ANNO XIV. Capodistria, 16 Maggio 1880. N.r0 10 IJ; £l>Q£(1r; inibii A .fin ■li a óoyolt - .9ÌI§iSV0 ( il ••'" ! H fllVClD h, twtob ojfil's 01 ftii'i J.jtì'l.ia'l'iB r' s ,1 - 'i .:iJr»i*f •:.:•« DELL 1J1UJ/3H61 j i1jirJ - ,fiiyoiq iali ti i oiiJjino 16. 1543 àt/robi?.? 17. 1418 16. 1290. — Il senato delibera che d'ora innanzi i capitani eletti pel castello Belforte (*) ed i podestà scelti per l'Istria, annunziata che sarà loro la nomina, debbano decidersi entro quattro dì se vogliano o meno accettare la carica, ed accettata debbano partire per il loro destino due giorni prima che spiri il tempo del loro predecessore.: - 6 I, 161. . — Pietro de' Bonomo, vescovo di Trieste, affitta al cittadino Gian Maria Todeschini la villa di Lipizza ch'era di ragione della mensa vescovile. -14. """ . . Trieste. Il capitano Corrado de Lunz ordina ai cittadini di nou allontanarsi dalla città e suo territorio senza un permesso speciale, a fine non vi manchino le braccia contr' una possibile aggressione nemica; di più ordina al consiglio di rimettere l'officio della Bailia, e di conservarsi neutrale ove il principe venisse alle mani con Venezia o altri potentati. -26.11, ,1,92, ni ajèJ&iqoiq tliab iooisibaoo — Nicolò d' Arezzo, delegato da papa Leone X, chiama a sè Marc' Antonio Foscarini di Venezia, perchè gli dica con qual diritto abbia egli riscosso alcune decime nel castello d'Umago condanno del vescovo di Trieste. -26, III, 42. . — Venezia. Il senato elegge Nicolò Giustiniani e Andrea Grosoni per esaminare certo affare, risguardaute Trieste : li autorizza a spendere a compimento del medesimo lire 8000, non calcolate ìe 2000 lire di grossi del loro stipendio. - 6, I, 179. — Arrigo della casa dei conti di Gorizia e d'Istria, re della Bosnia e della Polonia, elegge Ugone di Duino in tutore di Gian Arrigo conte di Gorizia e d'Istria. - 13. — Venezia. Il consiglio in Pregadi elegge ser Gabriele Bono a comandante di Castel 17. 1514 18. 1291 -lirgoqtfl 18. 1328. 18. 1332. Leone presso Capodistria. - 6, I. 119, 11, XV, 13.a Oh •! ih- - e *) Chi volesse qualche notizia del cast. Belforte vegga il Filiasi: ^Memorie storiche dei Veneti primi e secondi," To. VI A, pag. 51 ; Ediz. Venezia 1796-98. 19. 1299. — Il senato richiama la deliberazione (11 gennaio 1273) che vietava ai veneziani di accettare cariche di podestà nel Friuli e nell' Istria. - 6, I, 192. 19. 1521. — Antonio Vasserman, delegato dal vescovo Pietro de' Bonomo, prende possesso della villa del castello di Draga sui Carsi, spettanti alla mensa vescovile triestina, occupati prima dai veneti, venuti quindi nelle mani dell'imper. Massimiliano. - 14. fel' 20. 1310. lilàlli . 20. 1363. ili - . 20. 1521. 21. 1297. otiii/mp . jiiiiii^ >ii 21. 1617. 22. 1348. i O'IiUOO oda sluhiì 22. 1351. .7 , Ì ó .quo b 23. 1282. oqqou iii — Il senato scrive al podestà di Cittanuova, Marco Secreto (Sagredo ?J, perchè imponga a que'cittadini di restituire tutto quanto a,vevatio asportato dalla villa di Merisca, soggetta alla giurisdizione di Capodistria. - 6, I, 79. — Il senato ordina al pod. di Cittanuova di mettere in possesso delle sue giurisdizioni e de' suoi beni il neoeletto vescovo Simone Panzani d'Udine, confermato dal patriarca di Aquileia. - 11, XXXI, 9.b —Giorgio Eisenport, castellano in S. Servolo, delegato da Nicolò Rauber signore dell'anzidetto castello, prende possesso della villa di Sant'Odorico di Moccò (ora Bolina). - 14. — Mosca della Torre, marchese governatore d'Istria, assiste all'inalberamento della croce, piantata là presso Gemona, ove il patriarca Raimondo voleva fondare la città Milano di Raimondo. - 49, I, 779. — Le truppe austriache, capitanate dal Marradas, entrano in Gollogorizza e Novacco per proteggerle da ogni aggressione nemica. — 26. Ili, 202. — Venezia accetta la garanzia esibitale da Filippo da Ponte di Cividale, Beachiuo del fu ser Giorgio di Pordenone e da Tolberto e Beacbino fratelli di Piata a nome di Rodolfo conte di Duino. - 11, XXIV, 77.a — In seguito alle favorevoli informazioni di Simone Dandolo e Marco Corner fu capitani di San Lorenzo del Paisinatico, il senato affida a Moretto da Lece una posta equestre nell'anzidetto castello. - 11, XXVI, 60.a — Rupretto di Butrio ed altri si costituiscono mallevadori per Ulvino de Portis, vescovo di Trieste, iu lite col proprio capitolo pel castello di Moccò. - 27, 40. 74 .A .08 < [ oragfièt ci 1 .jsnlaiìxxTfiO ! X 0//A 23. 1291. 23. 1328 24. 1356. 24. 1362. 24. 1424. 25. 1342. 25. 1423. 26. 1352. ') inoisite eriotuift ■ .fiOTfihdjJ" 27. 1253. : : - (. 27. 1417. onftSii 28. 1313. ■ j? b shìid lsf> ouid; oJwdloT 28. 1387. ifloisjinnc in/itiqf.s i ;>!na9a li 29. 1445. lftq ololi — Il consiglio dei Dieci, delegato dal senato elegge a pagatori delle truppe in Istria cou la sede in essa provincia Nicolò Storlado e Angelo Caroso, e vi assoggetta la nomina alla conferma del maggior consiglio. - 6, I, 179. — Gernoua. Il patriarca Pagano della Torre pone fine a certe vertenze, insorte tra gli abitanti del castello di Muggia e quelli del suo territorio. - 8, II, 196, - 99, 64, -e 43, 13. — 11 senato ordina a ser Pietro Gradenigo, capitano del ueoeretto Paisinatico di Grisignana, di passare entro 15 dì al suo posto con un assistente ; gli viene accordato un compagno con lo stipendio di 64 lire di piccoli, che 10 rappresenti iu Cittanuova. - 11, XXVII, 83.b — Trovandosi il patriarca Lodovico della Torre nel castello di Buie, investe di feudo 11 giustinopolitano Ottobono. - 21, 137. — Trieste. Il consiglio vieta l'uso delia traduzione italiana del civico statuto, a cagione delle errouee interpretazioni che gli si davano. — 2, 41,a - e 26, II, 219. Il senato, conosciuti i bisogni della provincia dell'Istria, accorda ai singoli comuni di affittare i pascoli per due anni. - 11, XX, 56.a — Ducale Foscari che nomina ser Cristoforo de' Sereni per tre anni a cancelliere del pod. e cap. di Capodistria, sua patria. - 4,43.b — Il senato accorda a Giorgio de Slapo, domiciliato in Capodistria, una posta equestre iu risarcimento di danui sofferti, quando sotto la reggenza del pod. e cap. Marino Morosini (1350, o 51), partito per Lubiana con Zanino Alberti per ricuperare certa quantità di frumento, venne fatto prigione da Pasqualino de' Vitandulo e suoi compagni, capi della rivolta giustiuopolitana. - 11, XXVI, 92.b — Odorico detto anche Volrico, vescovo di Trieste, ed il capitolo della cattedrale vendono al comune tergestino la muda ed altri diritti, che spettavano ad essi. - 37, II, 383. — Ducale Mocenigo che comanda al pod. e cap. di Capodistria, Marco Polani, di non caricare di altre tasso que' d'Isola, quando vengono a Capodistria per comperare grani, tranne quella del permesso di trasportarli alla loro Terra. - 4, I92.b — Trieste. Marco Siboto, delegato dal doge per esigere dalla città il giuramento di fedeltà, muove protesta contro il tergiversare di Sagramoro de Flagogna, vicario del podestà di Trieste Arrigo conte di Gorizia, contro i giudici ed il civico consiglio - 6, I, 74, - e 13. — Muggia. Il comune prega a Cividale che sia rilasciato un salvocondotto al pievano di Codroipo per poter trasportarvi Formolo, da lui costrutto. - 21, 168, - 37, V, 448, - e 43, 18. — Il doge Foscari ordina al pod. e cap. di Capodistria, Andrea Leoni, di rivedere l'imposta per la fabbrica del civico campanile e l'altra de' grani, ed ove le conoscesse di troppo gravose ai villici della sua giurisdizione di diminuirle. - 4, HO.a 29. 1470. — Ducale Moro che comanda al pod. e cap. di Capodistria, Andrea Bembo, di provvedere i castelli di Moccò e di Castel Nuovo di gente, armi e vettovaglie. - 4, 197.b 30. 1492. — TI doge Barbarigo officia Domenico Malipiero, pod. e cap. in Capodistria, di saldare col denaro di quella Camera i molti arretrati che lo stato doveva ai Gravisi, marchesi di Pietra Pelosa. - 4, 263.b 31. 1491. — Linz. Odierno dispaccio sovrano ordina che vengano restituiti a ser Pietro Giuliani di Trieste tutti i beni che erano stati confiscati nel 1471 al di lui padre, Domenico. - 3. Non è molto tempo che abbiamo ribattute opinioni storte e dimostrata la insussistenza dei lamenti intorno al credito fondiario nella nostra provincia, in risposta ad un corrispondente del Cittadino. Ci rincresce oggi dover tornare sul medesimo argomento, dopo aver letta una corrispondenza dall' Istria dell' 8 corrente, su quello stesso giornale, piena di rimproveri alle autorità provinciali, le quali sarebbero la colpa del ritardo della tanto desiderata istituzione del credito fondiario nell' Istria. A noi non farebbe stupore di udire queste lagnanze, e peggio, in bocca del povero possidente ignorante, e posto oggi nelle dure strette della miseria, al quale non mancano in tutte le occasioni le maligne istigazioni di chi ci vuol male ; ci rincrescono invece le insensate accuse di chi si dimostra bene informato dei provvedimenti studiati dalla nostra Dieta per migliorare le condizioni della proprietà in provincia. Desideriamo che sia aperta presto la sessione dietale, e che queste voci di rimprovero, se pur vengono dal paese, trovino eco nella nostra dieta, dove la Giunta provinciale saprebbe dare tutte quelle risposte che dimostrino la impossibilità in cui fu posta fin ora di mettere in pratica la desiderata istituzione. Noi possiamo intanto assicurare i comprovinciali che la Giunta stessa, alla quale è dovuta la iniziativa della benefica istituzione, non vi ha dormito sopra; ma che in ogni occasione ha provveduto per il sollecito impianto dei libri fondali, condizione sine qua non per lo sviluppo del credito fondiario. Instituiti questi libri in molti comuni della provincia, si sarebbero anche potute inco>min- ciare le operazioni di credito; ma a questo fine era necessario trovare a prestito una grossa somma, perchè, e il signor corrispondente del Cittadino non lo metterà in dubbio, la nostra cassa provinciale non rigurgita di denari. Ed era forse il momento opportuno quest' anno, di trovare denari a prestito per simili affari, mentre bisognava stendere la mano per la carità? Risponda il signor lettore a questa interrogazione, e noi facciamo punto. BANCA POPOLARE Da una circolare dell' illustre Luzzati, testé indirizzata alle banche popolari italiane, togliamo il seguente brano : Nel giugno del 1872, In Bologna, non più che venti operai tutti lavoranti in legno, per loro spontanea iniziativa, si costituivano in Società allo scopo di acquistare all'ingrosso e rivendere ai singoli socii le materie prime ed ausiliatrici delle loro industrie. Miravano con ciò a rendersi indipendenti dai fornitori di seconda mano e beneficarsi di quel tanto che rappresentava i guadagni di parecchi agenti intermedii. A recare in atto il loro diseguo stabilirono di versare un contributo settimanale di 25 cent, per ciascuno, sì che si formasse il capitale necessario. L'idea parve buona ad altri, onde il numero degli associati veune lentamente crescendo. Nel primo e uel secondo anno non si attese che a raccogliere e ad accumulare i contributi che via via si depositavano alla Banca popolare ; e così nel 15 giugno del 1875 (dal 15 giugno si fece incominciare 1' anno sociale) diedesi principio alle operazioni con un capitale di poco più che L. 1000. Alla chiusura del primo esercizio (15 giugno 1876) si constatarono i seguenti risultati: i soci erano 67, il capitale sociale era salito a L. 3463.38. Nel biennio successivo i socii, con lenta, ma costante progressione, andavano ancor crescendo di numero ; sicché alla chiusura dell'esercizio 1877-79 erano saliti a 125; e il capitale sociale ammontava a 21,355.83 lire. Gli affari pertanto aumentavano e la Società prosperava ; il che inoltre è dimostrato dai dividendi, quali in media, per i quattro esercizii furono del 12,73 per cento. Le ragioni di questo successo trovausi nelle norme che i soci si erano prefisse, che furono sinora religiosamente osservate, sebbene non consegnate in veruna scrittura ; lo Statuto si fece più tardi a fedele conferma di quelle norme sancite dalla esperienza, e fu approvato dall'Assemblea generale solo nel 15 agosto del 1879. Giova anzitutto avvertire che questa Società non accoglie che i soli lavoranti in legno ; la quale provvidenza rimuove il pericolo che altri vi s'intrometta a trattare di cose mal conosciute, o alle quali non annette verun interesse, ovvero che vi proponga argomenti estranei al carattere o ai fini della Società. Ma facendoci più da vicino a ponderare le cagioni del buon successo, diremo ch'esse consistono specialmente: 1. Neil' aver saputo attendere, prima di dare principio alle operazioni, che si fosse raccolto un capitale adeguato: codesta nobile pazienza dei presenti sacrificii per i vantaggi che una intelligente previdenza aspetta dall' avvenire, è la vera virtù del risparmio ; e poche Società, come quella di cui parliamo, seppero darne 1' esempio; 2. Nell'avere mantenuto una giudiziosa proporzione fra capitale disponibile e le operazioni che si andavano imprendendo ; 3. Nell'avere di più in più eliminato gli agenti intermedii nazionali o esteri fra i produttori delle materie prime e ia Società; 4. Nell'avere, oltre al contributo settimanale, fatto concorrere l'annuo dividendo, spettante a ciascun socio, in aumento dei fondi disponibili per lo operazioni sociali : essendosi stabilito, per indeclinabile patto, che i dividendi non vengano pagati ai socii, ma segnati a loro credito in accrescimento della rispettiva quota di capitale sociale ; 5. Nell'avere limitato al più stretto necessario il capitale fisso e le spese d'amministrazione; per modo che questa, dedotto un tenue compenso al magazziniere e ad uno scrivano, è totalmente gratuita; 6. Nell'avere stabilito come regola, salve poche eccezioni suggerite dalla giustizia e dalla umanità, che il capitale di coloro che uscissero dal sodalizio prima del termine di un triennio fosse devoluto al fondo di riserva; così si provvide all' aumento del capitale sociale, più che con questa devoluzione, coli' impedire la uscita dei socii e quindi la diminuizione dei contributi ; 7. Nell'avere esteso la vendita dei legnami e delle altre materie anco ai uon socii, non appena la potenza del capitale lo permise. Si è detto più sopra che la Società è rigogliosa, argomentandolo segnatamente dal dividendo accreditato ai soci nella ragione persino soverchia del 12.73 %. Ma non è questo il solo nè il principale vantaggio. A norma dello statuto i socii, di lor diritto, fanno gli acquisti al magazzino sociale, a giusti prezzi e con dilazioni al pagamento sino a lavoro compiuto, o anche a più lontane scadenze; rimanendo a garanzia della Società il credito che hauno verso la medesima, giusta le risultanze dei conti individuali, e, dove il fido ne superi la misura, giusta quelle maggiori malleverie e fideiussioni che siano iu grado di fornire. Inoltre, non avendo lavori da eseguire per difetto di commissioni, possono fabbricare mobili o altri prodotti dell'arte loro ed esporli in vendita per conto proprio nel magazzino sociale, ove si forma così uu assortimento tanto vario quanto basta per agevolare gli smerci. Ogni lavoratore pertanto vedesi assicurata la doppia possibilità di acquisto delle materie prime e di smercio dei prodotti confezionati, coi vantaggi, nell' uno, e l'altro caso, della lealtà contrattuale, della immunità da frodi e da usure. Finalmente, e questo è forse il più, ogui socio è posto in condizione di dover accumulare un capitale quasi senza avvedersene e anche a suo malgrado, non poteudo egli uscire dalla Società senza prima perdere le somme versate e gli utili tutti se prima dei tre anni, o gli utili soltanto, se dopo il triennio, ma con un'aggravante, anche in questo caso abbastanza sensibile, quella cioè che il capitale non gli può essere restituito che dopo 15 anni. Il che forse è un rigore soverchio, che gioverà temperare. È chiaro che se di tal fatta Società fiorissero per ogni dove, le classi lavoratrici ne avrebbero incalcolabile benefizio. N n t ì 7 i P IN UN/ I c Il nostro illustre concittadino cav. C. Combi ancora il giorno 24 Aprile ba dato una lettura sopra Pietro Paolo Vergerio il seniore, all' Istituto Veneto di scienze lettere ed arti. Disse con eleganza e dottrina delle ricerche e degli studi da lui fatti finora per la Monografia che si è impegnato di dare alla Deputazione Veneta di storia patria, e del metodo che si è proposto di tenere in essa per mettere in evidenza non solo la vita e gli scritti del dotto capodistriano, ma i tempi iu cui visse e nei quali influendo lasciò traccia abbastanza luminosa di sè. Abbeuchè si trattasse di una semplice Relazione o Informazione la materia animata dal suo spirito filosofico gli abbondò così che sopravolò alcune parti del manoscritto, e riservò ad una seconda lettura il dire particolarmente delle molte lettere inedite che ha in animo di pubblicare. Quanto dottamente disse in tale lettura aumenta più e più il desiderio di vedere compiuta la promessa Monografia che certo farà onore alla patria letteratura e pel laudato e pel laudatore. L'illustre monsignore Iacopo Bernardi scrisse all' Unione (vedi N. 15) una lettera intorno alla accennata lettura ; e noi speriamo di poterne informare più diffusamente i lettori subitochè sia comparsa la solita Relazione del Secretarlo dell'Istituto. Veniamo a sapere, e lo annunziamo cou sentimento di patrio orgoglio ai nostri comprovinciali, che alcune pubblicazioni scientifiche del dottor Domenico Lovisato d'Isola, professore di storia naturale nella R. Università di Sassari, hanno avuto, come a dire, una nuova cresima da parte di dotto e assai competente Consesso. L'Accademia dei Lincèi accordò, (è già qualche mese), al nostro Lovisato la metà di uno dei due premi Ministeriali di lire 3000 l'uno, per la sua Memoria — Nuovi oggetti litici della Calabria — e per la Monografia — Il monte di Tiriolo. La prima parte dei Nuovi oggetti litici è stata pubblicata nel Bollettino della Società Adriatica di Scienze naturali in Trieste, annata III N.° 3, col titolo — Di alcune azze, scalpelli, martelli ecc. ecc., e la Provincia ne ha parlato già allora con lode nel suo N.° 8 dell'anno 1878. — La seconda e la terza parte, presentati» all'Accademia dei Lincèi uelle sedute dei 16 giugno 1878, e dei 6 aprile 1879, sono stato stampate a Roma negli Atti dell'Accademia stessa, fra le Memorie della classe di scienze fisiche, matematiche e naturali, serie III voi. II e III. — Come la prima, così anche le altre due parti sono accompagnate da tavole cou opportuni e molto espressivi disegni, e i pezzi raccolti, descritti o comunque illustrati dal Ch : Autore ascendono a ben 232. La Monografia del Monte di Tiriolo è stata stampata a Catanzaro nella Cronaca Liceale 1877-78. La Redazione della Provincia in questa occasione fa sue e ripete all'egregio e dotto Istriano le gratulazioni e gl'inviti espressi nell'articolo bibliografico di sopra citato. L' ultimo Numero dell' Unione del 9 Maggio contiene una bibliografia dell'egregio Cav. T. Luciani, sul recente libro — Glorie Venete, Versi dell'avv. G. B. Lantana. Venezia Tip. dell'Istituto Colletti. 1880. Telegrafano da Roma al Sole: L'esportazione di vini italiani nel primo trimestre 1880 all'estero raggiunse il mezzo milione di ettolitri.' L'ADELE DI VOLFINGA DEL MAESTRO ALBERTO GIOVANNINI Nell'ultimo numero di questo periodico annunciammo che a Trieste e in provincia l'aspettativa dell'„Adele df Volfinga" era'grande: oggi, otto giorni dopo la terza rappresentazione1) — serata d'onore del bravo nostro concittadino — possiamo dire che il successo non fu grande, ma colossale, e che lascierà orme luminose ed incancellabili nell'avvenire, meritando il nome dell'autore di venir registrato negli annali dell a nostra patria come quello di una vera e fulgida gloria. Noi, giunti troppo tardi, non possiamo che ripetere quanto fin oggi fu detto dalla stampa triestina, recandone qui i più notevoli suoi apprezzamenti in ordine di data. Diciamo solo, per incidenza, che se il comporre uno spartito fu ardua prova in ogni tempo, lo è più assai in oggi che le esigenze in fatto di musica aumentarono col ripetersi degli audaci tentativi dei migliori ingegni per raggiungere nuove forme di ideali nei campi dell'arte. — Qual giusta compiacenza non è stata quindi pel distinto maestro Giovannini, l'imponente dimostrazione fattagli dai triestini e dagli altri suoi comprovinciali ì Noi, inviandogli qui le nostre più vive felicitazioni, gli auguriamo che il celebrato suo lavoro possa ottenere in altri luoghi il grandissimo successo ottenuto nella simpatica e colta città di Trieste, a nessun' altra seconda per intelligenza musicale. Or' ecco i giudizii della stampa triestina sulla „ Adele di Volfinga" : Ieri sera abbiamo assistito, lo possiamo ben dire, ad uu avvenimento musicale, che segnerà una pagina gloriosa nei fasti del Politeama Rossetti, alla prima rappresentazione cioè, della nuova opera del maestro Alberto Giovannini, Adele di Volfinga. Non occorre dire come il teatro fosse affollato; come vi brillasse tutta la finefleur della città e come nessuno vi mancasse di quanti s'interessano alle arti. Incominciata alle otto precise, 1' opera è finita nn po' dopo lo scoccar delle dodici. E per oltre quattr' ore il pubblico assistette con attenzione, che diremo religiosa, allo spettacolo, prorompendo tratto tratto in applausi a lungo echeggianti.......Scrivendo quest' opera il maestro Giovannini tentò felicemente di fondere la scuola italiana e germanica, studiando dalla prima la chiarezza del discorso melodico e dalla seconda la ricchezza delle vaste armonie, nonché la liberta assoluta da ogni formola convenzionale. Nella parte istrumentale h'Adele fu ormai da-ta al Politeama quattro volte, e per la beneficiata della distinta sig.ra De Giuli-Borsi ne furono rappresentati i due primi atti. Domenica, 16 corrente, se ne darà la quinta rappresentazione. si valse di quanto fin' ora venne prodotto dai sommi maestri di tutte le scuole. Lo stile generale dell'opera è severo e i procedimenti armonici per lo più ricercati ; ma la melodia vi predomina sempre, anche quando la situazione drammatica obbliga il compositore a fare sloggio di colori armonici. (Adria) Anche giovedì (6) alla seconda recita, Adele di Volfinga ottenne il pieno suffragio di pubblico numeroso, che venti e più volte volle salutare sulla scena il maestro Giovannini. . . . ___(La stessa) Nella serata d'onore (8) il maestro Giovannini fu evocato alla scena, con applausi entusiastici 35 volte. Gli vennero presentate cinque bellissime corone; una, fregiata di ricchi nastri giallo-azzurri — colori della città — a frange d' argento, portava la scritta: Al suo Alberto Giovannini — 11 Municipio di Capodistria. Le altre, tutte con ricchi nastri ed iscrizioni, erano offerte all'esimio maestro dalla Direzione del Politeama, dalla Società filarmouico-drammatica, dagli amici, dal Barone Emilio de Morpurgo, che mostrasi sempre intelligente e liberale mecenate delle arti. Finito lo spettacolo, il maestro Giovannini fu aspettato da numerosa schiera di ammiratori, che gli fecero una vera ovazione, cui prendeva parte tutto il pubblico, mentre il corpo musicale del Politeama lo salutava con una improvvisa serenata. Per completare la nostra relazione su\\'Adele di Volfinga per ciò che concerne l'esecuzione — in quanto al merito intrinseco dell' opera, bastando accennare che il pubblico alla seconda e terza recita ha pienamente confermato il luminosissimo successo della prima — diremo che superiore ad ogni elogio, sotto ogni riguardo, è 1' egregio maestro Gialdino Gialdiui, concertatore e direttore, nonché tutta l'orchestra, e degnissime di lode le masse corali guidate dal bravo maestro Toresella, e la banda diretta dal valente maestro Scherenzel. (La stessa) Si sente, senza forse potersene rendere esatto conto, che il lavoro musicale dei Giovannini non è di novizio, ma di vero maestro che sa trattare, svolgere, combinare tutte le possibili astruserie; che conosce a perfezione le voci e gli effetti infiniti degli istrumenti e sa combinarli e con filosofia profonda adattarli così che esprimano chiaro ed armonicamente informato il pensiero che gli domina nella mente; si sente che la vena melodica non fa difetto nel maestro ; ci si delizia allo inatteso sprigionarsi di belle, eleganti frasi melodiche, che poi sfumano, svaniscono e si confondono nella tavolozza armonica, libere da vincoli, da tradizioni, da convenzioni. .... Detto questo, non c'è bisogno di aggiungere a quale stile appartenga la musica del Giovannini e si può accettare, salvo a ricredersi in seguito dopo più attento e freddo esame, all' opinione emessa jersera che si tratti d'una fusione delle modeine scuole italiana ed alemanna. Detto della impressione complessa, veniamo alle impressioni che chiameremo semplici, registrando i pezzi più vigorosi e generali che strapparono gli applausi, e sono: la sinfonia -ouverture, il còro dei fuggiaschi, e il coro marcia che chiude il I atto; il duetto fra tenore e prima douna, 1' aria del baritono, e la stretta finale del II atto; il quartetto e la chiusa del III atto e la scena del delirio di Adele nel IV. — Accennato copi all'ingrosso al bello che più spicca nell'opera, conveniamo che molte altre bellezze sono qua e là sparse e ci sarà dato rilevarle in seguito; che nel suo assieme l'Adele di Volfinga è un componimento degno del giovane e simpatico professore del celebre Conservatorio di Milano. (Cittadino) Sulla seconda rappresentazione così si esprime lo stesso giornale: — Tutti i pezzi applauditi mercoledì sera lo furono anche jeri, e l'autore ebbe oltre venti chiamate al proscenio, con questo di più che parecchi pezzi meglio interpretati furono meglio compresi, quindi più gustati, y.^.. f. ,-.) • t, , Sarebbe opera molto inconsulta il voler dare un giudizio preciso e ragionato sul merito dello spartito che jersera fu per la prima volta rappresentato al nostro Politeama. — Sarebbe un fare ad inconsulta fidanza col proprio criterio e sarebbe un mancare del dovuto rispetto all' imponenza del lavoro ed alla scienza del maestro. L'Adele di Volfinga nel suo complesso ha un'impronta veramente grandiosa. C' è uno sfoggio di scienza armonica che stupisce. L' orchestrazione così ricca, così elaborata, così splendida, che ci vorrebbe un lungo studio a rilevarne tutti i meriti e tutte le bellezze. Gli stromenti incrociano le loro voci con effetti di sonorità nuovi ed arditi, ci sono tratto tratto dei lampi di chiara melodia che guizzano, con mirabile potenza artistica, tra i più dotti lavori del contrappunto. L' egregio maestro Giovannini rivela ad ogni pagina del suo spartito quanto profondo sia il suo sapere musicale, quanto egli conosca intimamente i mille segreti che la dea. sublime del suono asconde in sè. . . . L' esecuzione — avuto riguardo alla difficoltà dello spartito — è stata assai lodevole. Va rammentato iu primo luogo il maestro Gialdiui, che pose ogni cura alla riuscita del concerto. Degna della sua fama di egregia cantante la signora De Giuli-Borsi ; — meritevoli di encomio il Sani, il Ciapini, il Serbolini, nonché la signorina Malvezzi.__(Indipendente) Profeti — prima della rappresentazione del nuovo spartito — di buon augurio, siamo lietissimi che i fatti abbiano confermato le nostre previsioni, e andiamo orgogliosi ora di aggiungere un nome di più a quel drappello di eletti figli che onorano la nostra terra. — Per quanto ci viene fatto sapere, il maestro Giovannini è in istrette trattative colla signora Lucca per la vendita dello spartito E così sia — dopo la gloria — i quattrini, (indip.) Nuove dimostrazioni di entusiasmo si ebbe il Giovannini a Capodistria, sua patria, la sera del 9, nel teatro sociale, dove si rappresentava la Pia de' Tolomei. Comparso improvvisamente al II atto nel palchetto municipale, fu accolto con fragorosi e prolungati applausi dal pubblico ivi accorso in buon numero, e fu poi dallo stesso accompagnato a casa in mezzo ai concenti della civica banda e fra la luce di variopinti fuochi bengalici. Cose locali eittahi v>ij iìoihrì « jìxii'i'ailih oJffiunfiqgii fid Le scene del nostro teatro, come già annunciammo, furono occupate per un breve corso di recite dalla compagnia Olivieri. Vi primeggiarono : la signora Fabbri-Olivieri, attrice di bella presenza e già innanzi nell'arte; il signor Ernesto Olivieri che possiede vantaggiosi doni naturali e che riesce in particolare nelle parti forti e di slancio ; il Fortunati caratterista intel- ligente e di ottima scuola benché un po' vecchia ; il Fiorii» promiscuo simpatico e premuroso, e filialmente il signor Adolfo Buccellati, attore giovanissimo, perlasua buona recitazione nel dialogo famigliare. --Delle nove produzioni date, ricordiamo le migliori ; cioè la ^Francesca da Rimini", la „Pia de' Tolomei", la „Marcellina", „Sulliyanf, e la „Donua romantica." Et de hoc satis! !.|| .. ■ M Mi1' I ■ ;• - ■ .!■■'!. 'i : -:ii! "i'V ìj'. : ■— Appunti bibliografici Giacomo Zanella. Storia della letteratura italiana dalla pace di Aquisgrana ai giorni nostri. Milano. Vallardi editore 1879. Questa storia dell' illustre Zanella fa parte di un'opera di mole. — L'Italia sotto l'aspetto fisico, storico, artistico ecc. ecc. — La parte letteraria fu affidata a vari autori, dei quali alcuni hanno già compiuto 1' opera loro ; altri 1' hanno recata bene innanzi. Così la storia della letteratura romana fu trattata dal Tamagni e dal D'Ovidio; il Baiteli scrive — I primi due secoli della letteratura italiana; l'Invernizzi la storia pure della letteratura nostra dal 1375 al 1494; il Canello dal 1494 alla morte del Tasso ; il Morsolin dal 1595 al trattato d'Aqilisgraua ; da questo fino a giorni nostri il noto professore e poeta Ab. Giacomo Zanella. E dunque un lavoro che deve essere condotto a fine da molte forze unite. Anche occorre subito notare come 1* opera dello Zanella non sia compiuta; ne sono usciti tre fascicoli, e ne mancano altri due, o forse tre. Avrei desiderato di annunziare ai lettori della Provincia ad opera finita il lavoro ; ma poiché al Fanfulla della Domenica Anno II. Num. 7, parve opportuno di darci già il suo giudizio con la solita amabile disinvoltura ; l'esempio di un così autorevole scrittore ci dà coraggio di manifestare la nostra qualsiasi opinione un po' discorde a dir vero da quella del sig. W. critico come sopra. E tanto per cominciare, al Fanfulla della Domenica non piace il metodo tenuto dallo Zanella, che gli ricorda quello del Tiraboschi e non corrisponde al concetto odierno di una storia letteraria. E sia; se non che questa dello Zanella non è propriamente una storia letteraria, ma un brano di storia della nostra lettera-tura,\che fa poi parte di un' opera compilata con vari i intendimenti. — Il brillantissimo Fanfulla non ci vorrà, speriamo, rispondere che se non è zuppa è pan bagnato : sarebbe un bellissimo tratto di spirito ; uia i tratti di spirito non sono sempre ragioni. Lo Zanella infatti avea a darci solo la storia particolare di uu dato periodo, che entra nell' opera come la parte di un tutto ; di un lavoro che segue un po' il metodo del dizionario enciclopedico per infarinare i semidotti, e rendere più agevole 1' opera di un grande ingegno. In iscritti di tal genere quello si richiede prima di tutto è invece l'esattezza ^diligenza. E davvero lo Zanella non ha risparmiato diligenza e fatica per rendere completa 1' opera sua : se qualche nome fu dimenticato, specie tra gli scienziati moderni, non è tutta colpa dell' autore, ma un po' di tutti noi, che, fatta l'Italia, non sappiamo ancora deciderci a fare gli italiani ; e tiriamo a vivere all' ombra del campanile; e un po' anche colpa dei giornalisti, i magni non esclusi, che hanno la loro brava misura all' officio di compilazione, e chi non arriva a quella, che deve essere secondo loro l'altezza legale, è scartato, come si fa coi coscritti e messo nel dimenticatoio. Esempio il compianto Sani di Reggio d' Emilia, che attese trent'anni a scriver versi bellissimi e ne fece due edizioni, senza che quei siguori là ne sapessero un' acca. L'egregio autore nell'introduzione prende le mosse da un motto del Guerzoni ; e a dimostrare come all'epoca nostra non si conveniva il nome di terzo rinascimento, passa a discorrere della letteratura francese, inglese e tedesca, affinchè si cessi dal credere che siamo sempre noi a tenere il mestolo in mano, e a pascerci di ridicolo orgoglio. Nobilissimo intento che dimostra come l'autore, benché così preso tra le strettoje del brano assegnato, abbia largamente immaginata l'opera sua; di che tutti noi gli dobbiamo essere gratissimi, escluso forse il Guerzoni, il quale potrebbe rispondergli : risorgimento fu veramente il nostro, rispetto alle condizioni e agli interni effetti, risorgimeuto italiano e nou intemazionale ; se altri ci è andato innanzi, o ci viene amichevolmente a lato, ciò non toglie verità al titolo ; tanto più che la parola risorgimento implica morte o sonno, e mentre noi si dormiva, altri più giovani sentivauo tutto il fervore della vita nuova. Convengo pure col critico del Fanfulla nel riconoscere che in questa introduzione le idee potevano forse meglio condensarsi ; e dato uno sguardo generale, meno insistere nelle particolarità biografiche. Non credo invece si possa accusare di contradizione il chiarissimo autore, se, dopo avere dimostrato che l'Italia fu minore in letteratura delle altre nazioni, e riferita la lunga lista dei cultori delle scienze in Italia, si compiace di aver provato ingiusta 1' opinione del Settembrini, il quale sentenziò — .,non aver fatto i nostri in questi aitimi anni se non ripetere i concetti degli scienziati stranieri." Fra due estremi opposti, fra chi vorrebbe tirarci sulle nuvole o gettarci addirittura nel fango, c'è tanto spazio da lasciar luogo a quella benedetta virtù conciliativa, che quando si compiace di camminare iu mezzo alla strada, nou è poi sempre poltrona ; senza dire che nella conclusione lo Zanella nou parla veramente di lettere, ma di scienze. Lo stesso dicasi di tante altre apparenti contradizioni che il critico si affretta di notare, con una compiacenza mal dissimulata come di cacciatore novellino che sta dietro alle siepi a cogliere i passeri al volo. Lo Zanella da buon critico ci presenta sotto ogni aspetto un autore; fa come l'artista che colloca iu varia luce il suo quadro affinchè ne risaltino tutte le parti ; qual meraviglia se ciò che- appariva tozzo di fronte, si disegni giusto e profilato in iscorcio : basta che il quadro nella sua totalità ci apparisca bene intonato, semplice ed uno. Così non vi ha contradizione se quello era pregio in un autore, si fa apparire per altra ragione difetto. Perciò se a pagina 89 lo Zanella dice che il Cesarotti „ non diede di soverchio nel sonoro e nel gonfiou e poco dopo a pag. 93 aggiunge che — ,»w« seppe temperarsi da quel suo verseggiare sonante e frondoso" ed è quindi appuntato di contradizione dal Faufulla ; se si esamineranno non le nude parole, ma il contesto, il giudizio del Fanfulla apparirà non solo severo, ma ingiusto. A pag. 89 infatti lo Zanella rileva i meriti d*d Cesarotti nella versione dell' Ossian, e afferma che l'opera sua fu utile a guarire dalla vacuità frugoniana e dalle insipidi dolcezze dell' Arcadia, onde il suo verso sciolto vigoroso, sonante e opportunamente spezzato servì di modello all'Alfieri; uè si ha a credere rche dia di soverchio nel sonoro e nel gonfio." A pag. 93 invece, toccando dei difetti, e specie della versione di Giovenale, che dovea essere serrata come 1' originale, deplora che il Cesarotti — qualunque sia la materia che tratta {sic ! ) non abbia saputo temperarsi da quel suo verseggiare sonante e frondoso che in altri argomenti, in altre versioni, e con altri scopi potea passare benissimo. La contradizione sta adunque nella frase così nuda, e non nel concotto. E chi vorrebbe appuntare di contradizione un critico, se di qua, lodasse 1' Alfieri pel suo verso aspro ed oscuro, atto a correggere le vacuità dell' Arcadia, e a ritemperare il carattere, di là osservasse che quella asprezza, qualunque sia la materia che tratti, ed i personaggi che fa parlare, a breve andare stanchi l'orecchio e la inente? Più grave accusa mosse il critico del Fanfulla allo Zanella, rimproverandolo d'intolleranza filosofica, religiosa e letteraria, e scrivendo che — „ ogni tanto sotto la toga del professore in lui spunta il collarino dell'abate". E prima di tutto che cosa è questa moda di giudicare uu uomo non per quello che egli è realmente, ma per la sua professione ? E per essere giusti, poiché, 1 gli scrittori, a cui le lettere diauo pane si possono in Italia contare sulle dita, anziché pigliarcela sempre con gli abati, perchè non chiediamo conto anche agli altri della loro professione? In Italia ci sono avvocati, giornalisti, professori, maestrine, e perfino banchieri e commercianti the pubblicano libri di scienze, lettere ed arti e scrivono versi e romanzi. Eppure solo il collarino ci dà ai nervi, e perchè non le facciuole del causidico, gli occhiali e la cravatta, la sciarpetta e il grembialino? Ogni uomo ritrae Lalla propria iudole, e uu po' anche dalla professione, lui particolare modo di vedere e di sentire, e che, mantenuto ne'giusti limiti, cresce efficacia all'originalità j e allo stile. Poi quel fare qualche cosa ai mondo, e rendersi itile con la vita d'azione ci dà vigoria, fiducia, tranquillità ; ed armonia alla mente: doti tutte che negli scritti gradevolmente si manifestano. Credo, per esempio, che il letterato e 1' uomo non avrebbero nulla perduto, se I il Foscolo, invece di fare il girellone, si fosse trovato un pochino come il Grossi liei panni curialeschi di imperiale-regio notajo. Ma non usciamo dalla questione. Se poi la professione in cui uno si trova imbarcato, i così attira a sè lo scrittore, da non fargli vedere una spanna più in là del collare o della facciuola come pur troppo avvenne a moltissimi abati, che vivono in un mondo che non è il nostro, allora gli è 1111 altro pajo di maniche. Ma uua tale accusa non si può muovere all' ottimo abate Zanella, che negli scritti e nelle opere ] si dimostrò sempre buon cittadino, od anche in questo I libro ci diede nuove prove del suo animo liberale e : del sincero affetto alla patria, specialmeute dove tocca della fiacca e corruttrice letteratura gesuitica (vedi giudizio sul Bettinelli pag. 95) e sull'educazione del sodalizio i famoso. L' uomo che scrisse queste pagine, che anche al | Faufulla parvero belle, e sono bellissime, uon si sentì certo soffocare dal collarino; nè gli si può ragionevolmente ì rimproverare il suo stato. Se poi con qualche frase un po' caustica, forse per gettare un po' d'acqua su certi ' entusiasmi periodici, in occasione del centenario di Voltaire, lo Zanella disse chiaro e tondo il suo parere, ] lo fece non come abate, ma quale credente, e la sua è 1 perciò un'opinionerispettabilissima. Oh che! Sono permesse 1 certe intolleranze, certe insolenze con Domeueddio ;. si fa cascare san Luigi in deliquio tra le braccia di santa Teresa ; e non sarà permesso a chi ci crede dalle tegole in su di trovare tutto questo barocco e detestabile, senza offendere la tolleranza V Io posso, anzi devo tollerare che ognuno la pensi e senta come vuole in religione, filosofia e letteratura a seconda delle varie chiesuole, cattedre e calofilie ; ma quando i principi, le dottrine, i gusti sono tali da minare le basi del vero, del buono, e disseccare le fonti del bello, allora, pur lasciando sbraitare gli altri, ogni galantuomo ha il diritto di difendere il buono, il vero, il bello e con tutta la vivacità e la forza che viene allo stile dal caldo amore, si porta alla verità e alla bellezza. E qui giova rappresentare uua verità molto dimenticata. Come c'è un bello assoluto che pochi sentono anche in mezzo alla depravazione generale (e questo ha detto il Rovani) e perciò si sforzano difendere a rischio di passare per intolleranti, così c' è una verità assoluta e principi fondamentali sui quali sempre si è basata la coscienza umana, che ogni credente ha l'obbligo di strenuamente difendere anche se non si trova quattro dita di collare intorno al collo. Per esempio se tutti i giornalisti d'Italia si ostinassero a dire che la metrica nuova è una grau bella cosa, e gli Elzeviriani stupendi, e tutti gli scrittori di musica a proposito di wagneriani ripetessero quella melensa frase del Filippi — musica paradisiaca, io con molti altri di parere contrario, uii ostinerei da parte mia a ripetere che il buon gusto se n' è ito, e morirei con questa salda fede che il tempo galantuomo mi avrebbe reso un qualche giorno giustizia. Accadde pur così anche col barocco del seicento. Si lasci adunque lo Zanella difendere Dio e il Cristianesimo, in mezzo a tante grida che vengono dal campo opposto, e non lo si accusi per questo d'intolleranza religiosa, filosofica e letteraria. '). Ed ora, tanto per tirare un pochino 1' ajuolo alle cose nostre, direbbe qualche imitatore del padre Cesari, noterò al lettore istriano come i nomi dei nostri illustri ') E non sono poi sologliabati letterati che tirano all'intolleranza. E i letterati giornalisti ? Quante volte la libera critica imbroglia 1' ali nelle pagine del libro maestro degli abbonati 0 affigliati. Tale accusa non tocca al simpatico Fatifulla che ha dato spesso il nobile esempio di dire cose de populo barbaro anche de' suoi stessi collaboratori; e fruga, fruga pur di frugare, fruga anche sopra sè stesso. C' è però sempre quell' altro guajo del trattar le cose superficialmente, di cavarci da un imbroglio con un frizzo, con un tratto di spirito, e giuocare a rimbalzello sotto gamba. Si aggiunga quella benedetta fretta che non dà tempo al giudizio e si fida ai consigli e ai regali degli amici. Ne volete un esempio ? Nell'anno II, Num. IO, 7 Marzo, 1880 il Fanfulla della Domenica. naturalmente stimandola bella, anzi bellissima, ci regalò una poesia di un soziò — Enrico Panzacchi. — Un Centauro. Lui, il sig. Enrico, non il Centauro, deplora in questa poesia che la natura generatrice di tante altre bestie, non abbia generato quel caro bestione del Centauro. ...... Natura prava Di tante vite inani Generatrice, ahi, te non generava. Ma si dia pace, l'egregio Panzacchi e freni il suo dolore. Spremi, spremi, il menzognero vapor, quel tal vento che andò a soffiare noi vèntre alla cavalla e a farle bruire le budella, è sempre un elemento, un prodotto di mamma natura, generatrice come sopra. Ma c'è ben altro. In quei versi si dice che i Centauri sono: Laggiù piantati sugli scogli neri Intesi a saettar ferocemente L' ombra de' barattieri Che uscian fuor della pegola bollente ; mentre non c' è sealzagatto di scolaro di liceo che non sappia destinati invece a questo ufficio i diavoli neri sotto la condotta del caporale Barbariccia, il quale potrebbe anche aversela a male di questo cangiamento di mestiere, e farne una delle sue. Via, per un giornale, che con ammirabile costanza insegna le regole di prosodia ai poeti novellini, la svista è a dir vero un po' grossa. uon siano stati dimenticati dallo Zanella. Così a pag. 82 vi si la menzione del capodistriano Gian Rinaldo Carli "le cui opere d'immensa erudizione sarebbero più studiate se l1 intralciato contorcimento di sesquipedali periodi non affaticasse ed annojasse i lettori.,, E talee veramente lo stile del Carli. Non sempre però; 1' egregio uomo in sulle prime ci si presenta con quel suo fare compassato di gentiluomo e commendatore ; ma una volta preso 1' aire, smette dai divincolamenti, e scrive semplice e schietto. Piuttosto che sesquipedali i suoi periodi mi sembrano dinoccolati per quel benedetto vizio di farci sospirare il verbo alla chiusa del periodo sonoro. Ma quanto è sempre ammirabile per la sterminata erudizione! A pag. 153 è fatta menzione di Alberto Fortis ex agostiniano di Padova, che cominciò la sua carriera geologica nel 1771 col viaggio dell'isola di Cherso e Ossero, e argomentò possibile la venuta degli Argonauti nell' Adriatico. Tra i moderni scienziati è ricordato pure a pag. 1G5 Adolfo Stossich, che enumerò i molluschi dell' Adriatico. p. T. *--—. ■ .! 1 1 i" —r-rHi-" . --:■ . j:: POESIE GIOVANILI Annunciamo, con molto piacere, il risveglio da qualche tempo sorto tra noi nel campo letterario, e dobbiamo attribuire gran parte di merito alla direzione del locale periodico L' Unione, che apre le sue pagiue a palestra dei giovani ingegni istriani. Notiamo per esempio, questa volta, la promettente disposizione poetica del giovane Arturo Pasdera, poco più che ventenne, il quale in due numeri del succitato periodico ci dà uu saggio di quanto saprà fare iu avvenire, nell' ode a Carlo de Frauceschi, autore di recente patrio lavoro e nella canzone alla Musa di Leopardi, di quel grande che sciagure domestiche e fisiche imperfezioni resero cotanto infelice. Ci si obbietterà forse che l'argomento triste e sconsolato mal si presta ad un' età tutta sorriso e speranze ; ma noi riteniamo che precipuo scopo del Pasdera sia stato di condannare quei moderni scrittori che per ostentazione di verismo, mostrano compiacersi alla vista del frale marcio e dei vermi brulicanti ne le fetenti occhiaje. — Quanto poi il Pasdera sia ammiratore del poeta e filosofo recanatese, bastino a mostrarlo i seguenti versi : Funereo disperato il verso, o Grande, De l'imo seu t' uscia : „Dne cose belle ha il mondo, Amore e Morte" E ineffabil conforto a l'alma t'era Il mesto cauto. Disperasti, e forte Pur, uon volente, a noi sperar apprendi! Ma il secol tuo severo Tosto t'è incontro e grida - affoghi e pera L'alta bestemmia in core A 1' ateo infausto ed empio. Fuggi ! fuggi Ratto, o garzon, da l'infornai potente Orpello seduttore, Che 1' alme attosca e uccide ! - Obbediente - Spirto gentil mercè - le misteriose Parole accolsi io pur, nè sì paventa Inesperto fanciul la buia cella, Cui piage con paurose Fole la madre, come io allor quel santo Libro fuggia, per ch'or m'accendo e canto! Ma se il giovane signor Pasdera amò questa volta ispirarsi nel meraviglioso ingegno, che insegnava alle madri italiane a provvedere di forti esempi al sangue loro, rifugga però dalla tristezza morbosa di certi poeti, tenendo sempre a mente queste memorabili parole del Giusti, indirizzate ad un giovane : "Voi siete in quell'età .'iMiuri • che dona Della propria virtù pregio alla vita. Tutto deve sorridere intorno a voi, perchè la vostra condizione nou è tale da turbarvi questa gioja unica, fuggitiva, dei primi auni. Perchè dunque, mio caro, affettare un'infelicità che uon potete sentire? perchè offuscare con dolori mesti le immagini delicate e soavissime che vi si affacciano alla mente ?..... L'assuefarci a crederci infelici, induce ad accusare d'ingiustizia 1 'ordine delle cose, ci fa credere d'essere soli sulla terra, e termina col precipitarci in quell'apatìa che avvelena le più dolci affezioni, le più nobili facoltà. B. D. —r—:—■■ I1' : -.''.■■--— -♦---: i "j ANNUNZIO BIBLIOGRAFI CO 1105 M'jlibfl J>mil>in yilll* sij.i • Ciliìjl , Fratellanze segrete. — Studio di Giovanni de Castro. (Tipografia editrice lombarda. — Un voi. in 8°, di pag. XII-490. Prezzo lire 5). Novissima pubblicazione che attesta una volta di più lo spirito indagatore, l'ingegno, la dottrina e la operosità di Autore già chiaro nel mondo letterario e siugolarmente caro a noi istriani. Riservandoci di dare in seguito relazione particolareggiata dell'opera, che, a dirla colle sue parole, è un rapido esame dello spirito settario e corporativo nella vecchia Europa, ricordiamo ai nostri lettori che il professore Giovanni de Castro, se non è istriano, è figlio d'istriano e discende, se siamo bene informati, dalla famiglia di quel G. Battista de Castro condottiero di cavalleria, il quale dopo aver militato sotto i vessilli della repubblica di Venezia per oltre cinquantanni, e aver dato in molte guerre cospicue prove di fedeltà e di valore, morì tranquillamente uella patria Pirano fra le braccia della cousorte e dei figli, come ne fa testimonianza il sepolcro erettogli da un suo nipote Vincenzo nella chiesa di quei Minori Conventuali. Il chiaro Autore avverte essersi proposto di far seguire a questo un altro studio sui Cospiratori, — e che stà già adesso correggendo le bozze di un volume intitolato: Milano durante la dominazione napoleonica. L'operosità battagliera dell' atavo rivive, pare, nel pronipote trasformata in operosità letteraria, della quale diede e dà tuttavia esempio mirabile il padre di lui Comm. Vincenzo. È un modo di combattere anche questo — per la giustizia e la verità contro l'inerzia e l'errore, nemici perpetui del sociale progresso e dell'onore nazionale. Epperciò sentiamo il bisogno di tributare la maggior nostra ammirazione a chi impiega così nobilmente il suo ingegno e il suo tempo, e speriamo che l'egregio professore accoglierà la voce che gli manda in questa occasione la terra dei suoi padri come un ricordo, un invito, un augurio.