ANNO XIV. Capodistria, 16 Dicembre 1880. N." 24 (ma oJJm Ifcu woi «1 auiJIo-j LA PROVINCIA DELL' ISTRIA cu m st «ilMi Esce il lu ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3; semestre e quadrimestre in proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso la Redazione. Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Un numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. EFFEMERIDI ISTRIANE Dicembre 16. 1338 - Trieste. Il capitolo del duomo sopprime col consenso del vescovo i quattro vicari corali, istituiti nel 1316 coll'approvazione del vescovo Pedrazzani a decoro della cattedrale. - 26. II, 84. 16. 1445. — Il comune di Trieste viene ad una de- marcazione di confine tra le ville di Santa Croce e Contovello detta in passato villa di San Girolamo e ne' tempi antichi Monco-lano. - 13. 17. 1194. — Capodistria. Il podestà Almerico vuole assicurata la rendita del vescovo del luogo. - 41, 68. 17. 1411. — Portogruaro. Il patriarca di Aquileia avanza i suoi lagni al conte di Cilli contro il comune di Muggia che gli niegava la solita regalia delle 306 orne annue di Ribolla e delle due orne di olio, perchè egli aveva lasciato libero il rimpatrio a diversi terrazzani tra cui Testa de'Testi, benemerito della Chiesa aquileiese, per essersi molto adoperato li 2 die. 1409 nel ricuperarle il castello di Moufal-cone, che le si era ribellato. - 43, 21, - e 13. 18. 1329. — Rifiutatosi Pago di difendere i diritti. portati in campo dal vescovo di Trieste sul feudo di Sipar, il patriarca Pagano si pronuncia in favore del giustinopolitano ser Giorgio e di lui nipoti. - 51, II, 374 e seg. 19. 1357. — Muggia. Il consiglio si rivolge al comuue di Cividale per aiuti, per non veder caduta la patria nelle mani di Venezia, che la teneva stretta per mare e per terra. - 43. 15, - e 13. 19. 1451. — Cittanuova. Il consiglio delibera che que' di Grisignana non possano pascolare i loro animali sul territorio emoniense. - 46, 107. 20. 1287. — Il seuato delibera che si elegga il capitano per l'Istria ; vuole che l'eletto si esprima entro tre dì se voglia o meno accettare la carica ; caduta l'elezione su Ruggero Morosini ed avendone data la rinuncia causa la sua malferma salute, il senato si propone di passare ad altra nomina. - 6, I, 157. 20. 1534. — Capodistria. Il vescovo Vavasori investe ser Agostino de' Tarsia della decima di Villa Dolo, Cubiliglavo e di una parte di quella di Laura ; investe ser Bembo de' Bembi della decima di Ulcigrado, Popetra e Berce Piccola; — i signori Pietro e Vincenzo del fu Giovanni de' Giovanni della decima di Cerusche (ora Truske); — e ser Donato de' Gavardo di quattro masi situati in Boste. - 12. 21. 1244. — San Giacomo presso Villacco. Concordio stipulato riguardo a confini con la mediazione del vescovo di Trieste, Volrico de Portis, tra Bertoldo patriarca di Aquileia ed Arrigo vescovo di Bamberga. - 9, XXL 217 e XXXII, 214, - 20, Vili, 692, - e 49, 716."") 21. 1489. — Linz. L'imper. Federico accorda a Paride Pizoldei (Pellegrini) il ritorno in Trieste sua patria, donde era stato bandito. - 13. 22. 1309. — Venezia. Il senato chiede a Guglielmo de Castelbarco la grazia di voler permettere libero passaggio agli stipendiar! veneti ingaggiati nel Veronese e diretti per l'Istria. - 6, I, 68. 22. 1435. — Basilea. Il consiglio lancia la scomunica contro la Repubblica la quale rifiutavasi di restituire alla Chiesa di Aquileia le provincie che le aveva tolto. - 13. 22. 1489. — Ducale Barbarigo che proscioglie il comune di Cittanuova da ogni obbligo verso il capitano di Raspo quando si reca a visitare quel territorio. - 46, 149. 23. 1513. — Trieste. Il comune numera a'suoi soldati che partono al campo di Moufalcoue lire 14 di piccoli, ne manda altre 36 per provvedere agli altri suoi soldati che già trovavansi presso Gradisca. - 14. 24. 1308. — Il senato promette a Marino Badoer, di ritirare in Capodistria, ov' era podestà, staia 200 di frumento e 50 d'orzo, rendite delle sue possessioni. - 6, I, 66. 24. 1349. — Antonio Negri, vescovo di Trieste, rifiutasi di investire il giustinopolitano Francesco del fu Giacomo de' Giroldi del feudo di Calisedo e degli altri feudi, goduti dai suoi predecessori. - 13. 25. 1352. — Il senato accorda ai giustinopolitani Pietro de Otacco e Pietro de Argento, confinati a Venezia per la rivolta del 48, di recarsi sul 192 oo bO 7ÌX <» / 7. A territorio di Capodistria a fine di mettere in coltura le loro terre, col patto però di non entrare in patria.- 11, XXVI, 1031' e 105." 26. 1459. — Mantova. Papa Pio II investe il comune di Trieste ed il cittadino Antonio de'Leo del patronato della civica chiesa di S. Sebastiano martire, arricchendola di indulgenze. - 36,1, 455, - e 13. 26. 1491. — Linz. L'imper. Federico officia il capitano della Carniolia, Guglielmo de Auersperg, perchè imponga al consiglio di Trieste l'invio de'suoi rappresentanti alla dieta carniolica. -13. 27. 1411. — Trieste. Il civico chirurgo, ser Antonio di Conegliano, avanza supplica al consiglio, perchè voglia riconfermarvelo per due altri anni. -2, 1." 27. 1616. — Ottocento veneti, manomessa la contea di Pisino fino a Cosigliacco e ritiratisi a Cher-sano, castello dei Fini di Trieste, ove vennero battuti, sono obbligati di ritornare sul proprio territorio. - 26, III. 176. 28. 1442. — Papa Eugenio IV conferma a vescovo di Trieste il canonico decano, dou Nicolò de Aldegardis, rieletto a quella carica dal capitolo tergestino. - 19, I, 282. 29. 1040. — Ratisboua. In seguito a domanda di Po- pona, patriarca di Aquileia, Arrigo III conferma al vescovato di Trieste le donazioni in Istria, fattegli da' suoi predecessori, e tra queste quella del castello di Umago. - 37, II, 36. **) 29. 1570. — Cittanuova. Il vescovo Vielmi raccomanda al civico consiglio di provvedere la comunità di medico, chirurgo e farmacia. - 15, IV, 200. 30. 1265. — Capodistria. Il vescovo Corrado permette ai Frati Conventuali in loco (Minori di S. Francesco) di demolire la loro Chiesa per fabbricarne con le stesse pietre una nuova nel sito detto Caprile. - 13. 31. 1573. — Trieste. Il vescovo Andrea Rapicio soc- combe in seguito a veleno che gli venne propinato. - 34, I, 441. 31. 1754. — Ducale Loredan che nomina il pinguentino Giorgio Furlanichio capitano della milizia delle XI ville del Carso di Pinguente. - 34, III, 245. —— FONTI ') 1 _ Porta Orientale, strenna istriana. — Fiume e Trieste. 1857-59. 2. — Liber refonuationum comunis Tergesti. — tori, mernbr. nel civ. arch. di Trieste. 3. — L. de Jenner. Annali triestini dall' anno primo di Cristo al 1846. — Cod. cart. nel civ. arch. di Trieste. 4. — Liber niger, o raccolta ducali e terminazioni. -- Cod. membr. nel civ. arch. di Capodistria. Raccolta ducali e terminazioni del comune di Muggia — Cod. cart. nel civ. arch. di Trieste. 6. — A. Minotto. A età e regio tabularlo veneto. — Venezia 1870. 7. — Romanin S. Storia documentata di Venezia. — Venezia 1853-63. . 8. — V. canon. Scussa. Storia cronografìca di Trieste. — Tr.este 1863. **) Il Mainati "Croniche di Trieste„ To. Ili, pag. 115 dice ii 21 dicembre. 1) 11 primo numero arabico delle effemeridi indie» l'opera da cui fa tratta ogni singola data e che si trova riportata sotto lo stesso numero nelle Fonti ; il romano ed il secondo numero arabico ne danno il volume, la pagina, la colonna u la carta. 9. — Archiv fur Kunde Osterr. Gescliichtsquellen. — Vienna 1851 e segg. 10. — Frà G. B. Contarmi. De episcopis ad istriaaas eccles. ex Ordine Praedicatorum. — Venezia 1760. 11. — Senato - Misti. — Cod. membr. nel regio arch. di Venezia. 12. — Atti mss. dei vescovi di Capodistria. — Nella cancelleria vesc. di Trieste. 13. — Codice diplomatico istriano — Trieste 1852 e segg. 14. — L. de Jenner. Annali triestini dal 1500-1599. — Cod. cart. nel civ. arch. di Trieste. 15. — Archeografo triestino. — Trieste 1829-37. 16. — G. Valentinelli. Regesta docuni. Germaniae historiam illu- strantium. — Monaco 1864. 17. — Instrumenta, bullae etc. datae ab episc. Achatio Sobriarchar. T — Cod. cart. nel civ. arch. di Trieste. 18. — Liber comunis, vel Plegiorum. — Cod. nel regio arch. di Venezia. 19. P. canon. Stancovich. Biografie degli uomini distinti dell'Istria. — Trieste 1828 e 1829. 20. - G. Cappelletti. Le chiese d'Italia. — Venezia 18 . . 21. — Indice dei docuin. per la storia del Friuli. — Udine 1877. 22. — L'Istria. Giornale settimanale. — Trieste 1846-52. 23. — Docum. mss. pel Cod. Dipi. Istr. — Nel civ. arch. di Trieste. 24. — D. Rossetti. Meditazione storica ecc. di Trieste. — Ve- nezia 1815. 25. — Archeografo triestino, nuova serie. — Trieste 1869-80. 26. — G. Mainati. Croniche.... di Trieste. — Venezia 1817. 27. _ V. Joppi. Aggiunte al Cod. Dipi. Istr.. — Udine 1878. 28. — Statuto di Capodistria. — Venezia 1668. 29. — Monumenti del nob. consiglio di Capodistria — Venezia 1770. , 30. — Orniteo Lusanio (A. de' Bonomo). Sopra le monete dei vesc. di Trieste. — Trieste 1788. 31. — C. Cumano. Vecchi ricordi cormonesi. — Trieste 1868. 32. — C. Morelli. Storia della contea di Gorizia. — Gorizia 1855. e segg. 33. — P. Kandler. Storia del consiglio dei Patrizi di Trieste. — Trieste 1858. 34. — Pergamene del capitolo di Capodistria. 35. — A. Theiner. Vetera monumenta historica Hungariam sacram illustrantia. — Roma 1859. 36. —, A. Theiner. Vetera monumenta . . . etc. — Roma 1863. 37. — F. co. di Manzano. Annali del Friuli. — Udine 1858-68. 38. — Osservatore triestino. Foglio politico .... — Trieste 1763-1880. 39. — G. Liruti. Notizie delle cose del Friuli. — Udine 17(6. 40. — G. D. Dellabona. Strenna cronologica per la contea di Gorizia. — Gorizia 1856. 41. — P. Naldini. Corografia della diocesi di Capodistria. — Venezia 1770. , 42. — GR. co. Carli. Delle antichità italiche. — Milano 1(88-91. 43. — A. Marsich. Notizie di Muggia. — Trieste 1872. 44. — E. A. Cicogna. Inscrizioni veneziane. — Venezia 1824-53. 45. — Fontes rerum austriacaruin .... — Vienna 18 . . 46. — Statuto di Cittanuova. — Trieste 1851. 47. — Rod. co. Coronini. Tentamen ... seriei Comitum Goritiae — Vienna 1782 48. _ Hormayer. Archiv fiir Suddeutschland. 49. _ Frà G. de Rubeis. Monumenta ecclesiae aquileiensis. — Argentinae 1740. 50. — GR. co. Carli. Della costituzione geografica e civile del- l'Istria. *— Venezia 1763. 51. — G. Bianchi. Documenti per la storia del Friuli. — Udine 1844 e 45. 52. — Archivio veneto. — Venezia 1869-80. 53. — Saggio di bibliografia istriana. — Capodistria 1864. _ 54. — L. A. Muratori. Rerum italicarum scriptores. — Milano 1723-51 55. — C. Capodagli. Udine illustrata ... — Udine 166o. 56. — Rod. co. Coronini. Operum miscellaneorum . . . cum notis. — Venezia 1769. 57. N. Gallo. Compendio storico, . . . delle saline dell'Istria. — Trieste 1856. 58. — Notizenblatt. Beilage zum Archiv fur Kunde osterr. Ge- schichtsquellen. — Vienna 1850 e segg. 59. _ N. p. Grego. La notte di S. Sebastiano e Casparo Calavani. — Torino 186 .. . 60. — GB. Galliciolli. Memorie venete antiche. — Venezia 1795. 61. M. Minucci. Storia degli Uscocchi. — Milano 1831. Questione urgente Sembra che un articoluccio stampato nell'«Indipendente" del 30 novembre abbia dato l'intonazione ad una sfera di idee che noi reputiamo molto erronee e perniciose. Non avressimo badato alle poche righe stampate sopra un giornale politico quotidiano, destinate a morire colla pubblicazione del numero successivo, se la società agraria Istriana, organo che dovrebbe essere competente, nell'ultima congregazione del suo comitato non avesse, a quanto ci dicono, fatte sue quelle medesime idee. Nulla di più vero ed opportuno peraltro di quanto dice, il succitato articoluccio, nella sua prima parte. È veramente il caso che tutte le autorità e corporazioni, ed ogni singolo viticultore dovrebbero ciascheduno per ciò che lo risguarda agire concordi per iscongiurare la somma jattura che ci sovrasta. È inutile illudersi, la fillossera è in casa nostra; finora constatata nella Val Siciole ed in due punti della Comune d'Isola; ma, Dio sa quali dolorose sorprese ci attendono nella imminente primavera, se consideriamo che alcuni Piranesi se la coltivarono in famiglia pel corso di 7-8 anni, ad onta che tutti i giornali d'Europa spargessero l'allarme sul sovrastante pericolo ed inculcassero di stare attenti ed invigilare ; e disseminarono in buona fede radici di canne e barbatelle di viti in molti comuni dell'Istria. Ora la c' è ed altro non rimane che guerreggiarla, guidati dall'esperienza fatta nella Francia, e pensare ai rimedi; mentre è inutile, ripetiamo, illudersi ; passerà qualche tempo, passeranno, illudiamoci un poco, poiché la speranza è 1' ultimo sentimento che si perde, passeranno anche anni, ma la fillossera visiterà tutte le nostre vigne. È noto a chi si tiene in corrente degli studi enologici del giorno che la fillossera venne importata in Europa or 20 anni circa, e per prima introdotta nelle terre di Londra a mezzo della varietà conosciuta sotto il nome di Surret-mountain. e che da Londra passò sul continente. I primi sfortunati importatori furono i Francesi, ai quali toccò la sorte dei viticultori di Siciole, e cioè se la coltivarono in famiglia, a dir vero essendo i primi ed ancora ignota la causa del deperimento delle loro viti, con iscusa alquanto maggiore. Se la coltivarono non solo, ma per vincere i deperimenti piantarono sempre nuove viti, spargendo le barbatelle infette in ogni dipartimento, di modo che si accorsero del male quando non era più tempo di combatterlo e soffocarlo ; ed appena bastarono ingenti spese (milioni) ed una energia ed attività senza esempio, propria di quel popolo vivacissimo, a contenerla e limitarla nei minori confini che fosse possibile. Non vi fu insetticida o rimedio che non venisse proposto e sperimentato, comprese le solite filastrocche di spiegazioni irrazionali e panacee universali. L'accademia delle scienze se ne occupò, si formarono commissioni speciali, si tennero in seguito congressi nazionali ed internazionali, e fu l'illustre Dumas secretano dell'accademia delle scienze che il primo propose quale migliore insetticida il solfuro di carbonio, il quale oggi ancora trionfa in ogni esperimento, ad onta degli inconvenienti che lo accompagnano. Intanto gli studi e le osservazioni progredirono ed in questi ultimi anni cominciò sorgere la luce dove erano le tenebre e venne indubbiamente constatato che alcune varietà di viti americane della categoria così detta riparia ed altre come le janquez, York madeira, Clynton, Herbemont ecc. possono resistere agli attacchi della fillossera, e quando riccamente coltivate, anche prosperare sebbene fil-losserate. Ritornando all'articolo dell' „ Indipendente", conveniamo subito con quello che nulla di meglio rimane a farsi, senza desistere bene inteso dalle disinfezioni dei luoghi infetti, che introdurre e propagare con ogni possa le viti americane resistenti sane, per non trovarsi al momento del disastro col non avere che cosa sostituire alle viti deperienti. In seguito, per i territori realmente tutti invasi e senza speranza di limitazioni parziali, dovrebbe venir permessa l'introduzione di barbatelle da dove si voglia e si trovi più conveniente. Cesserebbe in tali casi e per quei territori ogni ingerenza da parte delle autorità costituite, rimanendo ad esse non altro che concedere la licenza di introduzione, ed invigilare sul modo dei trasporti e della distribuzione delle piante, acciò la speculazione privata non vada al di là del bisogno e non porti la fillossera nei territori ancora immuni. Tutto ciò, per quanto sembra a noi. non sarebbe neppure il caso per quest'anno di Yal Cortina, fino a che non venga indubbiamente constatato nell'anno prossimo, se e quale efficacia abbiano ottenuto le distruzioni e le disinfezioni praticate dalla commissione mista governativa nel passato autunno. Escludiamo quindi affatto la convenienza di introdurre subito, in questo primo anno, delle barbatelle di viti americane fillosserate o dalla Francia o da altro luogo infetto neppure per quel luogo. La proposta poi di approntare un grande vi-vajo provinciale e precisamente nella valle infetta di Siciole la ci sembra, ci si perdoni, un' idea affatto grottesca, quando in pari tempo venisse vietato di introdurre delle viti non infette nei territori ancora immuni. Ne avverrebbe che dovendosi in seguito ritirare delle viti d a Val di Siciole si avrebbe la sicurezza di introdurre il rimedio assieme alla malattia. E per poterle introdurre dovrebbesi attendere non solo lo sviluppo parziario della fillossera in alcuni punti di un distretto, attendere gli effetti delle disinfezioni e della soffocazione del male, ma attendere ancora che tutte le viti siano invase senza speranza di limitazioni, ed appena dopo provvedere al rimedio. Che è quanto dire, perdere il prodotto per tutti gli anni dalla prima alla totale invasione, perdere tutto il capitale delle impiantagioni ed appena allora, con ingenti spese, attendere almeno altri cinque anni per bevere un bicchiere divino. Potrebbero così passare almeno dieci anni, al di là che sufficienti per morire prima di miseria. Anche i giovani ricordano la invasione dell'oidio e le imperdonabili opposizioni alla applicazione del zolfo. Se in 20 anni arrivò la fillossera ad invadere quasi tutta la Francia, quanti ne impiegherà per invadere l'Istria? Non vogliamo essere il corvo dalle male nuove, ma certamente non ne impiegherà molti. E ce ne vorranno allora delle viti per surrogare le deperite. Se si tolga alla solerzia ed all' industria privata di approntarsi a tempo non basterebbe il vivajo provinciale, fosse pure esteso a tutta Val di Siciole. E non sarebbe tanto più semplice di procurare con mezzi idonei e favorire l'introduzione di viti americane resistenti immuni da fillossere ed introdotte da paesi ancora immuni, senza ricorrere alla bizzarra idea di fondare solamente un vivajo fillosserato in Yal Siciole? E chi fonderebbe d'altra parte questo grande vivajo provinciale ? La società agraria non può farlo perchè le manca ogni cosa; il governo e le autorità provinciali neppure, perchè uscirebbero affatto dalla loro sfera di attività. Le mansioni dell'uno e dell'altra si limitano ad invigilare a che la speculazione privata non vada per trascuratezza, o per avidità di lucro, al di là di ciò che si conviene, e non diffonda il male unitamente al rimedio; loro mansione si è di fornire i primi mezzi e sussidi non solo pecuniari ma anche morali, cooperando all'importazione accertata di viti resistenti perfette, sia in linea di qualità che di immunità. Sarebbe tutt'altro quello di obbligarle a tramutarsi in coltivatrici a conto comune, per lasciar dormire gli interessati il mal meritato sonno del giusto od attendere impassibili colle mani alla cintola di trovarsi prima rovinati, poscia appena irrorati dalla manna provinciale di Yal Siciole. Ma, si potrà chiedere, è egli facile o possibile di trovare delle viti resistenti immuni, ritirate da paesi parimenti immuni? Riteniamo che sì. In primo luogo è noto che i tralci di un amv) non possono portare, anche perchè d'inverno, nè fillossere vive, aptere od alate, nè uova ibernali. E ciò è tanto vero che nell'ultimo congresso (1880) internazionale, tenutosi a Lione, venne proclamato questo fatto ; e venne inculcato ai membri presenti di interessarsi presso i rispettivi governi, a che il divieto del commercio dei tralci, dannoso alla più rapida diffusione delle viti americane, venisse al più presto tolto dalle vigenti legislazioni. Non è da darsi colpa alle legislazioni di tutti gli Stati se, al cospetto di questa calamità tutta nuova, emisero leggi severissime, (me-lius abundare), le quali poi, col progresso delle ricerche e dell'esperienza, si trovarono troppo severe. Sappiamo inoltre che fino dagli anni anteriori alla comparsa della fillossera, molti agronomi dell' Italia, per caso, o per amore delle collezioni, avevano introdotto delle viti riparie ed altre resistenti nei loro tenimenti. Ye ne sono in Piemonte, ve ne sono in Toscana, e tra altri ne possedeva l'illustre or defunto Bettino Ricasoli; e quelle sono regioni ancora immuni da fillossera. Noi non abbiamo veste da far progetti, nè diritto di dar suggerimenti a chi invigila alle cose nostre; ma, come seguito alle premesse opinioni, non possiamo negarci il capriccio di emettere anche noi una proposta. Non si potrebbe mandare una persona intelligente ed onesta, e meglio ancora se rivestita di carattere pubblico, a fare una corsa in Piemonte e Toscana, ed assicurarsi coi propri occhi, se veramente ci siano queste viti resistenti; e se queste siano realmente cresciute in regioni assolutamente immuni da fillossere ; e se acconsentano quei proprietari di cedere alcuni tralci di un anno ? Ed in questo caso, senz' altro, acquistarli e portarli in persona nell' Istria, fossero pur pochi, ma sicuri di salute e qualità. Questo procedimento ci sembrerebbe sicuro, e non difficile nè molto costoso. E sopra tutto importerebbe assicurarsi dal venditore onesto che i tralci ottenuti siano realmente ed effettivamente della varietà resistente desiderata. Questa sicurezza avrebbe una capitale influenza nell'avvenire, perchè i pochi tralci importati in questo primo anno, che non speriamo potessero essere molti, sarebbero come la famiglia di Noè predestinata a formare le future generazioni; ed importa sommamente di propagare i discendenti di Japhet progenitori, a quanto dicono, della razza migliore bianca Indo-Caucasea, anziché i figli di Kam progenitori, a quanto dicono, dei negri e degli Australesi. Un solo tralcio di vite non resistente sarebbe il progenitore di migliaja di viti, le quali poi dopo molti anni e molte spese, verrebbero scoperte non resistenti. Da qualche giorno si sparge anche la voce che in qualche parte della Stiria, ancora immune dalla fillossera, si trovi una estesissima vigna di viti americane resistenti. Anche quella vigna potrebbe venir visitata dall' incaricato istriano, ed anche da quella importare dei rasoli, bene inteso sotto le più scrupolose riserve sopra indicate, dell' immunità dalla fillossera e della varietà della vite assolutamente reputata resistente. Istria, IO dicembre 1880. (ab e) La banca mutua popolare a Capodistria Abbiamo sentito in varj crocchi discorrere del progetto che sta all'ordine del giorno nella nostra città; dell' istituzione cioè della banca mutua popolare, e crediamo utile raccoglierne l'eco, badando più a mettere a nudo le opposizioni e gli ostacoli che si credono di dover fare, e che sembrano contrariare l'istituzione, di quello che occuparci ad enumerare i vantaggi che anche qui la banca mutua sarebbe destinata ad arrecare e che si riconoscono. E prima di tutto accenneremo al dubbio di alcuni che la banca possa aver vita nella nostra città: unicamente perchè, dicono, a Capodistria il commercio e l'industria souo in minime proporzioni, e le banche qualunque sieno uon si alimentano che del commercio e dell'industria ; se, nessuno, oppure se pochi, si recheranno alla banca a chiedere delle anticipazioni verso deposito di titoli, o a scontare degli effetti cambiarj, di che vivrà essa ? Si potrebbe, dicono, fare una banca agricola e ammettere il deposito di derrate, ma è affare delicato, e su cui 1' esperienza non ha ancora finito di farsi. Evidentemente gli autori di queste obbiezioni non hanno compreso l'essenza della banca mutua popolare, perchè allora non starebbero a dubitare se alla banca sarebbero chieste delle anticipazioni, La nostra non è già come le altre banche, composta di capitalisti che offrono il credito, ma sono gli azionisti stessi che costituiscono il sodalizio allo scopo di procurare il credito a sè stessi; non vi è quindi da dubitare che se cento, duecento e molti di più, che qui si possono trovare, che abbiano bisogno di antecipazioni, sia per l'industria agricola, che pel piccolo commercio, o per i mestieri esercitati, riescono a formarsi in società per procurarsi le accennate anticipazioni a buon mercato, questi non vengano poi a chiederle alla cassa sociale. E si porrà in dubbio che qui vi sieno abbisognanti di credito? Non lasciamo la risposta al lettore, perchè non ci si obbietti che per tal modo ingegnoso vogliamo cavarcela, tanto più che nella risposta nostra intendiamo prendere due piccioni ad una fava, anzi tre, se ci si permette di modificare il noto modo di dire e rispondere anche al pregiudizio, non possiamo chiamarlo altrimenti, che qui non ci sia industria e che il credito agricolo differisca dal commerciale. Molti dunque 3ono quelli che hanno bisogno di credito, e non per coprire il bilancio di famiglia, nè per ripararsi dai colpi delle disgrazie accidentali, ma per l'esercizio di una fiorente industria, come è quella dei campi. Tutti sanno che una gran parte della nostra popolazione è dedicata alla coltura dei campi, e che la terra è frazionata assai tra questi campagnuoli - cittadini, i quali a forza di lavoro sono riusciti, senza tante cattedre, ad attivare una fiorente coltura intensiva basata sul diligente lavoro, e sulla copia del concime. Questa industria che appena si può dire comincia, e che vede aperto un largo smercio dei suoi prodotti, erbaggi e frutta, ed a Trieste ed oltr'alpe, domanda forti anticipazioni e per l'acquisto di concimi, e per il sollecito e raddoppiato lavoro del terreno; e noi vediamo in questi giorni e vedremo fino alla primavera arrivare circa 4000 metri cubi di concimi da Trieste del valore di circa 12 mila fiorini, dei quali una gran parte vengono pagati o col pegno dei preziosi delle donne di casa al monte di pietà, o vengono promessi ai mercanti del concime Dio sa con quanti sagrifizj, o vengono forniti da aggiotatori. E molte altre somme sono necessarie a date epoche fisse al nostro campagnuolo, che spesso non le ha e deve procurarsele : 1' acquisto di animali d'ingrasso, majali, che consumano gli avanzi dei campi e della cucina, e producono letame e carne; 1' acquisto delle palerie pei sostegni dei pergolati, l'acquisto di sementi ; tutti questi bisogni arrivano quando l'esattore batte all'uscio per il saldo delle arretrate imposte, e quando è terminata la provista del formentone. Ecco dove trovare una gran parte degli azionisti della banca mutua. E così abbiamo anche dimostrato che a Capodistria 1' industria non manca, ma anzi è fiorente: l'industria agricola. E che, non è forse un'industria come le altre? Mi pare che oramai si possa essere d'accordo anche su questo punto. La terza risposta che noi dobbiamo si riferisce al credito agricolo. Perchè, domandiamo, per l'industria a-gricola si dovrebbero fondare banche speciali? È forse il credito agricolo differente dal credito commerciale? E qui cade a proposito, citare il maestro, l'illustre Luzzatti che nel congrego di San Donà di Piave l'ottobre decorso, ha parlato della questione. „ Disse esservi „ delle parole pregiudicate, che ciascuno interpreta secondo i proprii sentimenti ed aspirazioni, ed alle quali ^appartiene anche la parola credito agrario-, d'onde „gli scoraggiamenti e le accuse. Per esso invero devesi incendere null'altro che il credito fatto ad agricoltori verso „malleverie personali del sovvenuto e di terzi, e in via completiva verso il pegno di valore che gli agricoltori possono ^offrire. Perciò esso si ascrive al credito commerciale, e differisce da esso soltanto per la qualità delle persone e ^alcune modalità accessorie; essendo del resto oggi „scomparsa anche per tale rispetto (nei riguardi economici come giuridici) 1' antica distinzione così pro-sfonda fra agricoltura e commercio, e perciò fra credito «commerciale e credito agricolo, a patto soltanto che ' 196 t «si rispettino in quest'ultimo i due requisiti subordinati «che sono da essi richiesti; la relativa lunghezza di «tempo nelle operazioni, e la relativa mitezza negli „sconti. Ciò posto, non regge il deplorare l'assenza del «credito agrario, perchè esso non si amministra in «appositi istituti che adempiono a questa unica funzione, «e che perciò stesso sono oggi e saranno sempre inefica-„cissimi; e disconoscere per converso com' esso si distribuisce utilmente dai banchi popolari, nel cui seno «si fondano le due clientele, dei commercianti e degli «agricoltori; con che ottieusi l'intento di cougiuugere r!a massa alla velocità. E pare a noi che basti; soltanto osserveremo che per ciò che riguarda la condizione della lunghezza di tempo nelle operazioni, nelle condizioni speciali della nostra agricoltura, fortunatamente, meno casi eccezionali, le anticipazioni date al terreno si realizzano in parte sollecitamente, colle raccolte delle primizie. Ci lusinghiamo di avere risposto vittoriosamente alle obbiezioni accennate, le quali lo diciamo subito, furono fatte da egregi patrioti che desiderano vivamente l'introduzione di ogni miglioramento nella nostra città. Ora passiamo ad esaminare 1' opposizione che viene fatta da altri i quali ammettono pure la possibilità della istituzione. In verità non ne varrebbe la pena per la poca serietà delle ragioni degli oppositori, ma lo facciamo soltanto per togliere le cattive impressioni, i pregiudizi, che un pericolo annunziato, quantunque impossibile ad avverarsi, può generare. Dicono che la banca mutua popolare danneggia il monte di pietà. A vantaggio di chi domanderemo noi ? A vantaggio degli azionisti della banca che abbiamo visto dove si devono trovare; dunque a vantaggio di quegli stessi che oggi ricorrono al monte. E se tutti quelli che abbisognano di qualche fiorino per urgenti bisogni, potessero diventare azionisti della banca mutua, ed è possibile per un grandissimo numero, allora il monte cesserebbe. Si signori; ma ciò sarebbe un bene od un male? Un bene, neanche dubbio ; perchè il credito ottenuto alla banca mutua è frutto della previdenza, del risparmio ; ed allora perchè spaventarsi nel dubbio che il monte possa un giorno cessare? Se ciò fosse possibile, beato quel giorno, perchè allora si sarebbe raggiunto l'ideale delle condizioni sociali. Credano i nostri ottimi oppositori, che il monte continuerà le sue operazioni, e la banca farà le sue, e tutti due gli istituti porteranno utile alle classi meno agiate. Ci proponiamo di continuare sullo stesso tema anche nel prossimo numero, e preghiamo tutti i nostri amici a volersene occupare e farci conoscere le loro idee. Intanto il benemerito comitato agisca, perchè meglio che un Demostene, parìa V azione. V. G. Degli errori sull'Istria ) La prima comparsa degli Uscocchi in detta guerra avvenne ai ventiquattro Novembre del milleseicento e quindici nelle saline di Zaule. Capitano degli Arciducali era il Frangipane che radunò quanti più uomini potè ; e tra questi un corpo ausiliario di 500 Uscocchi sotto il comando del Francol, il soppiantatore dell'onesto Rabatta, a cui non pareva vero di poter dare così un po' di sfogo a que'suoi carissimi sudditi poco tolleranti del freno. Il conte Bartolomeo Petazzi comandava poi le milizie di Trieste. Dalla parte dei Veneti la soma della guerra era affidata al provveditore Lecce, il quale aveva sotto di sè i comandanti Giovannni Corelio e Fabio Gallo. Dopo varie scaramuccie, incendi e rapine di qua e di là, mentre gli Arciducali, dice bene il Sarpi, volevano essere gli ultimi a inferrire, e i Veneti idtimi a refarsi, trovandosi il capitano veneto Fabio Gallo, al torrente della Rosanda, o come diciamo oggi, al ponte di Zaule, confini fra i due domini, quei di Muggia, soffiando nel fuoco, gli mostrarono certe arginature erette allo sbocco della Rosanda che danneggiavano le terre loro voltando le acque del torrente. Al comandante veneto non parve vero di potersi così vendicare del nemico suo personale, il Petazzi (o, come dice il Sarpi da buon veneziano spropositando, il Petazzo) che possedeva appunto in quei luoghi alcune saline; e si diede quindi a lavorare di picconi, e a gittare pietre ed argini in mare. *) Se non che in sul più bello dell' operazione ecco discendere il Frangipane, e il Francol co' suoi Uscocchi dal Carso (si noti bene dal Carso, non da Trieste) e la scaramuccia si muta in vera battaglia che finisce con la rotta dei Veneziani. Di questa vittoria degli Arciducali il Sarpi ci dà una minuta descrizione e così pure i nostri De Franceschi e Pus chi, e stringe il cuore il leggere quella rovina di fratelli. Ed anche oggi nel passare per la triste ed uggiosa valle di Zaule, su quel lungo stradale, trai pioppi sfrondati e piegati dalle raffiche dello scilocco e dai buffi della Bora, con la veduta da un lato della nuda montagna e delle ville feudali dominate dalla diroccata bicocca, e del mare che s'impaluda dall'altro, con l'animo già attristato dalla vista di tutti quei cimiteri ripieni di croci, di statue, di angeli che pare si arrampichino sgarbatamente su per la montagna, della carozza dei morti dai neri e pigri cavalli, dei carri di bestie squartate, di vitelli con la testa a spenzoloni, e l'occhio grande, pietoso, che pare ti guardino spaventati del vicino macello ; anche oggi, dico, ci sentiamo profondamente commossi, e malediciamo a que' campi scellerati, alle rive salmastre, alle acque livide e morte, dove i fratelli hanno combattuto contro i fratelli; e ci sentiamo serrare il cuore e affrettiamo il passo su per la montagna per scendere ad altra valle sotto più benigna guardatura di cielo, dove i festoni del refosco, i cangianti olivi, il tacito, serpeggiante fiume, i colli sparsi di bianchi villini, e il subito aspetto di un bruno campanile sorgente lontan lontano dalle acque, ci allieteranno l'occhio ; e le memorie di patti giurati, di dignitose proteste, di libere voci ci rinfrancheranno lo spirito con la sicura speranza di nuovi patti e concordi. Dopo la sconfitta di Zaule l'Istria veneta rimase aperta a feroci rappresaglie. Furono abbruciate le ') Bene osserva il Cavalli che il danno non deve essere stato poi tanto grande, se le stesse saline diedero nell' anno seguente (1616) seimila e più staja di sale. (Storia di Trieste pag. 121 in nota). A questo fatto allude anche la ^Provincia" nel Numero 22 di quest'anno nelle Effemeridi istriane con le seguenti parole : — 24 Novembre 1616. I veneti distruggono le saline del fu Ser Tullio de Calò, situate nella valle di Mocco, ora valle di Zaule. — È un errore di data, perchè il fatto avvenne nel 1615. E di vero Tullio Calò fa cenno di questo fatto nel testamento in data 4 Marzo 1616. ville di Ospo, Gabrovizza, Basovizza, Lonche, Marce-nigla ed altre nei territori di Barbana e San Vincenti. Dodici giorni durarono le scorrerie, e ne rimasero arse, oltre le già indicate, le terre e ville di Zazid, Grimal da, Rosariol, Figarola, Rachitovich, Valmovrasa, Gracischia, Socerga, Cernizza, Barato, Canfanaro, e molte altre ville del territorio di Dignano e di Rovigno. — ,Et a Lonche, scrive il Sarpi, che era assai bene abitata, spogliarono le chiese, guastarono le imagini dei santi, gettarono in terra il santissimo Sacramento, per asportare la custodia di argento. " Questa profanazione dei sacri misteri ci fa pensare alle guerre di religione, e quasi ci inclinerebbe a credere alla presenza di protestanti tra i soldati del Frangipane, se non sapessimo che la squadra di costui era composta di 1200 uomini di fanteria croata e di 500 ausiliari uscocchi, che nella fretta del rubare, per amore del continente non avranno abbadato al contenuto. Anche vuol essere ricordato che nell'assalto dato prima dai veneti a Sant1 Odorico (Dolina), di giurisdizione del Petazzo, i contadini delle circostanti ville avevano tenuto testa al nemico, guidati dal pievano del luogo ; e si sa che la gente grossa perde ogni freno di religione, quando vede immischiarsi, sia pure in suo favore, e in causa creduta giusta, con l'armi alla mano i pacifici ministri dell' altare. Ma non passò molto tempo che i Veneti presero la rivincita sotto la condotta del provveditor Loredano e del Tiepolo ; e in queste nuove fazioni, come è naturale, ebbero di fronte Austriaci ed Uscocchi. Così il Tiepolo snidò di Plesviza sul Carso, 50 Uscocchi pronti a scendere a danno dei Pinguentiui. ') E nei dintorni di Pisino ebbe a lottare col Francol, il quale poca di poi, inetaucabile sempre, appare anche nel Friuli in una vigorosa sortita degli assediati dalla fortezza di Gradisca circondata dai Veneziani. E così via via in tutti i fatti d'arme accanto ai soldati austriaci più o meno regolari, appariscono gli ausiliari uscocchi. E da ultimo diremo di tre barche allestite dai Triestini con altre montate da 300 Uscocchi, comandati dal loro capo Ferletich, e che mossero all' ardita impresa di sorprendere Pelestrina nella laguna di Venezia e saccheggiarla. Era il pan per focaccia che i miei Triestini volevano dare a Venezia pei tanti assedi sofferti, impedimenti del commercio e distruzioni delle saline; ma il mare, sempre fedele alla vecchia sposa, s'incaricò di rendere loro alla sua volta dattero per figo, perchè una furiosa tempesta li colse a mezzo il golfo e ruppe i loro disegni, obbligandoli a tornare in Mandracchio con le pive nel sacco. Ed è questo il fatto, unico fatto, per cui Trieste fu chiamata nido d'Uscocchi, non tenendo conto della importante differenza tra la guerra dichiarata e le cause che la produssero. Si aggiunga che il fatto avvenne nel dì 16 Luglio 1617, nel cuore adunque della guerra, pochi mesi innanzi al trattato di pace conchiuso a Madrid nel 26 Settembre dello stesso anno ; in epoca in cui si seguiva una politica che permetteva ai cristiani di allearsi anche coi Turchi, mentre i Veneziani avevano d' altra parte stretto alleanza con gli Albanesi, che non stettero certo colle mani alla cintola nell'aperto Friuli. Ma ben poco conto si deve tenere di questi quattro ladroni, adoperati da una sola città e da una piccola parte dell'Istria, nel giudizio di un'intera provincia, quando si pensi ai danni sofferti, alla fedeltà inconcussa, al valore mostrato in questa guerra dagl'Istriani a decoro e sostegno di San Marco. Dove era un pericolo da affrontare, una vendetta da compiere; dove più forte il bisogno, là era l'Istria; là i nostri prodi combattevano coi fratelli, e nessuno di questi ha mai mancato alla chiama. E la storia veneziana ha molte gloriose pagine d'Istriani che si segnalarono in questa guerra : non le sono già parole, ecco i fatti. Rimasto il Loredano con pochi soldati dopo la rotta di Zaule, ed avendo invano chiesto rinforzi a Venezia, che aveva le sue migliori truppe all'assedio di Gradisca, il provveditore raccolse le guarnigioni di Albona, di Fianona, della Polesana e di Montona, affidando ai cittadini la tutela dell' ordine pubblico. E i t cittadini risposero volenterosi all'invito; anzi fecero di più, ed accorsero volontari al campo, e così coi volontari di Montona, e con le milizie di Capodistria e di Pin-guente, potè il Loredano non solo tener testa al nemico, ma riprendere l'offensiva, e pigliar d'assalto Antignana nel 4 Marzo 1616. ») Durante il provveditorato del Zorzi, successo al Loredan, la difesa dell' Istria, sempre priva di truppe fu affidata alle cernide paesane, e a quelle del Friuli; anzi alle sole paesane avendo i Friulani assolutamente rifiutato di combattere in aperta campagna. Il Tiepolo quindi capitano di Raspo pose ogni cura ,a munire il più possibile i luoghi, riparando e accrescendo le fortificazioni dei castelli e delle ville, coadiuvato dall'opera degli abitanti, che concorsero con tutta volonterosità ai lavori ed alle spese, specialmente quelli di Pinguente e di Rozzo." Così il Tiepolo citato dal De Franceschi (pag._ 321). Il valoroso pinguentino capitano Verzo Vera e suo figlio, scorrendo con la cavalleria leggera intorno a Rozzo, sbaragliarono le genti di Lupoglavo che avevano tentato un' invasione nel Carso veneto. E in molte altre imprese furono adoperati i Verzi, e i suoi figli Francesco e Marco oltre il già lodato Scipione: e di loro fa particolare menzione il Tommasini nel suo commentario storico geografico.2) A tutte queste testimonianze di scrittori si aggiunga la testimonianza del Tiepolo stesso, che nella sua relazione all'eccellentissimo senato, lodando lo zelo e la bravura degl'Istriani, scrisse queste memorabili parole: — Le cernide paesane prestarono ottimo servizio.3) E tutto ciò fu ben naturale, perchè i nostri venivano all'opera eccitati, non solo dall'amore al veneto governo, ma anche dalle gloriose tradizioni, per dir così di famiglia, del valore mostrato dagl'Istriani nelle prime fazioni e lunghe scaramuccieche precedettero la guerrafo rmalmente dichiarata. Avevano buona memoriaqueinostrilstriani, e rammentavano troppo bene quel Francesco Gavardo da Capodistria, che combattè contro gli Uscocchi con un drappello di soldati mantenuti a sue spese, e che fece prigioniero Giure Misnich, — capo dei ladroni: e quel Cristoforo Negri di Albona ') In questa fazione si distinsero specialmente quei di Montona che accorsero in buon numero volontari al campo col loro podestà. Vedi De Franceschi pag. 320. Consultando l'elenco dei podestà di Montona trovo che in quell'anno era podestà di Montona Anzolo Falier. Vi ha qualche iscrizione che ne ricorda il degno nome e il valore dei cittadini? Ci sono tradizioni, documenti in paese? Ecco buon argomento di ricerche e di studi che raccomando, con un caldo saluto del cuore, a' miei buoni amici di lassù. 2) Vedi De Franceschi pag. 325. *) De Franceschi pag. 331. che fu capitano perpetuo alla sovraintendenza dei confini dell'Istria di fronte agli Arciducali ed agli Uscocchi, e che coadiuvato dal parroco don Priamo Luciani e dal capodistriano Pietro De Rino, respinse con le ceroide paesane 1' assalto degli Uscocchi e li mise in disperata fuga insino a Fianona1). E viva era sempre la buona e benedetta memoria di Gaspare Calovanich, il Bartolomeo dell'Istria, il quale, caduta la sua patria Fianona in mano degli Uscocchi, che aveano in terra veneta inalberata la bandiera arciducale, si lasciò scorticare vivo da quei mostri prima di mancare di fede a San Marco e inchinarsi alle insegne straniere2). Nè avevano dimenticato i nostri la strage dei Gravisi sulla galera di Cristoforo Yenier, assalita dagli Uscocchi nelle acque di Pago ; quando il valoroso Lugrezio Gravisi, che solo oppose resistenza contro l'avviso del comandante Yenier, rimase, dopo inutili prove di valore, , ucciso con la moglie Paolina Strassoldo, col fratello Francesco, coi nipoti e cugini3). Oh! per Iddio! a quale altra provincia è adunque l'Istria seconda in magnanimi fatti comprovanti la sua fede ed il suo amore ai fratelli? E per quattro poveri villani annidati su pei monti intorno alle bicocche feudali, e una città trascinata da un complesso di deplorabili circostanze a cercare lontano ajuti per potere durare, mi verranno fuori a dire l'Istria uscocca e nido di ladri e assassini ? E che nuova rettoria è questa che nelle gravi disquisizioni storiche consente di prendere una parte, anzi la minima parte, pel tutto, e getta in faccia a una nobilissima provincia l'accusa di manutengola di ladri e di assassini? Povera Istria davvero ; se ti toccarono i danni e le beffe, corsa, arsa, saccheggiata dagli Uscocchi, e per giunta creduta oggi alleata de' suoi più acerrimi nemici. Ma le parole sono femine e i fatti maschi. No, l'Istria non fu mai Uscocca, e neppure l'Istria austriaca e Trieste tennero mai il sacco ad Uscocchi, ma gli Uscocchi ebbero ad ausiliari in guerra aperta, e con le consuetudini di buona guerra : tuttociò si è ampiamente dimostrato. „E questo fia suggel che ogni uomo sganni." (Continua). P. T. 3ST otizie Negli atti ufficiali dell' Osservatore Triestino N. 272 è comparsa la Notificazione della Giunta provinciale dell'Istria di data 18 Novembre 1880, concernente le norme necessarie per le operazioni dell' Istituto di Credito fondiario, sulle basi dello Statuto approvato con la Sovrana Risoluzione 15 Marzo 1877 e pubblicato nel B. L. ed 0. del Litorale colla Notificazione luogotenenziale 10 Settembre 1880, puntata XIII N. 16. L'Istituto incomincierà le sue operazioni col giorno 1. Gennajo 1881. Commissione provinciale istriana per i provvedimenti contro la fillossera. Deliberati presi nella seduta del 9 dicembre corr. a Pirano. 1. Procedere indilatameute allo scasso reale del terreno occupato dalle viti disinfettate ad una profondità non minore di 60 centimetri ed alla estirpazione delle viti medesime, abbruciandole sul luogo in uno alle canne ed ai pali di sostegno. Dopo ciò il proprietario potrà rientrare nella libera disposizione del fondo, salva la limitazione al punto 3°. ') Item 303. — 2) De Franceschi 304. — ") Item 311. "CAPODISTRIA. Tipografia di Carlo Priora. 2. Approvare che tali operazioni fissate al punto I ven-I gano allogate a cottimo in ragione di soldi tre al massimo per ogni metro quadrato di superficie da scassarsi. 3. Restare proibita a termini del secondo capoverso del § 5 legge 3 Aprile 1865 la coltura della vite nel terreno dissodato fino ad ulteriori disposizioni. 4. Essere escluso l'indennizzo pel legname abbruciato, iu quanto il lavoro di scasso reale è parzialmente di complemento pella disinfezione del terreno, risolvendosi inoltre a preparazione di nuova coltura ad esclusivo vantaggio del proprietario. 5. Confermare la massima della sommersione, presa nella prima seduta; rimettere però l'esecuzione secondo un piano, il quale si basi e si limiti ad arginature di trattenuta delle acque piovane, previo lo studio sulla qualità e quantità dell' acqua e sulla maggiore o minore permeabilità del terreno. 6. Riprendere appena il momento si presenti opportuno le esplorazioni dei vigneti nella ventura primavera. 7. Attendere che sia provveduto all'impianto di vivaj di viti americane resistenti nella valle di Siciole. (Osi.Tr.J Dietro ricerca della Presidenza del Consorzio delle saline di Pirano venne ufficiata da parte della Camera di commercio e d'industria in Trieste, la sempre esperita compiacenza dell'egregio sig. Prof. Augusto Vier-thaler allo scopo di avere il suo assennato parere sull' opportunità o convenienza dell' erezione di una fabbrica di carbonato di soda in Pirano, — parere che il prelodato professore dimise cortesemente, e che riuscì in senso molto favorevole alla divisata intrapresa. La Camera di Commercio ed Industria in Trieste, nella sua seduta del 12 Novembre, accolse il memoriale compilato dalla Commissione mista istituito dall' inclito Municipio e dalla Camera stessa, sui compensi da chiedersi al Governo per la soppressione del porto franco, decretata dal Consiglio dell'Impero all'atto della convenzione coll'Ungheria. Commemorazione Leggiamo nella ^Gazzetta di Venezia" del 4 corr. Oggi, nell'oratorio dell' Istituto Coletti fu celebrato funebre rito per la trigesima commemorazione della morte della signora Teresa Gandusio Combi, madre deli'egregio prof. cav. Carlo Combi, membro benemerito del Consiglio direttivo di questa Istituzione. Oltre mons. Bernardi, vi assistevano il personaled'Am-ministrazione, i maestri delle scuole e quelli delle officine. Lodiamo altamente questo pio pensiero di instillare nei teneri animi di questi nostri figli del popolo la viva gratitudine verso i proprii benefattori, anche col religioso suffragio dei poveri defunti, mezzo efficace alla educazione del cuore. Hanno pagato il prezzo d'abbonamento i Signori: A saldo II quadrimestre 1880 : Giuseppe Antonio Battei — Barbana. A saldo 1880: Vincenzo Depangher-Manzini — Albona; Giov. Maborsich — Trieste ; Nazario Dr. Stradi — Pirano ; Pietro Vio — Pola; Nicolò Kizzi — Pola; Giorgio Mandussich — Dignano; Giuseppe Dr. Bridiga — Gorizia; I. R. Spedizione delle Gazzette — Trieste; Dr. Giov. Batt. Dall' Oste — Fiume. A saldo 1881 : Antonio Scampicchio aw. — Albona ; Casino Civico — Bovigno.______