ANNO XXVIII. Capodistria, 16 Settembre 1894. N. 18 DELL'ISTRIA Esce il 1.° ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3; trimestre e quadrimestre in proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso la Redazione. Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Un numero separato soldi 15. — Pagamenti antecipati. Colonie gotiche nell'Istria. Spigolando nelle — Pagine di storia istriana nel Medio Evo — del Dr. Benussi — trovo una pagina che mi offre occasione di affrontare un'altra questione. Ecco di che si tratta. Il Prof. Arturo Galanti nella sua opera: „I Tedeschi sul versante meridionale delle Alpi" trattò delle isole germaniche in Italia, ossia di quelle reliquie di antichissimi tedeschi che occupano tuttora qualche regione di qua delle Alpi, e, benché tolti in mezzo da popolazioni italiane, parlano un dialetto tedesco. Tali i Tedeschi dei sette comuni nel Vicentino, a Zapada nel Cadore, alle falde del Monte Rosa e in qualche altra vallata del Piemonte. A Gressoney pure dove villeggia la Regina d'Italia si parla tedesco; e la domenica in onore della regina le gressonesi portano in testa la goldene kappe, una specie di mitra. Ora il professor Galanti, scartata la vecchia fiaba dei Cimbri battuti da Mario, e riparatisi qua e là a piedi delle Alpi, è invece d'avviso, che dopo la caduta del regno gotico, e le conquiste di Belisario e di Narsete, non tutti i Goti abbandonarono l'Italia, ma che molti di essi, ritiratisi assieme ad altre genti germaniche nelle parti più settentrionali, diedero origine a quelle popolazioni teutoniche le quali dimorano oggidì, o dimorarono per l'addietro alle falde delle Alpi. L' erudito Prof. Benussi al quale nulla sfugge che abbia qualche relazione con la storia istriana, espone una sua ipotesi, e crede trovare traccia di questi Goti, e quindi di qualche isola germanica anche nella nostra Istria, e scrive quanto segue. 'Ter quanto riguarda la nostra provincia l'opinione del Galanti sarebbe indirettamente suffragata dallo stesso Procopio (L. 7) il quale, parlando dell' occupazione della Dalmazia e della Liburnia per opera del duce greco Costanziano nel 535-36, dice: Dalmatiam Liburniamque omnern obtinuit, conciliatis sibi omnibus Gothis illarum partium incolis. E probabilmente il medesimo sarà avvenuto anche nell' Istria, quando Vitaliano la occupò nel 539. Che nella divisione delle terre italiane i Goti siensi spartiti fra loro anche un terzo dei terreni istriani, in ispecie i vasti latifondi esistenti attorno Cittanova, nell' agro parentino e nella Polesana di ragione pubblica o privata, non può esservi dubbio alcuno. I Bizantini poi, quando tolsero ai Goti nel 539 le ricche campagne, che questi avevano occupate lungo la costa istriana, avranno loro assegnato in compenso anche nella nostra provincia altre terre verso i monti, nella parte più interna del paese. La contrada "de Gotiis» esistente sul Carso, dove nel 1258 fu costruito il castello di Gotenick ('), ed il nome di „Rozzo" che si riscontra, oltre che nell' Istria, anche nei Sette comuni del Vicentino, potrebbero essere un lontano ricordo di quelle famiglie che in questo periodo di tempo, come nell'alta Italia, così anche nell'Istria, si ritirarono a' piedi dei monti, e lasciarono nei nomi locali memoria della loro presenza.,, Fin qui il Benussi (Atti e Memorie Vol. IX fascicolo 3. e 4. pagina 383). Prima di tutto convien notare che 1' egregio Professore adduce una prova indiretta, e scrive sempre in forma ipotetica — avranno assegnato — potrebbero essere ecc. Perchè non vorrei, che i ger-manofili, forti dell' autorità di così illustre scrittore, trovandosi spago e spago in mano, corressero le (1) Kandier. Cum D. Winterus de Pisino construi fecerit quodam Castrum, quod vocatur Gotenich in contrata de Gotiis. Thesaurus Ecclesiae aquilejensis N. 524 — S. Rutar, Gutenegg (Gotenich ara Tschitschenboden ecc ecc. poste fino ad asserire che anche nell'Istria ci furono delle isole germaniche e che l'Istria, quindi è tedesca. Non ci mancherebbe altro! Pure sono queste le opinioni dello Scheller, dell'Attlmayr, del Widter, dello Czörnig, a combattere le quali il prof. Galanti ha composto il suo ottimo libro. Perchè, si noti bene, dato anche e non concesso, che i Greci abbiano permesso ai Goti di occupare le parti montuose e selvagge dell'Istria interna, non per questo sarebbe provata l'esistenza nel medio evo, e meno che meno ai nostri giorni d'un isola germanica nell'Istria, come esistono nel Trentino e nel Veneto, nel Friuli e nel Piemonte. Ed anche dato che qualche reliquia di tedeschi esistesse tra noi, rimangono ferme le conclusioni del Galanti e la difesa dell'italianità, e che io mi sono ingegnato di riassumere in tre articoli scritti otto anni fa ' nella Provincia (Anno XX, 1886 Nuni. 3, 4 e 7). Chiacchiere da giornalisti, si dirà, ma che pure potranno forse un giorno, consultate, mettere un lettore di buona volontà sulla via di scoprire il vero. Venendo adunque di proposito all'argomento, dirò che sulla cessione di alcune terre verso i monti fatta ai Goti dai Bizantini rimane sempre un qualche dubbio, e benissimo fa il Benussi ad esporre la cosa per via d'ipotesi. Perchè se i Greci hanno potuto cedere delle terre ai Goti nella Dalmazia e nella Liburnia, e conciliarsi con loro, non pare probabile che Belisario e Narsete, dopo aver vinti i Goti che diedero loro tanto filo da torcere, gli abbiano poi lasciati pacificamente installarsi nell'Istria così vicino al mare, che ai Greci certo premeva di tener libero per le pronte comunicazioni con Ravenna. Si badi che ho detto poco probabile, non escludendo a priori il fatto che il chiarissimo Benussi potrà anche un giorno provare con altre testimonianze. Le addotte fino qui non bastano. Il castello di Gotenich in contrada di Goti ci autorizza a ritenere che qualche signorotto si sia installato nei monti, ma non già che una vera isola germanica abbia esistito nell'Istria, come ne esistettero e ne esistono tuttodì alcune nelle regioni accennate di sopra. Di popoli d'origine germanica, l'ho detto altre volte, con ferma sede nella nostra Provincia, non parlano gli storici, nè ci sono finora ragioni per credere un tale fatto probabile. Troppo aperto il paese sul mare, troppo depresse le Alpi, rare le valli; nè quindi poteva l'Istria presentare un sicuro rifugio a qualche tribù di vinti al sopravvenire d'altri popoli, come le Alpi del Trentino, del Vicentino, del Friuli, e del Piemonte (Provincia, Anno XX num. 3). Aggiungasi un' altra circostanza più tardi, le scorrerie e le invasioni degli Slavi: salutem ex inimicis nostris. Neppur mi persuade il nome di Bozzo villaggio nel Pìncjuentino, che si riscontra oltre che nell'Istria, anche nei Sette comuni del Vicentino. In quanto all'origine del nome trovo nel vocabolario dell'infima latinità del Du Gange quanto segue. Rotium gregge, voce gallica — Statuta Piacentina — Pio ìaborerio unius paris boum unam porcliam a Rotio cum omnibus porcellis. E poi Rozium con 10 stesso significato. Statuta Valis . . . pro qua-qumque roda pecudum et Rozio vacharum. Taluno potrà credere che il tedesco ross per cavallo, e la nostra rozza in senso peggiorativo derivino dallo stesso vocabolo. Ed anche, per essere in tutto imparziale, ho il piacere di accennare al Benussi un altro vocabolo affine nell'Istria, cioè Rozzo!, che è contrada del suburbio triestino. Se non che Bozzol con le altre denominazioni di Guardiella, Pondares, Chiarbola, Rojano ecc. ecc., tutte voci dell'antico dialetto tergestino, mi fanno sospettare che Bozzo e Bozzol siano d'origine ladina. Giro la domanda al bravo Cavalli, che ha tanta voce in capitolo. Aggiungo a titolo di curiosità che Rozza e Rozzo sono cognomi frequenti in Italia. Fra le famiglie nobili capodistriane, trovo un Francesco Rozzo, di famiglia che aveva arca propria in Sant' Anna. (Tomasich, Famiglie Capodistriane nel secolo XVI. Capodistria 1886 — pag. 32). Nè mi fa specie trovare Rozzo anche tra i sette comuni. Forse il vocabolo ladino esisteva prima e i Tedeschi non l'hanno mutato. "I dialetti ladini o romani, scrive opportunamente il Galanti, altro non sono che la lingua latina innestata nei vecchi tronchi delle lingue parlate dagli antichissimi abitatori di una gran parte della regione alpestre orientale e centrale. La lingua tedesca quale si parla oggidì, ha, un numero grande di voci, latine d'origine che essa ha raccolte qua e là„ .. (Provincia, XX num. 7, pag. 50 citazione). Alle corte la questione adhuc sub judice est; ma 11 prof. Benussi è tal giudice, che potrà ben dare una definitiva sentenza, svolgendo e completando queste sue erudite pagine di storia istriana. p. t. ----s^acgp5*®----- InT OtlZÌG Addì 11 settembre si compi il decimo anniversario della morte di Carlo Combi; e noi riverenti deponiamo il mesto fiore della memoria sulla sua tomba. Il congresso della Società istriana di archeologia e storia patria venne tenuto, come di solito, in Parenzo, il giorno 6 di questo mese, nella sala della dieta provinciale, coli' intervento di parecchi soci. Il presidente, on. avv. Amoroso, ha spiegato le ragioni per cui non si è potuto convocare il congresso nell'anno scorso; e partecipò la nuova scoperta fatta del primo cimitero cristiano alle porte di Parenzo, nella ben nota località detta Cimare, corruzione di Coemeterium, e precisamente presso la chiesuola di S. Eleuterio; si rinvenne le Cellae memoriae o Me-moriae, i mausolei esedrici, in cui erano conservati i corpi dei martiri, scoperta questa che convalida esservi stata anche qui la persecuzione cristiana; i corpi dei martiri passarono poi nella basilica eufra-siana. Secondo l'opinione dell'on. relatore, il Cimitero venne probabilmente abbandonato verso la fine del XV secolo. Dopo la interessante relazione, il presidente ha commemorato la morte di C. de Franceschi, e Tomaso Luciani, e dei Soci Avv. Vidacovich, dott. L. Barsan, A. Caccia, N. de Madonizza, A. Beltramini. Quindi il segretario dott. Tamaro ha letto la relazione dell'attività sociale. Accennò alla pubblicazioni degli „Atti e Memorie" lavoro che assorbe la gran parte dell' attività, ed al quale la direzione ha provveduto per quanto i mezzi potevano consentirlo onde renderlo con modesto decoro sempre più apprezzabile dal lato storico provinciale. E che la direzione abbia raggiunto il suo intento sta nel fatto, che i volumi della nostra Società sono costantemente ricercati da istituti accademici, i quali chiesero il cambio delle loro pubblicazioni colle nostre. Nè le pagine degli „Atti e Memorie" furono riempite con documenti antichi, ma sì ancora con lavori originali e del tutto moderni, di chiarissimi nostri comprovinciali, e tra questi „La liturgia slava in Istria", e in corso di pubblicazione l'altro dottissimo „Nel medio evo — Pagine di storia istriana", dell'egregio prof, Benussi. „La Liturgia Slava in Istria" contiene tanto tesoro di studi storici e di logica stringente e inconfutabile, ch'esso ottenne meritamente una celebrità tale, da non trovare certo riscontro in nessun altra pubblicazione storica fatta fin qui in Istria. Tant' è vero che se ne sono occupati con sommo interesse molti storici, critici e dotti — non esclusi illustri prelati — tanto nostrani che stranieri, in modo da lusingare non pure il bravissimo autore, ma la stessa Direzione e Società, di cui è parte tanto importante; e non crede peccare d'adulazione se, egli si fa interprete della viva gratitudine della Società e della Direzione verso il ciliar. Professore Benussi, siccome quello che si rese tanto benemerito e stimato coi suoi eruditi lavori di storia patria. E che il sig. segretario abbia interpretato i sentimenti di tutti, lo ha dimostrato lo scoppio di applausi coi quali vennero accolte queste parole. Continuando la lettura, descrive minutamente il risultato degli scavi praticati per cura della Direzione in vari luoghi della provincia; e molto più si sarebbe fatto se fossero bastati i mezzi pecuniari, e se i signori membri della direzione avessero potuto disporre del tempo necessario, mentre tutti sono occupati nel disimpegno delle loro professioni. Anzi noi dobbiamo molta gratitudine a quei benemeriti Signori che con sacrificio di sè, impiegarono una parte del loro tempo in codeste esplorazioni, per puro sentimento patriottico e per vivo amore della scienza. Accennò poscia al sempre maggiore aumento della biblioteca per acquisti fatti, per donazioni e scambio di pubblicazioni; e cosi il Museo accresciuto dai nuovi cimeli e da parecchi acquisti. Ricordati i soci defunti, e le onoranze rese ad alcuni veramente benemeriti, accennò in fine alla parte che ebbe la nostra associazione storica nel diradare i pregiudizi che sul conto nostro si avevano non dagli stranieri soltanto, ma dagli stessi nostri confratelli, continuando così l'opera iniziata da benemeriti e illustri conterranei. — Molteplici furono le dimostrazioni di simpatia e di considerazioni che la nostra direzione ebbe a godere da parte di cospicue personalità storico - scientifiche, e d'illustri accademie nostrane e straniere. Ricordò le gradite visite dell'illustre prof. R. Virhow, edel prof. comm. L. Pigorini, e concluse coli'affermare che l'opera della Società storica è sapientemente utile per tutti quei vantaggi morali che ne derivano alla patria nostra. Il cassiere sociale presenta i conti consuntivi del 1892- 1893 e il conto preventivo del 1895 colle seguenti proposte finali che furono tutte approvate: Piaccia al Congresso: 1. Approvare il reso conto dell'anno 1892 col-l'introito di fior. 2202.57, coli'esito di fior. 853.70, e col civanzo di cassa di fior. 1348.87 da portarsi nel conto dell' anno susseguente ; 2. Approvare il reso conto dell' anno 1893, col-l'introito di fior 2522.37, coli'esito di fior 2035.87, e col civanzo di cassa in denaro di fior. 486.50, da portarsi in conto nuovo, più cinque lotti del Credito fondiario 3% di civanzi investiti; 3. Approvare il conto di previsione per 1' anno 1895 coli' esito di fior. 1500, coli' introito di fior. 1426, e col disavanzo di fior. 74 da coprirsi col civanzo di cassa che risulterà alla fine dell'anno 1894. Vennero quindi eletti a formare la Direzione i Signori : Avv. dott. Andrea Amoroso, Presidente, Prof, dott. Benussi, Vicepresidente, Dott. Marco Tamaro, Segretario, dott. conte Guido Becich, cassiere, dott. Giov. Cleva, prof. Alberto Puschi, prof. Luigi Morteani, mons. parroco Paolo Deperis, G. B. de Franceschi, direttori, L'on. dott. M. Campitelli propose coll'approva-zione generale un voto di ringraziamento alla cessata direzione, a nome della quale ringraziò il Presidente e chiuse il congresso. I giornali provinciali discutono, senza riserva, la candidatura di un i. r. funzionario politico, da mandarsi al Parlamento di Vienna quale deputato del collegio delle città istriane, in luogo dell'on. avv. Rizzi. Per quanto il parlarne sia prematuro, e speriamo, fuor di proposito da che nulla officialmente consta delle pretese dimissioni dell'on. Rizzi — vogliamo tuttavia esprimere noi pure la nostra opinione. — Mai avemmo approvata la strana idea di scegliere un nostro rappresentante fuori delle file del partito — che la Dio mercè, conta ancora degli uomini di elevato sapere e di provati sentimenti. Ma il volerlo far oggi che la lotta nazionale è nello stadio più acuto, e decisivo per il contegno che dovremo assumere di fronte al Governo, sarebbe somma insipienza politica. E ci sorprende davvero che l'idea sia sorta ed abbia trovato aderenti ! Non diciamo di più. Ma, a giudicare da questo primo frutto del tanto decantato accordo sull'indirizzo da seguirsi per 1* avvenire, ci sembra di vedere .... che non ci siamo intesi niente affatto. A proposito della visita testé fatta in Parenzo dall'illustre comm. Pigorini, ci piace rilevare come vada svolgendosi felicemente l'idea con tanta efficacia di parola rivelata in seno all'alto consesso dell'Istituto Veneto da Carlo Combi „della rivendicazione dell'Istria agli studi italiani", e quanta parte sia dovuta di questi risultati alla nostra Società di archeologia e storia patria diretta da egregi comprovinciali che perciò meritano tutta la nostra gratitudine. Di questa visita del comm. Pigorini togliamo dall' Istria del 1°. Settembre la seguente notizia: „A suo tempo avevamo annunziato la graditissima visita che era intenzionato di farci, l'illustre comm. prof. Pigorini, gloria della scienza italiana e uno dei più celebrati cultori europei di paletnologia. Di fatti egli vi giunse da Trieste nel pomeriggio di giovedì scorso per la via di terra, accompagnato dai chiarissimi signori : cav. G. Malmusi console generale italiano di Trieste, prof. A. Puschi direttore del civico Museo di antichità, prof. A. Vierthaler ed avv. dott. L. Cambon Consiglieri comunali e membri del Cura-torio dei civici Musei di Trieste, prof. A. Valle direttore-aggiunto del Museo di storia naturale, e da due altri signori". Ulteriori obblazioni pervenute al Comitato Provinciale pel Centenario Tartini : Dal Sig. Dr. Canciani podestà di Parenzo, il ricavato da una festa e dalla vendita di un dipinto, donato dal Circolo artistico di Trieste f. 230. — Da un comitato di concittadini, il netto ricavato della grande festa popolare datasi a Pirano il 15 agosto pp. f. 580. 86. — Dagli artisti Lorenzo Benvenuti e compagni f. 1.50. — Dal Sig. Giorgio Rosso di Motta di Livenza f. 25. — Pai Sig. Antonio Pavan f. 5. Come si rileva dal bollettino Sanitario del giornale ufficiale, i casi di carbonchio nei bovini si ripetono nella nostra provincia, mentre ancora non venne presa alcuna disposizione oude garantirci da uno sviluppo della terribile malattia, e danno economico spaventevole. Ecco ciò che si fa in altri paesi: A Locate Triulzi si è tenuta ieri 1' annunciata adunanza per discutere sulla profilassi del carbonchio. V' intervennero il prof. cav. Selavo, capo del Laboratorio batteriologico della Direzione generale della sanità pubblica, e il dott. cav. Ravicini, nostro medico provinciale, oltre a un gran numero di agricoltori e di interessati nella vitale questione. Il signor Vaiani, presidente, ricordato lo scopo dell'adunanza, diede la parola al signor Guzzeloni, che brevemente espresse le intenzioni del Circolo, le quali mentre mirano a salvaguardare gli interessi agricoli, rifuggono dall' offendere in qualsiasi modo altre industrie, desiderando lo studio sereno della questione, per trovar modo di risolverla. 11 dottor Ravicini, riassunse le principali nozioni scientifiche pel carbonchio, per suggerire e spiegare le norme di polizia sanitaria da seguire nella disgraziata circostanza che si presentasse nei loro bestiami un caso di carbonchio. Questi concetti ebbero P approvazione dell' uditorio che ne votò plaudente la stampa a spese del Circolo, per distribuirne gli esemplari, agli agricoltori. Il presidente invitò quindi il prof. Selavo a parlare . Questi disse del favore col quale il Ministero dell' interno e la Direzione della Sanità accolsero i desideri degli agricoltori, tantoché non solo fu subito decretata la sua venuta per fare gli studi pel carbonchio, ma si sono ultimate altresì le pratiche per la preparazione presso la Direzione stessa in Roma, del virus anticarbonchioso, che sarà ceduto a chi ne avrà bisogno al semplice prezzo di costo. Oltre a ciò si iuizierà anche la preparazione della tubercolina e della malleiua, ottimi mezzi diagnostici delle forme incipienti di tubercolosi e di morva (cimòr). Disse che avrebbe condotti i suoi studi con tutto lo scrupolo. E siccome le pratiche profilattiche è bene che siano materialmente dimostrate e insegnate, pregava coloro che avessero la disgrazia di avere un nuovo caso di carbonchio, di avvertirlo immediatamente per recarsi sul posto, osservare la diagnosi del carbonchio e intanto praticare tutte quelle norme che aveva esposte il dott. Ravicini. Fu applaudito. Su proposta del signor Luigi Bersani. segretario, fu votato un ringraziamento al Ministero dell' interno e specialmente ai professore Pagliani, Direttore della sanità pubblica del Regno, che in pochi mesi in due gravissime questioni accolse e favorì i desideri degli agricoltori lombardi. (La Perseveranza) ------- CONGRESSI ED ESCURSIONI VITICOLE in Francia, Austria ed Ungheria Arturo Yung, l'illustre agronomo inglese, che in sul finire dello scorso secolo percorreva grande parte dell' Europa a cavallo, coli' intento d'investigarne e desriverne i sistemi e le pratiche agrarie allora vigenti, in un'opera che restò celebre, lasciò scritto, che „f agricoltura s'impara colle gambe.11 Senza esagerare al punto, di pretendere che gli agronomi, per coltivare la scienza loro, debbano tutto-di battere le strade del mondo, come i velocipidisti 0 i corrieri di gabinetto, e senza punto disconoscere 1 lavori grandi compiuti al tavolo e nei laboratori, specie dopo i recenti progressi delle scienze sperimentali; noi pure incliniamo tuttavia a conferire un grande valore alle escursioni ed ai viaggi agricoli; ben inteso se vengono fatti non già con gli scopi dei dilottanti, ma bensì con intenti serii e con istudi maturi, come conviensi a raccoglierne utilità vera e feconda. A chi vive lontano dai grandi centri intellettuali, e quindi deve mantenersi a giorno nei propri studi, senza il prezioso ausilio del diuturno contatto con gli uomini della scienza, il bisogno di rituffarsi di tanto in tanto nelle onde saluberrime della scienza militante, si fa troppo vivamente sentire, per non elevarsi a desiderio vivissimo. Ma anche all' uomo della pratica, al viticoltore e al vinificatore, questo bisogno di rendere e di udire ciò che si fa, e ciò che si dice al di fuori; di constatare coi propri occhi e di controllare col proprio raziocinio le cose lette nei libri e giornali, non manca di farsi sempre più intenso, via via che l'agricoltura patriarcale sparisce di fronte ai nuovi bisogni, alle nuove idee, agli incessanti e rapidi progressi delle scienze e delle industrie. Ecco perchè noi, ai giovani che ne domandano consiglio sulla via da battere, per completare l'istruzione loro tecnica e generale, rispondiamo sempre: viaggiate e tornate a viaggiare. Nessun libro potrà aprirvi tanta larga messe di cognizioni nuove, sode e profittevoli, quanto i viaggi fatti bene e a tempo. " Agli agricoltori istriani i viaggi agrari saranno fonte sicura e salubre, di consiglio e di sprone, ad apparecchiarsi alle lotte economiche, che i nuovi tempi anche per noi già maturano. — Stando a casa propria il mondo esteriore si vede come attraverso ad un vetro affumicato; tutto vi appare a contorni indecisi, sfumati e morbidi, e nulla o poco vi traspare di quella feroce lotta per l'esistenza, che vi si apparecchia, o già vi si combatte sui campi della produzione e dello smercio. -Le sorprese, le disillusioni, i rovesci, a chi poco viaggia giungono perciò più facili e più funesti. Chi è stazionario sarà sempre impreparato di fronte al futuro. Ottima spinta ed occasione a viaggiare con intenti tecnici ed industriali, danno i frequenti Congressi e le Esposizioni, massime se vanno congiunte con escursioni dirette da persone competenti. Nel campo viticolo ed enologico ai Congressi di Roma e di Milano già tenuti nei mesi scorsi, si aggiunsero il grande Congresso internazionale viticolo di Lione e il V Congresso dei viticoltori austriaci chiusosi oggidì a Vienna. L'uno e l'altro di questi ultimi andò corredato da interessantissime escursioni. A Lione i nostri colleghi colà inviati ebbero campo di visitare gl'immensi vigneti già ricostituiti ed a pieno frutto su radice americana, e di udire per bocca di Viala, Fuex, Couderc e di altri sommi, svolti e discussi i più astrusi problemi della resistenza e dell' adattamento. Le escursioni annesse al Congresso di Vienna porranno agio a chi vi è intervenuto di constatare le enormi etensioni di vigneti e di vivai americani già erette nelle principali plaghe viticolo dell' Ungheria, quali i dintorni di Buda - Pest. le sabbie di Kecskemet, e i famosi distretti di Parclis - Baraczka e di Menes-Hegyalja, come pure i grandiosi lavori di ricostituzione già operati nella Stiria e nell'Austria inf. Per noi Istriani, ancora nei primordi della ricostituzione su radice americana, quelle escursioni ig Ungheria sono di una importanza affatto eccezionale. Eppure, come nessun Istriano ebbe a partecipare al Congresso e "alle escursioni interessantissime di Lione, così temiamo che, ad eccezione dei Maestri ambulanti governativi, colà certamente delegati dal Governo, nessun altro viticultore o proprietario della nostra Provincia non abbia forse approfittato delle escursionioni in Ungheria, sebbene, anche pel solo fatto delle crescenti ricerche del vino istriano per quel paese, cotal viaggio già dovesse tornare per noi di utilità certa ed immediata. Ad ogni modo, da chi ebbe occasione di intervenirvi speriamo di venire a suo tempo indirettamente messi al corrente dei grandi lavori fatti dagli Ungheresi in questo difficile campo delle viti del Nuovo Mondo, e se a noi sarà dato di raccogliere informazioni e notizie dai colleghi degli altri Istituti provinciali, non mancheremo di farne argomento per una prossima corrispondenza. Parenzo, 6 Settembre 1894 Hugues ---z*:------ Appunti bibliografici Le Metamorfosi di P. Ovidio Nasone, tradotte in ottava rima da Luigi Goracci, pubblicate col testo latino a fronte per cura di Isidoro Bel Lungo. Firenze. Successori Le Mounier 1891. Due volumi in ottavo di pagine 176 il primo; di 562 il secondo. Prezzo lire sei al volume. Ecco un' opera d'arte che onora le lettere italiane ; un' opera per la biblioteca nazionale, e non solo di speculazione. È una nuova traduzione delle Metamorfosi d'Ovidio col testo a fronte per cura dell' illustre Del Lungo, accademico della Crusca, il quale, vestito de' suoi abiti curiali, come il suo celebre concittadino è entrato in biblioteca per narrarci con quel suo periodo dignitoso e a larghe volute, la vita del Goracci ottimo prete, ed esimio cultore delle lettere latine. Lo spirito si riconforta subito alla prima lettura di questa erudita prefazione, e allo scorrere i versi del traduttore ; e ci par di ritornare ai beati tempi, in cui religione e patria, pietà e scienza andavano di un passo. Il lettore riconosce subito due galantuomini del I buon tempo antico ; degni figli della classica terra di Dante e del Machiavelli : due toscani bene impostati, saldi d'anima e di corpo. Si domanderà però : Dopo la diffusa traduzione o meglio parafrasi dell'Anguillara, e quelle del Bondi, del Federigo, del Brambilla, lodatissima, del Dorrucci ecc. ecc. si sentiva proprio il bisogno di un nuovo lavoro ? Tant' è come chiedere ad una ricca signora, che ha già ben fornito il suo guardaroba, se non le sia lecito d'indossare un abito nuovo: l'importante è che sia bello. Fuor di me- tafora, la traduzione del Goracci, è bella davvero: avrà anche questa i suoi difetti; ma intanto negli utili raffronti, e nel vedere come il Goracci qui avanzi, là ceda alquanto il passo agli emuli; e Dell'osservare paziente dei vari modi tenuti nel superare le difficoltà; e nello sgattajoliare, più o meno destro, in faccia ad un ostacolo, e rendere meno fedele talvolta il testo, ma più vivo il senso poetico, il gusto del lettore si raffina, e gli cresce ammirazione per le doti della letteratura antica e della moderna assieme. O io mi inganno, o uno dei meriti principali di questa traduzione, per non dire di altri molti e più intrinseci, sta nell' aver tentato di tradurre fedelmente le Metamorfosi, in ottava rima. L'A-n-guillara parafrasa ; il Goracci si attiene per quanto il metro glielo consente al testo. La scelta dell'ottava proviene da un felice intuito poetico : tornasse Ovidio, c'è da scommettere che sceglierebbe quel metro oggi. E qui alle ragioni addotte maestrevolmente dal Del Lungo, e dal Korbaker, mi sia lecito aggiungerne una. Il verso sciolto, per quanto elaborato, con differente accentuazione, e con le opportune spezzature, non potrà mai rendere appieno il diffuso stile d'Ovidio ed ajutare il lettore ad avvertire i rapidi trapassi, ad abbracciare d'uno sguardo la ricca e varia scena che gli si svolge dinanzi. La rima è perciò un valido ajuto; e la strofa pure ; prima di passare ad un' altra descrizione ; o ad una nuova narrazione (ciò che succede così di frequente nel testo originale) il lettore sente il bisogno, quasi direi, d'una sosta ; la sua mente è stanca, e l'occhio pure, il semplice capoverso non basta; alla chiusa dell'ottava il lettore riposa. A questo merito della scelta del metro si aggiunga il merito della strofa come 1'usa il Goracci, chè senza questo nulla l'altro varrebbe. Le sue ottave sono di getto ; ogni ottava sta da sè, senza quasi mai la licenza di trascinare il periodo da una strofa all'altra; la rima ricca varia, e cosa ammirabile, in opera così lunga, spontanea, Ho detto che ogni ottava sta da sè ; quasi direi ogni verso, in quanto lo consenta il naturai movimento del pensiero, e lo studio dell'armonia: il periodo si svolge quindi con naturalezza, scorre interprete lucido del pensiero, senza quelle giravolte, quelle spezzature, quei singhiozzi della sciatta naturelezza moderna divenuta la più intollerabile delle pedanterie. Si aggiunga a tutto questo il pregio della lingua elegante senza ricercatezza, e senza quel checcherellare nojoso che ai non toscani rende talvolta così antipatiche le grazie dell'Arno. Per tutte le discorse doti ed altre ancora, la lettura delle Metamorfosi d'Ovidio riesce aggradevole anche agli ignari della lingua latina. — „È evidente, scrive il Del Lungo, che il traduttore si studia dominare il concetto del poeta latino, e farne quasi un originale suo proprio". E vi è riuscito, e perciò ha scritto un libro, anche per la grande classe dei facili lettori, che stucchi e ristucchi d'insipidi romanzi e novelle, cercano il diletto, e nello stesso tempo sentono il bisogno di richiamare aggradevolmente gli studi fatti, o di supplire ai non fatti ed avere contezza di quelle liete fantasia del parnaso latino, senza la conoscenza delle quali tante opere d' arte non si capiscono punto. Detto così in generale, dell' opera del Goracci, aggiungerò ancor qualche cosa in particolare, rilevando qua e là le bellezze ed anche qualche difetto : tanto perchè il lettore comprenda che qui non si fa la critica a casaccio col tagliacarte. Non saranno lunghi raffronti, nè disquisizioni; chè non è questo il luogo. Poiché P amplificazione è necessaria talvolta, dato ed accettato il metro, veggasi con quanta maestria il Goracci compie naturalmente il concetto ovidiano. Così Libro 2. 565 Acta Deae refero. Pro quo mihi gratia talis Redditur, ut dicar tutela pulsa Minervae, Et ponar post noctis avem. Mea poena volucres Admonuisse polest, ne voce pericula quaerant. Il Goracci traduce così (Libro 2 . . . 95)» Lo rapporto alla Dea che in guiderdone Tosto dal suo servizio mi rigetta: La sua grazia mi niega, e mi pospone All' augel della notte, alla civetta. Ammonir dee la mia punizione Chi, dinunziando altrui, premio s'aspetta; Essa i loquaci augei tragga d'inganno : Non grazia acquista il delator, ma danno. È una delle poche volte in cui a quattro esametri risponde un'intera ottava. Qui però non si amplifica per la smania di amplificare; le amplificazioni del Goracci in generale compiono il testo, precisando quel che è concettoso nel latino. Anche Ovidio, benché così diffuso è concettoso se non per istile, per la lingua, pel costrutto grammaticale, che in italiano vuol essere amplificato. E veggasi alla chiusa della strofa nou una amplificazione descrittiva, ma in forma di sentenza, e che Ovidio certo accetterebbe per sua. „Non grazia acquista il delator, ma danno". Sentenza bellissima, da giovarsene anche in iscuola, proponendola a tema. Altre volte le amplificazioni sono di genere descrittivo, ma bellissime e senza fronzoli arcadici. Come . . . Domus est imis in vallibus antro Abilita, sole carens, non ulti pervia vento Tristis, et ignavi pienissima fri g oris, et quae Igne vacet semper, caligine semper abundet. Libro 2. 762. Per ermo, angusto e dirupato calle A squallida spelonca alfin s' arriva, Che riposta è nel sen di cupa valle, Cui nè il vento ristora, o il sol ravviva: Le fanno i monti eterna ombra alle spalle ; L'attrista il pigro gel, di fuoco è priva; E sotto grave e ottenebrato cielo La copre ognor caliginoso velo. Libro 2. 126. Qui, come da per tutto il Goracci con questa ottava degna dell' Ariosto, dimostra di avere vivissimo il senso poetico, senza del quale si potranno fare delle traduzioni fedelissime ad usum Serenissimi Delphini ; ma non mai opere d'arte. Anche giova osservare come Ovidio stesso, se pure la materia lo esiga, salta qualche volta a piè pari, o perchè stanco, o perchè accortosi del suo difetto stringe i freni. Allora il traduttore che è poeta anche lui, supplisce e corregge gli scrupoli d'Ovidio. Come (Libro III 683): Undique dant saltus, multaque aspergine rorant, Emerguntque iterum, redeuntque sub aequora rursus, Inque chori ludunt speciem, lascivaque iactant Corpora, et acceptum patulis mare naribus efflant. D'ogni parte dan salti, onde agli spruzzi Tutto intorno la nave se ne asperge: Ora guizzano in fuor coi musi aguzzi, Ora il mar li riassorbe e li sommerge : Scherza in forma di coro, e par che ruzzi Lascivo il gregge, ed or s' affonda or s' erge E sbuffando talor gettan la molta Dalle larghe narici onda raccolta. Se non che Ovidio, anche nell' abbondanza sempre poeta latino, potrebbe rispondere che ne' suoi versi non c'è nè fretta, nè stringatezza voluta ; che in quattro esametri stupendi si dice tutto, e perciò valgono la ottava del Goracci, bella, ma un po' diluita coi musi aguzzi e con quel riassorbe e li sommerge, che è ben altra cosa dal suo redeuntque sub aequora rursus. E per vero le ottave del Goracci sono bellissime, e ci fanno forza a continuare la lettura, senza preoccuparci dell'originale; se però di quando in quando si dà un occhiatina al testo, qualche volta l'incanto sparisce. Valga un esempio. Tum Deus a terra siccoque a litore sensim Falsa pedum primis vestigia ponit in undis; Inde abit ulterius, mediique per aequora ponti Fert praedam. Pavet haec, litusque ablata relictum Respicit; et dexlra cornu tenet, altera dorso Imposita est: tremulae sinuantur flamine vestes. Liber 2. . , . 870. Allor dal secco lido il Dio pian piano Attuffa il piè nella prima acqua appena ; Poi più s'inoltra e del ceruleo piano Per mezzo ai flutti la sua preda mena. Colei paventa, e il lido ormai lontano Guarda ; e la manca mano ha sulla schiena, Con l'altra un corno tien; tremula ondeggia La veste al venticel che intorno aleggia. 2. . . . 144. Il traduttore gareggia con l'originale ; 1'ultimo verso specialmente è stupendo. Ma „l'attuffare il piè nella prima acqua appena" è improprio. „L'attuffare, dice il Tommaseo, par sia un tuffare più compiuto, più addentro." E Dante scrive ,Fanno attnffare in mezzo la caldaja La carne con gli uncin perchè non galli*. (Inferno 21). L'improprietà non istà tanto nell' attnffare il piè nella prima acqua, quanto nell1 attutare appena. L'altera dorso imposita est non è efficacemente reso col verbo avere. La manca mano ha sulla schiena è sbiadito. Si è detto di sopra dell'ottima costruzione della ottava, che si svolge naturalmente, e nei due ultimi versi riposa. Rechiamo qualche esempio raffrontando. Vieta jacet pietas, et virgo caede madentes Ultima coelestum terras Astraea reliquit. cantò Ovidio. (Liber 1. 149.) Ed il tanto acclamato Brambilla: .......ed anche Astrea Veggendo il mondo rosseggiar di stragi Ultima a tutti i numi abbandonollo. Meglio il Goracci: Pietà si spregia ; e al cielo, ultima dea, Volò dal suolo insanguinato Astrea. Libro 1 ... 24. Questa è bella giacitura, dolce riposo. Quello sgujato abbandonollo di Brambilla è una poltrona a sdrajo. Vediamo anche la descrizione della Valle di Tempe. Est nemus Aemoniae, praerwpta quod undique claudit Silva: vocant Tempe, per quae Penèus ab imo Effusus Pindo, spumosis volvitur undis, Dejectuque gravi tenues agitantia fumos Nubila conducit, summisque aspergine silvis Impluil, et sonitu plusquam vicina faligat. Liber I. 568 Il Brambilla traduce : Tra due selvosi dirupati monti È Tempe un bosco dell'Emonia, in cui Trabalzato di Pindo alle radici 11 Peneo corre spumeggiando, e forma Col rovinoso dirocciar, sembianze Di nebbia e sottil fumo e co' pioventi Sprazzi le vette circostanti asperge. Ed i lontani di rimbombo stanca. I versi vanno, pur c' è qualche cosa di faticoso, di soverchio in quel dirocciar', nè è esatto il — trabalzato di Pindo alle radici; e poi (nota bene il Korbaker nell' erudito discorso critico che serve di prefazione al secondo volume) qui non si tratta di sole sembianze, ma di vere e reali nuvolette. Meglio il Goracci. Tempe è iu Emonia uua valletta amena Recinta intorno da foresta ombrosa, Per la quale il Penèo rapido mena Dalle falde del Pindo onda schiumosa : Ei con grave cascar P aria serena Di sottili vapor rende nebbiosa, Spruzza le selve e romoreggia e tuona Sì che i luoghi lontani anco ne introna (I 92) È evidente che il Goracci piglia le mosse dall'Ariosto : „Giace~in Arabia uua valletta amena*. Il diminitiv'o stuona, passi l'amena: anche Torrido è ameno. Il terzo e quarto verso onomatopeici con l'accento sulla 6, 7, e 10 sono di ottima fattura, e la ripetizione della stessa accentuazione non guasta anzi giova a rappresentare il lungo ed eguale corso precipitoso dell' acqua meglio che il dirocciar del Brambilla : manca però il summis silvis, e i due ultimi versi dicono forse troppo. „.Haec domus, haec sedes, liaec sunt penetralia magni Amnis"................ continua Ovidio. Un altro traduttore moderno, il Dorrucci, conserva l'iterazione. . . . . . E qui la casa, E qui la sede, e qui sono del magno Fiume i recessi..... Il Brambilla la sopprime, il Goracci vi supplisce con f e. „E casa e seggio, e penetrai tieu quivi Nello speco del monte il glauco nume,. Libro 1 ... 93 A dir breve, le amplificazioni ci sono, ma sempre per ragioni d'arte, non mai arbitrarie, rettoriche. Ancora un appunto. Qualche rara volta forse non è reso bene il Qoncetto del poeta latino, o qualche locuzione impropria intorbida alquanto il senso. Così a rendere, l'emitit Notum (Lib. 1 ... 214), il manda Noto non basta. La particella prepositiva e indica allontanamento e in questo caso da luogo chiuso. — Poiché tutta guasta era la terra, e necessaria la purificazione del diluvio, il pio colono, è arcadico : i pii non c' erano, e se si facevano sacrifizi non è a credere fossero indizio di pietà: anche Caino offriva sacrifizi. (Libro 1 . . . 41). Silva velus stabat, nulla violata securi .... (HI . . .28) .......vergili foresta Che non patì del ferro oltraggi ed onte. (3 . . 5). Oltraggi ed onte, abbinamento inutile e da lasciarsi al Tasso. — . . . facies, non omnibus una. Nec diversa tarnen, qualem decet esse sororum (II. 13) Una faccia non han, ma tutte belle. Sì che al volto si pare esser sorell \ (II . . 3.) Qui non è esatto, la bellezza non c' entra. Il Federigo traduce alla lettera bene : ......Il volto istesso Tutte non hanno, non però diverso Ma qual den' le sorelle aver tra loro. Lodo la destrezza nel saltare a piè pari certi passi scabrosi; ma il „Multi illuni juvenes, multae cupiere puellae voltato „Lui ben mille garzon, mille bramaro Donzelle accarezzar" . . . (III . . 58) è lezioso, arcadico, e farebbe dare nelle stoviglie il Baretti. „Di quella Mirra che ti costò tanto." Brutto verso pel fiacco accento sulla sesta e per la scampanata del ti to tan (X. 48). Ma i brutti versi sonò rari come le mosche bianche nel Goracci ; non cerchiamo adunque funghi in Arno, e tiriamo le somme. Per la fedele e insieme artistica traduzione tutto ci fa sperare che quest' opera con l'Iliade del Monti e l'Eneide del Caro piglierà il suo stabile posto nella biblioteca nazionale : e vi rimarrà testimonio dello studio dei classici latini, e della vigoria del genio italiano, anche in questo finisecolo di degenerati, in cui molti per amore del lucro e di una facile gloria, danno nello strano, nel falso, nel gotico e nello scandinavo, dimentichi essere vero progresso quello di chi muove guardando sì largo largo dintorno, ma non trascurando le orme segnate sulla strada maestra del „bel paese". P- T. PUBBLICAZIONI Atti e memorie della Società istriana di archeologia e storia patria; fase. 1 e 2 del vol. X. Sommario : Direzione: Documenta ad Forumjulii, Istriani, Goritiam, Tergestum spectantia {continua). — Pergamene dell'Archivio di Classe in Ravenna, riguardanti il Monastero di S. Maria (del Convento) e di S. Andrea apostolo nell' isola di Serra, in Pola (continua). — Relazioni dei Podestà e Capitani di Capodistria (continua). — Benussi dott. Bernardo-. Nel Medio Evo, pagine di storia istriana, capitolo 1, (continua). — Paolo Deperis: Il Duomo di Parenzo ed suoi i mosaici. — M. T. Bibliografie. — Direzione: Tomaso Luciani, necrologia. <«2— Pregati pubblichiamo : RINGRAZIAMENTO La sottoscritta commossa dal profondo del cuore ringrazia tutti quei pietosi che lenirono in vari modi il suo dolore per la perdita dell' indimenticabile suo capo GIOVANNI accompagnandone la salma all'estrema dimora. Capodistria, 1 settembre 1894. Famiglia de Gavardo fn Francesco