ACTA HI STRIAE • 1« • 2002 • 2 licevuto: 2002 ¡0-10 (IDC 271.5(450 Padova)"15/16":343.3/.7 CLERO E VIOLENZA. NOTE SU VICENDE E UOMINIDELLA COMPAGNIA DI C.ESU TRA CINQUE E SEICENTO Flavio RVRALE Universi!» di Uditie, Facoita di Lcttcrc e Filosofia, Dipartimcmo di Stona e Tuleh dei Bent Cultural!, 1-33! 00 Udine, via T. Pctracco 8 e-mail: flavio.rofate#dscbc.uoiud.it SINTESl L'affermazione delta Compagnia di Gem nan fu facile in varie cittci italiane. Le ombre, i sospeni, le violenze che avrebbero segnata gli anni vicini alia sua soppres-sione ebbero modo di manifesto rsi fin dalle prime foudazioni. Si tratto in taluni casi - si veda la vtcenda mlanese — di atti di violenza frutto di uno scontro di interessi (religiosi e materiali, privati e pubblici) tra aurorila ecclesiastica (e gesuili) da una parte e comunita civile daU'altra, legati alia traditional« organizzazione vieiniale e at delicatt equi lib ri fiscal i del la cittci e del suo contado, organizzazione ed equilibri messi in crisi proprio d.al nuovo insediamento gesuitico. Parole chiave: gesuili, violenza, attipenali, Italia, secc. XVI-XVII CLERGY AND VIOLENCE. NOTES AND ACTIONS ABOUT PEOPLE OF THE COMPANY OF JESUS BETWEEN 1500 AND ¡ 600 ABSTRACT In several Italian cities the affirmation of the Company of Jesus was not easy. The shadows, suspects and violence responsible for its suppression in the following years revealed themselves already in the first establishments. In same cases, as the Milan instance, it was a matter of violence actions resulting from conflict of interests (religious and material, private and public) between ecclesiastic authorities (and Jesuits) on one side and civil community on the other. Their interests were linked to the traditional neighborhood organization and to the delicate fiscal balance of the city and of its provinces, put at a disadvantage by the new Jesuit settlement itself Key words: Jesuits, violence, penal act, Italy. 16*-¡7"' century 305 ACTA HLSTKtAE • 10 - 2002 < 2 FI-IVIQ RURALE: CLERO S VIOLF.NZA. NOTE SU VtCENDE E UOMIN1 DELLA COMCAONIA DI CESO .... 30$*» Non so immaginare come sata ¡1 nostro futuro, ma credo che una societá veramente affrancata dallo scontro religioso e dail'arroganza di chi, continuando a occu-pare ruoli di autoritá e potere, ritiene la propiia fede píu autentica di altre possa offri-re alia societa civiie e ai suoi individuj, destinati in questa nostra época a una convi-venza sempre piü diffusa di etnie e religión.], condizioni potenzialmente me.no esposte a soprusi e violcnze. Non so neppure diré se fa societá e i! sistema di potere d'an-tico regime siano stati meno vjolenti di quelli del XX secolo: certo ebbero a disposi-zione tecnologie meno sofistícate ed efficaci, forse piü barbare (ammesso che un giu-dizio sia possibile in tale genere di cose), e lo scontro tra confessioni religiose diverse -- con le loro verita assolute e inconciliabili e le loro inevitabili pretese su leggi, politica e morale - uníto a relazioni sociali fondate sul privilegio, conobbe allora nei continente europeo un grado di violenza probabilmente mai piü raggiunto1 Laicita e democruzia sono le condizioni che finora si sono dimostrate capaci di assi-curare una convivenza pacifica tra gli Stati, questa perlomenoé l'esperienza degli ultimi cinquant'anni di storia europea e del cosiddelto mondo occidentale (il che peraltro non ha preservatoquesti stessi Stati da condizioni di íngiusiizia al loro interno e. soprattutto, da una pratica violenta - in forme vecchie e nuovc di colonialismo - nei confronti di realta politicamente e cultural mente "diverse", iradizionalmcnte piü povere e militarmente piü deboli). L'educazíone al dialogo passa attraverso imperativi moiali ripuliti da ogni pretesa superiorita di fede {religiosa, ideológica e di civiltá): un'etica pubblica davvero monda na e secolarizzata fondata sulla parresia2 Cquello che ci vuole! La frammentazione del potere in antico regime favorí. incvitabilmente, una violenza - quella che poi andrá concentrandosi nelle mani di un único soggetto político, lo Stato - diffusa. multiforme, riconosciuta come autorevole e legittima e percio pra-ticata seppure tra contraddizioni e contrasti da una molteplicitá di attori, liberi di sce- ! Sarebbe impensabilc tic! mondo cristiano, oggi, la reazione di gíoia ai massacri per moúvi reiigiosi dell'eti "confessionale" (Lynii Mariin, 1974. I03-lo2). 2 II passaggío da una morale dell'obbedienza a una morale come aaiogavcrao implica assoluiamente i! recupero deJIa capacita di asserire la verjli sempre c comuoqac (ffutto di an "rapporio personale da imrattenere con se stessi" e d¡ "una relazione ptcna di rispeito" Con !a socîetà e le rególe che ía gover-nano). che passa atuaverso un'auiodiagntosi quotidiana, una "confession«" di sé antiretorica (che "i qualcosa di completamente diverso da una confessione cristiana"), che permetta di armottizzire azioni e pensieri, di "riattívarc diverse regoie e massime di compottaítiento per renderle piîi lucide, duxevoli. efficaci ai fini della condolti futura", seconde le tecmclie del "gioco parresiastico" della tclleratuia morale grcco-classica {Foucault, 1996), Ha scritlo recentemente il Nobel per [a leltemura Wole Soy-inka: "Cè dunque lino strato della popolazione che crede che la passione religiosa debba spaz/pre via qualsiasi cortsiderazione per ii resto dcll'umanità, Essi credono di aver ricevuto da Dio il diritio di giu-dicarc e distruggece", in "La Rcpubblica", 1 octobre 2000; "Occoirerà rieordare come le societá che himno falto ("occidente abbiano dispiegato una técnica della sottomissione di cui noi, net secoio XX, abbiamo solo una pattida idea, a motivo della íaicizzazione delta fuuzione deila censura e dcllc nuove abitudmi di pensíero contralle al conlarlo con le seienze cosíddctte umanc e sociali" (cfr. Lcgendre, 1 976, 25); utile, per una precisazione del rappono religíone-morale nelli societá di corte (Quondam, 2000). 306 ACTA HISTRlAfc • 10 • 2002 • 2 Flav.0 HUJ'.AU:-CLERO Ü violenz A. noto SU V1CEHDE E UOMINI »ELLA compagnia DI gesij . . W-3» gliere "quella" particolare forma di giustizia, "quelle" particoíaii modalita di giudizio perché adeguate, conveníenti at proprio status di persone privijegiate. Non ultimi a go-dcre di tale condizione furono gli ecclesiastici, che poterono dispone di un proprio códice di leggi (il diritto canomco, riconosciuto superiore a ogni altra fonte giuridica). di propri tribunali e giudici (diocesani, dell'lnquisizione; in linea teórica fu possibite per i sudditi laici dei regni cattolici il ricorso in curia romana), di proprie. carceri e di una propria polizia (la familia armata di vescovi e inquisitori). Ceto eterogeneo, il primo stato conobbe ai proprio interno per lungo lempo posizioni di uUeriore privilegio: - i singoli ordini religiosi, per esempio, ebbero un loro proprio sistema di leggi, i loro giudici (conservatori), le loro forme di punizione e reclusiune, gli strumenti insomma per esercitare poteri anche di foro esterno nei confronti dei propri menibri (ma puré di aitri ecclesiastici e di laici), vive cosí, seppure in situazioni eccezionali. alia giustizia pubblica del tribunale vescovile (con cui, su questo tema, insorsero controversie) e/o di quello .secolare; - prevalse a lungo nei ceto prelatizio, conseguenza di una definizione dello status ciericale che non conobbe una moderna e definitiva separazione di funzioni e ruoli (teligiosi e civili), una figura di nobile ecclesiastico (cardinale, vescovo) diviso tra interessi di Chiesa c intercssi di Stato, tra curia romana e corte principesca, con ie-gami familiari e di clan molto forti, e con ancora vive passioni politichc e militan*; il che qui viene detto non solo per ricordare la condizione di doppio privilegio, la doppia esenzione, come clero e come nohi.li, di una parle del primo stato, ma anche per sottoüneare comportamenli, morale, stile di vita a questa appartenenti - in quanto componente aristocrática del clero, ripeto - non sempre di facile comprensione per noi "moderni", abituati a una figura di religioso per mentalitá, psicología, costumi pro Pondamente diverso.4 II contesto I fatti che intendo qui proporre - ma sará per forza di cose il mió un procedere sfilacciato, intorno a casi tra loro tutto sommato dislanti. per certi versi eccezionali -cadono a cavaliere tra Cinque e Seicento in area padana, tra Milano, Mantova e Cremona. É bene non dimemicare, innanzitutto, il quadro generale, comune a piü vaste e complesse realtá geografiche e statuali, cha fa loro da sfondo, fatto di varjetá di fonti giuridiche, di diritti plurimi (e tutti legíttimi), di differenze social! fondate sui privilegio giuridico, di dispute teoriche (dei vari Bellarmino, Suarez, Giacomo I, per m tenderci); e attraversato dall'eterno conflítto tra citta e campagna. tra ricchi e poveri. Vale dunque la pena richiamare qui alcune questioni. 3 Un caso emblemático fu quello di Pió IV, i! papá dei Conci lio (Rumie, 2000). 4 Sulla diversita psicológica degli uomins del '5- 000 rimarle sempre valida la Iczíone di Febvre (1980). Interessanii le r¡ flcssioni di Di Simplicio, 1994, cap.!. 307 ACTA HISTR1AE • 1« * 2002 • 2 navio ruraui CURO E vfolenza. NOTt x¡. vic'ende e IJOMINt DELLA COMPAGNIA Di GE5Í......105-322 1-11 dibattilo teologice si incrocta con quello político; non solo nella produzione casuística, che interviene su farti piú o meno imporíanti delia vita di tutti i giorni, o nella polémica antimachiavel liana che sfocia nella trauatistica sulla Ragion di Stato e in una teoria del principe cristiano appunto fondata sul légame politica-elica-religione; ma anche, e in maniera esplosiva, a proposito della questione del tiranicidio: solo dopo l'assassinio di Enrico IV, per esempio, i preposití generali della Com-pagnia di Gesü intervengono con alcuni decreti (luglio 1610 e agosto 1614) contro chi sostenga nella Soáetas, attraverso scritti. consulte e íezíoni, la tesi della liceitá dell'omicidio regio "con pretesto di tirannicle" (avanzata giá nel 1599 dal Mariana); e successivamente anche contro chi stampí libri che contengono parole, frasi "che par-lano con poco rispetto" di principi. prelati, reiigiosí, Stati (i gesuiíi francesi diretta-mente impegnati a corte dopo il rientro a Parigi di inizio Seicento, consapevoli delle cotiseguenze che simili comportamenti potevano generare, faticarono non poco in as-senza di interventi ufficialt ad arginare le díscussioni e i sospetti provocati da questi testi!) (ASPr l).5 2-Tale dibaltito teorico, di alto profilo per cosí diré, viene ripreso a livello piú circoscritto e con intento pragrnatico negli interventi dal pulpito dei piedícatori che prendono parte a díscussioni e polemiche che fácilmente scaturiscono su questi stessi terni anche a livello lócale, come accade per esempio a Cremona a inizio '600. Le violenze contro le autoritá civili, che hanno giá portato all'assassinio di un guardiano delle carceri, minacciano ora anche il podestá: un predicatore domenicano si sente perció in doveie di licordare ai fedeli "non doversi pensare all'ammazzare chi aminí-stra la giustitia" (ASMi 1). Le violenze, in questa occasione, erario seguíteal tentativo del podestá di reprimere l'ampia circolazione di monete iilecite giá víetate da una grida del governatore; alcuni mercanti erano finiti in priaione e le autorita civili erano state fatte oggetto per questo di aspre contestazioni, "con lancio di rape e sassi"; da 5 Le due circolari reiteravano precedenti prowedimentt. tome quello dello stesso Acquaviva del 6 luglio 1610. Decreium adversas doctrimm de liratmicMio (Lczza, 1987). Casi ¡I Vitelleschr "Se bene ho piii votte vivamente raccomandato che non si stampí cosa alcuna che possa esser d'offesa a persona veruna conforme alia regota 6 de' revisorf, tartavia, perché da molto s'attribuiscotio a' nostri aietme scritture che vanno allomo tu stampa sollo altrus nomi e parlano enn poco rispettode prciictpi, pretal!, religiosi, regni, nationi. etc., peto, perché questo potrebbe cagionare per piii capí iireparabilí danni a tutea la Coropagnia con gravissimo detrimento del buon nome ú'essa t perdita del frntto spirituale de' prossimi, doppo malura consideratione ... habbiamo giudicato potvi piti gagliardo rimedio prolubendo severamente, come con quesla faccinmo. sotto preceito di santa obedientes e pena di scommuníca, che nessuno della Compngnia solto qualsivoglia pretesto, diretta né indiretlamente, né sotto nome proprio. nc d'altri, n¿ in qualsivoglia modo, scriva, dia o peniietta che si dia alia stampa ... cosa verana che possa essere d'offesa, né meno nelle prefationi o leitere dedicatoríe anchorchd di peche linee o ad lec-torem, senia prima haverli mandati in mano nostra da rivedersi... Essendo lenuia (a Compagnia ... ad abbracciare la carita verso lutte le natiom e riverire et hon orare tutti, massime i prencipi. prelati e tutte i'altre religión!", 17 setiembre 1632. il úibattito teórica sul tiiannicidio investe alio stesso modo catto-lici e caNinisti, con risposte soventc comuni, dettaie dal mu ta re delle urgerve e delle congiunmre politiche, e fa da sfotido a numtrosi casi di ribellione política del primo '600. 308 ACTA HISTK1AË • MI • 2002 • 2 Ravie RURAL!- CLERO E VIOLENZA. NOTE SU VtCENDL L l-OMINI DELLA COMPAGNIA Di OESÙ m «3 parle sua, íi vescovo aveva uuspicato sulla materia minore rigidità. chiedendo che si permettesse lo scambio di "ongari e zecchini" per venire m con tro ai bisogni dei pove- 3-.Ma è pure significativo, in questa temperie culturale, l'uso che del vocabolario proprio della política viene fatto neli'ambito delle polemiche e delle contestazioni interne al singolo ordine religioso. Le critiche che an ivano nel 1601 - ma è ormai da anni che persiste questo attacco -- da parte dei gesuiti spagnoli nei confronti del loro preposito générale Claudio Acquaviva (il primo ad essere dawero consapevole del carattere sovranazionale dell'intervento deila Compagnia) e dei superiori locali ne sono un esempio: il governo deli'Acquaviva è in fa tri giudicato tirmnico, clientelare, al punto da monopoiizzare ¡e nomine agli uffici più important!, destinati a confidenti e amici, e da ostacolare la promozione ai gradi maggiori di altri, "costringendoli sino che esehino della Compagnia" (Millán, 1998; Rurale, 1998; Guerra, 2001; ASV I; ASV 2; ASV 3). 4-11 conflitto giurisdizionale - nelia forma della reciproca contestazione da parte di autorità civiie e religiosa del p o tere di emanare norme, decreti, e di attivare i propri apparati giudiziari contro chi non li rispetli - fa sempre- da sfondo in questa época ai rapporti ira le duc autorità; e conosce talora momenti alti di violenza: nel 1599 a Milano si assiste addirittura all'occupazione armata del palazzo arcivescovi.le da parte dei soldati spagnoli (Rurale, ¡998, 327). Ci muoviamo, dicevarno, in arca padana. Quanto accade qui e quanto accade nel resto deH'Etiropa cattolica va ricondotto tuttavia ai medesimo clima politico e culturale (che presenta ovviamente soluzioni diverse al comune problema di daré omoge-neità alje multiformi istituzioni politiche, amministralive e giuridiche ereditate dai-l'epoca precedente). In sostanza si tratta di un contesto in cui istituti e strumenti le-gittimi di contrallo e repressione appannaggio di primo e seconda stato (faida, duello, tribunaii feudali, Inquisizione e Penitenzieria romane, tribunali diocesani, familia armata ecarceri ecclesiastiche, procedimenti giudiziari e di pacificazione interni agli ordini relígíosi e in uso nelle confraternité laicali, per daré soluzione autonoma a de-litti e conflitti di cui sono protagonisti i loro membrí), e profondo intreccio tra teología e política pongono il ceto ecclesíastico, nella veste secolare e regolare, dentro il potere e dentro la violenza d'antíco régime. Tutti fatti, dei resto, ben noti. Ma il quadro si complica (trovando ulteriori motívi di conferma) se prendiamo in esame immunità ed esenzioní fiscali su proprietà terriere, dazi, commercio di beni alimentari, di cui il ceto ecclesíastico nelie sue diverse componenti (clero in cura d'animé, comunità di regoiarí) ha diritto, sovente motivo di invídie, gelosie, eontesta-zioni; se pensiamo all'ímpatto sul territorio di simiü condizioni di privilegio (la cre-scita del carico fiscale delle terre non esenti, per esempio), è facile intuiré le molte-plicí ragioni all'origine di forme di protesta sociale più o meno organízzate. Questo, dunque, il quadro di riferimentó. 309 ACTA HISTRlAfc • 10 • 2002 • 2 Ftíivio RtlRALU: CLERO E VIOLliNZA NOTE SU VK'ENDG E UOM1NIDCLLA COMPAÜNIA DI CESl ... J0J.32? Clero e vioienza II ceto «eclesiástico, nella sua veste secolare e regoiare, e quindi dentro la vioienza d'antico regime; lo é sotto diversi punti di vista. Cultural mente: nella sopravvivenza, soprattutto nell'alto clero, anche dopo Trento, di un modello culturale. che. non favor! una chiara distinzione di funzioni, ruoli. comportamenti; ii chierico nobile appare ancora legato a íntcressi e passioni politiche e militari (con il loro carico di vioienza pin o meno legittíma); anche ce.rt.i teologi e confessoridi corte gesuiti, una élite nell elite, appaiono assai vicini al vivera nobiliare per valori, costumi, comportamenti condivisi; e puré il dibattito politico-teologico che caratterizza sia la polémica contro Machiaveíli della trattalistica sul principe cristiano, sia lo scontro sul tema del tirannicidio e in genérale sull'origine dei poteri regí evidenzia tale coinvolgimento. Lo e giuridicamente: il clero amministra e gestisce (nei confronti di ecclesiastici e laici), mediante istituti quali l'lnquisizione, la Penitenzieria, i tribunali diocesani, !a familia urmata, i giudici conservatori, forme e strumenti per l'esercizio di una vioienza riconosciuta come legittíma dal diiitto canonico e dai poteri civili, seppure in un rapporto non sempre pacifico con islituzioni regie e secolari, e soggetti, quanto a ef-fettiva capacita di funzionare, alie mutevoli condizioni dei singoli contesti statualí (ma incomprensión! c contrasti, e bene ricordare, insorgono anche tra gli stessi istituti giudiziari ecclesiastici!). Emerge, in particolare, in questa varietá di pratiche di giu-stizia, accanto alie note e píü studiate forme di intervento repressivo del foro ínqui-sitoriale, una piü sottile capacita di contrallo dello scontro sociale da parte delía Chiesa, che si manifesta neU'opera di pacificazione che vede protagonisti i religiosi chiamati a risolvere conflitti di ámbito soprattutto nobiliare attraverso mediazioni e arbitrati: in un contesto urbano dove é ormai scomparsa la pratica della faida, quesEi padri carísmatici e questi direttori di confraternice si dimos tra no i solí in grado di impone paci la dove la giustizia civile ha fallito (Bellabarba, 2001). Come ceto doppiamente privilegiato (di appartenenza aristocratice e tonsurato) il clero partee i pa della vioienza frulto sia delle dinamiche politico-istítuzionali sia dello scontro sociale. Nei primo caso e protagonista per esempio del conflitto giurisdizio-naie che lo oppone ad autoritá e magistrature secolari, e che talora assume íoni parti-colarmente accesi, nell'uso spregiudicato della scomunica da una parte e deU'inter-vento militare dall'altra; nei secondo puó diventare viltima della vioienza di gruppi e ceti tra loro alleati, spinti alio scontro per difendere interessi materiali molto forti. Quasi mai. in entrambi i casi, il conflitto vede nettamente contrapposti un fronte laico e uno ecclesiastico, prevalendo piü spesso aiieanze. complesse, incrociate, írasversali. Infine, per gli attributi propri della loro professione, religiosi e frati sono chiamati a lenire le sofferenze provocate dalle tradizionali situazioni di vioienza: sullc gal ere e nei campi di battaglia, come cappellani, confessori, ovvero nelle careeri e nelle piaz- 310 ACTA HJSTRIAE • 10 • 2002 • 2 Mavio RURALE: CLERO F. VIOÍXNZA. NOTE SU ViCfcNOK E UOMINt »ELLA COMPACÎMA 01 GESÙ ..., MÍ-322 ze, corne confortatori, a fianco di condannati a morte m attesa del supplizio; funzione quest'ultima non immune da una violenza psicológica che ha lo scopo di strappare l'abiura, 1a firma del condannato sulla ritrattazione opportunamente redatta, "senza piegarsi a capire il dramma di una coscienza lacerata fra la coerenza con i propri principi e la costrizione di un'autoiità che pretendeva di giudicare le sue convinzioni" (Caponetto, 1979, 159).6 In tale contesto i gesuiti, sommando ai privilegi del primo stato (con le tradizio-nali immunità: personale, reale e locale), esenzioni anche nei confronti dell'alto clero secolare (metropoliti e vescovi), svolgendo inoltre funzíoni important! neíl'ambito dell'Inquisizione (e/o slabilendo corsie privilegíate nel complesso e delicato rapporte tra foro interno e foro esterno) (Brambilla, 2001) e clella Penitenzieria apostólica, go-dendo infine di rapport! molto stretti a corte, spazio politico per ecceilenza (Zenobi, 1993), con ministri e nobiltà - di cui sostengono sovente bisogni. aspirazioni, mo-delli culturali e progettualità política - ponendosi quali protagonisti del dibattito teologico sul potere, i gesuiti, dicevamo, sono oltremodo parlecipi della violenza che scaturísce inevitabilmente su tutti questi terreni: lo sono nella duplice veste di agenti e di vittime. L'affermazione della Compagnia di Gesu, come è noto, non fu facile in varie città italiane. Le ombre, i sospetti, le violenze che avrebbero segnato i decenni vicini alla sua soppressione ebbero modo di manifestarsi fin dalle prime fondazioni di scuole, collegï e case professe. Si trattô in taluni casi - si veda la vicenda milanese - di atti di violenza frutto di uno scontro di interessi (religiosi e matenali, privati e pubblici) tra autorità ecclestastica locale (e gesuiti) da una parte e comunità cittadina (compreso il clero parrocchiale) daH'altra, interessi legati alla tradizionale organizzazione vicinia-le, ai delicad equilibri fiscali del centro urbano e del suo contado, messi sovente a re-pentaglio proprio dai nuovi insedianienti gesuitici, ma pure alla concorrenza scolasti-ca che l'attività di insegnamento dell'Ordine, destinata a trasformarsi in vero e proprio monopolio, fini per introduire in tante città italiane ed europee. Meno note, invece, sono le violenze che segnarono la vita interna della Compagnia, di varia natura e variamente mterpretabili, legate, in particolare, sia al lungo e difficile iter che portava alla piofessione solenne (spesso dopo 15-20 anni), sia al forte coinvolgimento dei suoi membri nelle vicende poiiticlie dell'Europa dell'epoca. Il dibattito sul tirannicidio. sullo sfondo di una giustiílcazione teologica della di-sobbedienza-ribellione dei sudditi nei confrontí del sovrano-eretico scomunicato -dibattito che, su scala ridotta, fini per influenzare anche linguaggio e retorica delle contestazioni interne rivolte al padre genérale - segnô gli anni a cavalière tra Cinque e Seicento e coinvolse direttamente anche i gesuiti, su posizioni spesso contradditto-rie come appare anche dalla condanna tardiva della tesi della liceità dell'assassinio 0 Sui ritual) di giustizia. Bianco, 2001 311 ACTA HiSTRlAE • 10 • 2002 • 2 navio RURAI.& Ct.íiRO E VfOLBNZA, NOTE VICENOE 6 l'OMINl DITU.A COMPAGNIA DI OíiSÚ . .. 30J-J2Í del re-riranno (e de-gli scritti che affrontavano la questione), espressa ufficialmente dalla curia generalizia, come detto, solo dopo la mor te di Enrico IV. Un'occupa/iont armata. Milano, settimana santa del 1567 Nel 1563 l'arrivo della Compagnia a Milano da origine a probíemi logistici e fi-nanzian iegaú al nuovo insedíamento di non faciie soluzione. Le difñcolta di siste-mazione vengono infine superate con il trasferimento della comunitd (1567) dal quartiere in veri ta di basso livello sociale {vi dominava la prostituzione) e periférica di S. Vito a! Carrobio alia centrale chiesa di S. Fedele; la scelta di Cario Borromeo scatcna la reazione dei parrocchiani che decidono di occupare mcuiu armata ia chiesa, e minacciano la vita stessa del benefattore, il milanese Benedetto Aiamanni, artefice, secondo la tradizione, della proposta fatta propria dall'arcivescovo (Rurale, 1992). La reazione violenta dei parrocchiani é i! segno di uno scontro di interessi moho forte: dietro la rivolta si nasconde una contrapposizione tra gesuiti, clero secolare e ceti urbani medio-alti. Gli oppositori appartengono a gruppi sociali di vario iiveilo (che fanno capo alia vicinia); ma ci sono anche, a giuslificare la protesta e a guidarla, legami e forze parentali che si rinsalclano a difesa di interessi privati, famíüari e di clan. La semplicistíca contrapposizione laici-ecclesiastici non spiega compiutamente gli eventi: come giá accaduto in altre circostanze, l'arrivo dei gesuiti a Milano crea malumore, anche nel clero secolare. Una cosa é certa: é una ribeilione a difesa di interessi materiali (giuridici ed economici) e culturali (una tradizione litúrgica, un senti-mento di appartcnenza) sentiti come moho importanti. Come puó essere dunque letto questo scontro? In vari modi. 1-Gesuiti vs. vicinia: la soppressione della parrocchia mette in cñsi un istituto comunitario che riunisce attorno alie farniglie piu importanti del quartiere e ai loro membri piu anziani l'mtera comunitá; la vicinia, in questo contesto storico, detiene poteri e interessi ancora rilevanti: forme di polizia eiltadina, control lo del sistema ns-sistenziale, gestione di legati e funerali; e costituisce nei tessuto urbano una specifi-citá socio-politica e cultuale. Forre fme a tale identitá con la soppressione della parrocchia - la cessione della chiesa ai padri della Compagnia obbliga il Borromeo a tale scelta - impone la ricerca e la costruzione di un nuovo equilibrio nell'ambito di un'altra vicinia, é dunque motivo di grave disagio e di tensione nel contesto urbano d'antico regime 2-Gesuiti vs. farniglie Rabbia-Panzano: gli artefici della rivoha appartengono a famiglie tra le piu autorevoü della parrocchia, di origine mercantile, con interessi in ámbito finanziario, giá rappresentate in alcune magistratura civili e militan; soggetti emergenti, per cosí diré, di un ceto nobiliare patrizio ancora diviso al suo interno ne-gli anni '60 proprio rispetto aH'introduzione in cittá di un nuovo ordine religioso, causa di rottura, nel caso specifico. dei tradizionaií equilibri socio-politici urbani; inoltre 312 ACTA H1STRIAE • 1« • 2002 • 2 Fia vio RURALE. CLERO E vioLLNZA. NOTE SU VfCEN'PF, F. IOM1NI DEU.A COMPAGNIA 01 CF.SO .■.. 305-331 sono famiglie litolari di giuspatronati di un certo riiievo neiia vecchia chiesa. parroc-chíate che, col passaggio ai gesuiti e con l'edificazione del nuovo San Fedele. ri-schinno (come in effelli avviene) di non essere piú riconosciuti. 3-Gesuiti vs, clero secolare. 11 nuovo insediamento é foriero di scontri col clero secolare (sempre per la difesa di interessi molto concreti: le éntrate dell'attivitá di m-segnamento, dei funerali; i diritti di visita di ehiese e propriela e la conseguente ri-chiesta di decimazione dei beni, causa di proteste reiterate e di interminabili proces-si). Proprio neli'ambito di questa concorrenza tutta inierna al ceto ecclesiastico si consuma a inizio Seicento una violenza quanto trtai gratuita e per noi sorprendente. II rapporto non sempre facile tra comunitá gesuitica e clero lócale e infatti aM'origine dell'abbattimentó da parte dei gesuiti di un oratorio di campagna: la chiesa di Loira-no, nel Pavese. Siamo nel 1609. Gl¡ interessi dei gesuiti si contrappongono a quelli del clero secolare: ií diritto di visita esercitato dall'arcivescovo Federico Bonomco sulla chiesa, da sempre peraltro officiata da regolari, sembra giustificare le pretese giurisdizionali suH'oratorio del párroco di Trezzano e dunque il diritto di decima sui beni della Compagnia in loco. Anche in questo caso assistiamo all'occupazione ar~ mata di una chiesa: ma da parte degli sbirri del Borroineo, a nome del fisco arcive-scovile e ne.ll'interesse del curato. Ebbene. il fratello procuratore gesuita - addetto al-l'amministrazione delle proprietá terriere. del collegio milanese di Brera - non trova di meglio, per risolvere la vertenza ed evitare interventi giudtziari esterni, che far gettare a térra ia chiesa. La memoria del fatto, del 1623 circa, invita infatti significativamente a rifuggire da qualsiasi iniziativa e proposta di ricostruzione deH'edificio, perché "mentre non vi sará chiesa a Loirano il collegio non haverá travaglio".7 Violenza cortigiana Una parte eiitaria della Compagnia di Gesú é profondamente coinvolta nel gioco della política cortigiana. Due casi. A-L.o scontto tra fazioni, lo spostamento degli equüibri alí'interno della corte, la mediazionc regia che spesso interviene a impone una soluzione ai conflitti tra oppo-sti partíli comportano talora decisión! e provvedímenti nei confronti di singoli indivi-dui (i piü ostinatí, i piü autorevoli), al fine di provocare la loro caduta in disgrazia e 7 11 prepósito generate Gandío Acquaviva nel marzo del 1<507 rime ne al Borromeo la diverger,za tra gesuiti di Brera e ministri arcivescovili sulla chiesa di Loirano. Sulla medesima linea, ma suI versante laico, si eollocano le proteste delle conjuntó per le immunità di cui gode la Compagnia (su dazi cil-tadini, propnetà, ecc., che determinano ¡'aumento dei cariehi fiseaíi degli immobiü non esemi) (Rurale. 1995; ARSI 1); e gli scontri sui beni dei gesuiti, soggetti q furti e su cui sono rivendicatí lisi co-muni tari, "come anco pescare o far pescare", che perô "cagionavano gravissimi pregiuditii sopra le possession! dei predelti padri"; fatti che consentono ai procurator! rurali delta Compagnia di godere del privilegio di "portare l'arnii per la campagna ... l'archibugio lungo o corto di misura, se si puó. e quando questo non si possi almeno il lungo" (è il caso manrovano: Gorzoni, 1997, 27). 313 ACTA HLSTRÍAE • II) • 2002 • 2 Rai'ip IIURALE: CLERO E VKjLEN'ZA. NOTt SU VICF.NDU í; UOMINI DfcLLA COMI'ACJNIA OI GESÜ .. . 305-323 allontanaríi cosi definitivamente - come ci insegnano episodi che coinvolsero ministri e funzíonari regi coipiii improvvisameníe da inchieste e accuse di corruzione - daii'in-carico fino allora ricoperto e dalia corle. Gli stessi gesuiti, al pari di membri di altri or-dini regolari, come teologi e confessori, ovvero direttori di coscicnza regi - aila forma rígida della confessione, formalizzata neí minirni parlicolari dal discorso scolastico si contrappone ta "seduta colloquiale" in cui il penitente-re, davanti al direttore, si vede autorizzato a parlare al di fuorí di quella rigidita (Legendre, 1976.143) - sono inembri influenli di fazíorti e partiti cortigiani, talvoíta ne cosütuiscono il punto di riferimento, ne tirano le fila (la questione angustio non poco il preposito generale Claudio Acqua-viva, che tentó di intervenire, ma con scarsi risultati. con un decreto sui confessori nel 1602). Nel 1617, a guidare a Madrid il partito bellicista che sostiene la política del go-vernatore di Milano Pedro di Toledo, opposta al pacifismo attendista (ormaí in crisi) det favorito, il duca di Lerma, é un padre gesuita, Federico Xedlcr (proprio del Lerma confessore!), alicato nel perseguire tale strategia con il figlio del favorito e il confesso-re di Fiiippo III, il domenicano Luis Aliaga. La iotta cortigiana che ne deriva e il tentativo di indebolire la fazione avversa comportano, cómplice l'íntervento regio, il rapi-mento del padre confessore gesuita e il sua trasferimento segreto, in residenza coatta, in uno sperduto collegio della Compagnia, moho lonfano dalla corle. Era don Pietro portalo e protetto in Spagna da tre persone, la prima il duca di Uceda, la seconda il confessore di sua maestá, la lerza il confessore del duca di Lerma, le quali tre protetioni gli cessaranno tune affatto per questo: il confessore del duca di Lerma era il padre Federico [Xedlerj gesuita, il quaie portava et difendeva sua eccclienza. Hora detto padre fu condotto via, come da una nota qui allégala: ... fu improvvisamente lévalo in cochio di sei mulé da' suoi superiori, come preso, dicono, d'ordine di sua maestá ... la qual cosa diede molto da diré poiché era huotno che mangiava sempre col duca e favorito assai, pero giá non se ne parta come se non fosse al mando. In questo modo il figliuolo lil duca di Uceda] si confermerá al valere del padre [il Lerma], il quale non é amico di don Pietro, et il confessore di sua maestá [il domenicano Luis Aliaga] cessara di proteggerlo per no/i essere trattato come il padre Federico ... (ASPr 2). B- Uno tra i documenti piü significati per comprendere il ruolo político svolto dai religiosí in antico regime (sovente anraverso un uso spregiudicato dei loro autorevoli poteri spirituali) e nello stesso tempo un csempio eloquente di quella violenza psicológica di grande impatto suli'individuo rapprescntata, nella sua forma piü estrema, dalla scomunica - equivalente in sostanza alia perdita dei propri diritti civili, pena infamante come sará la negazione della confessione in punto di morte per i giansenisti - é rappresentato da una lettera deH'aprile 1610 di Claudio Acquavíva, un documento, a nostro parere, davvero illuminante. Sí tratta in questo caso del rífiuto. dovuto a una scelta eminentemente política, di soddisfare il bisogno sacrosanto di confessarsi di un penitente, gesto di risonanza pubblica, di forte impatto suH'íntera comunita. 314 ACTA H1STR1AE ■ 1» • 3002 • 2 n.u'io RURAIJS: CLERO E VIOLENZA NOTE SU VICENDE £ l'OMJNI OLLLA COMPAGNIA OI 0ESÙ ■■-. 30S-3I2 L'ufficio sacraméntale cui i'uomo di chiesa è chiamato. il dovere di confessare, di saper ascoítare i peccati del penitente e quindi di asso! verlo se non íntervengono gravi impedimenti (i casi riservati al vescovo e ai papa, i'eresia), è qui subordinato a più urgenti interessi delTOrdine religioso, Non possiamo permetterci il lusso, questo scrive in sostanza il padre generale a pochi giorni daH assassinio di Enríco IV, che il confessore de) principe di Condè, giudicato ribelle dal proprio sovrano, sia un uomo delta Compagnie. Cosi dunque l'Acquavjva: Se a tutti li re si deve riverenza e rispctto, ... che con trattare con persone dijfí-denti e tenate da ¡oro per dissuniti et contrarí non St dia occasione di suspitione, moito pià lo doviamo al re christianissimo di Francia che tanta protettione tiene deiia Compagnia. Et non solo l'ha posta nei suo regno in questo stato che oggi si trova, ma contra il torrente di molli che ci vorrebbono spiantare si è sempre opposto mitro gaglktrdissimo in nostra difesa. Onde, considerando lo stato delie cose di Francia e delta Compagnia nostra in quel regno, stimiamo di grandissimo pregiudi-tio ogni cosa che possa daré a sua maestà mínima ojfensione, con nota ancora di poca gratitudine. E bisogna considerare non solo ¡a Compagnia in Milano et in Italia, ma la congiuntione di tutto questo corpo. E sappiamo che essendo stato il signar principe di Condè ricevuto in alcitni htoghi de' nostri in Germania con quaiche di-mostratione di amót e et honore, come si do vea ad un tal príncipe, non è mancara chi habbia interprétalo sinistraniente questa attione appresso sua maestà. Onde ci è di-spiaciuto grandemente che si possa là ríferire che non solo questo principe tratti con nostri familiarmente, ma che si confessa con uno delta Compagnia. Se bene vostra reverenzia scrive che s'havea eleito il padre Francesco Sirio, che è pure meno inconveniente di quello che altrí pensavano del padre Buiza, il quale in modo alcuno si potrebbe soffrire essendo spagnolo e confessore del signar conte di Fuentes [gover-natore di Milano], ma quaîunque sia. non giudico in modo ve runo che sia huomo della Compagnia, poiché la confessione è cosa tnolto più gelosa ch'un'apparenza d'honore estenio come quello di Colonia. E se bene ad un penitente si deve credere secando la sua conscienza, nondimeno, quando il mondo et il suo re mostrano haver causa gravissima e di tenere no vita, fattione con appoggio anco degli heretici, fácilmente si vede ch'è prudenza l'astenersi da simili maneggi, perché non habbiamo tal obligo di confcssarlo. E se quando uno c scomunicato da un prelato particolare, ancor che si pretendesse innocenza dal tale, noi per fuggir i'offensione del prelato e scandalo che seguircbbe al mondo dobbiamo astenercene, molto più si deve fare nel caso [presente]... Si che vostra reverenzia con prudenza veda che noi ce ne ritiriamo e per mezzo dell'istesso padre e di altri sifacci capace il detto prencipe che se ci ama non deve porci in questi intrighi e pericoli, poiché ha molti altrí che senza alcuno inconveniente e perdita loro potranno seivirlo neU'aiuio delianima, che noi con l'ora-tioni non mancheremo di pregare il Signore che le cose si riconcilino, com'egli deve sperare dalla clemenza del re, essendoii anco tanto congionto di sangue. E di gratia 315 ACTA HISTRIAE ■ 1.0 ■ 2002 • 2 Havio RURALE: CLF.RO e VIOLENZA. NOTE SU V ICENOS F. TOMIN! OEU.A COMPAÍiNIA D! GF.SÚ .... 705-372 ci avvisi di quanto llavera esseguiio, e tenga i fiosfrí in disciplina, che avertano come si poda {ARS12) 8 Un pluriomicidio. CoJIegio di Cremona, dicembre 1602 Motivi di rabbía e di conteslazíone, provenienti anche dall interno, neii'ordine ignaziano non era no mai mancati. 11 percorso formativo del perfetto gesuita prevede-va, prima della professíone solenne. un apprendistato lungo e faticoso, tra studio, at-tività di insegnamento e di predicazione in case e collegi d'Europa. opere di misericordia e prove di obhedienza che, se permettevano esperienze gratificanti e di succes-so, mettevano pure a dura prova la vocazione dei più, anche la più sincera e convinta. Ne nascevano umiliazioni e soffererize psicologiche talora non fácilmente superabüí. per alcuni insormontabiü. Fu i! caso di Giovanni Botero, costretío a un período di re-clusione nel collegio di Torino nel 1580, un'esperienza assai dolorosa stando alie te-stimonianze che di quei mesi ci sono pervenute, cui seguí l'abbandono della Compagnie nel dicembre dello stesso auno (ARSI 3). A queilo del lungo apprendistato per arnvare alia professíone dei quattro voti puo essere affiancato, ulteriore motivo di polemiche, rancorí e conflitti, il problema del licenziamento o delle dimissioni dalla Compagnia, talora decise conlro i desideri del diretto interessaío o addirtttura dopo la sua professíone solenne. Speranze tradite, dramrni personali che scatenarono a lungo violentí critiche sulla gestione della Compagnia, soprattutto durante il generalato di Acquaviva. E' perciô intéressante notare il fatto che venga letto in tale quadro, con ri-ferimento diretto a tale questione - inierpretazionc che si dimostrerà del tutto errata, ahimè! - un gravissimo atto di violenza commesso nel collegio di Cremona nel 1602: un pluriomicidio che fa subito pensare appunto, quale colpevole, a un confratello li-cenziato dalla Compagnia pochi mesi prima deiraccaduto. Siamo nel mese di dicembre. A Cremona, dove i gesuili si sono insediatí da non molto tempo, vengono assassinati il padre rettore e almeno altri 3 professon. Sendo in pochi giorni morti il padre Bartoiomeo Cicala et tre maestri di questo collegio de'gesuili et un ahro amalato, tutti d'un isfesso male di vomito, relassamento 8 Qualcosa di simite accadde di nuovo qualche decennio più íardi, qLiando i gesuili negarono ii proprio confessote al nunzio apostolico in Francia Ranuccio Scoiíi (siamo nel 1640, nel mozo della polémica ira Roma e Parigi per la pubblicazione dcii'Oplattis Gallas, pamphlet diretto contro la política religiosa di Richelieu): "I! padre Sirmondi [Giacomo, gesuita, confessore di Luigi XIII] ne' travagli del medesimo Nunzio e nclte caiuooie invéntate contro il cardinale Uarbcrino non apri mai hocca in lor difesa ne disse una parola per I'accomodamento, ne meno contradi sse alia risolutione che íecero i Gie-suiti di privar lo stesso nunzio del proprio confessore, ch'era della loro religione, per non dar gelosia al re e a Ricbelii) l-]" (Pastor, 1943, 540; Rurale, 1997. 364-365). il rientro detla Compagnia a Parigi era avvenuto pochi anm prima, nel 1603, dopo t'intensa attivitn diplomática pórtala avanti "(ra francesi", cioè dal re, dai commissari da lui nominan e dai padri gesuiíi l*iene Coion e Ignazio Armand, escludendo dalle trattative il nunzio e non tenendo conto neppure deilc tadicazioni provenienti dalla curia generalizia 316 ACTA HISTRlAE • 10 • 2(11)2 ■ 2 Navio RURALE. CLERO E VIOLENZA. NOTE Sl: VICENDE F. UOM1NI DE I. LA COMPAGNIA Bl ÜESIJ ... 305-.122 di siomaco et passions di atore cha narro per tratto li travagiiava, diede tal accidente grand'occasione allí buoni di questa citrà di dabita re che qitalche malo christiano ha-vesxe macchinato contra detíi padri. et potessero essere stati attossicati; e pareado i! caso degno d'avertenza fea dimandare i medid Luppo er Beriuccio, (ptídi hanno curato den i padri, per ¡atendere che g indicio fosse il loro c.irca la causa délia morte ... Non volsero affirma te cosa alcana sema tempo a considerarvi, onde finalmente per ogni rispen O stimandosi bene di saperne la veritíi, se essaminato in quest'officio il Luppo et l'istesso sifarà col Bertuccio. Et detto Luppo afferma ch'avendo curato uno d'essi per nome il padre Antonio, il cid c.adavere fec.e anche aprire, che ha mono di veneno potente, se bene non pud accerrarc quale posst essere stalo per essennne di varie. sorti. Dice ben essere di qualité rara, operando S eriza daré segni, e col vomito col quale soglionsi curare gli altri. ¡I delitto è gravissimo et importantissimo ... (ASMi 2).9 Il giorno precedente era stato i! vescovo di Cremona Cesare Speeiano a scrivere ai governaíore di Milano, il conte di Fuentes. E' intéressante notare come egli, a caldo per cosí dire - ma in realtà i fat ti risalivano a due setlimane prima - cerchi di giu-stificare î'accaduto richiamando l'attenzione sul clima di odio che talora accompa-gnava i nuovi insediamenti gesuilici. Riprendeva in sostanza lo Speeiano la riflessio-ne che Cario Borromeo aveva avuto modo di esprimere in occasione dei fatti milane-si, quando aveva sottolineato "quelle certe ombre vane che si hanno di questi buoni padri quando entrano in un iuogo": lo so ch'ella sentirá la novit.à et atrocità del caso come conviene, poické qui si è farta cosa che in niun alira parte, ove li padri sono odian per la bonrà et virtù ¡oro, è mai successa... Ma ia vioieiiza non era venuta da nemici esterni. Tra i primi ad essere sospettato ci fu iirfatti un certo Domenico Testa, vissuto per diversi mesi nel collegio, desicleroso di continuare a far parte délia comunità gesuitica, infirte dimesso perché ritenuto inido-neo Ebbene, fu subito sottoposto a tortura dopo i fatti del 1602, come ci riferisce una iettera de! 15 fcbbraio 1603 al governatoredi Milano de! podestà Mario Corradi: Per il tossico datio et morte seguirá del padre retro re et. altri gesuiti di questo col-legio, feci publicare l'impunité et protnessa de' premii che voslra eccellenza mi commando... Restando molto sospetto un Domenico Testa cremoriese, il quale procuro d'esser accettato riella detta religione per converso et admesso perfore prova di lui nel detto collegio, havendo con parole etaltri effeiti dallo chiari inditii d'animo contrario a quello che dev'essere uno religioso, le fu con la destrezza sólita de i padri datta l.i-cenza. Contuttocio continua la pratica nel detto collegio e prima délia morte di essi 9 De! 26 dicembre e la leueta al govematore del vescovo Cesare Speeiano. Non fu un anno faeile, il 1602, per ta comunilá dei collegio di Cremona. fondato appena diie anai prima: a primavera vi era stato grande scandalo per t'amore omosessuale che aveva coinvolio i padri Appiano e Verace (ARSI •í) 317 ACTA H1STIU.YE - 10 • 2002 • 2 Fifi vio RURALE; CLERO E ViOLCNZA. NOTLSU VK/EMUh: i: UOMtNl BELLA C'OMPAONIA DI GES(- .... .W5-S22 pudrí circa un mese stette continuamente in ess o, con occasione di lavara re di sarta, ivi inangiando, hevendo el dormetido, et vi continuó al lempo della malaria, et dappo per alcufii giorni. Si procuró d'haverlo nelle maní, ct essaininato fu con ogni diligenza escusso, e nelt'essame accrebbe delta sospitioi\e. cotí essere varío et bugiardo, contra-dicendosi i/t molle cose, sic/té nelle circostantie del delitro restando gravato per il proprio essame et anco per alcani testimonii, giitdicó questa curia di tormentarlo, uta non sendosi poluto alzare alia corda per havere un braccio imp edito, come re/enero i medici, fu solamente legato con il dado alia mano destra et astretto due volte senza il dado el sei col dado, ma non si poté cavare da luí cosa alema, nelle rispaste pcrsi-slendo in diré: non so niente, e cose símil i, con poco o niente di grídore, arduamente et intrépidamente parlando... Questo monsignor reverendissimo vescovo ha scritto a sua santita per havere provisione di poter essaminare i podrí e conversé restan nel detto collegio. et altre provisioni per havere maggiorí indita e chiaríre quali siano i deiin-quenti... (ASMi 3).10 Ma non era i! Testa l'autoredel deíilto. I padri gesuíti avevano provveduto in veritá giá da lempo, in gran segreto - la strategia fu messa a punto ai primi di gennaío e il piano divcnne operativo un mese piü tardi - al tras fe-ri memo del probabile omicida (ge-suita) in Sicilia, via Genova; volevano geslire in assoiuta autonomía i! caso, sotíraen-dolo sia alia giurisdizione ecclesiastica sia a quella civile. Preoccupati che no» si sco-prisse la veritá, insistevano perché vescovo, podestá e governatore di Milano non pro-cedessero oitre con le loro indagini, e per fare questo sottolineavano, in parte dunque strumentalmente, le conseguenze che tutto ció avrebbe avuto sui cittadiní di Cremona: per impedir che piü oitre non si proceda da forastierí al tnquisitore, per non venir in cognitionc del vero, crediamo bastera che vostra reverenzia dica a cotesti si-gnori, massime al signor vescovo et altri che giudickerá necessarío, che essendo stati nominan per vie. di sospetti et religiosi et ecclesiastici et altri secolari, non vor-ressimo che per corito riostra venís se a patire qualche innocente, o vero per tale in-quirere ne risultasse a noi o restasse con macchia o nota di tanta enormitá odio maggiore irt quella citta ... Pregkiamo quei signan si contentino di non proceder piü oitre, per maggiore ttostra pace e bene di qitel luogo (ARSI 5) " Questo invito il preposito generale riformuiava al padre Giacomo Domenichí il 7 febbraio, non sapendo se la diligenza consigliata col vescovo e il podestá avesse avuto buon esito. Le informazioni che arrivavgno a Roma parlavano infatti di carce-raztoiii e interrogatorio al punto che !0 1-a consultó dello Speeiano presso la Congregazione dei vescovj e regolari suil'utiiità delfimervento del braeeio secolarc e del governatore di Milano sui l'attí accadutí (ASV 4) 11 "Et caso si potesse contro lui procedere per castigarlo, si potra far più commodamente e con meno publieità ailrove che in Provincia", di qui la necessita del trasferímemo a Genova "con ogni segre-tezza" e tjuindi in Sicilia; era comunque meglío che l'omieida restasse in Italia, nel caso fosse scoperto i'accadHtoe chiesta ai gesuiti la sua consegna (ARSI (i). 318 ACTA HISTRlAfc • 10 • 2002 • 2 l lavio RURALE: CLERO H Vi! ílENZA. NOTE SU VICCNDE E UOMlNi DELLA COMPAGNIA DI (¡liSÚ .... 30S.J22 alcuni de' nostri remano forre di (¡¡testa inquisitione ... Pongo ben in eonsideratione - scriveva al padre Girolamo Barisone, nominato nuovo provinciale - che ivi sospet-tandosi si fortemente da nos!ñ delta persona suddetta in que! luogo e temendosi pro-babilmente che con l'inquisitione che sifa non si venga a pubblicitá, che sarta neces-sario il disingaunarc i nostri et levarli questi sospetti, efar uffitii gagliardi c.ol ves cavo e magistrato di Cremona che non vogUano proceder piá oltre per non haver a offender molti innocenti nella fama et honore, massimamente essendo Staíi nominad per vía di sospetti e religiosi et ecclesiastici et altri secotari; et che símilmente che per tale in-quirere ne risuitasse a noi odio maggiore in queda cittá (ARS1 ó).1- Ribadiva l'Acquaviva la preoccupazione che i padri del collegio non finissero per confessare il nome dcli'omicida, a loro probabilmente noto; riconfermava il clima di sospeito che dovette circondare la comunita gesuitica anche a Cremona, e sottolinea-va infine la necessita di agiré in modo che i rapporti tra la Compagina e la cittá non degenerassero ulteriormente per quanto accaduto. L'avvenimentó, sul quale non é fmora stato possibile rintracciare ulteriori infor-mazioni e testimonianze, fomísce in veritá imeressanti considerazioni attorno a un'aitra questione, peraltro margínale in questo caso specifico, ma significativa per capire i sospetti nati attorno a rególe e norme che governarono l'organizzazione della Compagnia, destínate a esplodere ben presto nella stampa dei Mónita secreta e a diventare uno dei motivi piü ricorrenti nella violenta polémica antigesuitica Seí-Settecentesca (Pavone, 2000), La comunitá dt Cremona ricevette ai uto in tutta la vi-cenda da alcunt pcrsotiaggi deH'entourage político milanese. Tra questi un ruolo importante ebbe il senatore Papirio Cattaneo, uomo particolarmente addentro ai problemi che tíguardavano le lelazioni con l'autoritá ecclesiastica, tra i protagonisti della Concordia Giurisdizionale che quindici anni dopo avrebbe posto fine alie controver-sie milanesi. Molto probabilmente per convíncere il podestá di Cremona, il vescovo Speciano e íl Fuentes a chiudere le loro inchieste, come chiedeva con insistenza la curia generaltzia, era necessario fare riferimento ai privíiegí di vario genere che a partiré da Paolo III i pontefki avevano riconosciuto alia Compagnia, e proprio per questo il Cattaneo aveva chiesto di poter consultare Costituzioni, bolle ecc.. dell'or-díne ígnaziano. La risposta di Roma (la lettera dell'Acquaviva é del 18 gennaio) é quanto mai interessante e inequivocabile: Al signor dottore Papirio Cattaneo siamo obligati per l'affettione verso la Compagnia et prontezza et diligenza con che piglia la difesa della causa riostra, uta non vediamo necessita di farlo leg ge re ... íl libro delle Constitutioni e bolle et rególe:... non si vuole lasciare nelle mane de secolarí sirnili líbri" (ARSI 7).'J 12 Non c ben ehiaro. nella lettera, se ii (ra te lio citato, un ceno Domenico Butio, che il Barisone "metiera seco" a Genova, sia d3 considerare l'autore del crimine. 13 Pochi anni dopo, simile preoccupazione - che i laici potessero consultare le Costituzioni dell'Ordine — avrebbe aeeompagnato la vicenda che porto alia fondazione della fabbrica di S. Fedele, espediente gin- 319 ACTA HISÏRIAE » 10 • 2002 • 2 Fía vi a KUKALE- CLERO E VIOLfcNZA NOTI SU VICENDE g l/OMIN'l DF.1.LA COMFAGWA PS OESÙ . .. W-m DUHOVŠČINA IN NASILJE. ZAPISKI O DOGODKIH IN OSEBAH "JEZUSOVIH SPREMLJEVALCEV" MED 16. IN 17. STOLETJEM Flavio R URA LE Um vem v Vidmu, Filozofska Fakulteta, Oddelek za Zgodovino in varstvo kulturne dcdiSčinc. 1-33100 Udine, via T. Petraeco 8 c-maii: ftavio.mrale@t1slbc.uniiid.it POVZETEK Uveljavljanje jezuitskega reda v prenekaterein italijanskem mestu ni bilo lahko. Že od vsega začetka je bilo zaznati sence, sumničenja, nasilje, ki so kasneje zaznamovali obdobje tik pred njegovo ukinitvijo. V nekaterih primerih — spomnimo le na milansko zgodbo - je slo za nasilna dejanja, ki so bila posledica boja med interesi (verskimi in materialnimi, zasebnimi in javnimi) cerkvenih oblasti (in jezuitov) na eni strani in civilnih skupnosti na drugi; ti interesi pa so izhajali iz tradicionalne primestne organiziranosti in občutljive davčne uravnoteženosti mesta in njegovega podeželja. Tako dotedanja organiziranost kot ravnotežje sta z novo naselitvijo jezuitov doživela globoko krizo. Manj znano je morda nasilje, ki je zaznamovalo notranje redovno življenje; bilo je različne narave in ga je moč različno interpretirati. Najpogosteje pa je povezano z dolgo in težko potjo, kije vodila do svečane zaobljube (pogosto šele po 15 ali 20 letih), in tesno vpletenostjo njegovih članov v politično dogajanje takratne Evrope. Razprava o umoru tirana - na ozadju teološkega opravičevanja nepokorščine-upora podložntkov proti vladarju — izobčenemu heretiku, ki je, sicer manj izrazito, nazadnje vplivala tudi na notranje, nasprotovanje redovnemu generalu - je zaznamovala obdobje na prehodu od 16. v 17. stoletje, vanjo pa so se neposredno vključili tudi jezuiti, ki so zavzeli pogosto protislovna stališča, kot je razvidno tudi iz zakasnele obsodbe teze o dopustnosti umora (in razprav na to temo), ki jo je izrekla generalska kurija po smrti Henrika IV. Ključne besede: Jezuiti, nasilje, kazniva dejanja, halia, 16.-17. stoletje FONT1 E BIBLIOGRAEIA ARSI1 - Archivum Romanum Societatis lesu (ARSI). Fondo Mediolanensis, vol. 23 I, f. 65, lettera di Claudio Acquaviva del 24 maržo 1607. ARSI 2 - ARSI. Fondo Mediolanensis, vol. 23 I, f. 188. ridico per poter adiré bem ed ereriità anche a favore délia ehiesa e délia casa professa, teóricamente escluse dalle Cosíituzioni da tale prerogaliva propria dei solí coflegi: anche allora il générale impedí la consultazione (Rumie, 1992, 198). 320 AC I A HLSTR1AIÏ • 10 • 2002 • 2 Ra*» RURALE. tl.KXO !; VtOU^ZA. NOTE SU VtCBNDE E UOM1.NI DtLLA í OMPACNIA DI OESÚ . .. 305-322 ARS1 3 - ARSI. Fondo Italiae, vol. 156, ff. 76, 120, 141, 155v. ARS1 4 - ARSI. Fondo Medioianensis, vol. 46. ff. 6. 10, 12. ARSI S - ARSI. Fondo Medioianensis, vol. 46, Solí, 1600-1773, ff. 34v, 3Sv, lettera del padre generóle al padre provinciale Giacomo Domenichi, del!' 11 gennaio 1603. ARSI 6 - ARSI. 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