ANNO I. Capodistria 1 Novembre 1867. N. I. LA PROVINCIA CI0M1U DEGLI INTERESSI CITILI, ECONOÌHU ED àMMIH 1STRiTITI DELL'ISTRIA. Face il 1 od il 16 d'ogni mese. ASSOCI AZIONE per un anno f.ni 3, semestre e quadrimestre in proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso la Redazione. DELL' ISTRIA E DELLA CARSIA RISPETTO AL CARNIO. Memoria del D.r Pietro Kandler scrìtta per incarico della Giunta Provinciale dell'Istria. ( Continuazione e fine, vedi n. 2, 3, 4.) FI Carnio ebbe non solo legge severa alla teutonica, ma anche sistema di finanza alla teutonica, terra gravata, dogane, consumo libero, se non fosse vino o che di simile. L'Istria pure ebbe terra gravata, però mitemente, c gravato poi anche il consumo. Il Carnio, per legge, non concedeva, nè a rustici, nè a comunità, dominio di beni pubblici, delli comunali. L'Istria all'invece ebbe nei comuni dominio di beni pubblici comunali, come pascoli e boschi. Le signorie del Carnio differivano essenzialmente in ciò dalle signorie istriane, che nel Carnio lutto il dominio e la proprietà fondiaria erano del barone, limitato il villico al dominio utile dei masi, al pascolo, alla legnazione, mentre nelP Istria e nella Carsia invece il barone non aveva che la pura decima, ed era libero ogni possesso, libera la proprietà nel villico e nei comuni. L' uso improprio di voci, che sono corrispondenti a concetti di un gius, se esse vengono applicate ad altre condizioni e ad altro gius, ha sempre ingeneralo confusione, e ciò è avvenuto anche riguardo ai rapporti pubblici tra l'Istria e il Carnio. La subordinazione del capitano della contea d'Istria e della Carsia al capitano del Carnio, eh' ebbe luogo con vaghissimi confini e con imprecisioni, non porta fusione di provincia, dacché dei capitani era il governare, colla potestà che dicono esecutiva: il che non porta fusione di reggimento e di provincialità, non essendo imperato, che ogni provincia abbia proprio capitano, o, come oggidì si direbbe, proprio luogotenente. Nei lunghi tempi da Ferdinando I a Giuseppe II, Trieste, Gorizia, Istria, Carnio, Carintia, Stiria, Fiume ed il Litorale croato stavano sollo il comune reggimento dell'Austria interiore, e non perciò le provincie si fusero in un'Austria interiore rappresentativa. Ed altri falli vogliamo addurre in prova, che I-stria e Carsia erano corpi all' intuito separati e distinti da! Carnio. Articoli comunicati d'interesse generale si ricevono gratuitamente; eli alivi, e nell'ottava pagina soltanto, asoldi 5 per linea. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Pagamenti antecipati. Gl'imperatori, da Ferdinando 1 impoi, pignorare no queste regioni e gli offici loro, anche la capitaneria; poi le alienarono, come avvenne sotto Ferdinando II, senza che il Carnio reclamasse o si opponesse. Ma nè il Carnio, nè la sua capitaneria ftirouo oppignorati od alienali. fnollre gt' Istriani non erano ammessi al fondaco dei Tedeschi in Venezia, nè al collegio germanico rtt Roma, ai quali partecipavano i Carniolici. Nè il sistema di sottoporre una provincia ad altra, od un comune ad altro, potrebbe legittimamente rivivere dopo la legge del 1848, che abolì ogni dipenditi-za o soggezione di un corpo ad altro. Morto l'imperatore Massimiliano I nel 1519, l'eredità sua doveva spartirsi ai due suoi figli:. Carlo, che 'lu poi imperatore, quinto di questo nomo, e l'intente • dinando, poi suo successore nell' impero, e primo di questo nome. Nella spartizione degli stati patemi, Austria, Stiria, Carintia, Boemia dovevano venire nella parte di Ferdinando; Austria superiore, Tirolo, Gorizia, Gradisca, Marano, Carsia, Trieste, Istria, Liburnia, Mettlica dovevano venire nella parte di Carlo V. Il quale, pensando tenere questi brandelli per la corona di Spagna, voleva unirli e fonderli in un solo stato spaglinolo, e ne aveva fatta convocazione, per venire a questa nuova composizione. Senonchè, male comportando Ferdinando I tale allontanamento dalla corona austriaca di queste antiche possessioni, che arrotondavano il corpo dei possessi austriaci, e adducendo, che gli stali del Carnio ricusavano 1' omaggio ed il giuramento, ov'esse passassero alla corona di Spagna, Carlo cedeva da Worms, nel 1522, il Tirolo e l'Austria superiore in governo a Ferdinando, siccome a suo luogotenente. Venne in desiderio poi degli stati del Carnio di vedersi aggregate le altre regioni; ma, convocata radunanza in Gorizia, onde avere l'adesione di questi corpi, essi la ricusarono. (*) E come la composizione di questi brandelli a nuovo stalo è prova ch'essi non appartenevano ad altre? stato da corona, tal prova sta pure nella convocaziom ordinata da Ferdinando I, per formarlo, e nel dissenso datovi dalle dette regioni. E più ancora lo dimostrano la formazione della contea di Gorizia in proprio principe (•) Vedi il documento nella Raccolta Conti, puntata Emporio e Porlofrumv. to c la sua aggregazione al reame di Germania, senza disgregazione dal Carnio, e senza assenso di questo, e senza aggregazione alla Germania degli altri corpi. Quelli del Carnio, clic desideravano 1' aggregazione, dissero clic questi corpi erano avgercilit (annessi), e appena nel principio dell'impero di Carlo VI li dissero, arbitrariamente, anclie cinverieibt (incorporati). Ma che questi vocaboli di eirigereiìit o eivverleibl, in diverso tempo usali dai Carniolici, siano ben lontani dall' attestare mia seguita fusione, lo dimostra luminosamente il fatto, clic Maria Teresa non ammise tale fusione in un solo corpo, per cui le parti fuse a-vr ebbero cessalo di esistere politicamente, imperocché, indicando nelle sue stesse leggi i corpi politici, pei quali queste venivano date, distingueva Carnio, Carsia, Istria, Liburnia. L'incorporazione a fusione non ebbe mai luogo, dacché non è lecito, per fatto di singolo corpo, alterare i confini di un reame. Nè la sudditanza di due corpij l'uno di un reame e l'altro di altro reame, allo slesso principe porta disgregazione dall'un reame e aggregazione all'altro, sènza patto internazionale. E questo nel caso nostro non è mai intervenuto. Carsia ed Istria, quando aggregate al Carnio, sarebbero state aggregate al reame di Germania. Se così, i vescovi di Trieste e di Parenzo sarebbero slati principi, il che mai fu; - i vescovi sarebbero stati nominali dall'imperatore, e fu appena papa Pio lì invece clic accordò, per eccezione, la nomina di quello di Trieste, non ai duchi del Carnio, ma alla persona del regnante della casa d' Austria;- i capitoli sarebbero stati di patronato pubblico, e a questi corpi per lo contrario non fu applicato il concordalo di Aschalfenburgo, nè alcun altro concordato, valendo pei medesimi, in tutta la loro inittn grità, le leggi della chiesa. I vescovi dell'Istria non portarono mai altro titolo laico che quello di conte; il solo vescovo di Trieste portava, sino alia fine del secolo passato, il titolo di conte di Trieste; gli altri quello di un castello o di una villa; negli stemmi loro non recarono mai altro segno che di giurisdizione ecclesiastica, nessuno di civile. Se i corpi indicati fossero stali annessi, in qualsiasi modo, al ducato del Carnio, questo avrebbe, certamente, accolli nel suo scudo o dispostigli all'intorno gli stemmi d'Istria, di Carsia, di Trieste, di Liburnia; ma ciò non fece punto, abbracciandoli tulli sotto la corona ducale. (Vedi stemma nella Landeshandveste e nel Valvascr). In ogni modo pòi si sarebbero essi compresi nei suggelli e nelle bandiere. — D'altra parte., si sarebbero alzali, nei corpi annessi, gli stemmi del Carnio. E di questo pure non si ha esempio alcuno, nè interno, nè esterno. Nella contea d'Istria non si vide che l'aquila imperiale. Il soffitto del presbitero della collegiata prepositoriale di Pisino, alzata dalla contea, ha lo stemma di Pisino nel centro, circondato dagli stemmi delle signorie che la componevano. E se in alcun luogo si trova uno stemma, si è sempre 1' austriaco, cioè quello della famiglia. Certo, Maria Teresa ordinò il libro provinciale del Carnio, in Lubiana, anche per l'Istria contea e per una parte delia Carsia, assegnandone 1" altra al libro di Gorizia. Ma quello era un libro pel possesso, per la proprietà e per le ipoteche, e da ciò non possono dedursi le conseguenze che si vorrebbero. E vero che lo Sahran-uen-Gericktj o giudizio provinciale, cessò in Pisino; ma ciò era avvenuto, perchè nella dejézlone, in che la contea era caduta, mancavano le persone a formarlo. (*) L'imperatore Giuseppe II. che tèndeva alla fusione eli tulle le auliche provine» e cangiò l'amministrazione, fece un fascio di queste regioni, dopo tolto il capitanato; ma, pure, dovè tenersi per l'Istria un commissariato separato in Pisino, chiedendo assiduamente la contea di venir sottoposta al governo di Trieste. Le tavole, destiniate alla preservazione del possesso, siano tavole di proprietà o d'ipoteche, non sono atti costituzionali di uno stalo o di una provincia: som» ordinamenti del gius -civile privalo, il quale è in governo dei tribunali, non delle poteslà governative; e gli ordinamenti giudiziari non occorre imperiosamente che segnano le ripartizioni e le costituzioni politiche. .Su di che citeremo Gorizia e Trieste, 1' una distinta dall'altra, e quella appartenente al requie di Germania. Pure, esse stettero unite dal 1782 al 1790 sotto un solo tribunale provinciale. Oggidì il tribunale provinciale di Trieste estende la sua giurisdizione su parte della marca e su parte della contea, ancorché slati legislativi da sé, con propria rappresentanza. Nè a Pisino poi o nella Carsia o nella Liburnia, perchè piccoli e poveri territori, comportava la poca entità di mantenere un tribunale provinciale. Per l'Istria e per Metilica ( e certamente lo si potrebbe dire anche per la Carsia, sebbene manchino i documenti J vogliamo dare di questo comprovazione. Aveva il Carnio proprio tribunale provinciale, che dicevano Schranneu - GericiU o Hof-Tltoiding. Esso giudicava dei feudi e della proprietà nobile, ed era temilo dal capitano e da nobili provinciali, siccome assessori. Ed aveva Schrannen-Gerichl anche Metilica, anche l'Istria. Fatta rara per le pesti e pe<" le defezioni di que' tempi la popolazione, nè Metilica nè Pisino avevano nobili da destinare in assessori: per cui i nobili sotlo-penevansi al giudice pedaneo comunale. L'imperatore Massimiliano assegnò ai nobili di Mettlica lo Schrun-nen - Gericht in Lubiana, e Ferdinando l lece altrettanto per l'Istria; il che deve essere avvenuto intorno il •la50. (**) Questo provvedimento non fu mai privazione del diritto di potestà giudiziaria provinciale; fu soltanto provvedimento imposto da imperiosa necessità di governo, e che sarebbe cessalo col cessare delle cause che lo provocai ono. E queste cause medesime esigettero la tenuta delle tavole provinciali d'Istria e di Carsia in Lubiana, sotlo quel tribunale provinciale. Cosi venule le cose, segui la pace di Vienna del -1809, che passò a Napoleone le regioni e provincie, da lui delle provincie illiriche. Le leggi di Francia cancellarono il passalo, e nuovo sialo unitario si compose in condizione di provincia dell' impero francese. (*) La patente, che ordinava la riformazione delle tavole nel Carnio, è del 24 giugno 1747: la patente del catastieo è del 12 agosto 1747. Nel 1618 era stato formato il Gultenbuch der Landsc/wffl. 1 corpi provinciali non erano eguali pel Carnio, per l'Istria e per la Carsia. imperciocché per queste ultime si ammettevano fra i corpi tavolari nou soltanto le signorie e le così dette Gullen o beni, ma perfino i semplici affitti, i livelli, gli altari, i cesendelli, gli ospitali e simili corpi, che sono meramente civili, privati, e privi di qualsiasi giurisdizione. (•') Vedi Valvasor Vie Ekre des Herzoylhums Kruin, lib. XI, cap. 10. L'imperatore Francesco aveva ceduto le Provincie senza condizione alcuna, e senza alcuna condizione ed in piena e sciolta sovranità ritornarono queste, più tardi, all'imperatore d'Austria, che ne dispose, formando il regno dell' Illiria, siccome stato da corona, comprendente Carintia, Carni», Gorizia, Trieste, Carsia, Libur-nia, Istria, le isole del Carnero e la così detta Croazia civile fino al Savo. Il regno venne ripartito in due governi provinciali, Carino e Carintia L'uno, l'altro il Litorale. (*) Nelle ripartizioni territoriali, Carsia, Istria, Libor-nia, Gorizia, Trieste furono date al Litorale, Piuka al governo di Lubiana, che dicevano governo illirico. E venendo a forma e rappresentanza, il Carnio ripigliò il titolo di ducalo, ed ebbe- propria costituzione a stali provinciali. Sia nò il ducato comprese più che L odierno territorio, nè maggiore estensione territoriale ebbe la rappresentanza, nè Carsia,. Istria o Libur-nia, nò Fiume e Trieste, ne i vescovi istriani, nè i comuni chiesero ài sedere in quella dieta, uè quella dieta li chiamò a sedervi, uè mai se ne fece alterazione. E migliore comprovazione, che Carsia e Libur-nia non erano incorporate al Carnio, si è l'atto della confederazione germanica. (**), Dovendosi in essa comprendere gli slati che appartenevano all' antico regno teutonico, ed escludendosene quelli che appartenevano all' antico reame italico, nell'alto che si enumerano que-sli stali, si annovera Gorizia, della quale vengono indicati paratamente i distretti, che formavano il territorio dell' antica conica.. Per ciò i non enumerati ne vanno esclusi. Neppure mollo si fa di Carsia, Lìbur-nia ed Istria, allora già nel Litorale, le quali sarebbero stale specificale siccome parli componenti l'impero germanico, quali frazioni del Carnio, ove in precedenza fossero state al Carnio stesso incorporate. E quando Fiume fu dato nel -1825 all'Ungheria, ciò seguì senza carico di aggregazione alla confederazione germanica. Non vi figura la città di Trieste, bensì il suo territorio. Ciò però fu equivoco od altro, che facilmente. può essere chiarito,, ii che poi è oggi questione del tulio oziosa. Nel -1848 e 1849, allorché fu costituito l'impero d'Austria ad un corpo unitario di stato,e fu proclamata la conservazione degli slati da corona esistenti e che avrebbero avuto legislatura provinciale, fra questi era il regno d'Illiria, del quale si annoverarono le parti integranti che lo componevano, cioè Carintia, Carnio, Gorizia, Trieste ed Istria. E qui* diremo che 1' I-stria aveva subito combinazioni territoriali svariate. Napoleone vi aveva unito il distretto di Pisino; Latter-mann vi aveva staccato Pisino, Càstelnuovo, la Liburna, colle quali e colle isole del Carnero, con Fiume e Buccari s'era formata la Croazia civile; all'Istria veneta si erano uniti Sesana, Duino, IVlonfalcone, Monastero di Aquileja. Caduta Fiume all'Ungheria nel 1823, si fece altra ripartizione nel -1825. Monastero, Monlalcone, Duino, Sesana furono dati a Gorizia; Càstelnuovo^ Liburnia, Pisino, Albona, le isole all'Istria; nè alici cangiamenti si fecero ; nò oggidì possono far- (*) Vedi atti nella Jìaccolta Conti, nell'opera Documenti e nella Storia del Consiglio dei Patrizi di Trieste- (■**) Vedi atti costitutivi della federazione germanica, Collezione dalle leggi giudiziarie fl marzo 1820. si altrimenti che per legge di slato, e per alti riguardi di stato. Nel 1849 il Carnio chiese di essere avulso dal regno d'Illiria, e volle essere costituito in proprio stato _ da corona. Altrettanto volle Carintia,e l'imperatore ac-, cordò. Il regno d'Illiria fu così ristretto, per le due avulsioni, al Litorale. Fu predisposta e fissata legislatura pel ducato del Carnio, da sè, ed egualmente pel Litorale, Il quale ebbe una sola dieta, che doveva risiedere in Gorizia. La città di Trieste fu dichiarai:! esente da provincia, e costituita a modo delle antiche città imperiali. Quelle legislature non vennero convocate; lo furono nel 18GI, con propria legge elettorale, per ki formazione delle diete. 11 Litorale, ancorché unico stato da corona, qN>« tre legislature e rappresentanze provinciali, la marca,; la conica e la eivilà esente. La legislatura per l'Istria fu per tutto quel territorio che erasi formalo a circolo nel 1825, e che, nello stalo ed onore di provincia, ripigliò il rango e là. dignità di marca- Questa è la storia del gius;; questa condizione di provincia legislativa è il gius storico che vige; nè vi ha alcun motivo di alterarlo,, per un erroneo concetto, del gius storico, promesso nel 18GO e nel 1861, poiché lina alterazione, quale viene agognata da alcuni Carniolici, contraddirebbe alla storia di 2000 anni, che ci dimostra, non essere mai slate fuse in un corpo politico le regioni dell' Istria e quelle del Carnio. ISTRUZIONE ELEMENTARE. , Essendoci proposti di parlare della istruzione elementare che s'impartisce al nostro popolo, sappiamo di toccare un argomento serio, un tasto che manda suono ingralissimo; sappiamo che le nostre franche parole riusciranno forse a molti aspre e severe. Noi però nè inventeremo, nò esagereremo, ma diremo cose che sono nella memoria e nella coscenza de'contemporanei,, che pochissimi ignorano, e che nessuno che sia onesto e di buona fède oserà contraddire. È assai sconfortante, ma pur è duopo dirlo, che il nostro popolo da cinquant' anni in qua è rimasto sempre ne'lacci de"suoi pregiudizi, delle sue ubbie, e., per dir breve, della sua ignoranza. Nè ciò dee attribuirsi, com'altri per avventura crederebbe, a natura grossa e a tardità d'ingegno,, chè invece l'istriano, nato e cresciuto sotto una benigna guardatura di cielo, in mezzo alla bella varietà de'suoi monti,, delle sue valli, del suo mare, è dolalo di viva e pronta intelligenza, di cuore ardente, di agile fantasia: ma sì piuttosto a cause a lui assolutamente estrinseche, e che noi non esiliamo di porre nella prima istruzione ch'egli riceve nelle pubbliche scuole. Nò parrà temeraria questa nostra proposizione allorché si ricorderà, che nel congresso de' maestri, tenutosi, non ha mollo, a Vienna, il presidente Bobics ebbe a proporre la seguente risoluzione: le scuole attuali non rispondono al loro scopo, che fu accolta ad unanimità da una assemblea che noverava non meno di duemila membri. È significativa quella risoluzione, quantunque a noi, impressionali così sinistramente delle nostre seuole,.sia-parsa di soverchio timida e prudente. Noi non entreremo nella grande questione che riflette la separazione della scuola dalla chiesa, perchè ornai condolla agli ullimi termini del suo scioglimento, se non forse a quest'ora risolta dall'autorità di quanti combattono sotto il vessillo del progresso sociale, di quanti hanno il buon senso per comprendere che quella unione è divenuta incompatibile con le nuove e grandi idee che caratterizzano il tempo; ma diremo piuttosto di alcuni errori che informano il sistema, per la sola ragione che si sconosce il vero scopo a cui è diretta la popolare istruzione. Esso fu accennato da Lei-fiesdorf nel modo seguente: educare l'uomo perchè sia «ionio; - educarlo in modo che sia utile agli uomini;-educarlo finalmente per la sua vocazione. Qui invece s'ignora affatto il significato di ciò che vale educare, e quantunque la parola si oda incessantemente correre per le bocche, si fa una strana confusione tra l'istruire e Peducare, quasi non vi avesse la più piccola differenza tra l'una cosa e l'altra, e non si sapesse che l'i-alruire riguarda la mente, e l'educare il cuore, non altrimenti che è della scienza e sapienza, in quanto l'una appartiene alla speculativa, l'altra alla pratica. J?e non che l'istruire e l'educare non possono assolutamente disgiungersi, come non è possibile frammettere Una barriera tra la mente e il cuore. Nelle nostre scuole però si ha il deplorabile merito di operare questa specie di miracolo, e mentre si insegna a'fanciulli un po' di leggere e scrivere e far di conto, essi non tornano cerio alle loro famiglie nè più mansueti nè più ordinati, nè più rispettosi e cordiali, rè avveduti distributori delle proprie forze, nè previdenti, nè buoni con virtù. Tutto è perchè manca l'intelligenza dell'amore, l'arte ingegnosa d'iuslillare ne' cuori santi e fruttuosi principi. - Eia almeno l'istruzione, per quanto stremata e superficiale ella sia, provvedesse in modo che 1111 qualche utile ne venisse al nostro popolo; almeno quelli, che e-scono dalle scuole, serbassero, cresciuti in età, un barlume di quanto appresero, per regolarsi un poco da ht nei molliplici negozi della vita, per non lasciarsi irretire dagli inganni e dalle ipocrite seduzioni de'tri-Mi, per dare un assetto giudizioso alla propria economia ; ma pur troppo nelle lor tenere menti non resta the confusione, freddezza e bujo. Nè è a sperare clic quind' innanzi diversamente avvenga, se si continuerà negli attuali melodi disacconci e fàlsissimi, se lutto si ridurrà ad un arido materialismo e alla più gretta pedanteria, se alla vernice non si sostituirà la sostanza, se infine non si farà che martellare e stancare la memoria, senza che l'intelletto sia illuminalo da un raggio di luce. Bisogna persuadersi che la scuola elementare è per la massa della popolazione, e che, tranne alcuni pochissimi che hanno il privilegio di sedere nelle prime panche, perchè in veste più linda, e perchè chiamati per la comoda loro condizione a correre la tribolala via degli studi secondari, lutti gli altri sono destinati alla laboriosa e misera vita del campo, dell'officina, del mare. Agricoltori, artieri, e pescatori e naviganti abbisognano senza dubbio di poco, ma convien che quel poco sia nutrizione della mente e del cuore, e non già eome fiato sulla superficie di uno specchio che di un subito si dilegua. Abbisognano in principalità di apprendere della propria lingua quel tanto che basti a saper leggere correttamente, a capire ciò che leggono 0 a far ioro prò delle cose lette. Se non che a ciò si oppongono gravissimi ostacoli, e prima di tutto lo strano i/mesto della lingua tedesca, che se ha in se un valore relativamente alle nostre scuole è pur troppo quello di gettare lo scompiglio nelle piccole intelligenze dei poveri ragazzi, da rimandameli in ultimo più ignoranti, che non sarebbero, se lasciati per avventura nella oscurità e nella inedia delle loro famiglie. Quest'affare d'impartire l'istruzione di una lingua, che al nostro popolo torna a nulla, è offesa gravissima a quell'intangibile diritto, che se anco non proclamato, come fu nella legge fondamentale sui diritti dei cittadini dello stalo, per cui vuoisi che ogni stirpe conservi e coltivi la propria nazionalità e lingua, non sarebbe men sacro e solenne. E noi nazionalità e lingua abbiamo italiana, quale l'avemmo da secoli, e questa sacra eredità de'nostri padri conserveremo con indomabile amore, per tramandarla incontaminata a'venturi. A quale scopo adunque sottrarre alle ventidue ore d'istruzione settimanale della prima classe elementare nientemeno che sette, per far udire armonie strane e incomprese, non concedendone che uno stesso numero alla lingua nativa? A che la medesima cosa, poco su poco giù, nelle altre classi? A Trento, dove certo non si sosterrà che son» più italiani di noi. s'insegna invece esclusivamente l'italiano, e per ben dodici ore. e non è che nella terza che se ne dedicano all'idoma tedesco due, e nella quarta tre. . Confessiamo di essere molto imbarazzati a decifrare l'enimma di sì sciagurato sistema. Non crediamo certo che ciò si faccia coU'intenzione di toglierci il nostro, perchè se fallirono tante prove, tentate e ritentate in tempi più propizi per siffatte imprese, sarebbe follia sperarlo oggi, che dei diritti de' popoli si fa una religione, e che primo tra essi è quello della propria nazionalità e lingua. Ma se non è per questo, è forza convenire, giacché noi non vediamo via di mezzo, si voglia ridurre l'istruzione popolana a sterile pompa, anzi che a stro-menlo efficacissimo di civiltà. Altro ostacolo clic toglie, che l'istruzione, qualunque ella sia, vigoreggi e fruttifichi, sta nella scelta de' maestri. Noi non faremo nè prossime nè lontane allusioni; diremo bensì che fino a tanlo che si affiderà l'ammaestramento ad individui che 11011 abbiano un'adatta istituzione, che non sentano la dignità ed importanza della loro missione, che facciano strazio del bellissimo nostro idioma, che non sappiano inalzarsi all'altezza delle nuove e libere idee, non avremo che deplorare la sorte delle povere nostre plebi, condannate, nello splendore di tanlo progresso sociale, ad aggirarsi brancicando fra le tenebre, e a non deporre mai la dura scorza dell'ignoranza. Ameremmo per ultimo che si bandissero dalle nostre scuole certi libri che si mettono in mano a'fan-ciulli, o sciocchi 0 zeppi di errori, e tutti scritti in una lingua bastarda e rozza che non è certo la nostra. Il conte Stadion avea veduto l'inconveniente, ed avea affidato la compilazione di nuovi testi a persone d'ingegno e di cuore: ma dopo lui si fece ritorno a'vecchiumi, perchè quella saggia novità parve ardila e perigliosa. Era qualchecosa che accennava a progresso, e sebbene nou fosse che un lampo, bastò per far allibi- re i pilastri. Da allora però mutarono i tempi. Ora il nostro popolo sente il bisogno d'istruzione, e la chiede e la vuole, quale più gli convenga, ma non imbellettata di forme a cadenza, non inaridita da una meschina pedanteria, non rimpinzata di orpello; sibbeìi seria e schiettamente soda, che lo educhi al culto della probità e del lavoro, al rispetto delle leggi, all'amore del risparmio, della temperanza, della previdenza. Se l'individuo, conchiuderemo con Massimo d'Azeglio, è dappoco, ignorante e tristo, non s'avrà nazione buona, e non riuscirà mai a nulla di solido, di ordinato, e di grande. (m.) La giunta civica ginnasiale ci comunica il seguente suo atto, relativo ad argomento di grave interesse per la nostra gioventù studiosa, e noi di buon grado lo pubblichiamo. La sottoscritta deputazione civica, che si fece debito di assistere agli esami di maturità, tenuti presso questo ginnasio alla fine del testé decorso anno scolastico, si conforma alle disposizioni del 120 del piatto ginnasiale nello esporre alla eccelsa autorità scolastica alcune considerazioni. Non è suo intendimento di manifestare ora tutti i suoi desideri rispetto alle varie istruzioni, che s'impartiscono in questo ginnasio, volendo essa, prima di farlo, attingere nuovi dati dal corso delle lezioni nell'anno venturo. Quello, su cui la scrivente dee versare fin d'ora, riguarda l'insegnamento della storia in lingua tedesca. Con leale franchezza va qui osservato, che il progresso si mostrò assai manchevole, e che la causa del difetto non è da ripetersi punto da qualsivoglia colpa, sia dei docenti sia degli scolari, ma unicamente dal fatto che a questi ultimi fu tolto di usare in ciò la lingua materna, ch'è loro indispensabile, per corrispondere alle esigenze di cotesto gravissimo oggetto dello studio ginnasiale. Per quanto la lingua tedesca sia stata assai bene appresa (e conviene proprio farne nota dislinla ) nella sua istruzione speciale come lingua, non è possibile richiedere da essa quello che a giovinetti può dare soltanto la lingua materna. E di questa lingua, infatti, che abbisognano supremamente, come si esprime il piano, tutte le altre materie di studio, per le parti loro più ardue ed essenziali, e in particolare poi la storia, dove meglio importa che si allarghi la mente degli scolari, e per attività propria si svolga, e sicuro e pronto abbia l'officio della parola. Una lingua, non appresa sino dalla infanzia, e che non è parlata nè in famiglia nè in società, o toglie del tutto o tarda tli molto negli adolescenti lo spontaneo movimento del pensiero, che pur ha d'uopo tanto di farsi operoso ed a-gile nella disamina dei l'alti storici, da raccogliere e collegare sotto quegli elevati principi, a cui deve informarsi l'insegnamento della storia nelle classi superiori del ginnasio. Naturalmente adunque esso dovette mancare al mio compito. Mentre il piano prescrive, che nel ginnasio supcriore la storia si alzi a idee complessive degli avvenimenti, nel loro nesso prammatico (§. 39j, e assolutamente vuole esclusa da quello uua mera ripetizione di ciò che si è insegnato n Ile classi inferiori ( n. 5 dell' appendi ce al piano qui le difficoltà della lingua non materna costrinsero inesorabilmente a tenersi nella cerchia delle semplici cronologie fondamentali e delle narrazioni frammentarie, spoglie di (ulte quelle riflessioni, le quali, giusta il prescritto, dovrebbero mettere nella chiara conoscenza dello sviluppo degli stali e della loro costituzione e coltura. Tutta l'applicazione pertanto convenne riuscisse ad un lavorìo di traduzione delle cose già studiate nel ginnasio inferiore, coinè l'insegnamento della storia più non formasse parte dell'istruzione ginnasiale negli ultimi corsi. Considerato tutto questo e in uno il geloso assunto di tale insegnamento negli stessi rapporti educativi, per cui il piano se ne ripromette i più salutari e più durevoli effetti sull'animo e sul carattere degli scolari^ sarà certo giudicala imperiosa la necessità e piena la giustizia di ripristinarlo in questo ginnasio, ritornandogli la lingua italiana, ch'è la lingua materna degli scolari. Con piena fiducia pertanto ne fa la scrivente formale proposta all'eccelsa autorità scolastica. Ciò le torna poi tanto più grato di dovér fare, che essa si tiene sicura del nessun danno, a cui sia esposto, per tale riformo, l'apprendimento della lingua tedesca. Perchè questo fosse appieno assicurato, fu già provveduto efficacemente, con una scuola speciale, dalla prima all'ultima classe del ginnasio. E quantunque il piano non costringa ad apprendere che la lingua materna (§. 20). e ad essa e alla seconda lingua viva della provincia, a cui appartiene la scuola, non voglia assegnate complessivamente più di sei ore settimanali ( ), qui si è (alto obbligo impreteribile a tutti gli scolari d'imparare l'idioma tedesco, che pur non è proprio ad alcuna parie della popolazione istriana, e gli si è prescritto un orario di quattro e cinque ore per settimana, restringendo quello della lingua e letteratura italiana a tre e a due. Sebbene adunque l'importanza della storiasi appalesi, per fermo, così grande, da non poterlesi anteporre qualsiasi vantaggio semplicemente linguistico, comunque prezioso, si ha in questo caso il conforto, che non vi siano pregiudizi di sorta, nemmeno secondari, dei quali preoccuparsi nel prov vedere al principale, ossia nel rendere all'insegnamento della storia quanto gli è dovuto. Dopo ciò, e quando sopra 837 inscrizioni, che appariscono nei programmi stampali di questo ginnasio, non ne furono che 7 di scolari, non istriani, i quali si professarono di nazionalità tedesca, pare alla scrivente che sarebbe non solo fuori di bisogno, ma altresì non conveniente, nè giusto, insistere su maggiori eccezioni alla legge per riguardo alla lingua tedesca. La sottoscritta deputazione prende troppo interesse al migliore andamento di questo ginnasio, e troppo è conscia de' suoi doveri verso questa città, la quale concorre così largamente a mantenerlo, e domandò pur tante volte ch'esso fosse intieramente italiano, perchè possa rimanersi dallo esprimere ancora, e col più insistente suo impegno, un così ragionevole desiderio, ch'è inoltre comune a tutta la provincia, come lo attestarono la cessata e la presente autorità provinciale, e che, in o-gni modo, si accorda perfèttamente colle norme di quella sovrana risoluzione del 20 luglio 1859, alla quale cedettero tutte le anteriori disposizioni, generali e particolari, nell'argomento, e il cui principio fu poi allarga- 5S ■ lo e Toso nele leggi garanti delle ragioni nazionali dai nuovi ordinamenti dello stato.. Essendo infine assai prossima la riapertura delle scuole, si prega codesta eccelsa autorità scolastica di voler trattare l'oggetto in via d'urgenza. Capodistria li 18 ottobre 1867. __ - -.i.v f.ijj ài •' ' 9!iiii.«!i;«'ij ft. ' ; • )«'r>! nu vi j Maggia 20 ottobre ! 80". ì /': ; -he il vantaggio dell) averla quasi intieramente piana dà perfetto compenso della maggior lunghezza lineare. Tutti conoscono, quanto rallenti il viaggio quel continuo avvicendarsi del salire e del discen- . dere, quasi dieci volte, nel breve tratto che divide le due città di Trieste e Capodistria. Ma più dell'impiego di tempo, che non varia gran fatto, è a considerare il maggior profittò degli agevolati trasporti delle merci. Su ; di una via piana è certo ohe si rispavmia sempre una buona metà delle forze motrici. Nè va trascurato il riflesso, che l'attività industriale e commerciale, così di Mnggià come di Capodistria. acquisterebbe nuovo impulso, potendo, di tal guisa, partecipare la prima assai meglio alla vita degli stabilimenti di costruzione navale che sono più vicini a Trieste, e avendo certo grande interesse la seconda di vedersi finalmente sulle comunicazioni dirette fra la 'capi- , tale e la provincia. So penso poi alla probabilità di villeggiature triestine su tutto il promontorio d'Olirà, le quali sarebbero tanto più vicine a Trieste che non quelle del Friuli, preferite unicamente per la mancanza nostra di strade, e considero infine gli accrescimenti di prezzo, , che avrebbero tutte le possidenze campestri di quella bellissima < contrada, io mi sto convinto di non aver inesso innanzi nè un ér-i:ore nè un sogno. A voi ora il patrocinare la proposta, 'se mi toccò la fortuna di farvenc persuasi. * ' ; »■■" ____.___ : ■. •:. ' Pisino, ottobre. (A. C.) In mancaasa di notizie, permettete che vi dia questa volta un po' di considerazioni su di un argomento, che non è senza valore. La sarà una corrispondenza sui generis, ma qualche eccezione non fa male nemmeno alle osservanze più strette. E chi sa poi che sotto ai riflessi non si stia, per chi sappia rilevarla, anche qualche eoserella di fallo? Mandato innanzi cotesto brandello di proemio,, vi dico, che io mi vo preoccupando, da qualche tempo, del modo di avviare un po' di buon gusto anche nelle più piccole borgate della nostra provincia.. Possibile che abbiamo a tenere per l ibelli ad ogni rimedio certe malattie di selvatichezza? Nelle grandi città si possono assaporare tutti i frutti dell'incivilimento, perchè la concorrenza e i mezzi spingono per ogni verso la perfettibilità umana, e quivi s'hanno incentivi molti ad acquistare il discernimento di ciò che s'addica a vita civile. I costumi e i modi s' irradiano poi dalle città maggiori alle cittadelle di provincia in ragione della lontananza', delle relazioni e delle attitudini locali. 1 giornali e i casini di società, ove si passa il tempo in. puliti trattenimenti, svegliano il senso del progresso ; e se gli uomini ne innalzano il vessillo, non mancano donne gentili, che ne trapuntino insegne, perch'esso faccia di se più bella mostra. Nè basta, ehè il reciproco esempio, il quale talvolta prende le colorite sembianze della gara, anima viemmeglio la vita esteriore, sì che gli stessi zerbini delle città rumorose non saprebbero sempre favorirci i loro sorrisi di pietà. Il guajo è tutto delle bor'gatelle minori. Anch'esse sono tocche Sai telegrafi, é anche per esse la civiltà vuole abbattere le privative, meno quelle del sale e dei tabacchi. Ma, ahimè, che hanno occhi e non vedono., hanno orecchie non odono, con quel che segue. E se alcun poco veggono e odono, pare che ne imparino il peggio, per compome un insieme grottesco colle native usanze. Vi ricorda delle spalline d'oro e d'argento sugli omeri dei re della Libia? Non siamo a questa, ma quanto non rincresce talora, che la gente grossa non si stia qual è piuttosto che perdere il pregio almeno della naturalezza. Non è dunque coi guardaroba dei ghetti sociali che vanno dirozzate quelle nature. Nulla di meglio anzi che propugnarvi in ogni modo la semplicità dei costumi. Ma così largo non è il mio tema, chè io intendo avvisare soltanto a qualche buona maniera d'ingentilirne lo spirito, mediante le cose di che sogliono tenere maggior rispetto. Qui non v'hanno musei, non teatro, non eleganti ritrovi, non musiche e svariato concorso, ove affinare il gusto. Non troviamo che la chiesa. Ben si capisce, che non vo' parlare di chiesa ne in senso teologico, nè in altro senso qualsiasi, che possa adombrare i reverendi custodi di lei. Intendo della chiesa in senso architettonico, e de' suoi addobbi in senso artistico, nonché delle funzioni religiose, le cui forme pur potrebbero essere belle, semplici, pulite, sode. Vidi io, in una chiesa, certa statua in legno, di mezza grandezza, che versa giù per la veste lagrime grosse come ciliegie. Forse un tempo ci voleva pel popolo di campagna una plastica sì ardila, ma ora, penso, dovrebbe avere anch'esso a miglior partito il. comprendonio. C'è in altro luogo un colossale crocifisso, pure in legno, ricolorito, e gli occhi suoi cilestri pajono davvero due grandi prugne, e più direi se non me lo vietasse il rispetto religioso. Ln santo, sgorbiato non ha molto, mette veramente raccapriccio, e lui fissano per lunghe ore le pie donne del paese. Ebbene, lo credereste? molta parte di quella genie, a vederla, si direbbe tipata sulla brutta effigie. Nè la finirei sì presto, se avessi a rammemorare tutti gli sconci orrendi del pennello o dello scalpello che conosco io in provincia. Per quello che riguarda il canto, in molte chiese esso cade in una nenia così fatta, che oggidì non è proprio lecito soffrire al di qua del Madagascar. Poi capitano gli altaretti, tratti dalle rustiche chiesuole abolite, ed arredi che, a dirli sacri, pare uno scherno. Certo, dinanzi a Dio tanto vale il legno che l'oro. Ma anche nella povertà si può, si deve curare la proprietà, perchè l'idea stessa si fa stramba colle strambe forme. Se non si può essere magnifici, si guardi a un po' di giusta, di conveniente semplicità. L'arte parla sott'ogni forma all'intuito, e quindi ne vengono informati la mente e il cuore. Il pettegolo, il gretto, ì' orribile corrompono l'occhio e l'anima. ' Stringo pertanto queste tose in una proposta, che farò in via tli domande. Non sarebbe forse opportuno che lutto d inoperosi in porto, fosse destinato ad accogliere gl'individui provenienti da luoghi infetti di cholera, onde praticarvi a miglior agio e suffumigi e disinfezioni e riserve. Però, tutto sommato, conviene pur dire che il diavolo non sia così brutto come a prima giunta potrebbe apparire. Se mollo rimane a fare, qualche cosa in ogni modo si è fatta. A buon conto, la pubblica'elementare istruzione pel popolo, ~ fp che io considero come l'argomento più vitale, vi è già bene iniziata. - r *..( ". Abbiamo una caposcuola maschile e femminile, di recente istituzione, il solo impianto della quale ha costato al comune ollru f.ni 50,000. Edilìzio magnifico, apposi t.mieuto costruito : quattro classi e quattro maestri pei fanciulli: quattro classi, e per ora 111; sole maestre, per le ragazze ; gii uni e le altre dotati dal comune di buoni appannaggi e d'i decenti alleggi nello stessj edifizio." La scelta del personale insegnante non avrebbe poi ìlio desiderarsi migliore, e ne restarono pienamente persuasi quanti curarono di assistere agli esami degii scolari. Buon metodo d'inse gnamento, conoscenza ed amore della nostri lingu^, paziente costanza nell'aspra fatica, e sopra tutto grande affetto al proprio ministero, ecco quanto ci confortò a concepire le più belle speranze per l'avvenire della nuova istituzione. E non è intenzione del municipio di arrestarsi qui, che esso vuole anzi, mano mano glielo permetteranno le circostanze, procederi! all'istituzione di scuole reali o tecniche, tanto rispondenti alle nostre condizioni e ai oeàUui più avventurosi ili questa citta. Abbiamo un ospitale civile, capace di contenere, all'occorrenza, quaranta e più letti, uel quale, oltre ai .poveri della città e del distretto, vengono raccolti e curati, Euo a guarigione! compiuta, anche i forestieri. E ben vi so dire, che esso prestò finora servigi utilissimi, in particolare a'poveri operai, che in gran numero, e da tutte le parti, calano quaggiù a cercare lavoro. 11 fondaco comuuale delle granaglie, veneranda reliquia della veneta sapienza, funge qui ancora in piena attività*.- Vi qonfesst» che vedrei ben volentieri studiata nuovamente cotale istituzione. Questo od altro provvedimento urge davvero al gjrande scopo di sottrarre il .piccolo possidente di campagna alla voracità di certi speculatori. Ve ri' hanno (non qui la Dio grazia), i quali, soilo colore di volerlo sfamare nel verno, ossia fornire di biade per le semine, coli'aria più compunta di questo mondo, apròno al miseri» le fonti della loro liberalità: ma quando egli sia caduto fra quegli amplessi, vi rimane come nella morsa. Tengono certi libracci di partite e contropartite, in cui non la si finisce mai colla lista degli interessi, delle spese ecc., tanto che vanno di anno ip anno assottigliandolo ed alleggerendolo del soperchio, e di rubesto ch'egli era te lo rimandano sparuto e affranto, spettacolo miserabile di quanto possa l'amore del prossimo nelle anime pietose dei coccodrilli che vestono panni. Ma tornando a Pola, vi assicuro, che se le cose -vanno tuttora zoppicando dal piede più corto, tanto e tanto coli'altro si tira innanzi. Col tempo, colla pazienza e colla buona volontà, le condizioni morali della città potranno essere d'assai migliorale; ma sopra tutto non bisogna pretendere che si abbia ad avventurarsi a voli troppo arditi, poiché sogliono a questi tener dietro le grandi cadute. ; 1 iTT Rovigno, ottobre. (c. c. i.) Lessi con interesse l'articolo 0. C. di Pirano e no divido le ideo ed i desideri. 11 lavoro ivi propugnato è necessario e vi si doveva ben prima provvedere, ommettendo piuttosto altri lavori meno necessari, pei quali si spese un importo quadruplo del pi-eliminato. 1 dati però, addotti per giustificare l'importanza marittima del porto di Pirano, meritano rettificazione, ad evitare che il lettore non sia tratto in errore. Bisogna distinguere il porto commerciale di Pirano da quello di Portorose, eh'è veramente porto di rifugio. La somma de' navigli e del tonnellaggio, assegnata nell'articolo a Pirano, va divisa fra il primo, a cui appartengono quasi esclusivamente i navigli operanti, ed il secondo, a cui appartengono invece quusi esclusivamente i non operanti. I dati appariscono nelle statistiche riuniti, perchè il secondo, fornito di una semplice espositura, dipende immediatamente dalla deputazione port. sanit. di Pirano. Nell'anno 1863 il movimento de' detti due porti fu dettagliatamente quello che viene dimostrato dal prospetto che qui vi unisco. I dati della vostra corrispondenza di Pirauo si limitano ai navigli a vela, e sono precisamente quelli della prima linea dell'ultima rubrica del prospetto stesso. Sottraendo da questi le cifre complessive de'rilasci, che vanno assegnati, come dicemmo, pressoché intieramente a Portorose, viene di gruu lunga diiuiuLÌtu il icur vimento attribuito al porto di Pirano. Sobiarita cosila cosa, mi gode l'animo in udirn che sia stata finalmente placidata la prolungazione del molo di quella città. lu seguito io vi darò il movimento di altri dei nostri porti, e mi studierò pure di presentarvi delle tavole comparative, per meglio istruire il giudizio di chi vorrà applicare la mente ad oggetto di lauto interesse. Di tal modo, sarà almeno in parte adempiuto il voto, espresso nel Programma della Provincia, per la statistica dei nostri porti. Ecco intanto il prospetto, di cui oggi vi ragiono. (") a> "w o § 3 £ = § so -e SS co OO «2 Tonn. I 112757 ro o t— to t- có ^r co co 6- r. § 8 C5 CO ro S-l t- co o (M 00 CO KO » f» 00 o> CO ss o> ss S-l 85 to >• CO GS. ss CO OO 00 ss 9 5 i o Si 8 s* s OO § g 1J a C. OS SS S-l CO sq 00 — to CO o o ic CO < ss 00 co OO W N Z W .2 "3 co OH — cu > 13 2 o s § PS ss 5 S H CU £ a H oc a3 io to ss OO S-1 o CJ 5 2 a V a a o H r-» s* o sa 2 - t- ss ss 5 Assieme à a o H ss co «cr o » o 00 00 ss r— s* to ro S-l -r< TO -< ìs' S-l o £ tu os 00 ss r r- co SI co o> 1- S-l «5 U V cu © o è £ £ to 00 co 1 "T so G «c a; o* o 1 H 1 = o co 2 to SO to o» "> a 25 zi CN o CO —« s 35 SS CO Te "> m s» JÈ IO Ol co ■f o o © à a o t- £ 00 s 00 SO CO ? K « à a o H (35 Ol OO CO IO o § t OS £ § C3 fd o o OS § s^ § 5 « fi g S-1 £ - Qualità dei navigli » . ? « ■ ■ a vapore I Assieme Qualità dei navigli J3 ? « 1 a vapore Assieme | (*) La Redazione aveva bene avvertito, ma lasciò correre senta osservazioni lo sbaglio della corrispondenza di Pirano. appunto per provocare la puhblioazione di un esatto quadro statistico del movimento dei porti di quella città. Nota della Redazione. BIBLIOGRAFIA. È uscito testé a Firenze coi tipi dei successori Le Mounier on libro, che è destinato a far splendida comparsa nella nostra letteratura contemporanea : Le confessioni di un ottuagenario, romanzo postumo di quel forte e nobile ingegno, che fu Ippolito Nievo. Diciamo romanzo, perchè la forma prescelta dall'autore è quella del racconto, ma in fatto lo si potrebbe più esattamente dira un quadro intimo della vita italiana dal Guire del secolo XVIII alla metà del XIX. ottuagenario del Nievo narra in modo famigliare le sue avventure domestiche, che s'intrecciano bene spesso colli avvenimenti politici; quindi egli ci dipinge la republiea e il popolo di Venezia sullo scorcio del secolo passato, la rivoluzione francese, la calata del Buonaparte e la distruzione della millenaria republiea, l'impero, la restaurazione, i moti dei carbonari, la insurrezione di Grecia, i tentativi del 1830, il fortunoso periodo del 1848, e ci conduce fino alla vigilia del 1859. In tutta questa lunga serie cf avvenimenti s'intreccia, come dicemmo, la storia dei casi avvenuti al protagonista, e ciò porge occasione all'autore di sbozzare qua e là eleganti dipinture di caratteri e passioni, descrizioni di paesi, di costumi, di abitudini, insomma un quadro svarialissimo, che tien sempre desto l'interessamento del lettore e lo conduce quasi inavvertitamente fino al termine dei due grossi volumi che compongono l'opera. Quello che attrae specialmente è la spontanea semplicità dello stile, e una serena filosofia manzoniana, che di sotto alla melanconie del presente alimenta viva e feconda la fede nel progresso e nella giustizia e ti lascia l'animo ripieno di dolce, ma non scoraggiata mestizia. Quest' opera, ehe diventa la più voluminosa e importante del Nievo, era rimasta ignorata dopo la sua morte, e fu gentile pensiero delli amici del poeta il darle publicità, perocché l'ingegno versatile e robusto di lui si manifesta qui meglio che in ogni altro suo scritto, e la letteratura fa un acquisto doppiamente prezioso. Precedono alcune notizie biografiche, dettate dalli editori, sulla vita rapida e avventurosa del Nievo, e alcuni bellissimi sciolti della Fuà-Fusinato sulla immatura morte di lui, avvenuta, come è noto, nel 1861 nel naufragio dell' Ercole, a bordo del quale egli s'era imbarcato a Palermo, per portare a Genova le carte relative all'amministrazione militare dei volontari in Sicilia. Se v'ha, per fermo, vita di poeta, ehe possa destare entusiasmo e pietà ad un tempo, è certo quella del povero Nievo, tipo drila gioventù più generosa. Aveva 29 anni, un nome già simpatico a quanti sono cultori del bello, una gloria conquistata sui campi dell'onore, un avvenir» ricco di splendide promesse, quando i gorghi del Mediterraneo gli si serrarono sopra. G. B. La sottoscritta deve avvertire quelli che le spedirono corrispondenze od articoli auoniini, essersi essa proposta di non accogliere cosa alcuna, di cui no* le sia noto f autore, quantunque poi uon soglia pubblicare tutto, il nome de' suoi cortesi collaboratori, ma le sole iniziali o un segno convenzionale. Quanti finora si tennero anonimi e pure scrissero cose inoli» utili, vogliano scoprirsi alla stessa, che tanto desidera di eonoseere tutti gli onesti compatrioti, disposti a giovarla, per consociarsi l'opera loro. La Redazioni.