ANNO XIII ■ ■ Capodistria, 1 Agosto 1879 N. 15 LÀ PROVINCIA DELL' ISTRIA Esce il 1" ed il 16 d'ogni mese. • ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3; semestre e quadrimestre in proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso la Redazione. Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Un numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. t1 EFFEMERIDI ISTRIANE Agosto 1. 1041. — Aquileia. 11 patriarca Popone assegna diverse tenute alle monache benedettine di Santa Maria d'Aquileia etra queste la Terra d'Isola in Istria. - 4. 1) 1. 1508. — Venezia. Il senato istituisce un officio camerale in Pisino e Fiume per l'incasso delle rendite da riscuotersi dai luoghi austriaci in Istria, conquistati nella presente guerra; gli incassi ascendevano a 5100 ducati. - 4. 1. 1606. — Trieste manda a tutte sue spese cento cittadini, capitanati da Geremia de' Leo, per combattere contro il Turco. - 12, III, 150. 2. 1642. — La città di Capodistria, forte de' suoi antichi privilegi, viene prosciolta da ogni prestazione d'animali per conto dell' arsenale di Venezia. - 49, 161. 3. 1333. — Udine. I messi di Cividale protestano in parlamento contro il sentire del patriarca, che intendeva impegnare alla contessa di Gorizia alcuni castelli istriani, per poter sopperire alle spese di armamento contro Venezia. -18, IV, 369. 4. 1462. — Andrea Condulmerio, patriarca di Venezia ed amministratore della diocesi emouiense, investe Cristoforo Crisma di IJmago e suoi discendenti del feudo di S. Giovanni della Corneda. - 26, IV, 262. 5. 1333. — Udine. Odorlico de' Prata ripete anche a nome de' suoi fratelli dalla contessa di Gorizia la restituzione di Due-Castelli in Istria. - 9, 76. 5. 1495. •— Roma. Papa Alessandro VI investe il vescovo di Treviso, Nicolò Franco fu vescovo di Parenzo, del castello di Orsera e suo distretto tanto negli affari civili che nei criminali. - 16, I, 441. 5. 1584. — Venezia. Il senato inalza la città di Capodistria a capitale dell' Istria; le assegna di giudicare in appello tutte le cause civili e criminali. - 26, III, 299. 5. 1843. —Dispaccio imperiale che sopprime il capitolo 1) Liruti G. "Notizie delle cose del Friuli. Tom. IV, pag. 38. dice li 23 luglio. 6. 1152 è. 1330, f 6. 1599. 7. 929. 7. 1466. 7. 1492. 8. 378. -8. 958. - 8. 1368. - 9. 1282, e la collegiata di Dignano. - 1, I, 168. , — Bernardo, vescovo di Trieste e amministratore della diocesi giustinopolitana, dona col consenso del partriarca Pellegrino al convento di San Giorgio Maggiore in Venezia la chiesa dell' Annunziata in Capodistria e i beni alla stessa spettanti. - 50, IV, 299, - e 4. — Predamano. Il patriarca viene eletto a giudice arbitro per dirimere certe differenze, isorte tra Beatrice contessa di Gorizia ed i Signori d'Istria. - 28, II, 426. — Pinguente. Il capitano di Raspo, Bernardo Contarini, consegna al Morlacco Antonio Rj-balovich e suoi discendenti sessanta' Cu.^*' incolti, situati sul territorio di Buje verso il castello di Momiano, coli' obbligo di porne in coltura la metà entro un quinquennio. - 6. — Pavia. Ugone dona a Rodaldo, vescovo di Trieste, il dominio del vescovato di Sipar, del castello di Umago e dell' isola Panciana presso Monfalcone. - 4. — Francesco dottor Englesechi del fu Leonardo dei Cavalcanti di Firenze lascia nel suo testamento, che il comune di Muggia possa collocare nel collegio "Englesechi„ di Padova un suo figlio per anni cinque, per compiere gli studi di medicina o di belle lettere. -13. 89,a - 32, 24. — 11 doge Barbarigo loda Giovanni de Ingaldeo di Capodistria. capitano sclavorum, propter ordinem monstre facte e per i suoi buoni e fedeli servigi prestati alla repubblica. -25, 265.a - I Veneti e gl'Istriani dedicano una lapide a Petronio Probo, loro protettore e patrono. - 8, I, 86. - Pavia. Il re de' Romani dona al vescovato di Trieste un territorio in giro alla città che da ogni parte estendevasi sino a tre miglia. - 46, I, 1. - Trieste. Il consiglio delega Facina de'Canciano e Francesco de'Bonomoper conchiudere la pace in Venezia. - 4. — Ulvino de Portis, vescovo di Trieste, investe i figli del fu Giroldo di Trieste del feudo goduto dai loro predecessori. - 4. 9.1412. — Le truppe di Capodistria, guidate dal podestà e capitano, Nicolò Capello, stringono d' assedio il castello di Buie, soggetto al patriarca d' A-quileia, e l'obbligano alla resa. - 2, XXII, 8G9. IO. 1334. Venezia. Il senato delibera di scrivere al comune di Trieste, perchè tolga gl'impedimenti, fatti sulla strada reale, a fine d'impedire ii commercio de Carniolini con Muggia e Capodistria. - 7. 16-6, 78. 10. 1366. — Il senato veneto autorizza il capitano in Grisignana, Pietro Contarmi, a speudere cento lire di piccoli per la riparazione pel pubblico palazzo in loco. - 7, 31-21,145.a 11. 1370. — Il doge Contarini delega Pantaleone Barbo per trattare la pace con Leopoldo ed Alberto duchi d'Austria, per la guerra avuta con Trieste nel novembre ultimo decorso. - 4. 11. 1433. — Ducale Foscari che accorda a diverse ville del territorio di Capodistria di pagare in tre anni le lire 1009 che dovrebbero pagare in quest'anno, e ciò in riflesso della per dita delle viti e degli olivi. - 25, 16.a 11. 1433. — Ducale che esonera le ville di Sassi, Ra- chitovi, Val Moraxa e Figarola da un'antica usanza di dover dare al podestà di Pinguen-te una staio di frumento e una misura e mezza di vino per famiglia al ritirarsi con le loro derrate da quel castello, ove si concentravano per fuggire le invasioni nemiche come fu 1' anno passato, quando temevasi un' invasione ungherese, e ciò perchè or presente sudditi della Repubblica. - 25, 16.a «M i 1323. —Crema . Francesco della Torre, marchese,;governatore d'Istria, riscontra le lettere del cardinale legato Bertrando il quale aderiva ai desideri del-dege di lasciar libero passaggio per la Lombardia ai panni della Fiandra, diretti per Venezia. - 46, I, 95. 12. 1509. — Trieste. Il consiglio si dichiara pronto a mandarvi alcuni armati, appena gli sarà fatto noto l'arrivo dei 400 di Nigrignano nella valle di Moccò. - 4. 13. 788. — Carlo Magno garantisce a Fortunato, pa- triarca di Grado, piena immunita sulle terre che quella chiesa possedeva in Istria. - 12, I, Parte II, 41. 13. 1289. — Il veneto senato vota per l'elezione del nobile Giacomo Tiepolo Capitano d'Istria con voti 113 su 206, votanti. - 46, I, 159. 14. 1436. — Ducale Foscari che officia il pod. ecap. di Capodistria, Lorenzo Minio, ad accordare alle monache di Santa Chiara la vendita di alcune loro case, incendiate dai genovesi nel 1380 e di alcune loro campagne rovinate dagli stessi, purché impieghino il danaro nell'acquisto di beni più proficui al convento. - 25, 79.a 14. 1469. — Disfatto il corpo della milizia triestina sul colle di Ponziano presso Trieste, le truppe del Luogar s'impossessano della città. - 47. 15. 1381. — Gemona. Gli ambasciatori di Muggia giu- rano in faccia al parlamento fedeltà al patriarca, qual suo sovrano. - 18, V, 347, -e 32, 17. GLI ISTRIANI SUL MARE v Visitando lo scorso estate l'Esposizione universale di Parigi, io ho avuto la compiacenza di vedere rappresentata colà anche l'Istria. Yi erano campionari dei nostri vini migliori, il cemento idraulico dell'isola di S. Andrea presso Rovigno e il risultato degli studi del Sottocorona di Di-gnano sull'allevamento dei bachi da seta. Provai rammarico nel non veder rappresentati due noti stabilimenti, di Pirano uno, di Rovigno l'altro, i quali se non avranno meriti sommi per l'importanza e la finezza dei prodotti che danno, hanno però quello speciale dell'esempio di operosità associata che irradiano nelle provincie, di essere sorti e di mantenersi in mezzo a difficoltà eccezionali. In questi casi si tiene conto del relativo più che dell'assoluto. I conduttori di detti stabilimenti non dovevano mai astenersi dal figurare in cotesta mostra, se non altro per acquistare tempra dai confronti e per mostrare la buona volontà di contribuire, comechè sia, ad estendere la fama del loro paese. L'esser modesti per sè stessi è virtù meritevole d'encomio ma quando si tratta del proprio paese la modestia è doveroso lasciarla a parte. Figurare alle grandi esposizioni industriali è d'altronde obbligo d'ogni popolo colto, le esposizioni essendo le pietre migliari che la civiltà stabilisce sulla via del progresso. Astenendosi dal prendervi parte è declinare la propria compartecipazione ai progressi civili, è dichiararsi stazionari mentre il mondo tutto cammina. L'Istria, che nel passato in ogni ramo di studio non fu seconda a qualsivoglia provincia d'Europa, in grazia dei suoi Yergeri, dei Carli, dei Flacio, dei Tartini, dei Bazzarini e di tantissimi altri, deve anche oggi associare l'opera sua a tutto ciò che la civiltà imprende, e dessa non si rialzerà mai all'altezza onde è degna se i migliori suoi cittadini non cercheranno di farle comprendere questa necessità e di sospingerla su codesta via. Gli espositori di vini istriani non saranno u-sciti, ritengo, dalla gran Mostra di Parigi col loro amor proprio molto accarezzato, come non ne u-scirono da quella più modesta del Lido di Venezia. Attaccati ad un sistema di vinificazione ormai dovunque condannato, essi non potevano aspettarsi di meglio. Ma ciò non rechi loro sgomento. I vini d'Istria hanno in sè stessi qualità eccellenti, tali da renderli a molt'altri superiori, e l'avvenire lo dimostrerà non meno di quanto l'abbia fatto il passato. Ora è d'uopo dunque raccogliersi nella esperienza delle prove subite, imitare gli esempi dei più provetti nella bisogna, studiare, appellarsi ai consigli della Stazione enologica fondata nella provincia, seguirne i dettami e sperare in una non lontana rivincita. Una parola di lode e di incoraggiamento è dovuta al Sottocorona di Dignano per la bellissima ed interessante mostra di bachi da seta da lui esposta al campo di Marte. Egli ha dimostrato con quel saggio di essere un industriale intelligente quanto attivo e di curare cogli interessi propri quelli della provincia nativa. Io vorrei ch'egli trovasse molti imitatori intorno a sè nei diversi rami di lavoro coltivabili, che in tal caso l'Istria di-verebbe in non molto tempo un paese veramente agiato. Il cemento idraulico dell'isola di S. Andrea ha raggiunto oramai una fama europea e ognuno può immaginarsi la parte chesiebbe alla esposizione di Parigi. Io l'osservai con un certo orgoglio, imperocché desso è tutto di elementi istriani, ma nipolato da operai del paese, i quali non sono tra quelli, pare, che chiedendo una mercede e-sorbitante impediscono l'esercizio delle industrie nella nostra provincia... mi è però riuscito ostico il vederlo esposto con etichetta tedesca, come se fosse stato prodotto dellaBoemiao diunaprovincia qualunnque della Germania. Molti visitatori della esposizione, osservandolo, avranno supposto che per dare commissioni in Istria non si possa farlo meglio che valendosi della lingua d'Arminio, ma molti altri, al contrario, avranno pensato che l'etichetta doveva essere il tantino di buffo che i preposti alla Sezione austro-ungarica avevano annesso alla cosa. Adesso dirò perchè, parlando degli istriani sul mare io mi sono andato a cacciare alla esposizione di Parigi. L'ho fatto unicamente per constatare che una certa velleità di comparire sul campo industriale i miei conterranei ce l'hanno, e che da quel poco che hanno esposto ora e nel passato l'attitudine a fare, e bene, l'hanno pure dimostrata. Prendiamo dunque tutti coraggio e facciamo. Dico facciamo per modo di dire, che destinato a vivere lontano dall'Istria nell' azione locale io non ci posso entrare davvero. Io posso tutt' al più spingere ; ed ecco, infatti, che non manco alla mia parte, e torno al quia. Il suolo ed il sottosuolo dell' Istria sono a stratti di belissima pietra di costruzione e d'ornato, un mezzo marmo. La pietra che gli istriani estraggono oggi e spediscono nei paesi contermini è quasi nulla in confronto della quantità immensa che potrebbero smerciare. Ma alla cava di pietra istriana l'inteligenza e l'associazione non si sono paranco applicate. E qui sta il grave torto. L' associazione in Istria per le cave è assolutamente indispensabile, come è indispensabile ai minatori l'aiuto delle persone istruite. Ma le menti colte de' miei concittadini disdegnano piuttosto di piegarsi a quell' industria, come se il decoro maggiore non provenisse dal maggiore utile che si procura a sè stessi, alle proprie famiglie, alla patria coli' onorato lavoro. Un' associazione per 1' estrazione della pietra in Istria sarebbe un vero tesoro e potrebbe dare al paese una nuova vita oltre che procacciare pingui dividendi agli azionisti. Ma per riuscire converebbe ridurre i prezzi del materiale estratto, cosa facilissima ad ottenersi quando si ricorresse ai mezzi meccanici per caricare i massi sui veicoli e sulle navi, construendo brevi tratti di ferrovie a cavallo e adottando le seghe per tagli dei pezzi maggiori e destinati ai lavori fini. Una grua a mano conta per molti uomini, una strada a rotaie rende il cento per uno sul tempo impiegato e la sega fa utilizzare tanti pezzi che la mina e il cuneo sovente guastano, oltre che risparmiare il lavoro dello scalpello. Inerente all' industria della pietra vi è quella della produzione della calce. Oggi si fanno fornaci a calore concentrato con mezzi semplicissimi. Una fornace secondo il sistema moderno indicato dalla scienza con un solo uomo che l'accudisce e ne mantiene il fuoco, in poche ore rende un intiero carico di bastimento. La pietra istriana per la calce è'eccellente, non ha bisogno di essere scavata, imperochè a tale uopo Bervono le scorie delle cave che ora rimangono ad ingombrare il suolo, non senza danno dei minatori. Ogni cava potrebbe avere a fianco la propria fornace, e le rotaie destinate al trasporto della pietra servirebbero nel tempo stesso a quello della calce. Di calce l'Istria potrebbe provvedere tutte le popolazioni dell' Adriatico, non escluse le più lontane, stantechè il trasporto per mare di tale materiale è quello che più conviene. Io non ho detto per nulla che l'Istria ha avuto dalla natura una posizione eccezionalmente privilegiata. E dei marmi, dei quali l'Istria è largamente provvista, chi è, di grazia che se ne occupa? Ohi è che ' interessa di far sapere ai ricchi delle grandi città vicine che i loro palazzi potrebbero esser abbelliti e fregiati dai marmi istriani ? Se i veneziani trovano conveniente di provvedersi la pietra occorrente alla costruzione delle loro rive, delle loro case in Istria, o che non troverebbero del pari conveniente di provvedersi anche di taluni marmi, anziché farseli venire per mezzo della ferrovia, dal Veronese e da paesi più lontani? E se i marmi istriani, per motivi che non conosco, fossero reputati inadatti agli usi onde si applicano, o che non potrebbero almeno essere articolo di commercio per la pavimentazione delle abitazioni? Gli agiati istriani comincino intanto ad utilizzarli per le loro case ne mostrino l'applicazione e 1' utilità pratica ai forestieri vicini e vedranno che non tarderanno molto a risvegliare così alla loro provincia una industria che è vero delitto lasciare negletta. Aiutati, che Dio t'aiuterà, dice il proverbio. Uno dei rami che rendono milioni alla Francia, all' Inghilterra, al Belgio e all' Olanda è 1' allevamento delle ostriche. L'Istria frastagliata di seni porti ed isole com' è, bagnata d'acqua tra le più sature e limpide, è atta alla coltivazione delie ostriche nel massimo grado. Dalle ostriche le città marittime istriane potrebbero ricavare richezze non calcolabili. Nelle nazioni che ho nominate, all'allevamento di codesto mollusco si ha cura come a quello del bestiame terrestre, tanta è l'importanza che vi si annette, così tanti i vantaggi che se ne ricavano. A codesta industria ora si pensa anche in Italia molto seriamente, e non ha guari il ministro di Agricoltura Industria e Commercio ha diretto una circolare alle camere di Commercio per richiamare al riguardo tutta la loro attenzione. Codesta attenzione io la ho richiamata in Istria anni addietro, ma finora io non so di aver seminato sopra terreno fertile. L'Istria ha un' altro frutto di mare che potrebbe utilizzare a tutto suo esclusivo vantaggio: il granchio e la sua femmina. I miei conterranei sanno per prova quanto gli abitanti d'oltre monti che scendono sulle rive della nostra peni-soletta si mostrino ghiotti dei granchi e delle grancevole dell' Adriatico. Orbene, non pare che le carni di codesti animali marini preparati a foggia di salsa in piccoli vasi potrebbero in breve prendere rinomanza tale da invadere i deschi dei moderni Luculii ? La carne del granchio è saporita, leggera, appetitosa, tale, sotto tutti i riguardi, da lasciare indietro le mille miglia quella dell'astaco. Io credo che collo stesso principio, all' incirca, col quale si prepara 1' astaco nei vasi, si potrebbe preparare il granchio e procacciare così all' Istria un piccolo ramo d'industria, che tutti potrebbero invidiarle, ma nessuno toglierle, perchè di granchi non v' è che l'Adriatico che ne produca in abbondanza G. M. NOTIZIE Il giorno 27 luglio i capodistriaui si recarono a Pirano per ricambiare la visita fatta dai Piranesi due anni or sono a Capodistria. Grandissima fu l'affluenza e sarebbe stata doppia se si avesse potuto trovare mezzi di trasporto in aggiunta al vapore "Aida„ che ne imbarcò finche ne capiva. Abbiamo assistito all'imbarco, ed era commovente spettacolo quell' accorrere allegro, ordinato di tanti concittadini di ogni classe, tutti animati da un pensiero solo, tutti con un evviva Pirano nel cuore, che scoppiò alto solenne appena il vapore si presentò alla riva della città sorella, la diletta Pirano. L' accoglienza fu entusiastica: fiori, bandiere a profusione, ma sopra tutto strette di mano, evviva, uno scoppio di nobili affetti! In quel giorno Pirano inaugurava il palazzo comunale rifabbricato sopra 1' antica sede del comune. Bel edifizio, sul quale venne collocato, memoria delle nostre glorie, il leone alato di S. Marco. Sciaguratamente un violento uragano scoppiò improvviso a disturbare la festa. I Piranesi n' erano dolenti come se ne fossero loro la causa, e raddoppiarono di cortesie e dimostrazioni fraterne. A notte tarda ritornato limpido il cielo e pacificato il mare, ebbe luogo l'imbarco per il ritorno tra interminabili saluti e proteste d'affetto ; il vento e la pioggia avevano distrutto tutti gli apparecchi di fuochi d'artificio che erano in quantità considerevole e che avrebbero illuminata una delle più fantastiche scene che si possano ima-ginare come la pittoresca Pirauo arrampicata sulla collina dove si alzano le antiche mura merlate. Non mancarono poesie, epigrafi, voti........ II giorno 28 Luglio alle ore 4 pom. ha cessato di vivere nell'età di 68 anni Giuseppe nob. Pellegrini, farmacista, podestà di Capodistria, sua patria, — del quale saranno ricordate per lunghissimi anni le belle doti del cuore, e l'affetto per il suo paese a servizio del quale ha prestato da più che trent'anni l'opera sua: membro della rappresentanza comunale, direttore dell'asilo d' infanzia, ed in varie epoche di tutti gli istituti comunali, ed infine quale podestà. Tributiamo il dovuto onore alla sua memoria. Ai funerali ordinati con la dovuta pompa il giorno 30 luglio concorsero gran numero di concittadini e tutte le autorità civili e militari, e rappresentanze della Giunta provinciale, di tutte le principali città della provincia, della camera di commercio ed industria, della società agraria, del gremio farmaceutico e di molte società ed istituzioni. Scritti inediti del Dottor Kandler (Proprietà dell'Archivio Provinciale) Mandre come indicazione di nuovi popoli Quelle notizie che si hanno sull' agricoltura del medio Evo di Trieste la presentano siccome coltura di campi e di boschi, che è veramente di popolo progredito nella civiltà; mentre i popoli ancor rozzi e nella infanzia erano interamente dediti all'allevamento del bestiame, ed alla caccia. Nemrod era cacciatore. Questo allevamento di bestiami è proprio e naturale di Alpi ancor in istato vergine, ove abbondano acque sorgive; non è spontaneo ke naturale ove queste mancano. Nell'antichità più remota, celebri erano le mandre di cavalli ; però erano al Timavo inferiore dove ampia sgorga l'acqua di questo fiume. Si trasportarono poi nel territorio di Trieste, e sull'Alpe di Prestanek ; però l'acqua sì dovette procurare con serbatoi artificiali, che poi non si mostrarono sufficienti tutti li anni, nè infrequentemente dovutosi provvedere con dispendiosissimo trasporto di acqua da sorgive lontane ed inferiori, nelle prossimità di Trieste alle basse di Zaule, a Prestanek, ad Adelsberg, dove la Piuka è spesso asciutta, e conviene ricorrere alla Uuz. Ciò non è possibile a popolazione nello stato di rozzezza naturale, che non permette opere struttone esigenti molta esperienza, nè fa possibile ammasso di danaro o possibilità di rinvenirne. Sono persuaso che le mandre sono testimonianza di popolo rozzo ricoveratosi in queste parti, surrogato alli indigeni, o periti affatto, o ridotti a poca cosa. Le mandre risalgono ben più addietro al 1500; trovo notato nei miei annali che il comune di Triese? assegnava terreni per mandre fino dal 1356 sulla Vena del Comune; ad ogni mandra si assegnavano 10 pline di terreno coltivato, pari a 9 jugeri austriaci, verso censo terrenario. Nel 1365 questa libertà di piantare mandre veniva ristretta, indizio certissimo che arrecava danni e guasti come era avvenuto nel 1500, quando si decretava l'espulsione di tutti li mandriani, i quali non fossero ammassati. Nel 1347 fu tale pestilenza (quella descritta dal Bocaccio) che per fede di inscrizione tuttor esistente in Muggia, ne era morta più che la metà della popolazione. — Il primo tempo delle Mandre sulla Vena del Comune di Trieste, sarebbe posteriore alla gran peste di soli otto anni, il che mi induce a credere due cose: 1* una che lo spopolamento fosse grande, e vi fosse necessità di supplirvi con genti nuove, 1' altra che siffatte genti i fossero ancora in istato di rozzezza, locchè mi fa ritenere che fossero venute di Dalmazia, dal montano che confina colla Bossina. Pure questi slavi non sono ancora i primi venuti; ve ne sono presenti in tempi più addietro nell' Istria centrale, per fede dell' atto di contrazione del 1275. Queir assegnazione di dieci pline di terreno, che corrispondono a 14,740 tese viennesi quadrate, è misura ristretta, e che non so far corrispondere con qualche altra misura di assegnazione, p. e, al Maso che pare corrispondesse a 25 jugeri romani, e pare fosse la solita in Istria, Se si volesse seguire la misura romana, le dieci pline sarebbero venti jugeri, non venticinque; quella misura che aveva sospettata unitaria, indicata in Diploma che riguarda Sdregna, del secolo XV. Secondo notizie avute da Basovizza una senibla avrebbe avuto 16 jugeri. Appunti bibliografici Tallo Masserani — L'Arte a Parigi. Roma 1879. Alberto Roiulaui — L'Arte italiana a Parigi. Estratto della Rivista Europea. Firenze Tipografia della Gazzetta d'Italia. — Via del Castellacelo, 1879. Che figura ci ha fatto l'Italia all'esposizione di Parigi? E una domanda alla quale non fu sempre risposto secondo verità; ma un pochino anche secondo le varie passioni degli uomini. Domandatelo a certi messeri; e, ingrossando le labbra, facendo uscire un suono indistinto dal naso, e alzando la tesa del berretto alla Macuz sul fronte, vi diranno che l'Italia artistica è tisica in terzo grado, e che anzi in pittura le si può brontolare il requiem senza tanti discorsi. Altri invece per amor dell' alma madre non crederanno mai sufficienti le parole di lode; e accuseranno d'invidia e di goticume gli avversari. Fra questi ottimisti sono certo di trovar schierati, e si capisce perchè, i miei Istriani. Anzi mi rammento di aver letto (dove? vattelapesca, nel Yriarte forse) che essi fanno mostra di un ottimismo a tutta prova nel giudicare i provinciali in particolare e gl'Italiani in generale, e non sanno, o affettano di non sapere, le prerogative degli altri. Fino a qual punto questa tendenza sia virtù ; e dove cominci il difetto qui non è luogo discutere. Meglio sarà accennare alle fonti ove attingere per formarsi nella questione d'arte un giudizio lontano da ogni esorbitanza. E giovi prima di tutto notare che le fonti italiane non sono certo sospette ; chè grazie a'Dio, la rettorica dei vanti classici si è smessa in Italia con queir altra brutta moda poltrona di vivere alle spalle degli avi gloriosi. Anzi l'antico aforismo — Remedia melius adJiibebit, cui nota quae nocent fuerint mai ha trovato così larga applicazione fra noi come in questi ultimi tempi. Ciò premesso ecco un giudice competente — Tulio Masserani — L'arte a Parigi. Il titolo del libro è già una guarentigia che i giudizi saranno imparziali. E poi chi non conosce il Masserani ? Uscito da famiglia israelitica di Mantova, e trasferitosi a Milano, dove è anche consigliere municipale, s' innalzò per meriti, propri fino all'alto seggio di senatore del Regno, e gode fama di forbito scrittore d'arte e di elegante poeta. E in questo suo nuovo libro egli descrive ciò che- ha avuto agio di vedere e ammirare nel suo lungo soggiorno a Parigi quale rappresentante del governo italiano all' esposizione. Col suo stile smagliante orientale, con le frasi coniate, con quell' onda di perìodi ripicchiati come caldi ferri sull' ancudine sonora egli piglia le mosse dalle prime origini delle esposizioni, e va a cercarle lontano lontano nelle barche drappeggiate dei Fenici, nei trionfi dei generali Romani e così via via fino all'ultima esposizione mondiale della [quale passa in rassegna i vari scompartimenti, toccando dei differenti stili, delle diverse tendenze, del carattere insomma delle varie scuole con ammirabile erudizione e originalità di criteri. Troppo è noto il nome dell'autore e già diffusa la sua opera nei fascicoli della Nuova Antologia-, nè vi ba bisogno di spendere quindi altre parole per raccomandarla al lettore. Un altro autore, forse non tanto conosciuto nell' Istria, e cbe merita particolare menzione si è il professor Alberto Róndani segretario dell' istituto dì belle arti a Parma. Ebbi già la compiacenza di presentare l'amico professore quale poeta nel mio appunto bibliografico alla sua bella ode — Gente mite e forte (Vedi N. 2 a. c. della Provincia). 11 Róndani è pure scrittore d'arte valentissimo, e staumpò non sono molti anni un volume: "Scritti d'arte., (Parma, 1874, tipografia di P. Grazioli); e con queste relazioni sulla pittura inglese tedesca ed italiana edite nella Eivista Europea confermò la sua fama di critico spigliato e franco senza intemperanze giovanili. Il lettore avrà già capito come prediliga di fargli conoscere i giovani o i provetti che meno prospera ebbero la fortuna, non sempre giusta dispensiera di gloria ai vivi; e ciò per una certa disposizione d'animo, che non sarà una grande virtù ma neppure vizio di certo. Si aggiunga un altro motivo ancora. Nell'esamiuare le opere degli Dei minorum gentium, meno si è esposti al pericolo di dirne male, e di esercitare la critica, come la intende spesso il rispettabile pubblico che non sa di greco, e pel quale criticare non vuol dir già esaminare, ma graffiare, lacerare. — E come va questa faccenda? dirà taluno; ma questo è un paradosso. — Nossignori e mi spiego. Chi ha assicurata la lama, chi siede in panciolle tra il fumo degl' incensi, può pigliare a gabbo anche il pubblico, sicuro d'incontrarne il favore. Le celebrità possono fare qualche volta a fidanza cogli ammiratori. Quale altro scrittore, per esempio, avrebbe potuto scrivere, lodato e pagato, il Marocco ? Di queste distrazioni non se le può prendere che il De Amicis dopo scritti gli aurei "Bozzetti militari.,, Però intendiamoci ; nè Tulio Masserani è uomo da fare maroccate; nè Alberto Róndani così poco noto da aver bisogno de' miei moccoli per ispacciare i suoi libri ; e congesta digressione volea solo spiegare il troppo breve cenno del primo, e il più lungo esame degli scritti del secondo. In ultima analisi il giudizio del Róndani sull' arte italiana all' esposizione di Parigi è il seguente ; — decadimento nella pittura, trionfi nella scultura. — Il fiasco solenne della pittura a Parigi non indica però decadimento e rovina dell' arte d'Apelle in Italia ; ma proviene da altre cause. Non tutti nè i migliori concorsero; ed è un fatto che le esposizioni regionali (quelle di Parma di Milano di Napoli) furono assai più ricche. Il Róndani cita in proposito il giudizio di un giornale francese. — "La misera mostra fatta dall'arte italiana fu dovuta interamente alla jobbery (traduciamo benignamente intrigo) italiana, gli artisti essendo stati scelti dalla commissione per motivi di partito e non semplicemente negli interessi dell' arte. Perciò il vero ingegno d'Italia non venne in alcun modo rappresentato, perchè gì' Italiani si risentirono di questo sistema di favoritismo, e rifiutarono di mandare i lavori. — „ — "Io voglio credere, aggiunge pietosamente il Róndani, che questa accusa sia°ingiusta, quanto è grave; ad ogni modo è utile che i più degl'Italiani sappiano, così fosse possi- bile che potessero saper tutti, che quell' accusa è stata fatta. 0 che non sorge nessuno a mostrarla ridicola?,, Continua quindi l'autore ad indagare le cause di questo deterioramento della pittura, a scusarlo in parte, con temperanza di giudizi, onde i suoi scritti tornano veramente popolari ed utili ad ogni ordine di lettori. Ed a questo suo modo pratico di trattare dell' arte non manca già novità od elevatezza di concetti, come laddove esamina il fatto di due artisti nostri più lodati e meglio pagati il Pasini e il de Nittis che vivono fuori d'Italia. L'aver molto veduto, l'aver appreso come facciano gli altri, giovò ai due pittori, soggiunge il chiarissimo professore. —„ Bisogna far muovere i giovani artisti, bisogna che vedano molto. Non ci preoccupi il timore che studiando opere artistiche, libri e uomini stranieri, uno abbia a perder le sue qualità italiane. I Promessi Sposi appartengono a un genere di letteratura trapiantato qui da un paese ben lontano, e sono il libro più italiano che si sia scritto io questo secolo, ed hanno data l'intonazione a tutta una letterattura eminentemente italiana di contenuto e di forma. I nostri giovani artisti avrebbero benefizi grandissimi dalla conoscenza della varia arte straniera : in tale studio si può dire con una espressione del Giusti — si slarga il cranio., — (pag. 15). Ed ora una domanda all'amico nell'interesse della nostra provincia. Ha egli veduto a Parigi dipinti di Cesare Dell' Acqua ? Forse gli sono sfuggiti, o gli avrà ammirati in altre sezioni. Al diligentissimo Róndani basterà rammentare che Cesare Dell' Acqua, piranese di nascita, triestino per educazione e sussidi ricevuti, istriano in ogni modo, fece i suoi studi nell' Accademia di Venezia e poi si recò nel Belgio dove espose parecchi quadri storici, che gli assicurarono la stima di artista provetto, e non avendo egli ancora trent'anni. Di lui Trieste vanta un Cristo benedicente ai fanciulli nella chiesa greca ortodossa e il quadro stupendo nella nuova sala del consiglio municipale rappresentante V apoteosi di Trieste Certo anche Cesare Dell' Acqua è uno di quegli Italiani ai quali.la conoscenza dell'arte straniera ha slargato il cranio. Raccomando al Róndani questa gloria italiana; in qualche altro suo studio analitico e pratico non mancherà, ne sono certo, di tenerne parola. Nè si creda che l'autore dando questo indirizzo pratico a' suoi studi in uno stile spigliato dimentichi di essere poeta, e neghi alla sua prosa le grazie dello stile elegante. Veggasi per esempio a pagina 23 come descriva benissimo il cielo di Londra — "Su questo fondo (lasciatemi chiamar così questa parte della scena) nelle giornate che uè anche gì' Inglesi si attentano di chiamar belle, si volve pigra e lurida la nebbia, e le dense nubi si rotolano lente e incerte come cose moleste a sè stesse e fuori del proprio ambiente, come se quei fracidi vapori fossero cacciati in quell' aria satura di sudiciume, da una forza enorme contro 1' ordine delle leggi fisiche. In quell'atmosfera due sporchi elementi estranei si spargono: la polvere di carbone e il fumo; fumo grigio, biancastro, rossiccio, nerastro, che quantunque spinto in alto dal foco o da altra violenta pressione artificiale, va in su a stento, e si straccia e si sconcia fra la caligine e la nuvolaglia o ricasca a ') Il disegno fu dato dal Treves nell' Illustrazione Italiana di quest'anno in un numero, se la memoria non mi falla, del mese di Aprile. sprazzi come cenci ributtanti. Pare che Dio voglia punire l'umanità con un flagello più terribile del diluvio, con l'asfissia. Quello che chiamiamo il cielo, quello spazio dove 1' occhio si affonda e par che l'anima si dilati, non c' è più. Il sole s'impiglia in quel grassume atmosferico nascondendosi, mostrando, or una parte or l'altra or tutta la sua sfera rossiccia e sinistra simile al globo d'una lucerna fumida e semispenta. Questo è l'aspetto di quello spazio di là del quale vaneggia la gran conca del cielo, ma in certi momenti, non si crede più che ci sia quella gran conca libera ; questo spazio per l'immaginazione non è più che uu' officina orrenda dove è stata dimenticata uua lucerna fumicante. E passando a dire della scultura italiana, veramente trionfante a Parigi, l'autore dà ottimi cousigli agli artisti. Sta bene che i nostri scultori si dedichino anche alle statue di genere, ai soliti bimbi alle fanciulle, ai mille capricciosi scherzi : un genere non esclude l'altro; poi la società vuole adesso così. Come il quadro di genere ha soppiantato il quadro storico pel quale non c'è più luogo nei piccoli ed eleganti gabinetti: così i bimbi in camicia, le fanciulle spaventate dal sorcio hanno vinto gli eroi coperti di pesanti armature e le Angeliche inseguite dai furibondi Paladini. Ma la febbre del far presto e del guadagno non deve far trascurare ai nostri artisti la grande scultura : quando ciò avvenisse, allora addio arte; e non rimarrebbe agli scultori altro partito, che pigliarsi in testa una tavola ripiena di madonnine, di grazie di gessi, e girare il mondo come i fattorini di Lucca. E quanto alla scoltura di genere, ripicchia 1' autore, non basta che tutto sia esatto, che tutto sia ricamato bisogua saper cogliere l'anima nelle sue rivelazioni, ne primi dubbi, nelle indefinite paure, nei palpiti primi. TJua bimba aggiungo io, che ha colto una farfalla, che soggettino per chi tratta il marmo come molle cera! Ma una bimba che guarda"una far-farfalla dalla testa di morto, e la tiene fra le dita ; e per associazione d'idee pensa a quell' altra farfalla scolpita sulla tomba di una sorellina di uu'amica, e seute svegliarsi il nuovo e tremendo sentimento del mistero, la subita malinconia della tomba che soggetto, che soggetto nuovo da innamorare un artista ! Come andrei superbo di averlo suggerito! A questo, conchiuderò coli' autore, chiamano l'arte le scienze moderne, la psicologia manzoniana. In un punto solo mi trovo alquanto discorde dall' amico. Lodando i Parassiti del D' Orsi a pag. 34 egli dice che sono immaginati, atteggiati e fatti con un senso cosi energico e coraggioso del vero, da far passar la voglia a tutti i moralisti, che non jabbiauo perduto il gusto artistico, di difendere la convenienza, secondo alcuni, oltraggiata. E più oltre, rispondendo al Giacosa che li trovò ributtanti, conclude che fanno l'effetto che si desiderava facessero a Sparta gì' Iloti ubbriacati. Non intendo trattare ex professo la questione morale che sarebbe un sine fine dicentes. Certo è però che ubbriacare un uomo, perchè serva ad altri d'esempio era azione immorale, ledente l'umana dignità; nè il fine valeva a santificare il mezzo. Non dico già che l'artista abbia fatto un'azione immorale. Solo sostengo che l'effetto che simile rappresentazione può fare è di ribrezzo, di disgusto e quindi sfuggevole. Perciò non credo che la rappresentazione del vizio, possa suscitare in me l'amore dell'opposta virtù. La virtù è da un lato qualche cosa di così puro, di così nobile che vuol esser accolta nell'animo col suo splendor proprio, con luce piena, e non con lume riflesso; e d' altra parte poi il conseguimento della virtù è contrastato da tanti ostacoli della debole nostra natura, e richiede tanta forza, che non c' è proprio nessun bisogno di aggiungere ai motti naturali altri ostacoli artificiali: tanto sarebbe dire che è meglio andare a Roma per Mugello, che prendere la strada diritta sotto le pioppe di Porta Romana. E se l'animo volgare (l'arte è pubblica e fatta per tutti) invece di sentirsi attratto alla virtù trovasse in quell' apoteosi del vizio, fatta dall'arte, un nuovo incentivo a durare nel vizio istesso? Questioni, dubbi, ipotesi che vorrebbero un libro in risposta. Ed ora rimane la questione estetica. Se si avesse ad accettare alla lettera il cauone famoso di Lessing — Sicome l'unico momento rappresentato dall'arte diviene mercè di essa permanente e invariabile, così la medesima deve rappresentare nulla di ciò che sia essenzialmente passeggero — allora addio Michelangelo addio vita, addio stile, e bisognerebbe tornare alla olimpica serenità delle statue ieratiche egiziane. Però rimane sempre a questionare su quell' essenziale ; e a rammentare, che la temperanza, l'amore squisito della bellezza ha formato la grandezza dell' arte greca. — "La rappresentazione di una cosa schifosa è tanto sconveniente all'intenzione, quanto quella della deformità. Anzi essendo più forte l'impressione disgustosa da lei prodotta, ne segue che a più forte ragione essa non può offrire conveniente argomento nè alla poesia nè alla pittura. Se non che potendo la forza di lei essere raddolcita per mezzo della parola, il poeta può talvolta servirsene» dice in altro luogo il Lessing; J) e per me sono pronto ad accettare la sentenza del classico scrittore. Accetto adunque Ambrogio che scende dalle scale, al grido di don Abbondio, in camicia e con le brache sotto il braccio come un cappelli di gala; ma non lo vorrei nel mio studio riprodotto nel marmo. Cosi i Parassiti del D' Orsi, il fanciullo lavato dal Focardi possono auche piacere per un momonto, faranno anche ridere, ma tenuti sempre lì eternamente in quella posa dinnanzi agli occhi, in quegli atti ingranditi dall'immaginazione, finiscono coli'annojare. Al più si possono tollerare come un'eccentricità, un capriccio, quale uu mezzo per far ridere Inglesi e cavar loro denaro. Anche i Greci si permettevano qualche rara volta, di queste licenze ; e di artisti realisti si ebbero due, due soli : Pausone e Pireiro ; e li chiamavano Eiparografi, pittori del fango. Ma poiché i nostri Ri-parografi hanuo riempiuto le vetrine dei librai delle loro schifose oleografie, e ci mostrano i lononi e le bagascie in caricatura, poiché l'arte si è messa su questa china, se non sappiamo tenerci su quella benedetta via di mezzo, torniamo a rileggere piuttosto i canoni del freddo e classico Lessing, non per seguirli ciecamente, ma per frenare gli eccessi, Ma parlando di statue sono cascato basso basso a dire di oleografie che nulla hanno a fare con l'arte di quegli egregi scultori di cui si è toccato di sopra. È un salto di Leucade ; il lettore ce lo perdoni. Voleva adunque solo condannare negli scultori di genere quella tendenza allo schifoso ed al brutto ; tendenza, che portata alle ultime sue conseguenze, va a finire poi comò si è veduto. E in ciò sono certo di trovarmi pienamente d'accordo col chiarissimo autore, gli scritti d'arte del quale torno a raccomandare ai nostri artisti e a tutti i gentili lettori. P. t. PROSSIMA PUBBLICAZIONE II diligentissimo ed instancabile G. Carlo de Franceschi segretario emerito della giunta provinciale, ha ordinato tutte le notizie raccolte e studi fatti da lungo tempo sulla storia dell' Istria e pubblicherà questo suo lavoro sotto il titolo: L Istria Note Storiche ; col seguente programma che venne già distribuito unitamente alla scheda di associazione. Dobbiamo motrarci grati all' egregio comprovinciale per questa sua opera che arrichisce il materiale raccolto per la storia dell' Istria, e faciliterà il lavoro a quelli che si occupano di studi storici. v a § t la o & note storiche • ■ . -ai, CARLO DE FRANCESCHI Segretario emerito della Giunta provinciale istriana L'Istria è affatto mancante d'una Storia, che narri le sue vicende politiche dai primi tempi sino ai nostri giorni. L'illustre Kandler attese per tutto il corso della sua vita a prepararla, però morte lo colse prima d'averla dettata. Sinché sorga chi la scriva, credo dovere di ogni istriano che s' occupa delle patrie cose storiche di mandare alla luce senza indugi i frutti de' suoi studi, onde da un canto non lasciare più oltre i comprovinciali, e specialmente la gioventù studiosa, all' oscuro del nostro passato, e dall' altro facilitare coi raccolti materiali il compito ai futuri storiografi. In mezzo alle mie ufficiose occupazioni, io veniva da lungo tempo raccogliendo da libri e carte che mi cadevano in mano, delle notizie sulla nostra patria, le quali ho potuto di molto accrescere, dopoché collocato a riposo, l'inclita Giunta provinciale istriana mise a mia disposizione i manoscritti acquistati del defunto D.r Kandler, la bilioteca, e gli altri atti dell' Archivio provinciale. Ordinata questa mia raccolta, la presentai alla medesima per farne omaggio all' eccelsa Dieta provinciale. Coli'assentimento pertanto di essa Giunta vengo ora a pubblicare sotto il premesso titolo questo mio lavoro, aprendovi l'associazione. L'opera conterrà circa 460 pagine in 8° grande, al prezzo di fior. 3. pari a ital lire 7.50, franco di spesa per la con segna a domicilio, e verrà stampata con caratteri nuovi dalla tipografia di Gaetano Coana, in Parenzo. Sarà divisa nei seguenti capitali : 1. Introduzione 2. D'onde trasse l'Istria il nome. 3- Confini antichi dell' Istria. 4. Le più antiche popolazioni dell' Istria. 5. Condizioni dell' Istria prima del suo assoggettamento a Eoma. 6. Conquista romana dell'Istria. 7. In quali luoghi avvennissero le suindicate battaglie fra Istriani e Romani. 8. Dove sorgessero le città di Nesazio, Mutila e Faveria. 9. Conseguenze della conquista romana. 10. Città dell'Istria sotto i Romani. 11. Romanizzazione dell' Istria. 12. L'Istria sotto gì' imperatori romani. 13. Le incursioni dei barbari. 14. L'Istria sotto i re dei Gotti, e poi sotto gì' imperatori bisantini. 15. Brevissima dominazione dei Longobardi. Carlomagno conquista 1' I-stria, che viene a formare parte del regno italico-franco. 16.Incursioni di Slavi Croati eNarentani, e dei Saraceni. L'Istria sotto i re d'Italia, sotto gì' imperatori tedeschi dominanti il regno e sotto i marchesi laici. 17. Donazioni al Patriarcato d'Aquileia ed ai Vescovati. 18. Formazioni della Contea d'Istria, e crescente ingerenza di Venezia nella provincia. 19. L'Istria sotto i Patriarchi d' Aquileja. Patriarca Volchero. 20. Patriarca Bertoldo. 21. Patriarca Gregorio da Montelongo. 22. Patriarca Raimondo della Torre. Alberto II. di Gorizia conte d' Istria. I Veneziani. 23. Patriarchi Pietro Gerra ed Ottobono dei Razzi. Alberto li ed Enrico I conti d' Istria. 24. Patriarchi Gastone della Torre e Pagano della Torre. Conti d'Istria Enrico I e suo figlio Gio. Enrico. 25. Patriarca Bertrando. Alberto III conte d' Istria. 26. Patriarca Marquardo. 27. Cessano i conti d'Istria. La Contea passa ai Duchi d'Austria. 28. Guerra di Venezia contro Genova e gli alleati patriarca Marquardo, Francesco di Carrara signore di Padova, Leopoldo duca d'Austria e Lodovico re d'Ungheria. 29. Patriarca Antonio Gaetani. 30. Patriarchi Antonio Pan-cera ed Antonio a Ponte. 31. Guerra tra i Veneziani ed il re d'Ungheria, poi imperatore, Sigismondo, ed il patriarca Lodovico de Teck. Cessazione del dominio temporale dei Patriarchi aquilejesi. 32. Guerra tra l'imperatore Massimiliano ed i Veneziani. Lega di Cambrai contro la Repubblica. 33. Pace tra Venezia e l'Imperatore. 34. Misure adottate in Istria contro il protestantismo. 35. Controversie ed ostilità lungamente durate tra Venezia e l'Austria per cagione degli Uscocchi, e che alfine prorompono in guerra formale. 36. Infelici condizioni dell' Istria in conseguenza delle guerre e pestilenze. 37. Trasporti di nuove genti da varii paesi, avvenuti in diversi tempi, per ripopolare quelle contrade dell' Istria che le irruzioni dei Barbari, le guerre le pesti avevano disertato d'abitatori. 38. La Contea di Pisino. Sue condizioni nei secoli 16° e 17.° 39. La Liburnia istriana, 40. Principali avvenimenti dalle metà del 1600 sino a' dì nostri. 41. Cenni sui Vescovati istriani. 42. Coltura. Parenso 20 Luglio 1879. Carlo de Franceschi TOMBOLA di beneficenza Verrà qui giuocata il tre agosto p. v. alle 5 pom; la cartella soldi 20; I.a tombola fior. 100; II.a 50; cinquina 30; quaderna 20. iA .sìhi? I