ANNO XIX. Capodistria, 1 Febbraio 1885. N. 3. LA PROVINCIA DELL'ISTRIA Esce il 1° ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3; semestre e quadrimestre in proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso la Sedazione. La pesca lungo la nostra costa. (Dal "Manuale di Geogr.„ ecc. del prof. Benussi). Lo studio della statistica e della storia patria è studio di moda a' dì nostri ; ma nella maniera ond' è coltivato dal professor Benussi e da altri bravi Istriani è studio di tutti i tempi. Nel Manuale del professor Benussi abbiamo ricchissima messe di dati, di notizie, di note, di prospetti, e di cifre. La dettatura è chiara, e le riflessioni che ne fluiscono sono spontanee e sicure : non sono insomma brani mal cuciti, ma frutto di un' opera paziente, che potrà servire tanto al giovane che principia a conoscere il suo paese, quanto allo scienziato che ha già fatte confortanti iuvestigazioni e ha preparata una ricca messe per l'avvenire. A dare una qualche informazione al nostro lettore dell' importanza di questo Manuale del professor Benussi, riportiamo qui quanto egli ha raccolto sulla pesca lungo la nostra costa. Pesca. — 1. Importante per la popolazione alla costa si è la pesca, alla quale si dedicano oltre a 4000 persone con 1156 barche. Ma anche qui, abbenchè la conformazione delle nostre coste e le condizioni fisiche del fondo marino favoriscano la produzione e l'alimentazione di una ricca vita animale, la mancanza di un metodo razionale di pesca fa sì che anche questo importante ramo di produzione vada diminuendo. Si calcola l'odierno prodotto della pesca per 4[5 inferiore a quello che potrebbe essere in condizioni normali. Quindi Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Db numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. il prezzo del pesce è esorbitante, e 1' esportazione limitatissima. 2. La produzione annua media nelF ultimo quinquennio 1877-1881 fu di 30000 quintali e 523000 pezzi, del valore di fior. 622000 (il 30% del ricavato della pesca marittima di tutto l'Impero), così divisi fra i capitanati di porto : Capitanato di quint. m. pezzi valore f. rend. per 1 eh. di costa Trieste 16905 41199 304189 2187 Bo vigno 5454 116859 132393 907 Pola 4133 456073 115562 475 Lussino 3542 9211 70254 115 Il consumo locale varia dai 13 ai 15000 quintali metrici ; il rimanente si esporta in istato fresco o salato. 3. La principale pesca delle nostre coste è quella delle sardelle e delle acciughe (sardoni), che sostituisce nel bacino del Mediterraneo quella delle aringhe, quantunque non giunga alle proporzioni colossali di queste. La quantità è di 710 quint. metr. del valore di 162000 fiorini. Alle sardelle seguono i barboni per 73000 fiorini, importanti, specialmente nel capitanato di Trieste; quindi i cefali o muggini (cioè i cievoli, le volpine ecc.) per 34000 fiorini. Per le isole del Quarnero d'importanza è la pesca del tonno, del valore di 21500 fiorini. Si pescano inoltre branzini, moli, sfogli ecc. ecc. — I grami e gli astici si trovano di preferenza nei capitanati di porto di Rovigno e di Pola, ove rappresentano un 18 valore di 23000 fiorini. Rimarchevole è da ultimo lo scampo, crostaceo proprio delle acque della Norvegia, e che in nessun altro luogo dell' A-driatico si trova all' infuori che nel Quarnero, nò varca mai i limiti della sua ristretta area di diffusione. 4. Da qualche anno presero a stabilirsi (a Grado, Barcola, Duino, Isola, Rovigno) delle fabbriche per la preparazione delle sardelle in olio ad uso di Nantes. Abbenchè questa industria sia da noi nei suoi * primordi, la relativa produzione è abbastanza considerevole, superando il milione di scatole all' anno, contenente ogni scatola da 5-50 sardelle. CORRISPONDENZE. Tirano, 26 gennaro 1885. L' egregio corrispondente P. T., che sebbene lontano dall' Istria si occupa assiduamente delle cose nostre con intelletto d'amore, nella sua bellissima recensione sulle »Notizie storiche del castello di Portole, pubblicata nella puntata 16 dicembre 1884 della „Provincia, tocca'^er incidenza anche di un dipinto scoperto a Portole, di certo Clereginus de lustinopoli, pittore fin qui sconosciur.o. Questo fatto lo conduce a sospettare che a Capo-distria esistesse nel secolo decimo quinto una buona scuola d'artisti, continuata poscia, con isplendide tradizioni, nel secolo successivo, da altra schiera d'artisti, capitanata dai due celebri Carpacci. A conforto di quest'opinione, che per più ragioni presentasi attendibile, non so se si abbiano notizie di altri pittori vissuti in quel secolo a Capodistria; non sarebbe forse difficile il mettersi sulle traccie di qualche altro, facendo una diligente escursione per le nostre chiese istriane, così ricche di tele antiche. Il caso, o dirò meglio, quella matta voglia che ho sempre di ficcare il naso dappertutto, mi ha condotto alla scoperta di altro pittore, se non proprio giustinopolitano di nascita, però giustiao-politano per ragioni d' arte, vissuto sulla fine del secolo XVI e al principio del XVII ; a quest' altro fatto potrebbe convalidare una seconda opinione, che cioè la scuola dei Carpacci ebbe a Capodistria i suoi continuatori anche nel secolo successivo a quello, in cui vissero e fiorirono queste due glorie istriane. .«nJaiboqjBÜ .XIX O/XA Nella chiesa parrochiale d'Isola, e precisamente, ad una delle pareti della Cappella del Sacramento, sta appeso un dipinto colla scritta : "Zorzi Ventura Zaratino pingeva in Capodistria. 1G03.„ Rappresenta la Madonna col Putto, circondata dai santi Rocco e Sebastiano : e in un angolo del quadro stanno in atteggiamento di devoto rispetto due personaggi, forse due maggiorenti o due ufficiali del Comune d'Isola. Il dipinto mi ha 1' aria di un voto, presentando molta somiglianza con le tante tele votive alla Madonna, dipinte per mano di valenti maestri, che ammiransi nelle chiese e gallerie di Venezia. Il dipinto del Ventura, a mio debole avviso, lascia qualche cosa a desiderare dal lato del colorito; sembrami però di buona composizione e nel disegno abbastanza corretto. Di questo stesso pittore esiste altra tela nella chiesa parrochiale di Fasana, figurante la Coena Domini. Nella scritta, che sta in fondo al quadro, il Ventura si dice semplicemente da Capodistria, senza aggiungervi il derivativo "Zaratino, com'è riportato nel dipinto d'Isola. Eccovi la scritta alquanto guasta come la mi venne comunicata da'la cortesia del M. R. Don Osvaldo De Caueva parroco di Fasana, a cui mi sono rivolto per averne copia esatta : ZOR. VINTY RA D.A CAPODIS RIA F......98 Il sullodato M. R. Parroco di Fasana, senza avventurare un giudizio sui pregi artistici della tela — della quale io non ho che una languida memoria per averla veduta una volta sola alla sfuggita — mi scrive però che i personaggi tutti sono bene espressi nelle diverse loro pose, e che parecchi visitatori della chiesa di Fasana furono concordi nel riconoscere in questa tela molto pregio. Evidentemente 1' autore del dipinto di Fasana è l'identico di quello esistente nella chiesa parrochiale d'Isola ; e colla scorta di quest' ultimo dipinto, che porta illesa 1' indicazione della data, si viene a fissare anche la data del primo, che dev' essere senza dubbio il 1598. Il nostro Ventura dunque era da Zara ; però, come pittore dicevasi da Capodistria, per la lunga dimora che deve avere avuto in cotesta città, e più probabilmente perchè quivi avrà imparata 1' arte, e piantato il suo studio. A Capodistria non sarà forse difficile il trovare qualche traccia di questo nuovo artista, finora, che io mi sappia, ignorato. Merita in ogni modo che se ne tenga conto, ] ora specialmente che gli studi sul passato della nostra Provincia, efficacemente promossi e sostenuti da nobilissimi ingegni, vanno di giorno in giorno pigliando nuovo risveglio. G. Dr. B. DIGRESSIONI? Pietro Vergerio Favonio, Giuseppe Verona, giustinopolitani. 6) Neppure di questi due uomini, che certo non furono dei meno savi e operosi e intenti al bene della patria, ma de' più stimati quindi e de' più stimabili, spiacerà, io penso, a' miei concittadini leggere alcune notizie, sieno pur frammentate. Se ne potrà anche giovare chi rifarà le Biografie degl'istriani eccellenti. Chè lo Stancovich tace affatto di Pietro Vergerio Favonio, nè di Giuseppe Verona — ch'io credo il dottore nostro — altro riferisce nel Tomo III pg. 144 N. 398 se non il poco contenuto nel brano di una lettera dal marchese Girolamo Gravisi diretta a G. K. Carli, brano che questi inserì nella sua Lettera aperta a detto marchese intitolata: Notizie compendiose intorno P. P. Vergerio vescovo di Capodistria ecc. datata — Di Milano 26 Ottobre 1785, nel Tomo XV delle "Opere, a pag. 153 sg.: "Cominciò — P. P. Vergerio — da colà — dalla Germania — a sparger prima le sue dottrine, e poscia scagliò le sue invettive. Dodici Trattatelli egli stampò nell'anno 1550 in 12 senza nota di luogo, ma ch'io credo in Basilea, dove allora egli si ritrovava. Sono questi diretti a far conoscere le persecuzioni, alle quali chi sostiene la vera dottrina apostolica è sottoposto, ed a propria giustificazione dell' essersi rifugiato in Germania. Di questi Trattatelli voi nella vostra lettera de' 18 novembre mi scrivete così: Il VI è diretto al Verona, Questi è Giuseppe Verona, che in qut tempi era uno de' più dotti nostri cittadini, e che essendo Provveditore a' confini intervenne a Trento per commissione della Repubblica, allorché si trattò di questo — cioè de' confini? — con i Commissari Imperiali., — Per la quale sentenza di Trento relativamente a Capodistria si vegga quello che ne scrive il Luciani in questa «Provincia, VII 4 pg. 1169. Di Pietro Vergerio Favonio si sa che fra le Eime e Prose di diversi Autori in lode del Serenissimo Principe Nicolò Donato, raccolte da Nicolò Manzuoli Dottor di Legge Giustinopolitano, et dedicate air III. Sig. Nicolò Donato nipote di sua Serenità, Venezia 1620 in 8°. si legge a pgg. 123 anche un Complemento del Dottor et Sindico Vergerio Favonio recitato nella partita del Clarissimo Signor il Signor Nicolò Donato Podestà et Capitanio di Capo d'Istria, il dì 12 Ottobre 1580, nel Tempio maggiore, al cospetto del Donato e di numero-* *) Vedi i numeri 20 e 21 — La colonna ili Santa Giustina e i nuin. 22, 23, 24 an. XVIII, e 2 an. XIX. — Digressioni. sissimo popolo ivi convenuto, secondo il costume, per congedarsi solennemente da esso Donato podestà e capitano. Veggasi anche qui la Lettera aperta del Luciani al Dr. P. Madonizza nella "Provincia, VIII 20, 21, dove a pgg. 1544 sg. è anche recato un brano dell' orazione del Vergerio, e Saggio di bibliografia i-striana N. 2545. Alle quali talune altre poche notizie aggiungerò dunque io, in ordine cronologico, ma promiscue secondo le ò spigolate nè' Libri de' Consigli di Capodistria, che diligentemente esaminai, sebbene lentamente per essere poco pratico del leggere tali scritture non sempre nitide e piane. Ch' è ragione da mettere insieme con quelle altre, per che indugiai a publicare questa povera fatica. Libro N. — agosto 1550 — 24 agosto 1557. cc. 4 v. 5 r. e v. — Die 24 Augusti 1550. Io-seppo di Verona dottor di legge supplica il podestà Gerolamo Ferro ed il maggior consiglio di accogliere lui e suoi legittimi discendenti nel consiglio medesimo. E viene accolto con ballote favorevoli 187, contrarie 44. La qual supplica, perchè in essa il nostro concittadino esprime i nobili e generosi sensi da cui era animato, trascriverò, come altrove ò promesso, in appendice — documento A. c. 7 r. — Die 31 Augusti 1550. Ex.s II. Doctor d. Iosippus Verona è fatto judec insieme con s.r Tisius Lugnanus d, Octamanj, s.r Dominicus del Dello, ex.s d, Metellus de Metdlis. c. 32 r. Die ult.a dccembris 1551 à nativitate. Ex.lens d, Iosippus de Verona è nominato acluocatus co. is insieme con s.r Vinciuerra Lugnanus, s.r Ioannes Vincentius Constantinus, ex.lens d. Metellus de Metellis. cc. 32. v. 33 r. — Die ut ultra. Exc.lens. d. Iosippus de Verona, s.r Dominicus del Dello judices ac exc.s d. d, Nicolaus de Vertijs syndicus pongono 1' optima pars che (,salua, et riseruata la parte in questa ,materia disponente, che alcuna persona non si possi ,tuor in questo cons.o senon liauerà in fauor li tre , quarti de quello) che de cetero non possa alcuno esser ,proposto, et ballotato di esser nel Numero di questo ,conseglio, se prima quel tale, che si proponerà, non ,hauerà depositato ducati cinquanta in mano del cassier ,nostro del fontico, li quali non rimanendo siano tutti ,persi, et di quelli Applicati la metà al fontico di questa ,città, et 1' altra metà al Monte di pietà. Rimanendo »veramente tutti integralmente li siano restituiti., La qual parte è adottata con ballotte favorevoli 124, contrarie 111. c! 61. v. — Die 27 xbris 1552. a Nativitate, podestà Giammaria Contarmi, ,D.nus Ioseph de Verona è fatto judex insieme con D.nus Daniel Othaco. D.nus Ambrosius de Liischis, s.r Laurentius Victorius. Ma poiché, per una parte presa ai 30 agosto dell' anno stesso — v. c. 56 v. — ,che de cetero non si possi confe-,rir per questo cons.o più di un solo off.o ò Magistrato a un solo cittadino che habbi salario ò utilità di ,quello. Ma chi sara eletto a uno off.o con utilità ò ,salario resti contento con quello,, e poiché il Verona è già aduocatus comunitatis e ne gode il salario, però nella carica di giudice gli è del podestà Giammaria Contarmi sostituito D. Aloysius de Pola. (Continua). SPIGOLATURE STORICHE. Il Carli a. Piacenza. Una lettera di Gian' Kinalclo Carli dev'essere certo un dono gradito ai lettori della "Provincia,; ed io la spedisco a codesta Direzione, persuaso che sarà contenta di poterla subito pubblicare. Fra le infinite lettere che scrisse il Carli ne' svaria-tissimi argomenti economici, storici ed archeologici, dirette agli uomini più illustri d'Italia auzi di tutta Europa, questa che regalo ai lettori della Provincia tocca in parte i nostri paesi, ed è perciò di un interesse peculiare per la nostra storia, in oggi così villanamente bistrattata. Il Carli nella lettera presente accenna al celebre eliatico, detto anche aleatico o leatico, e che, come molti sanno, è un vino dolcissimo, potente e prelibato che si spreme da un' uva nera, propria della Toscana. E il Carli ve lo accenna, perchè egli stesso lo introdusse in Istria e lo coltivò con qualche estensione nella sua campagna di Cerè, detta da lui bizzarramente Carlisborgo, e dal fratello Stefano - Villa - Carli o semplicemente Carliana. E il buon costume d'introdurre cose ricercate dalle varie provincie d'Italia, fu come oggi anche allora in voga grandissima presso gl' Istriani dalla Giulia al Quarnero. In questo modo specialmente progredì la nostra agricoltura ; a cui dobbiamo augurare sorti ancora più avventurate. E tornando alla lettera del Carli, è notevole 1' accenno che vi fa di alcuni luoghi del piacentino per la grande rassomiglianza coi luoghi nostri. Ma che direbbe, sono le sue parole che ripeto, se questo Paese avesse col nostro tanta analogìa da far maraviglia ? Qui pure c' è Antignano, Paderno, Momiillio. Qui pure havvi la misura della Brenta. Filagne diconsi le File di viti ; Zappa la marra, Sozcda il Mezzarolo col Colono che tiene pecore. — V' è perfino S. Nazario ! — Così scriveva un istriano cento e diecinove anni fa da Piacenza. Interessante poi è a sapere dalla lettera più citata, come il Carli era amicissimo a quell' illustre comasco che fu Antonio Giuseppe Rezzonico (1709- 1785) parente di Carlo Rezzonico o meglio di papa Clemente XIII (1693-1769), papa assai noto per la bolla del 1765. La bolla detta Apostolicam è troppo celebre perchè io ne faccia qui parola; dirò piuttosto che Antonio Rezzonico parente del papa fu un valoroso soldato, un distinto scrittore, un profondo erudito, insomma un bravissimo italiano. Illustratosi nelle guerre di Spagna e d'Italia, divenne maresciallo di campo e governatore della città di Parma. Come scrittore lasciò un poema ed un' opera latina dal titolo Disquisitiones Plinianae', il Rezzonico volle con questo ultimo lavoro dimostrare che Plinio nacque a Como nella stessa patria di lui. E per far ciò, spese treni' anni in ricerche, in istudi, in viaggi. E un istriano si onorava di tanta amicizia anche per 1' omogeneità di gusti che esisteva tra lui e il comasco, essendo il Rezzonico appassionato archeologo e raccoglitore di marmi, di medaglie, di ritratti ecc.; nonché storico della sua patria. Ma qui dovrei finire per non rubare al Carli il meglio della sua lettera, se non dovessi fare ancora una breve illustrazione ad un altro brano, che è il più lungo e certo il non meno importante. Voglio dire cioè, che Veleja (qual analogia con Veglia?!) di cui parla il nostro istriano, fu distrutta da uno scoscendimento di roccie ai tempi di quel Costantino, che ammazzò la moglie Minerva nella città di Pola, per accuse false dategli dall' amante Fausta. Gli scavi di Veleja qui descritti dal Carli e da lui veduti, principiarono ancora nel secolo XVII, e furono continuati nell'anno 1760; cioè cinque anni prima della visita fatta dallo stesso Carli. E se non temessi di riuscire troppo nojoso, direi, ma per conclusione, che la Tavola Trajana, di cui anche si parla nella lettera carliana, fu scoperta fino dal 1747, e che si conserva ora a Parma nel palazzo Farnese. Moltissimi sanno poi che detta Tavola fu chiamata anche Alimentare, e che tra altro contiene un elenco di beni stabili, le cui rendite erano destinate dall'imperatore Trajano al mantenimento dei bambini poveri. Anche in que' tempi, certo meno civili e quindi meno filantropi dei nostri, si pensava alla povera infanzia ; mentre si sa che fino dal 96 o 98 dopo Cristo furono istituite dall' imperatore Nerva gli asili infantili ; ed il Kandier asse- risce (Indicazioni pag. 6) che nel 216 erano anche in Istria di cotesti asili. Qui pongo fine all' introduzione. Ecco ora la lettera promessa : H. Amico carissimo *) Piacenza, li Gennaio 1765. Sono in questo ordinario senza lettere vostre e di mio cugino; ma rimettendovi alle altre mie spero che finalmente le barche saranno partite da Venezia, e con esse ci saranno i fiaschi per P eliatico. Neil' occlusa di Bellotti scrivo anche sopra di ciò, e gli dico che se la intenda con noi. Credo di avere un resto di conto con lui. Gliel' ho chiesto più volte e mai me lo ha dato. Alla vendita dell'eliatico si restringerà: di che pure gli scrivo. I tempi qui sono perversi. Una sola volta ho veduto il sole ; del resto avrei dubbio eh' ei fosse creato pei piacentini, Se il nostro contradditore avesse meco fatto il viaggio, si sarebbe di molte cose arricchito spettanti al noto argomento. In Parma un cavaliere comasco, mio amico, il Conte Rezzonico, dopo trent'auui di enormi fatiche, pubblicò il Tomo I delle Disquisizioni Pliniane ; ed ora si stampa il II, ove ci sono le correzioni del testo. Oh quaute cose si trovano là entro ! Ma che direbbe, se questo paese avesse col nostro tanta analogìa, da far maraviglia! Qui pure c' è Antignano, Paderno, Mo-miano. Qui pure v'è la misura della brenta. Filagne di-consi le file di viti ; zappa la marra ; soceda il mesarolo col colono che tiene pecore. V' è perfino San Nazario! Ho veduto poi le antichità di Veleja ; ma alla città romaua non ci audrò che in estate. E distante venti miglia e sei miglia convien fare a cavallo. Saranno scoperti due terzi di città, e tutto è al giorno, e si cammina finalmente dove camminavano i Romani. Case, strade, portici si veggono bene; tuttoché i muri non siano più alti di quattro in cinque piedi. Si è scoperto anche il Foro con il suo lastrico e i portici adiacenti: in mezzo l'Ara d' Augusto. Di qua di là sotto ai portici sette statue per parte della famiglia Augusta cou iscrizioni. In questo foro si è ritrovata la gran Tavola Trajana. Condotti d' acque superbi ; e come però tal città per caduta di parte del monte alle cui falde eli' era situata, così si scava verso quella parte e si spera di ritrovar molto. Infatti la parte piana è stata tormentata sino dal secolo passato ; e si crede che qualche casa siasi arricchita con le cose ritrovate. Dodici sono fino ad ora le statue belle e meno pregiudicate. Teste, braccia, diti si rinvengono frequentemeute; così medaglie, cammei, idoletti. Una quantità di frammenti di tavole di metallo scritte, di diverse grossezze e carattere. Gran tesoro di antichità sarebbe il rinvenire questo pubblico archivio. Si ritrovò peraltro una tavola intera di metallo,, porzione di un codice, diremo così di diritto pubblico. E la IV e comincia col cap. 20 e va fino al 23. Gran cose c' insegna, e quanto c'insegnerebbe mai se il Codice fosse tutto! In questa tavola si prescrivono le leggi: De damno infetto e De pecunia eredita, vi si tratta delle Ripromissioni e *) La lettera è diretta dal Carli ad un suo concittadino, amministratore de' suoi beni nel terntorio di Capodistria. Satisfazioni. Dicesi legge particolare per tutta la Gallia Cisalpina. Io la giudico anteriore all' estensione dell' Italia Civile alla Gallia Cisalpina. Vi si nomina la legge Euforia, che fu fatta per i beni dell' Africa dopo distrutta Cartagine. Si tiene a Parma cou grande mistero. Io la vidi a colpo d' occhio due volte, e P aver promosso alcune questioni con l'antiquario, mi diede adito a fermarmici sopra. Il Giudizio è circoscritto a quindici sesterzi da essere definito dal Magistrato o Vicemagistrato, o dal II Viro, o dal IV Viro, o dal Prefetto. Trattandosi di pena personale al reo, anche dentro tal somma è data la facoltà di appellarsi a Roma al Pretore. Quante cose ella ci dimostra spettanti al politico ed al civile governo ! Se altre tavole si scuoprissero potrebbe chiamarsi fortunata la nostra età. Ecco quanto io posso dirvi sopra di ciò, ed è miracolo che questo poco siami riuscito di raccapezzare, perchè le cose non sono ancora in ordine, e perchè non è permesso prendere nè disegno ne copia. Una pittura sola sul muro s' è ritrovata e trasportata a Parma ; dimostra recinto dì giardino lungo un fiume con rastrelli e nicchie con statue. V' è un poco di prospettiva. Pa-ciaudi è antiquario è illustrerà assai bene ogni cosa. Salutate gli amici. Addio. Vostro amico G. R. Carli DOMANDA. Nel Giornale degli eruditi e dei curiosi che si stampa a Padova (anno III, vol V, n. 68) leggesi la seguente domanda che risguarda la storia dell' Istria : Guerra fra Treviso e Capodistria. Il documento 45 della Storia della Marca tri-vigiana di Gr. B. Verci c' insegna che al 24 agosto 1216 fu fatta pace fra i due Comuni di Treviso e' di Capodistria. Ma nulla abbiamo che ci parli delle cause e dei casi di quella guerra. Forse si potrebbe credere che il Comune giustinopolitano, avendo una certa dipendenza dal patriarca di Aquileja, fosse stato implicato nelle contese di questo o mosso da quella velleità di conquista ond' erano allora animati i Comuni vendicati in libertà. Ma è supposizione e nulla più, neppure avvalorata col citare il nome del patriarca, de' suoi sindaci ecc. Quantunque si possa arguire che i Trevisani combattessero e pirateggiassero quei di Capodistria con navi discendenti dal Piave, dalla Livenza ecc., e non pare che altrimenti si potessero combattere due comuni posti sì lontano per territorio e per comunicazione. Chi potrebbe illuminare la mente di Tarvisinus ? ISTotizie Leggiamo nella Gazzetta di Venezia : „Non ostante il tempo burrascoso e la pioggia dirotta, moltissimi accorsero al palazzo Foscari per udire la commemorazione del compianto Combi, tanto che 1' ampia sala al primo piano era affollata. V' erano non poche gentili signore, vi erano il prefetto della provincia, il sindaco, il comm. Bernardi, presidente della Congregazione di carità, v' era il De Leva, rettor magnifico dell' Università di Padova, venuto espressamente per rendere omaggio al perduto amico, v' era il cav. Luciani, istriano, vi erano parecchi consiglieri carminali, i membri del Consiglio direttivo della scuola, i professori, gli studenti e molti ammiratori ed amici del povero Combi. La vasta aula era parata a lutto, la bandiera della scuola abbrunata, e sotto il ritratto del re stava quello del povero Combi, somigliantissimo. Alle due ore precise, il prof. Enrico Castelnuovo incominciò la lettura della commemorazione, che apparve a tutti stupenda." La Gazzetta riassume quindi il discorso di Castel-nuovo e dice eli' egli rese la bella figura del Combi e l1 alto carattere con efficacia meravigliosa, tanto che commosse ed entusiasmò gli uditori. Abbiamo veduti parecchi tentare invano di rattenere le lagrime ; e abbiamo udito scoppiare gli applausi frequenti e vivi. Disse della giovinezza del Combi, degli studi suoi: disse della sua fede ardente di cattolico, che non gl' impedì d' essere fautore d' ogni progresso civile; disse dell' infinito amore che nutrì per la sua Istria ; disse del molto che fece in pro di Venezia, che lo ebbe prediletto figlio adottivo, e dello spirito vivissimo di carità che lo animava ; disse dell' efficacissima azione sua nella Scuola superiore di commercio di cui era lustro e decoro, dell' ammirazione e dell' affetto che ha saputo sempre inspirare agli scolari ; disse in ultimo, delle virtù di lui nelle relazioni domestiche, del culto che egli ebbe per il padre suo e per la sua madre, a cui poco sopravisse. La splendida commemorazione del prof. Castelnuovo verrà quanto prima pubblicata per le stampe. La commissione per sussidi a studenti italiani bisognosi presso 1' università di Graz, amministratrice del fondo, ci invia il resoconto dell'anno scolastico 1883 84, in cui si trovano da un lato gl' incassi provenienti dagli interessi dei capitali a frutto; dall'altro i sussidi conferiti a coloro che a lei si rivolsero. Da quel resoconto rilevasi che 1' entrata complessiva fu di fior 1295.26, pareggiata coli' uscita; che il civanzo fu di fior. 1144.26, messo a frutto presso la cassa comunale di risparmio in Graz, e che il relativo libretto e un'obbligazione di fior. 300 furono depositati presso la Questura dell'Università. La sullodata commissione raccomanda il filantropico sodalizio a tutti quei generosi cui sta a cuore che lo studente italiano di quell' università, senza mezzi di fortuna, possa un giorno essere utile a se ed alla patria, Appunti bibliografici Dario Papa e Ferdinando Fontana. New York. Milano Galli 1884. Sono molti mesi trascorsi, dacché non metto piedi fuori di casa; tanta era l'abbondanza della J materia in famiglia. Ed ora, riserbandomi di esaminare altri opuscoli gentilmente inviatimi dall'Istria, prendo il libriccino degli appunti, e faccio la solita scorserella. Vogliono gl'Istriani un libro da leggersi senza tanti rompicapi ; magari tra un sonnellino e l'altro, o durante un viaggetto in istrada ferrata su pei greppi del Carso? Comperino il New York, ossia la descrizione del grande emporio degli Stati Uniti, fatta de visu dal noto pubblicista Papa, e dal brioso scrittore il Fontana. I libri di viaggi si moltiplicano oggi, e sono un segno dei tempi ; le rapide comunicazioni, i commerci, la politica coloniale servita fresca in tutti i giornali esigono questo indirizzo; le lumache che rodono in pace l'erba del paese si fanno ogni giorno più rare. C' è da scommettere che da qui a un secolo anche gl' Istriani più pacifici e casalinghi andranno a sonare un lerum nell'Africa. Questo intanto è un libro alla buona, un libro commerciabile anche troppo. Il Fontana guarda il grande emporio degli Stati Uniti da artista un po' boemo ma artista ; ed ha qua e là qualche velleità d'imitare il De Amicis. Il Papa invece esamina le istituzioni, e tira frecciate a' suoi nemici politici d'Italia. Ci sono poi le solite ripetizioni inevitabili col sistema del libro messo insieme da due forze non sempre armoniche, se anche prestabilite. Ho detto che il libro è commerciabile, e con ciò voleva dire che è buttato giù all' americana, tanto per serbare il color locale, in fretta e furia e con una certa disinvoltura e negligenza che farà sudar freddo i linguai. Ma Dio buono che strazio della lingua! Sentite che bella svolta di periodo. L'autore parla di un ballo. — „Quella volta che ci fui non l'hanno frequentato meno di diecimila persone". —- (Pag. 322). Zuppa per minestra (pagina 320). Ma il peggio si è che i giornalisti oggi, mentre hanno una feracità ammirabile per inventare vocaboli e metafore le più strambe, e contrarie all' indole della lingua — stimmatizzare, arterie di strade, paradisiaco, bissare ecc., ogni tanto nell'ignoranza loro accusano la lingua nostra d'inettitudine a significare cose e abitudini per le quali le altre lingue hanno in pronto vocaboli e locuzioni. Udite il Papa. — „Pot Luck è un parola composta di due. La prima vuol dire vaso, pentola. La seconda vuol dire ventura, caso. In italiano non mi riesce di tradurle. In francese (!?) mi farebbe più facile: la chance du pot au feu." — (Ih! quanta roba) „la ventura della pentola." IO 23 In italiano schietto schietto si dice invece far ribotta. Ne domandi alla prima servente toscana che incontrerà. E far ribotta corrisponde a capello alla locuzione inglese, e significa appunto quelle liete colazioni o pranzetti che si fanno all' erba ; e dove ognuno porta un piatto di suo gusto. Tale fu per esempio la famosa merenda, della quale mi raccontava mio zio cividalese, fatta in ilio tempore dai nobili di Oividale nella festa di San Marco. Tutti dovevano portare un piatto; ed allo scoprire dei panieri si trovarono tante frittate con gli zoccoli (vulgo rognose) quanti erano i convitati. E così si fece a Oividale la ribotta di San Marco. Si veda anche — Fanfani-Vocabolario dell'uso toscano. Insomma tra la lingua stitica, bambinesca, melensa dei linguajoli alla Cerquetti e compagnia, che vorrebbero si scrivesse sempre sulla falsariga dei Fioretti, e negano vita, movimento, modernità alla lingua, e gli sproloqui del Corriere della Sera sui meriti linguistici del giornalismo, e i neologisti e i francesismi degli affrettati compilatori di libri che vanno, ci corre ci corre un gran tratto. Dott. Domenico Lovisato. Appunti Etnografici con accenni geologici sulla Terra del fuoco (.Estratto dal Costnos di Guido Gora, voi. VII!) Torino. Cora. 1884. Ritorno in casa subito. Ecco qui un Istriano che ha ì' argento vivo addosso ed è stato anche lui in America, e niente meno che fino alla Terra del fuoco, e non già al servizio di qualche editore, ma ai comandi della scienza, veneranda matrona, la quale, se paga bene i suoi cultori retribuendoli con la fama, in quanto a quattrini è corta anzi che no, e si tiene sul tirato. Molti altri opuscoli ha già stampato il Lovisato su questo suo viaggio ; e tutti importantissimi pei cultori della paletnologia e scienze affini : questo poi ha il merito per noi profani di contenere relazioni di costumi, e curiose notizie che si leggono con molto profitto e diletto. Comincia da una dotta e chiara relazione dei Klökkenmödding dei Fueghini e degli antichi Pa-tagoni; e questi Klökkenmödding, per chi noi sapesse, avverte essere quei tali cumuli di avanzi o rifiuti dei pasti di selvaggi nell' età preistoriche, come se ne trovano nelle terremare dell'Emilia, e credo anche nei nostri castellieri. Fatti quindi molti dotti raffronti, l'autore ci dà alcuni cenni etnografici sulla Terra del Fuoco ; e qui con tutta competenza e con molto diletto del lettore discorre delle razze, della lingua, delle abitazioni, degli schifi, delle armi ed ornamenti, delle vesti, delle credenze, del governo e tocca via. Questo studio del nostro Lovisato, che ha già un nome autorevole in Italia, sarà certo letto anche dagli stranieri ; e nuovi viaggiatori confermeranno o confuteranno le opinioni sue, con ulteriori studi, come egli stesso conferma o confuta con buone ragioni quanto prima da altri fu detto e scritto in proposito. Perchè non in tutto parmi si possa sostenere, nè il Lovisato lo pretende, che la sua sia l'ultima parola, se usa spesso modestamente di alcune frasi dubitative. La lingua degli Yahgan, scrive egli, conta almeno trentamila parole e contrasta col loro basso stato. Non si capisce davvero come una tale ricchezza combini col loro basso stato intellettuale. Ma forse che l'attonitaggine e la difficoltà del dare informazioni (pag. 27) proviene da paura degli stranieri ; e quanto a rispondere se il tal oggetto si trova in istrati od in ammassi, dentro roccia dura 0 in sabbia, non occorre essere Fueghino per rispondere sì signore a casaccio : i nostri cranzi informino. Lo stesso dicasi dell'opinione del Lovisato, non avere cioè quei selvaggi alcuna nozione di Dio nè credenza distinta nella vita futura. La credenza negli spiriti se anche cattivi, e il dolore, sia pure officiale, ostentato pei morti, dimostrano un'attitudine intellettuale a percepire il soprannaturale; ed 1 Reverendi della missione inglese potranno dare in proposito sicure informazioni. Continui l'egregio Professor Lovisato co'suoi studi ad onorare sè e la patria che va superba del suo nome. Rivista critica della letteratura italiana diretta da T. Casini, S. Morpurgo, A. Zenatti. Roma, Via Monte Brianzo, 25. A tenere testa e ad opporsi al guasto prodotto dalla briaca letteratura festajola, giova, con altri gravi periodici, questa Rivista critica della Letteratura italiana diretta da due giovani nostri comprovinciali. Già fino dai primi numeri si presentò benissimo nel campo letterario, e il quinto, testé uscito, conferma le liete speranze. Dopo una recensione di L. Gentile su alcune poesie del Ferrari viene un articolo dello Straccali su G. Rigu-tini — La unità ortografica della lingua italiana — Firenze Paggi, — Il Rigutini non è un manzoniano puro, perchè non muove dalla parlata fiorentina, ma dall'uso comune di tutta Toscana. E qui subito lo Straccali nota alcune contraddizioni tra la teoria e la pratica nel Riguttini. „Come il Man- ì zoni, mentre voleva 1' uso esclusivo del popolo fiorentino, ubbidiva poi nella pratica per nostra fortuna, all' uso vivente degli scrittori ; così pure il Biguttini, mentre vuole l'uso comune toscano (e dicendo uso toscano egli mostra già, per certi rispetti, una tendenza ad accostarsi ad un uso più largo, all'uso di un maggior numero di parlanti e scriventi) si attiene il più delle volte, e certo di proposito, all'uso letterario vivente, che, come ognun sa, non risponde sempre alla pronunzia dei Toscani." Seguono gli esempi opportuni e tra questi quella dannata storpiatura del dittongo, nella sillaba accentata non accolta dal Riguttini, che continua a scrivere cuore, nuovo, buono, in barba al Novo Dizionario, felicemente morto, e ai libri del Tarra editi per le scuole. Si cerchi adunque, poteva conchiudere lo Straccali, questa benedetta unità, accettando nella varietà dei dialetti, e scegliendo tra i sinonimi il vocabolo dell' uso, rifiutando i sinonimi veri nello stile semplice, non sempre per ragioni d' armonia nel poetico; ma quanto al modo di scrivere il vocabolo atteniamoci all'uso letterario; perchè non mai si ripeterà abbastanza la sentenza del Ranalli: — La parola scritta è parola meditata. E si conchiuda con l'Ascoli nostro: — La lingua italiana sarà quello che saranno el' Italiani. Seguono buoni articoli del Torraca, del Roncalli, del Morpurgo, del Casini, di A. Zenatti, del Fratti. Richiamo l'attenzione su di una breve ma assennata recensione di S. Morpurgo sulle — Poesie giocose inedite e rare pubblicate per cura del Dr. A. Mabel/ini, e precedute da un saggio sulla poesia giocosa in Italia di Pietro Fanfani. Firenze Tipografia del Vocabolario 1884. „Fortunatamente, scrive il Morpurgo, sono oggi assai pochi in Italia che continuano ancora la tradizione del Fanfani." E più sopra „E neanche come potrebbe accadere d'altra scrittura, piace o diletta rilegger questa del Fanfani, il cui vezzo di trattar la storia civile e letteraria così alla casalinga, e per via di riboboli e di scambietti, ha fatto per fortuna de'nostri studi, e della nostra serietà, il suo tempo." Ripeto queste parole, perchè a certi indizi parebbe che in Istria c' è ancora qualche linguajolo che giura in verba magistri, e va in solluchero per le scempiaggini fanfanesche. In fondo al periodico leggesi una comunicazione del Teza, ed appunti e notizie. Tra queste uno scritto del Carducci che si difende dall' accusa di non so quali combriccole e ministeriali imbeccate nella compilazione della Antologia italiana per uso del G-innasio inferiore. Il Carducci dichiara CAPUDJSTR1A, Tipogrulla di Cario Priora. quelle accuse più che calunnie di gente poco onesta, vaneggiamenti di cervelli balzani ; e in ciò l'egregio uomo ha ragioni sopra ragioni. Non così nella difesa di aver escluso il Manzoni, come altra volta si è detto in questo periodico. E ncppur vale l'argomento desunto dal fatto dello studio de Carducci sul 1* inno — la Resurrezione — studio tanto savio e tanto pieno di rispetto ; perehè col dovuto rispetto parlando, per dare un colpo alla botte, ed uno al cerchio il Carducci è assai destro; e conviene distinguere per esempio tra il brioso e un po' scollacciato scrittore delle Confessioni e Battaglie; e l'illustre Professore ex cathedra loquens. A proposito di questo studio del Carducci sulla Resurrezione, dico che è davvero bellissimo, e inappuntabile, eccezione fatta dall'esame delle due prime strofe, dove il Carducci vede non so che dialogo tra un credente ed un ebreo. Troppo è chiaro che la ripetizione — è risorto — e le varie domande esprimono benissimo l'impeto lirico ; ed è un discorso che il poeta fa con sè stesso, come giustamente osservò anche il Bonghi. Tornando alla Rivista critica manifesterò da ultimo il desiderio che la parte estetica vi abbia un maggiore sviluppo. Il primo articolo sulle ~ Arcane fantasie del Ferrari — è poco, in confronto di tanto spazio concesso alla parte filologica e storica. Raccomando la Rivista Critica agli studiosi della letteratura italiana; perchè anche in Istria abbiano a formarsi un giusto concetto dell'attuale movimento, e tendenze delle lettere in Italia. P. T. PUBBLICAZIONI Des vicissitudes du droit international prive, dans Ihistoire de Vhumanitè. — Etude par le docteur Vladimir Pappafava. Extiait de la Revue des Institutious et du Droit. — Bruxelles Decq et Duhent — Paris, Oudin fiéres, editeurs - libraires. — Philadelphie, Peningtoa & fils. — Grenoble — Baratier & Dardelet, imprimeurs-libraires. — (Dono dell' autore). "Varietà Nel Benaco, anno VI, N. 4, Riva 25 gennaio 1885, leggesi che tra i podestà di quel paese nell' anno 1465 col titolo di Castellano v'era un Nicolò naseggio di Giovanni, ed altro podestà collo stesso titolo nel 1508 Francesco Baseggio di Pietro. Notiamo questo, perchè importante ad arricchire il passato storico di una famiglia, che diede uomini illustri, non tutti accennati dall'Ireneo e dallo Stancovich. _N. V. l'ietro JlaJonizza — Aule« liravisi eilit. «s rociat. responsabili.