- le fu metropoli dell'Istria, e perchè le relazioni di Grado con Ravenna, vengono a conferma di quelle che ebbero le chiese istriane con quella capitale delle Provincie bizantine in Italia. Da Epistola di Cassiodoro che altra volta in questo foglio abbiamo pubblicata, apparisce come l'Istria fosse anche per affari di civile governo in contattò con Ravenna ; gli arcivescovi della quale erano giudici civili di appellazione del comune di Pola fino al 1331. Riempitura Cippo sepolcrale in Ruda del Friuli. MASCELLIONAE APRAE • LIB RARISSIMAE M • MASCELLIONVS BELLICER PATRONVS La leggenda è incisa su cippo sepolcrale esistente in Ruda del Friuli austriaco. È la memoria che un Marco Mascellione Belliger padrone erigeva alla rarissima sua liberta Mascelliona Apra. Nel quale monumento non altro accade di rilevare se non il nome gentilizio di Mascel-lionns così scritto anzi che Mascellionius, e non veduto altrove in lapidi friulane. Bensì nome siffatto comparisce in carte del medio tempo, indizio che i nomi romani non erano del tutto spariti all'introdursi di altra gente e di altra nomenclatura di persone o di famiglie. Il cippo è di proprietà del sig. Eligio Oblach, che se ne sproprierebbe. Anno 1220. Sexto die exeunt. Nov. Indict. XIII. Aquil. Convegno fra il Monastero di 8. Maria d' Aquileja ed il Comune d'Isola per la nomina del Gastaldo in Isola♦ (Da pergamena originale.') Anno Domini M. CC. XX. Indictione XIII. die .......... Aetum Aquileje in ecclesia monasterii sancte Marie sexto die exeunte novembre* In presentia Domini Plulippi et Rodolfi de Arena aquilegensium Canonicorum. Oron... de Sancto Stephano, Alberonis de jamdicto Monasterio, Nicolai notarii de Insula, Caruli jurati de Insula, Venerii Longi. Cum Comune de Insula elegisset Adelddus de Insula in gastaldionem Ynsule sine verbo requisito Domine Giselrade dei gratia Abbatisse Monasterii nominati et eundem Adeloldum Petrus de Tabellione ac Venerius Longus et Johannes Faba ac Jacobus de Panzoffo nuncii dicti comu-nis ut ipsi asserebant diete Abbatisse representarent ut eum investiret de Gastaldionatu Ynsulae ipsa vero noluit facere. dicens quod non debebant eligere in absentia diete Abbatisse aut sui certi Nuncii aliquem gastaldum et quod idem Adeloldus et Comune Ynsule offenderant in hoc eam et suam eccle-siam • prefatus Adeloldus vero vadia de offensione in manibus diete Abbatisse dedit • fidejusit ad hoc nominatus, Notarius. Ibidem nominata Abbatissa dictum Adeloldum de gastaldia Ynsule bene regenda sine fraudo investivit a festo beati Andree modo venturo proximo usque ad tres annos modo venturos primiores. Ibidem inter dietam Giselradam Abbatissam et Comune de Ynsula de Gastaldione eligendo et ponendo in Ynsula taliter factum est, quod nunquam de cetero nominatum Comune sine verbo prefate Abbatisse et ejus successorum in dicto monasterio et ejus certi nuncii non debeat facere nec eligere gastaldionem in Ynsula. Sed ipsa Abbatissa aut ejus successores aut ejus certus nuncius et sa-niori parte honorum virorum Ynsule Consilio habito debeant facere gastaldionem ibi et cum investire de Gastaldionatu ipsam recipiente honoraciones solitas ab ipso gastaldione qui prò tempore fuerit et solite sunt impendi Abbatissis ejusdem monasterii. Promiserunt partes supramemorate quod superius legitur inter se in perpetuum firmum habere sub pena decem marcarum puri argenti. Et si aliqua pars ex predictis partibus voluerit frangere quod superius legitur solvat penam nominatam pars parti Cdem servanti rato hoc instrumento in perpetuum manente. Ego Albertus Imperialis aule Notarius interfui et rogatu utriusque partis duas cartulas in uno tenore scripsi unam uni parti et unam alteri tradidi. Tipografia del Lloyd Austriaco. Anno 670* 12. Kal. Marcias Indictione XIII. Ravennae. La chiesa di Grado concede a livello a Parsino Prefettorio ed a Mastalone Maestro dei Militi alcune terre nel territorio di Cesena♦ (Dal Codice Trevisani.) In nomine Dei Salvatoris nostri Jesu Christi a vobis Reve- rendissimis deffensoribus S* Aquilejensis Ecclesie uti nobis Parsino glorioso Praefecturio, sea Mastallo Mag. illustre, locare jubeatis rem juris S. Vestrae Ecclesiae idest Casale cui vocabulum est Libia que et parva vinca habere videtur simul et Surricula ubi fuit pauca vinea que nunc in desertis rejacent seu preturiano.....et alia ad lalus ex alia parte casale q. v. Preturianus vel Cervianus sitorum si invenlus fuerit q. subscripte loca consti-tuta sunt territorio Cesenate tenendum colendum meliorandum q. in advenientibus decem et novem hoc est a die Kal Martiarum presentis tertie decime indictionis ita ut sane inferamus in Iuminaribus S. Ye-stre Aquilejensis Ecclesie singulis quibusque annis pensionis nomine auri solido uno triens. Unde si placet hac oblatio libellorum nostrorum unum a duobus libellis pari tenore prescriplis manu vestra subscriptis suscipere dignemini. Si q. vero pars contra hos libellos intentaverit det pars parte fidem servanti pene nomine auri solidos duodecim manentes hos libellos in sua nihilominus firmitate. Imperantibus Dominis nostris piissimis perpetuis Augustis Contantino Deo jubente majore Imperatore anno septimo decimo post Consulatum ejusdem tranquillitates anno primo, Heraclio vero et Tiberio a Domino conservandis ejus fratribus anno . . . duodecimo die Kal. Martiarum Ravennae. Flavius Parsinus in Dei nomine Prefecturius hos libellos a nobis factos sicut superius le-gitur m. propria subscripsi. Flavius Mastallius in Dei nomine illustris hos libellos a nobis factos sicut superius legitur manu propria subscripsi. Finis. CODICE DIPLOMATICO ISTRIANO. Anno 1082. 3 Decembre. Indiz. V. Vescovo Kriberto di Trieste e Capodistria concede il plebanato di S. Mauro di Isola al capitolo cattedrale di Capodistria, col quartese e primizie e col diritto del battistero. (Ughelii dalle Schede del Vescovo Zeno). In nomine Dei Domini. Regnante domino Henrico piissimo rege anno ab incarnatone D. N. J. C. MLXXXII die III mensis decem-bris Indict. V. Actum in Civitate Justinopolitana infra alrium S. Mariae, Et quoniam ego quidem Herebertus Domini misericordia S. Tergestine Ecclesie Episcopus una insimul cum Artuycho Arcidiacono per consensum Berlaldi Advocati nostri do et dono, atque a presente die trado cartulam donationis prò Dei timore et remedio anime mee vobis fratribus et fi-delibus meis quo eslis de congregatione S. Marie Justinopolitane Civitatis, scilicet Basilio meo Ple-bano, et Jobanni presbitero, et Andreae et Floriano et alio Johanni presbiteris, sed et Bertaldo et alio Bertaldo et Lazaro et Johanni diaconibus, sed et Pradeo et Juliano et Ripaldo Subdiaconibus et reli-quis omnibus cujusque ordinis, vestris, que successoribus, hoc est Plebanatum S. Mauri do villa In-sulae cum quarta parte de decima, et primiciis, et omnem offersionem que ad ipsum ecclesiam eve-nit, quod vos praedicti fratres habealis et possideatis et secundum vestrum voluntatem et potestatem ad Dei servitium faciendum ordinetis : et insuper concedo et remitto vobis predictis fratribus vel vestris successoribus baptismum, quod ipsi habstatores jam dictae Insulae Clerici et Laici petebant me fieri in ipsa predicta Ecclesia S. Mauri, quod nunquam fuit, nec fiet sed et omnes pueri illius loci ornili anno deducantur ad vestrum baptismum apto tempore secundum consuetudinem illorum et quod sem-per fecit. Simiìiter et ad confirmationem deducantur ipsi predicti pueri ad ipsam predictam nostram Ecclesiam Sancte Marie Justinopolitane civitatis. Quapropter concedo vobis liaec omnia, et reddo eo quod justurn est, atque constitutum est ab antiquis SS. Patribus, scilicet a S. Silvestro Papa et a suis successoribus, quo I rectores et ministri Ecclesie debeant habere quarlam partem decimae omnium rerum usque in perpetuum. Si quis autem ulterius contra liane cartulam mee firmitatis, vel ego Herebertus, vel aliqui de successoribus meis. nec non extraneis, vel aliqua submissa persona hominum vie tentaverit, aut per aliquid jus ingenium corrumpere vel infringere voluerit, sciat se compositurum eisdem supradictis corfratribus vel successoribus suis auri optimi libras quinque et liaec mea cartula firmitatis in sua permaneat firmitate. Actum in civitate Justinopolitana. Signutn manus Ilereborti Episcop. qui liane cartulam firmitatis seribere rogavi. Sign. man. Bertaldo Advocato suo consenciente. Sig. m. Artuycho Judice. Sig. m. Crescentio filio Amnae de Castro Muzla. Sig. m. Valtramo filio Anton. Sig. m. Marco fratre ejus. Sig. m. Albini filio Ainautini de Alticherio. Sig. m. Andree filio Agica. Sig. m. Martino Nevo Vitellino. Anno D76. Igilinhen. 15 Kal. Mai. Indici. V. Imp. Ottone conJenna V acquisto fatto da Rodaldo patriarca d'A-quileja del luogo d' Isola, già dal padre suo Ottone / donato a Vitale Candiano, veneto, e vi aggiunge donazione di censo. CDa Codice MS. posseduto.) In Nomine Sanctae, et Individue Trinitatis. Otto Divina ordinante Cleraentia Imperator Augustus* Noscat omnium Sanctao Dei Eo clesiae, ac nostrorum Fidelium, praesentium scilicet, et futurorum industria, quod Henricus Karentanorum Dux nostrae humiliter suggessit Majestali, qualenus locum qui nuncupatur Insula, quae est sita in Histria cum suis pertinenliis, et redibitionibus, quam dudum beatae memoriae Genitor noster cuidam Venetico Vitali Candiano nominato per Praecepli paginam tribuil, Nos id ipsum ab eodem Venetico venditum Rodaldo Patriarchae, suisque successoribus per auctoritatis nostrae prue-ceptum confirmare dignaremur. Cujus suggestioni libenter assensum praebenles, locum, qui dicitur Insula, cum suis appendiciis tam infra Civitatem, Justinopolim, quam extra, quae vocatur Capras, acque in montibus, in planiciis cum omnibus censibus, et redibitionibus, sivo paludibus, pascuis, aquis, aquarumque decursibus, fontaneis, molendinis. Casaliciis, Clausuris, vineis, pratis, sylvis, olivetis, cultis et incultis, ripalicis, piscationibus ita integre uli in nostra permansit potestale, eidem Rodaldo venerabili Patriarchae Rectori videlicet Sanctae Aquilejensis Ecclesiae, ejusque successoribus concedimus, atque largimur habendi potestatem, omnium scilicet hominum contradictione remota. Eo videlicet ordine, quatenus nullus Dux, Marchio, Episcopus, Comes, Yiceccmes, Sculdasius, Gastaldius, vel aliquis Pu-blicae rei exactor, nec non magna parvaque persona inquietare, aut molestare praesumat, aut Placitum tenere, sive aliquod Officium construere nisi praedicli Patriarchae liccntia. Insuper etiam prò remedio animae nostrae omnem censum, quem praedictae Insulae homines infra Civitatem Justinopolim in do-mibus, vei caeteris rebus Regiae poteslati, atque Imperiali haclenus persolvere visi sunt, in praedicti Rodaldi Patriarchae, suorumque successorum potestatem firmiter tradidiinus, ac ordinavimus. Si quis vero hujus nostri praecepli violator extilerit. aut consentire noluerit sciai se procul dubio composituruin mille Iibras optimi auri, medietatem Camerae nostrae, medietatemque supralibato Ilo,laido Patriarchae suisque successoribus quibus molesliam intulerit. Et ut hac inconvulse servetur imposlerum. hujus paginae praeceplum inanu nostra subtus l oborantes sigillo nostro jussimus insigniri. Signum Domini Oltonis invictissimi Imperai. Aug. Petrus Cancellarius ad vicein Uberli Episcopi Archicancellarii recognovi. Datum XV Kal: Maii • Anno Dom. Ine ■ DCCCCLXXVI Indici. V Anno vero Regni D. Oc-lonis XVI Imp. X A cium in Igiiinheim Felic. Anno 1202. Mens. Jul. Indictione V. Jastiuopoli. In Choro Eccl. S. Mariae de Justin. Pietro Decano ed i Canonici di Justinopoli concedono il quar-tese del vino, frumenti ecc. nel territorio di Isola ad Albino ed Elicha. (Da Autografo.) In nomine domini Dei eterni. Anno Domini mili. CC. IL Mens iuL Indie. V.ta Actum in civitate Justinopoli in Choro ecclesie sce Marie. Cum aliquid alicai conceditur neforte obliuionis errore fraudetur. Equum est ut vin- culo scripture confirmetur nepossit amemoria dclinare. Quapropter Petrus Justin, eccle decanus una cum universis fralribus suis canonicis ejusdem ecclesie sacerdotibus diaconibus subdiaconibus et in mino-ribus ordinibus constitutis de comuni voluntate omnium eorum in presencia testium quorum nomina in-ferius scripta Reperiuntur dederunt et concesserunt Albino de isula Clio quondam pbri venerii. Et Eliche uxori eius cunctis eorum vite diebus totum quartisium eorum de insula • frumenti et vini - ac de 'eguminibus n-n - al- reddit et filli que pertinent eisdem Canonicus apud prememoratumlocum insule • ad proficuum et utilitatem ssti Albini * et Eliche * excepto primicias casei • et quartisium agnorum atque pullarum • quod sibi retinuerunt Canonici predicti • P. q.m eciam quartisio pscplo a fleti et al • reddit • d • b prenominati Albinus et Elicha deinceps dare et deliberare annuatim iam dictis canonicis et eorum successoribus ad festum de die beati Michaelis Archangeli quinquaginta urnas vini. Et hoc primo anno quinquaginta staria frumenti • In • u • in antea omni alio anno cum insulani predicti apud Albuzanum comuniter laboraverint et seminaverint • quinquaginta staria frumenti ad nativitatem sancte Marie Canonicis prefatis solvere debcat • Et cum in Valle seminaverint omni al. anno idem insulani comuniter juxta morem illius terre triginta storia frumenti dictis canonicis solvere debent. Ad supra • scriptum terminum de nativitate sancte Marie dum ipsi vixerint ■ excepto si publica et comu-nis werra esset qua destruerentur messes et vinee • n s.dm qualitatem et quantitatem rerum dslructio-num sstum redditum solvere dbet Canon. Quod si non fecerint et minime solverint sepe dicti Albinus et Elicha in duplum tn id totum quam predictos terminos de iam dicto redditu • Can • sstis vel eorum successoribus solutum non fuerit, eis em dare se obligaverunt • n de ipsorum fuerit mia • Et versa vice si Canonici suprascripti vel eorum successores prenominato Albino et Eliche uxoris ejus, presti -plum beneficium dum ipsi vixerint auferre voluerint libr. I optimi auri eis vel eorum heredibus com-ponere se obligaverint • ipsi recte observando pactum ut predictum est. Unde due carte uno tenore sint composite. Quorum unam habere debent tocies nominati Canonici et aliam debent habere Albinus et Elicha predicti. Ilujus rei ca it • fuerunt rogati testes utriusque partis. Udoricus de Wdon • Do-minicus de vilani. Bonifacius de iudita. Ingeldeus saracin • Bertol • d de presbitero venerio. Awaldus de insula • Si g. suprascript Can. nec n Albini et Eliche qui hanc conse • et pactionis cari ex utraque parte scribere rogavao. Ego Am Lru Justin • Not • interfui rogat • et manu mea propra S. S. Anno 1041. • > 't Kal. August. Indici. IX. Aquileja. Patriarca Popone di Aquileja dota il monastero di dame di Santa Maria fuor le mura. (Coronini Opera Miscella). In Nomine Domini Dei et Salvatoris Nostri Jesu Christi, Anno Incarnationis ejus milesimo XLI. Regnante Conrado gratia Dei Imperatore Augusto, Anno Imperii Ejus D.no propitio decimo septimo: Pontificatus vero nostri Anno XXII. Indict. IX. Kalendas Augustas. Ego Popò Patriarcha, qui professus sum lege Romana vivere, considerante me Dei Omni-potentis misericordiam et retributionem aeternam, propterea providi ordinare et disponere Monasterio Sanctae Mariae, quod aedificatum est juxta Civitatem Aquilejensem ut omni tempore firmuin et stabili— lum permaneat; Ideoque Ego Popo Patriarcha volo, statuo atque ordino, et per hoc ordinamenlum meum confirmo, prò remedio animae meae, vel antecessorum successorumque meorum : imprimis ut ipsa Ecclesia Sanctae Mariae habeat in pace Terram cum dote sua et cum decimis omnium famulo-rum, qui in tempore Joannis Patriarchae, Et mei Aquilejae habilabant, et cum omni illa Terra, quae vocatur Piuli et Faydas, et quidquid est a maligno flumine, usque ad fluvium magnum, sicut curit flu-vium Rabedulae; Yillas quoque non longe à Civitate, Yillam scilicet de Tertio, Villana de Sancto Martino, Villam de Serviana, Yillam de Musculo, Yillam de Mortesino, Villam de Altura, Villam de Perte-gulis, cum omnibus pertinentiis earum, quae sunt à Lacu, qui est in Summa Sylva usque in Terram de Caslellone, à Prato Frascario usque ad Clavenzam, a Casa Sualdana, sic tenet Rubedula, et Amphora, Rectum in Cornio, sic tenet Zumell, cum Campis, Pratis, Sylvis, Venationibus, Aquis, Aquarumque de-cursibus, Paludibus, Piscationibus, cultis et incultis, Villam quoque de Casellis cum pertinentiis, Villam de Siesen, Villam de Cosano dimidiam, Capellas eliam cum Famulis in eisdem Villis habilantibus, in Carnea de Vico Medigas LX formas Casci. In Comitalu Islriensi locum, qui vocatur Insula cum pla-citis, suflragiis, et omnibus angariis publicis, et omnibus pertinentiis suis cultis et incultis, volo ergo et slatuo ego qui supra, Popo Patriarcha, ut jam dieta Ecclesia Sanctae Mariae maneat in pace cum dictis rebus et famulis ; Et sit in ipsa Ecclesia quotidie ordinata una Abbatissa, et Monachae, et Puel-lae, quae sub sancta Regula vivant, et quotidie canant ibi Matutinum, et Vesperas, atque alia divina Officia prò remedio animae meae vel Antecessorum, Yel successorum meorum mercede, et proficiant ad salutem et gaudium sempiternum. Habeant ergo jain dieta Abbatissa et predictae Monachae, quae ad ipsum Monasteri™ quotidie serviverint, Potestatem ad suiim usum et sumptum faciendum ex frugibus et rebus, vel censu earum, et quae exinde exrcrint, quidquid sibi utile viderint, et vo-luerint. Si quis autem hoc Testamentum, et ordinamenti™ à me factum infringere, vel perturbare voluerit, habeat Sanctam Mariam, et omnes Sanctos Dei accusatores in die Judicii, et perpetuam dam-nationem cum Annania et Juda Traditore Domini recipiat. Unde prò honore Pontificatus, mei, ne mihi liceat aliquando nolle quod volui, sed quod a me semel factum est, vel scriptum sub jusjurandum inviolabiliter conservare promitto, cum stipulationo subnixa, atque hanc Ordinationis meao paginam Bertoldo Notario, et Judici Sacri Palatii tradidi, et scribere rogavi, et ut diligentius observetur, sigilli mei impressione insigniri feci, et propria manu subscribens, astantes Praelatos et Laicos subscrivere rogavi. Ego Popo Sanctae Aquilejensis Ecciesiae Patriarci™ propria manu subscripsi. Ego Rotarius Sanctae Tervisiensis Ecciesiae Episcopus subscripsi. Ego Joannes Polensis Episcopus subscripsi. f Signum manus Walperti Advocati. f Signum manus Aesonis. f Signum manus Joannis Yicedomino. f Signum manus Wertoldi, Fratris Johannis Yicedomini. f Signum manus Penzonis & Signum Erenaldi. f Signum manus Rodaldi. f Signum manus Adae. Signum manus Bertoldi Notarii Sacri Palatii, qui jussu D. Poponis Patriarchae hanc cartu- lam scripsi et compievi. Acta autem fuerunt liaec in Aquileja in ipsa Ecclesia Sanctae Mariae Deo prosperante felicitar. Amen.