ACTA HISTRIAE • 12 • 2004 • 1 ricevuto: 2004-01-24 UDC 262.9:348.581(460)"17" VITTIME INNOCENTI DELL' INQUISIZIONE SPAGNOLA Juan Antonio ALEJANDRE Universidad Complutense de Madrid, Facultad de Derecho, Departamento de Historia del Derecho y de las Instituciones, E-28040 Madrid, Ciudad Universitaria e-mail: jaalejandreg@yahoo.es SINTESI In questa relazione si raccolgono casi concreti di errori giudiziari commessi dai tribunali dell'Inquisizione spagnola, casi di vittime innocenti, ma anche un caso in cui stranamente il tribunale riconobbe il proprio errore e indennizzd la vittima. I tribunali dell'Inquisizione adempivano di solito fedelmente alla procedura stabilita e a tutti i requisiti previsti dalla legislazione e dalla prassi giudiziaria. Le ca-ratteristiche misteriose dei processi davano a volte luogo al fatto che le persone in-quisite, che dal momento in cui venivano denunciate venivano considerate presumi-bilmente colpevoli, potessero essere ingiustamente condannate pur essendo in realta innocenti. Fatto questo che le trasformava in vittime del processo inquisitoriale. Parole chiave: Santo Uffizio, Inquisizione spagnola, processo inquisitoriale, vittime, Spagna, XVIII sec. INNOCENT VICTIMS OF THE SPANISH INQUISITION ABSTRACT This article gathers actual cases of judicial errors made by the courts of the Spanish Inquisition. Most are cases of innocent victims, whereas in some instances the court did admit its own mistake and indemnified the victim. The courts of the Inquisition usually complied faithfully with the appointed procedure, with all the legislation requirements and with judicial practice. The characteristics of those mysterious trials were such that those who were prosecuted, considered to be likely guilty from the moment they were reported, could have been unfairly condemned notwithstanding their innocence. Such way of proceeding would immediately make them victims of the prosecution process. Key words: Santo Uffizio, Spanish Inquisition, prosecution process, victims, Spain, XVIII century 121 ACTA HISTRIAE • 12 • 2004 • 1 Juan Antonio ALEJANDRE: VITTIME INNOCENTI DELL' INQUISIZIONE SPAGNOLA, 121-128 L'Inquisizione spagnola puo essere studiata da prospettive molto diverse, è pero intéressante soprattutto dal punto di vista processuale, dove si vedono le differenze più importanti rispetto al processo comune ordinario. L'Archivo Histórico Nacional, di Madrid, riunisce un'abbondantissima documentazione, purtroppo in grande misura incompleta: effettivamente, le vicissitudini che colpirono il Santo Uffizio, in parti-colar modo a partire dalla sua soppressione, nei primi decenni del XIX secolo, determinarono la scomparsa di molti incartamenti in cui si contenevano gli atti dei processi e la cui conservazione non interessava ormai nessuno, mentre il loro oblio era invece cercato da molti. Non è facile percio ricostruire interamente i passaggi di un qualsiasi processo, dal suo inizio fino alla sua conclusione, ma, comunque, collegando notizie e riferimenti dispersi, si puo arrivare a conoscere la parte principale di ognuno di loro, cosa che incentiva il lavoro di ricerca. Forse è per questa ragione che la bibliografia sull'Inquisizione spagnola è amplia. Ci sono moltissime pubblicazioni che si occupano di quest'istituzione in modo globale oppure specifico. I ricercatori spagnoli che partecipano a questo convegno hanno dedicato anni a questo impegno, e il frutto del loro sforzo si riflette in molti libri e articoli. In questo caso, ho scelto di occuparmi di determinate questioni parti-colari, ricollegate al tema centrale del convegno: le vittime, alcune vittime, dell'In-quisizione. *** Uno dei tratti che caratterizzano il processo penale dellAncien régime e, dunque, soprattutto, il processo inquisitoriale, è la presunzione di colpabilità dell'accusato. Il Santo Uffizio fomento la delazione, minacciando con pene spirituali, persino con la scomunica, chiunque, avendo conoscenza della commissione d'un successo di appa-renza delittuosa, riguardante questione di fede, non lo denunciasse, e allo stesso tempo, riservo punizioni a chi osasse procedere con falsità in questa pratica. Date queste premesse, si considera che in generale pochi decidevano di correre il rischio di occultare al tribunale informazioni sulla partecipazione in un supposto reato oppure a dare false informazioni su di esso, e per questa ragione, si ammette che ogni denuncia deve essere creduta. Fra la parola del delatore o accusatore e la parola dell'accusato, il tribunale tende a credere a chi denuncia, e allo stesso modo è solito considerare che quando l'accusato nega i fatti che gli vengono imputati, sta semplicemente cercando di difendersi. Tuttavia il tribunale esamina rigorosamente il contenuto della denuncia, e quindi richiede l'opinione degli esperti se la condotta del denunziato è suscettibile d'essere stimata come delittuosa, cioè, se, come dice vano i moralisti, ha almeno "il sapore dell'eresia", in quanto riguarda questioni di fede, e in un secondo momento tenta di 122 ACTA HISTRIAE • 12 • 2004 • 1 Juan Antonio ALEJANDRE: VITTIME INNOCENTI DELL' INQUISIZIONE SPAGNOLA, 121-128 accertare la responsabilità di chi ha commesso il crimine, se, dalla denuncia e dalle testimonianze ottenute a partire d'essa si deduce che ci sono sufficienti indizi per procedere contro il sospetto. E cosí, soltanto quando le conclusioni cui arrivano gli esperti e i consulenti suggeriscono l'esistenza di un reato e gl'indizi e le prove per-mettono di sospettare una responsabilità in capo dell'accusato, il tribunale si risolve a fare i primi passi, adottando le misure preliminari e di precauzione che consistono principalmente nella detenzione della persona che, grazie agli elementi raccolti, è già considerata come presunta colpevole. A questo punto il tribunale ha la certezza di essere sulla retta via e che, percio, la procedura che si sta per iniziare finirà per confermare i sospetti e per condannare l'accusato. Quindi, la possibilità di errore si ritiene molto improbabile. L'immagine che trapela del tribunale è appunto quella d'un organo rigoroso, in-flessibile, esatto in quanto alle sue pratiche e, quindi, giusto, cosa che comunque non esclude che in determinate occasioni possa commettere errori o eccessi, sebbene, qualora questi accadano, per la stessa ragione cerca di non renderli noti. È in questi casi che si potrebbe parlare propriamente dell'esistenza, da una parte, di vittime, cioè vittime innocenti, e, dall'altra, d'un boia, che sarebbe l'Inquisizione. La preoccupazione del Santo Uffizio affinché non venga reso noto il suo possibile errore non esclude che, quando detto errore sia dovuto alla malafede di un denunciante oppure alla falsità di chi aveva accusato senza fondamento e questa malafede o questa falsità sono note, il tribunale non consideri sconveniente rendere pubblica l'innocenza dell'accusato e, anche, ricompensargli l'offesa morale che even-tualmente avesse sofferto a causa del processo. Allo stesso tempo sul responsabile della falsa testimonianza ricade la stessa pena che, se fosse stato fondata la denuncia, sarebbe ricaduta sull'accusato. In questi casi di errore oppure di falsa denuncia, si prevede la possibilità di concedere al reo una lettera in cui si riconosce la sua innocenza e anche quella di essere portato fuori del tribunale in una carrozza bianca, simbolo essa stessa dell'innocenza, pratica quest'ultima pero estremamente rara. Tuttavia, quando l'errore si deve a un difetto nell'istruzione processuale oppure a un eccesso interpretativo del tribunale, questo è contrario a riconoscere l'innocenza e, al massimo, giunse a decretare la scarcerazione del reo e la sospensione della causa in attesa di una qualsiasi nuova prova accusatoria. Gli archivi inquisitoriali spagnoli offrono numerosi esempi di come il comportamento dei tribunali del Santo Uffizio sia diverso a seconda della natura dell'errore. In relazione a entrambi i tipi di vittime espongo di seguito due casi rappre-sentativi. Il primo riguarda l'esperienza d'un individuo, il cui nome era Francisco Portocarrero (AHN, 1), frate d'un convento dell'Ordine Militare di Calatrava, che nel 1744 riuscí a fuggire dal convento e ad arrivare a Roma per richiedere alla Curia pontificia una licenza che lo esimesse dall'obbligo, per lui insopportabile, di abitare nel convento, impegnandosi invece a risiedere nella casa della sua famiglia, dove 123 ACTA HISTRIAE • 12 • 2004 • 1 Juan Antonio ALEJANDRE: VITTIME INNOCENTI DELL' INQUISIZIONE SPAGNOLA, 121-128 avrebbe potuto compiere i suoi voti religiosi. Nonostante la singolarita della sua richiesta, Roma acconsenti e il frate ottenne la licenza. Con essa ritorno in Spagna, dopo aver viaggiato in Italia per alcuni mesi. Ma, una volta tornato nel suo paese, si seppe per mezzo d'una persona che aveva vissuto in Italia che, proprio a Modena e nello stesso periodo in cui era stato in quel paese il fuggitivo, uno spagnolo che si chiamava anche lui Francisco Portocarrero aveva sposato una donna italiana. Venne immediatamente identificato con il frate, il quale avrebbe rotto i suoi voti, facendo cosi sospettare la mancanza di fede e perfino la possibilita dell'eresia e permettendo cosi l'intervento dell'Inquisizione. Infatti, questa procedette immediatamente, decretando l'incarcerazione del frate e iniziando un processo, nonostante le affermazioni d'innocenza del detenuto, il quale pur proclamandosi non colpevole, fu imprigionato per svariati anni, a causa delle difficolta di ottenere in Italia testimonianze sufficienti che dimostrassero l'esatta identita della persona che si era sposata in questo paese. Tuttavia, in questo caso la fortuna favori il carcerato, poiché, alla fine, dalle prove raccolte si dedusse che si trattava di due persone diverse benché con lo stesso nome e cognome, e che chi si era sposato in Italia era un militare artigliere, e non un frate. Allora, davanti all'evidenza dell'errore giudiziale il tribunale del Santo Uffizio di Siviglia, che aveva iniziato la causa, detto sentenza assolutoria, riconobbe l'inno-cenza del reo e, per ricompensarlo delle ingiuste sofferenze e del disonore causatogli dal processo, gli concesse nel 1761 il titolo di segretario onorario del medesimo Santo Uffizio, una pensione di cento ducati e, piu tardi, nel 1768, un lavoro prestigioso nella Reale Fabbrica di tabacchi di Siviglia. Fu una vittima innocente, e vero, ma in questo caso, fortunata. Molto diverso e il caso, pure sorprendente, di un'altra vittima dell'Inquisizione. Il protagonista fu un individuo appartenente a una famiglia nobile (in spagnolo era chiamato un "hidalgo"), come si deduce dal suo lungo e illustre cognome: Don Pablo Moraleda Pérez de Toledo y Sotomayor y Varona de la Cerda y Salcedo Zúñiga y Díaz de la Fuente Rosilla y Cotán (AHN, 2). Questi era amministratore di rendite a Lima, e venne richiamato in Spagna per risolvere alcuni dubbi circa la sua gestione, ma, quando, una volta risolto il problema, si disponeva a ritornare all'esercizio della sua occupazione, un'intimazione del Commissario del Santo Uffizio di Cádiz nel 1787, quando l'uomo aveva 70 anni, gli causo un mandato di cattura, l'arresto e il sequestro dei suoi beni, com'e previsto dalle norme del tribunale di fronte a qualsiasi denuncia apparentemente fondata. Don Pablo si sorprese per la decisione del tribunale di Siviglia, che era giuris-dizionalmente competente, giacché niente nel suo comportamento indicava che il personaggio (che era inoltre figlio d'un illustre capitano dell'Armata e fratello di due sacerdoti) fosse sospetto d'eresia e, infatti, di fronte alla sua rivendicazione d'inno-cenza, il tribunale, pochi giorni dopo, rettifico la sua decisione e ordino la sua scar- 124 ACTA HISTRIAE • 12 • 2004 • 1 Juan Antonio ALEJANDRE: VITTIME INNOCENTI DELL' INQUISIZIONE SPAGNOLA, 121-128 cerazione, benché il semplice fatto di essere stato chiamato e imprigionato da parte dell'Inquisizione implicasse un disonore che esigeva una riparazione. E questo fu appunto quello che richiese il detenuto: che il tribunale, oltre a ordinare la sua scar-cerazione, pubblicasse la sua innocenza e riconoscesse pubblicamente l'errore com-messo, cosa che per lui era imprescindibile per lavare il disonore che gli era stato inflitto, ed era tanto importante che si rifiuto di uscire dal carcere fino a che il tribunale non avesse accettato la sua richiesta. Ma non era facile che il tribunale dichiarasse in forma ufficiale il suo errore, quindi la possibilité di sbagliarsi in questioni cosí delicate, e percio si limito a reiterare il mandato di scarcerazione, che il detenuto rifiuto nuovamente, causando con il suo atteggiamento di ostilità e di resistenza contro la temibile Inquisizione un sentimento di simpatia e di solidarietà verso di lui che, a sua volta, provoco le rappresaglie del Commis sario, cioè, una maggiore durezza delle condizioni fisiche dell'incarceramento e la restrizione dei suoi alimenti. A partire da questo momento il reo comincio a indirizzare le sue lamentele all'Inquisitore Generale, la massima autorité del Santo Uffizio, attraverso numerose lettere, in cui reclamava la reintegrazione del proprio onore nella forma ufficiale e pubblica prevista per i casi d'innocenza, pero non ottenne mai risposta, e dopo un anno e mezzo aggiunse alle sue rivendicazioni la richiesta d'un indennizzo e la punizione dello sconosciuto che ingiustamente lo aveva denunciato. In una delle sue lettere avvertiva che se le sue richieste non fossero state accettate "si abituava all'idea di morire in carcere", ma la risposta fu, una volta di più, il silenzio e la decisione del Commissario di rendere ancora più insopportabile la reclusione, e, infatti, fu isolato e i suoi alimenti furono ulteriormente ridotti. Quattro anni e mezzo dopo, torno a rivolgersi all'Inquisitore Generale, implorando che il suo caso non cadesse nell'oblio, e annunciando che, in caso contrario, presto l'avrebbero ritrovato "o pazzo, o morto". Non si conosce il finale di questa storia, perché l'incartamento non si conserva completo, pero, in ogni caso, dopo cinque anni di reclusione, dei quali i due ultimi li soffrí murato, si puo constatare, a causa della calligrafia deformata delle sue ultime lettere e dell'incoerenza del loro contenuto, che il detenuto stava diventando pazzo. Il gentiluomo soccombette alla disperazione. L'ingiusta indolenza del Santo Uffizio gli provoco una ossessione patologica: ecco un immeritato epilogo per una vera vittima innocente che fece della sua idea dell'onore una ragione di vita e anche, probabilmente, di morte. 125 ACTA HISTRIAE • 12 • 2004 • 1 Juan Antonio ALEJANDRE: VITTIME INNOCENTI DELL' INQUISIZIONE SPAGNOLA, 121-128 NEDOLŽNE ŽRTVE ŠPANSKE INKVIZICIJE Juan Antonio ALEJANDRE Universidad Complutense de Madrid, Facultad de Derecho, Departamento de Historia del Derecho y de las Instituciones, E-28040 Madrid, Ciudad Universitaria e-mail: jaalejandreg@yahoo.es POVZETEK Pri procesu na inkvizicijskih sodiščih je, podobno kot v kazenskem procesu Ancien régima, kot domnevno kriv obravnavan vsak obsojenec, kar predpostavlja, da mora slednji dokazati svojo nedolžnost; in sicer v težkih okoliščinah, dodatno obremenjenih še s tajnostjo postopkov Svetega oficija, z zaupanjem, ki ga sodišča izkazujejo tožitelju ter z nezaupanjem do navedb storilca. Ce dejavnosti, ki jih izvaja sodišče, od trenutka prijave (poročilo "ocenjevalcev" o kriminalnem značaju prijavljenih dejanj; ter istočasna istovetnost pričevanj o njihovi verodostojnosti) potrdijo, da obstajajo indici o tem, da bi bil obsojenec lahko odgovoren za kriminalno vedenje, se postopek nadaljuje z aretacijo storilca in z zaplembo njegovega premoženja, temu pa sledi pravi kazenski postopek, z zasliševanjem storilca ter z narokom primernih dokazov (s predložitvijo besedil, in kadar se presodi, da je potrebno, s torturo) V vsakem primeru gre vedno za dokaze, ki so usmerjeni v priznanje storilca, priznanje, ki bi potrdilo verodostojnost prijave ter upravičenost začetnega suma v njegovo krivdo. Podoba sodišča, ki se izriše, je običajno podoba toge, učinkovite, pravične ustanove, vendar pa sam sodni postopek ter težave, s katerimi se obtoženec sooča pri svoji obrambi, ne izključujejo možnosti, da lahko v nekaterih priložnostih obsodijo nedolžnega, pa tudi, da se proces zaključi z obsodbo nedolžnega, kar pomeni, da je slednji v tem primeru bil žrtev inkvizicije. Samo v redkih primerih, ko sodišče ugotovi, da se je zmotilo in javno prizna napako, tudi javno razglasi nedolžnost storilca, čeprav v teh primerih pogosteje kar odredi njegovo izpustitev iz zapora, ne da bi pri tem dalo kakršno koli razlago, ter tako pokaže, da navkljub pomanjkanju dokončnih dokazov za njegovo obsodbo, sum na njegovo, doslej nedokazano krivdo še vedno ostaja, tako da je potrebno počakati, če bi se v bodoče pojavili dokazi, ali nove prijave, ki bi omogočili obnovitev procesa, ki je bil preprosto le v "suspenzu", kot bi "miroval". V tem delu so zbrani konkretni primeri sodnih napak inkvizicijskih sodišč, pa tudi primeri, kjer je sodišče priznalo svojo napako in je žrtvi povrnilo škodo. Ključne besede: Santo Uffizio, španska inkvizicija, inkvizicijski proces, žrtve, Španija, 18. stoletje 126 ACTA HISTRIAE • 12 • 2004 • 1 Juan Antonio ALEJANDRE: VITTIME INNOCENTI DELL' INQUISIZIONE SPAGNOLA, 121-128 FONTI E BIBLIOGRAFIA AHN, 1 - Archivo Histórico Nacional (AHN). Madrid, sección Inquisición, legajos 3044, 3045, 3050 y 3054 y libro 701. AHN, 2 - Inquisición, legajo 3058, expediente 15. Alcalá, A. (1984): Inquisición española y mentalidad inquisitorial. Barcelona, Ariel. Alejandre, J. A. (1994): El veneno de Dios. La Inquisición de Sevilla ante el delito de solicitación en confesión. Madrid, Siglo XXI de España Editores. Alejandre, J. A. (1997): Osadías, vilezas y otros trajines. Estampas íntimas de la Inquisición. Madrid, Alianza Editorial. Alejandre, J. A. (1997): Milagreros, libertinos e insensatos. 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