ANNO XVII. Capodistria, 1 Aprile 1883. N. 7. LA DELL'ISTRIA ICscp il 1" ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3: semestre e quadrimestre in proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso la Redazione. L'istruzione elementare del disegno „L'Istria" del 24 decorso, dà informazioni, che si possono ritenere ufficiali, intorno alle voci divulgate in questi giorni a proposito della Scuola reale di Pirano e del progetto di una Scuola industriale da fondarsi in Rovigno. È un fatto, che la Scuola reale di Pirano va ogni anno di male in peggio, non per colpa delle persone ; ma perchè in una provincia povera d'industrie come la nostra, i giovani che percorrono le Beali superiori non trovano pronte le occupazioni adeguate agli studi fatti; d'onde le moltissime disillusioni. Non è vero però che il Governo sia deciso di sopprimere la Scuola reale, e che lo voglia fare per dar vita ad una Scuola professionale in Rovigno. Le due istituzioni non hanno che fare 1' una con l'altra; — ed è anche lontano dal vero chi crede che la scuola domandata dal Magistrato di Rovigno sia per essere concessa. Le Scuole professionali sono utili soltanto nei grandi centri di popolazione, di commercio, d'industria ; a Trieste basterebbe per la provincia nostra. Ma ben altro di più pratico si può fare per migliorare le condizioni dell'istruzione professionale delle nostre piccole cir.tà, soddÌ8fando così ad un urgente bisogno. Si potrebbe istituire dappertutto l'insegnamento del disegno professionale, in aggiunta alle scuole popolari. «Vedano adunque, scrive L'Istria, Governo, e Comune, e Provincia, e sopra ciascuno di questi ultimi la Camera di commercio ed industria dell' Istria di adoperarsi a condurre ad un risultato concreto queste scuole primarie professionali, e si sarà molto efficacemente provveduto ai nostri poveri artieri, ai nostri piccoli industrianti." Lo abbiamo rilevato molte altre volte e lo Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Un numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. ripetiamo o^gi, che in fatto d'istruzione professionale, malgrado 1' apparato dei nuovi sistemi delle scuole popolari, siamo indietro assai di confronto a cinquantanni fa; nella qual epoca, qui a Capodistria. c'era la cosidettn, quarta classe delle normali, dove s'insegnava il disegno con un sistema assai pratico ; e se ne possono vedere i saggi nell'Archivio del Municipio ; o meglio che gli elaborati, si possono conoscere ancora in piena attività di lavoro parecchi de'nostri artieri, i quali appresero in quella scuola il disegno j^vfessionale. Due anni fa. la direzione delia nostra società operaja rivolse domanda al Comune, perchè si interessasse all' attivazione di una scuola di disegno per gli artieri ; ed il Comune non mancò di fare le pratiche necessarie, e fu anche accordato un insegnamento alle scuole popolari, ma più di apparenza che altro; per cui i giovani artieri crescono senza scuola. E dire, che abbiamo in città un istituto di arti e mestieri dove non si è mai pensato insegnare il disegno? — il Pio Istituto Grisoni. Un documento storico Pubblichiamo di buon grado il seguente documento, che ci venne cortesemente inviato con alcune parole d'illustrazione, scritte da un egregio nostro comprovinciale : „Vi trasmetto qui unito un documento, che per buona fortuna ho potuto recentemente acquistare. È interessante e pel contenuto e pel suo autore, che aggiunge un nome agli scrittori noti di Capodistria. Lo Stancovich infatti registra nella Biografia varii Zarotti, medici, professori, letterati ecc. Cristoforo, Dr. Nicolò, Antonio, altro Cristoforo, Leandro, Ottaviano, Zarotto, Monsignor Antonio, e un Sopracomito pure Antonio, ma di questo Giovanni non parla. Il documento poi, oltre l'interesse generale che ha per la descrizione, fatta da un contemporaneo, di una grande solennità cittadina, di tre secoli fa, merita speciale attenzione pel fatto che porta di un Vescovo gettato in un pozzo, nel secolo XI. Codesto fatto non lo trovai finora ricordato da nessun autore e in nessun documento; ma è vero fuor d'ogni dubbio, perchè lo Zarotti lo narra in modo circostanziato e sicuro, sull'appoggio, come dice, non solo della tradizione, ma perfino di una Bolla che allora (1580) conservavasi nella sacrestia del Duomo. Richiamo ancora la vostra attenzione sui molti quadri esposti, alcuni dei quali evidentemente dipinti per la circostanza speciale ; locchè prova che in Capodistria c'erano dei pittori abili a quell'epoca. — Così il Motetto cantato in organo con musicali stromenti prova che si coltivava la musica vocale ed istrumentale, e le epigrafi latine bene composte ed i motti bene applicati, e gli otto Dottori che sostenevano il baldacchino, sono altrettante prove che la coltura era soda, avanzata e diffusa allora in quella nostra città. — Il documento infine è interessante anche perchè prova una volta di più 1' esistenza della famosa iscrizione :-Heus popoli... sulla chiesa di S. Giovanni di Salvore; e prova come allora (1580) fosse viva la tradizione della battaglia navale del 1177, che gli storici moderni, specialmente i tedeschi, si ostinano di negare. — Ottaviano Valier, al quale lo Zarotto dedica la Descrittione, è stato Podestà di Capodistria negli anni 1567-68; Nicolò Donato Podestà all'occasione della Visita Apostolica fatta dal Valier, è quel desso che più tardi fu creato Doge, e Agostino Valier allora Vescovo di Verona, poi Cardinale è abbastanza celebre ne' fasti della Chiesa. Tale documento è raro, non fosse altro, per l'accenno al Vescovo gettato nel pozzo appresso P Hospital© di S. Marco (chi sa se esiste ancora, o se si possa identificarne il sito?), accenno, ripeto, del quale non se n' è trovata traccia nè in autori, nè in cronache, nè in documenti. DESCRITTIONE Dell' Entrata dell' Ill.mo E R.mo Mons.r Agostin Valiero Vescovo di Verona, E Conte, Visitator Apostolico nella Provincia dell'Istria-fatta in Capodistria l'Anno 1580 Alli 7 di denaro. Al Cl.mo S.or Ottavian Valiero La venuta in questa Città del Rev.mo et Ill.mo Mons.r Agostino Valiero Vescovo di Verona, et Conte Visitator Apostolico nella Provincia dell'Istria, fu Do-minica passata alli sette dopo pranzo ; haveudó prima S. S. Ill.ma particolarmente visitato ogni suo luoco, riservandosi questa Città per ultimo termine delle sue fatiche. Sa V. S. Ill.ma che questa Provincia da Tholomeo et da Plinio è descritta Peninsula ; Perciochè da tre lati è bagnata dal mare, la quale è terminata dall'occidente dal fiume Risano nostro fiume detto dagli antichi Formione, et dal mare Adriatico. Dal mezogiorno pur da detto mare. Dall'oriente etiandio pure da detto mare colla foce del Fiume Arsa ultimo termine d'Italia. E poi dall' Alpi di Carniola, et Panonia dal settentrione. La sua lunghezza da uu fiume all'altro, è di quaranta migiia. E à marina via, essendo curva, et tortuosa, di cento, et viutidui miglia. La Visita poi è i stata con così charitativo, et paterno affetto, et con tanta sodisfattione così di Capi chiericati, come de laici, I che più non si potea desiderare. È certo, che tutta questa i Provincia infinitamente è tenuta et obbligata à pregar N. S. Dio per la conservatane di Sua Beatitudine, et per 1' essaltazione di S. S. Ill.ma Posciache da Papa : Alessandro terzo in poi (essendo all'bora l'Istria sotto il Patriarchato, chefii nelli anni della nostra salute mille cento e ottanta) alcuno venuto non è da quella Santa Sede (dirò) non pur à visitarci, ma ne anco à riconoscere che gente eravamo noi, che Religione et costumi erano i nostri ; e pur avevamo grandissimo bisogno per la zizauia già seminata dagli nemici di Cristo, et di S.ta Chiesa, à grave uoja de' fedeli, et à danno, et disho-nore di tutta questa Provincia. Questo è quel Alessandro Terzo Sauese di Casa Paperona, che con l'armi di cotesia Serenissima Repu-blica fu rimesso nel Pontificato ; Havendo in battaglia > Navale il Ser.mo Sebastiano Zianni Doge pieso Ottone figliuolo di Federico Imperatore primo di questo nome, detto poi Barbarossa, à Salvore luoco da Pirano discosto cinque miglia; Che per tal memoria anchora fuori della Chiesa di S. Giovauni nel muro intagliati in pietra si leggono questi versi. Heus populi celebrate iocum, quem tertius olim Pastor Alexander donis coelestibus auxit. Hoc etenim Pelago Veuetoe Victoria classis Desuper eluxit, ceciditque j superbia magni Induperatoris Foederici, reddita sauctae | Ecclesiae Pax, tuncq fuit iam tempora mille Septua-i ginta dabat, centuno, septemq Supernus Pacifer adve-! nieiis ab origine carnis amictae. Fatta adunque la paco' tra essi Preucipi, pochi ì mesi dopo, da sua Santità furono mandati dui legati i in questa Città con uu Commissario dell'Imperatore | per rimetter il uovo Vescovo nel suo antico possesso, j Perciochè erano già corsi anni cento, che il Vescovo suo precessore, essendo la città divisa, da uua delle parti (facendosi una solenne processione) fu gettato nel pozzo, che anchora si vede appresso l'Hospitale di S.to Marco; E però il Papa in pena di uu tanto eccesso (disponendo così i sacri Canoni) per tante decine d'anni, l'havea privata del suo ordinario Pastore. Parte di queste cose si leggono in una Bolla conservata nella Sacrestia del Duomo, et parte si hà per traditione di vecchi. Ho fatto questa poca digressione per dimostrare, che da quel tempo indietro venuto non è un huomo, et per dir meglio un Angelo dal cielo per visitarci, et consolarci. Perciocché, speriamo, che egli sia per far officio tale appresso V. S. et tal relatione di tutta questa Provincia, et in particolare di questa città di Christiana, Religiosa, et obediente alla S.ta Chiesa Cattolica, et Apostolica Romana, che in tutto si cancellerà quella mala impressione già concetta contro di Noi, et di tutta questa Provincia ; A mal grado degli nemici di Christo, che furono, che sono, et che saranno. Ma perchè sò, che V. S. CI.ma disidera di sapere 1' accoglienza fattale da Noi in questa sua gratissima entrata, con quella brevità più possibile, le descrivarò, il tutto, essendomi facile 10 scriver, per la conoscenza, che lei hà della Città, come già n.ro mentissimo Rettore, Padre e Protettore. Scoperta adunque la Galea Michiella, sopra la quale era S. S. 111.ma l'incontrarouo in forma lunata con Peuelli, et croci infinite barche et fattele corona con graudiss o applauso, così ordinate vennero un tino di pietra lontani dalla Città, non potendosi appressar la Galea per la gran secca, et per la continuata spiaggia; Et così sceso da quella in una barca felzata, fu gradatamente raccolto da Mons. Giovanni Ingeguero n.ro R.mo Vescovo; da quello di Pola ; et dal CI.mo S.er Nicolò Donato dig.mo n.ro Rettore; Il quale non hà sparmiato ne à fatica, ne à spesa, che far si potessero per houorar S. S.ria III ma. Oltra poi che per le sue rare parti, et bellissime qualità merita sommamente di esser lodalo, havendo per compagne la Giustizia, e la Clemenza, con il cui consiglio continua (con imi versai sodisfattione) un felicissimo Reggimento. Sbarcati adunque, et fatte le debite cerimonie, sotto un Baldachino sostenuto da otto Dottori ; precedendo tutte le Confraternità, et tutti i Religiosi con gli altri Ordini se ne venne nella Chiesa maggiore, dove le fu cantato in Organo con Musicali strorn.ti un bellissimo Mottetto; E dopo finite l'orationi, acquetato 11 popolo, the di assai non capiva nella Chiesa. Publi-cato ii Breve Papale, et le lettere Ducali, S. S. 111.ma diede la benedizione ; et se n'andò ad alloggiare nel Vescovato, da Mons. n.ro offertolo di buon cuore, luoco commodissimo per la sua persona, et per tutta la sua honorata famiglia. Hora vengo à gli Archi, et Portoni fatti in questa sua venuta; li primo dei quali era per dui passa lontano dalla porta del Porto. Era questo Arco di proportionata Architettura, che tra le due colonne della parte destra, havea dui Quadri in pittura l'uno sopra l'altro ; nel quadro di sotto eravi la Prudenza con il Motto Siue qua mini Nel quadro di sopra era la Religione con il Regno Papale, et le Chiavi in mano con il Motto Ad Coelum per hanc. Dalla sinistra parte dell'Arco parili).ti fra l'altre due colonne, si vedevano dui altri Quadri ; Era in quello di sotto la Giustizia con il Motto Unde omnia Et in quello di sopra con libri, et Scettro in mano la Pbilosophia con il Motto. § ; £ Per hanc ad illam. ■ Y Con queste^due lettere Greche ' ■7A • ■ <> • Nell'Architrave si leggevano questi versi: Ingredere en quae te dare Augustine sequentem Deducunt Vitae clarissima lumina Ovautes Te excipimus, sic excepto parebimu3 omnes. Nel friso si vedevano l'armi di S. Santità, di S. Marco, et di S. S. Ill.ma. Dai lati poi, quella di Mons.r Rev.mo n.ro ; Quella del CI.1110 Rettore, del M.ro Camerlengo, et della n.ra Comunità. Nei confini poi degli Horti dell'Ecc.te Dottor Ga-vardo sotto S. Pancratio, era fabricato, et depinto il secondo Arco in maniera Toschana di altezza di vin-tisei piedi : E tra inezo le due colonne, dell' una, et l'altra parte erano due Acquile Valiere intagliate con i Motti Via tuae Pulchrae Et Semita tua Rectae Sopra il Frontespicio stava di rilevo il Pontefice. Gregorius Pontififex Max. Nella sinistra mano havea le Chiavi et con l'Indice destro mostrava queste parole di S. Paolo scritte nel Friso. Hunc misi ad Vos, ut coguoscat quae circa Vos sunt, et consoletur corda vestra. L'ultimo Arco 0 Portone, che vogliam dire era drizzato tra il monte, et il fondaco di M. R;moudo Pola appresso la piazza, che da questo poi. perfino al Duomo continuavano colonne, da quali pendevane Festoni, et Armi diverse ; nel cui Architrave era un'Aquila Valiera incontro à un Sole, con questi versi tra inezo Alitis intuitus fulvi fert lumina tanta A quo flangrantis fulminis ictus abest. Dalla destra tra le colonne era un Quadro in Pittura di grandezza di sei piedi ; Nel quale si scorgeva David Propheta. che nella mano manca tenea la Cetra et nella dritta questo Motto: Hic accipiet benedictionem à Dno. Dall'altra parte parimente tra le colonne era un' altio Quadro della medesima grandezza, nel quale era denaturale ritratta Sua S= Ill.ma con questi versi nella Base. Non tua Valeri circumdant tempora Lauri Praecingat rubeum sed Diadema Caput. Nel friso erano scritte queste parole Quia fuisti in panca fidelis Supra multa te constituet. Di sopra si vedevano tre Piramide egualmente partite, che à spettatori rendevano gratissima vista. Dal porto poi fino alla chiesa, dall'una e l'altra parte della strada, si vedevano verdure, et altri addobbamenti. Et secondo i luochi, furono fatte sette bellissime salve d'infiniti tirri grossi, raddoppiati sempre da cinquecento Archibuggieri delle nostre Cemede. E per conchiudere; Nel friso della Porta mag.re della Chiesa era un Quadro bellissimo cou questi figure. Nei mezo stava S, Marco, che con il piede sinistro calcava il Leone, et con la destra mano raccomandava la città à S. S. Ill.ma accennando à S. Nazario n.ro Confatone et protettore à far il medesimo del Pastorale da lui tenuto. Da questi poco discosto era Iustino Imperatore, dal cui nome la Città nostra trasse l'antica origine. Eravi anchora Marco Valerio Corvino Preauttore dell'Ill.ma famiglia Valiera. Incontro à questi era Pontificalmente vestito S. S. Ill.ma accompagnato da Vescovi, con questa Inscrittione. Augustino Valerio Ver. Episcopo, et Corniti Ponti-ficis Max decreto Istriani visitanti. Justinopolitanae Urbis Curatores paratami profitentur obedientiam. Di|V. M. CI.ma Devotiss.o Ser.re Giovanni Zarotto ISoU della Redazione La lugubre tradizione del vescovo gettato in pozzo vige tuttora a Capodistria ; e si ricordano i nostri più vecchi cultori di cose municipali, che V Hospital e di San Marco, nominato nel documento, esisteva ne' pressi dell'attuale Pio Istituto Grisoni ; precisamente nella calle che conduce a Porta Isolana. Senza porre in dubbio la consistenza di questa curiosa tradizione, facciamo attento il lettore sopra un'altra tradizione consimile, recata nella Biografia dello Staucovich, dotto e bene-inerito sacerdote ; tradizione che si riferirebbe ad un' epoca non molto anteriore al 1580. Narra il nostro distinto biografo, che Giovanni Battista Vergerio, vescovo di Pola, e fratello a Pietro Paolo Vergerio vescovo di Capodistria, poi apostata, fosse morto (1548) in odore di eresia, e che le sue ossa fossero state gettate in mare. Sobbene lo Staucovich narri il fatto senza accettarlo, anzi oppugnandolo ; questa notizia starebbe in qualche analogia coll'altra (però molto più remota) del Vescovo gettato nel pozzo presso l'Hospital di San Marco. Notiamo ancora che la casa dei Vergerio (Verzier) era dov' è oggi una parte del Pio Istituto, verso la casa Zetto ; e non molto tempo fa si conservavano traccio di assai elegante architettura in cotto, con bella porta archiacuta e sovrastante stemma Vergerio (fòje de verza). Non è quindi improbabile che il pozzo attiguo all' Hospitale di San Marco fosse di proprietà Vergerio o come allora dicevano i nostri vecchi de Ga' Verzier ; non vogliamo con ciò asserire, dispettando l'antica tradizione, che le ossa del vescovo Giovanni Battista fossero state gettate nel pozzo di casa sua, invece che in mare. Noi quindi portiamo rispetto alia più remota tradizione; ma sejo per 'quel relativo valore storico municipale che può avere ; nè ci addosseremmo mai la responsabilità di un'altra notizia, per la sola vanità di arricchire la cronaca nostra, di un fatto, che non la rende certo gloriosa. Anzi, ad essere spassionati in argomento, rechiamo una importante lettera di Agostino Carli, che dà qualche luce alla questione, e che aiferma il sito del pozzo, ahi troppo famoso ! . . . diremo meglio infame come la colonna del Manzoni J Odolina, 23 luglio 1793 (Ommesso) Mi vien voglia ora per digressione di andare a caccia dell'errore sopra cui possa essere stata fondata I' idea di un Vescovado in Capodistria prima del 1100, eh' io sino ad ora trovo uon avere probabilità alcuna, — prontissimo poi ad arrendermi, quando mi si presentasse qualche cosa in contrario.*) Il Naldini riporta il da me confrontato testo del Sigonio, il quale dice che nel 756: cum Stephanus II pont. rogantibus Justinopolitanis episcopi habendi jus in-dulsisset, Joannem a Clero popnloque creatimi con• firmavit et consecravit. Il Sigonio, che conoscea la *) Nel riportare la lettera del Carli, non accettiamo, ben "intaso, oorne assioma che il vescovato di Capodistria uon potesse essere esistito prima dell'epoca acceiiuata da lui. Nel caso nostro dobbiamo accogliere invece la pia tradizione, come prova giuridica, che il vescovato di Capodistria fosse stato fondato nel 524. assieme a qnelli di Trieste, di Parano, di Pedena, di Pola «co. ; perchè la pia tradizione ci tramandò che il primo vescovo di Capodistria fu S. Nazario. il quale visse nel secolo VI. Senaa consultare i molti autori ebe la riportano, veggansi in proposito le note a pag. 10 - 11 della cantica San Nazario ecc. di mons. P. Petronio, pubblicata qui coi tipi B. Appolonio nel 1877. cronaca di Andrea Dandolo, espose ciò che in essa si trova scritto al Lib. VII, cap. X. Questo è adunque il fondamento della cosa; ma questa può essere una notizia falsa del Dandolo, e ve n' hanno diverse. Bastino queste due : Riporta egli nel 1177 il fatto della battaglia di Salvore (a dir vero l'estensore di questa lettera dice favola non fatto), ed il Muratori nel T. VII degli Annali all'anno 1177 dice: „È ben vecchio questo racconto." — Andrea Dandolo l'anno 1340 (in Chrou. T. XII Rer. Ital.) cita le storie di Venezia „una leggenda di Fra Pietro da Cnioggia". — Riporta il Dandolo all'anno 579 gli atti del Sinodo aquilejese. Eppure questo è in parte supposto, ed in parte è una interpolazione spettante al sinodo scismatico di Paolino come si può vedere al c. XXVII e XXVIII de' Monumenti della Chiesa aquilejese pag. 236 sino alla 256. Mi fermo però per osservare che nè nel 579 nè nell'827, si trova alcuna sottoscrizione di Vescovo di Capodistria; eppure vi son tutti, compreso perfino quello di Pedena e di Cissa. E riuscito fortunatamente a me per azzardo nel 1790, quando ero a Capodistria, frugando nel Ba-ronio, Annali ecclesiastici, edizione di Pavia del 1641, T. XII, pag. 175, di ritrovare il primo cenno certo di Vescovado in Capodistria. — Anno 1130. — Sic itaque inter ejusmodi Anacleti epistolas, aliquav extant ad diversos de diversis respondentes, et inter alias ad Justinopolitanos suum episcopum accusantes, ad quos ista — Gravissima de vestro episcopo nobis relata sunt, quae, si vera sunt, cum nostra valute inulta dimittere non valenius. Multos enim laicos et dericos truncatos, multos ejus studio interfectos accepimus. Ea propter praesentibus litteris vos monamus ut ante festum omnium sanctorum ad nostrani praesentiam veniatis quatenus vestro auxilio et Consilio justino-politanae eeclesiae iti hoc et in aliis procedere pos-simus. Dat. Romae upud S. Petrum . . . L'eletto fu uu pozzo d'ira di Dio, e forse intruso simoniaca-mente. e però atto a disonorare il patrocinio di chilo innalzò, ed a rovinare gl'iuteressi ed il partito del benefattore. Il soprannome di Annegavescovi dato ai capodi-striani dai comprovinciali, e la tradizione conservatasi di un vescovo affogato dal popolo nel pozzo di Porta Isolana, ed il sapersi che disgrazia simile non è accaduta a nessuno de' vescovi noti dal 1186 in poi, mi fa presumere che i capodistriani idispettiti per la denegata o ritardata giustizia per parte del papa o guadagnatosi nella allora vigente repubblica un deciso ascendente del partito patriarchino contro quello dei libertini, hanno alla fine vendicato gli errori commessi dall'intruso vescovo sopra ogni ordine di persone della città. Comunque possa essere accaduta la cosa, l'unico e primo documento certo di un vescovo in Capodi-striai non lo scorgo che a quest'epoca, ed in quel classico libro." Alle notizie suriferrite aggiungiamo le seguenti, che abbiamo attinte qui in città da ottima fonte: „È viva nel popolo la tradizione di un nuovo vescovo affogato in un pozzo durante la processione del Corpus Domini. Si indica il pozzo esistente dietro il palazzo comunale, e si dice che l'affogatore sia stato uno Spelladi, per cui dovette sottrarsi con la fuga all'ira del popolo, lui e la famiglia, che si ritirarono a Pordenone. Non vi è relazione tra il pozzo indicato e l'Ospitale di S. Marco, che molti viventi ricordano e che era dietro l'attuale Pio Istituto Grisoni. Il conte Francesco Grisoni ne fece 1' acquisto e poi lo fece abbattere per aprire un coi tile dietro la sua casa. È tanto viva la tradizione di questo fatto, che i popolani della vicina Isola chiamati dai nostri ammazzapodestà (e lo ammazzarono nel 1797), rispondono ai capodi-stiiaui : E voi affogavescovi! Il fatto della fuga dello Spelladi coU'intera famiglia, proverebbe che non fu il popolo, ma un individuo, il quale forse per vendetta privata, o foise, e più probabilmente, per tentare chi sa quale movimento pubblico, compì il misfatto." l^Totizie Il nome di Lepanto, che suona ancora, dopo tre secoli sinonimo di vittoria e di trionfo, che rimbombò formidabile sul mare tinto del sangue saraceno, è tornato oggi a volare sull'infido elemento. Il 18 marzo fu varata in Livorno, nel cantiere dei fratelli Orlando, ora tra i più famosi costruttori navali, una corazzata con quel nome glorioso, e fu varata in mezzo all'entusiasmo di centomila spettatori. L'immane naviglio è lungo 122 metri, largo 22.28, alto 16.40, e costerà ad assetto definitivo 24 milioni di franchi. La Lepanto è quindi la più grande corazzata del mondo. Leggiamo poi che non appena riordinato il cantiere delle opere immense fattevi per il varo della ..Lepanto" e sistemati gli scali, sarà posta mano alla costruzione di tre nuove navi da guerra. Esse sono due corazzate di terza classe (cannoniere) alle quali fu imposto il nome di Sebastiano Yenier e Andrea Provano ; nonché un piro-trasporto di prima classe, che avrà la lunghezza di 122 metri ; le dimensioni circa del Duilio e della Lepanto. Il 28 marzo, Roma solennizzava il quarto centenario della nascita di Raffaello Sanzio da j Urbino, e con Roma tutto il inondo civile rendeva in quel giorno tributo di commemorazione al divino Pittore, che seppe temprare 1' estro dell' arte alla classica scola della grandezza antica. Il giorno 9 Aprile avrà luogo in Parenzo 1' elezione di un deputato al Consiglio dell' Impero, per la classe del grande possesso fondiario, in sostituzione del dimissionario barone Giacomo Laz-zarini. Da quanto sappiamo a tutt'oggi, sono candidati proposti il Dottor Pietro Millevoi di Albona, medico, il dottor Antonio Gambini di Capodistria, avvocato, e il Dottor Fragiacomo di Pirano, avvocato. Come s' è fatto sempre, anche questa volta gli elettori si porranno d'accordo il giorno dell' elezione in Parenzo; quindi ogni nostra considerazione non sarebbe oggi necessaria ed opportuna. Del resto gli elettori di questo collegio, che costituiscono gran parte dell'elemento civile della nostra provincia, non hanno bisogno di sollecitazioni per raggiungere l'accordo desiderato. Per informazione avuta, sappiamo che 1' onorevole Dottor Nazario Stradi, avvocato in Pirano, non si fa candidato per l'elezione di un deputato al Consiglio dell'Impero nel Collegio del grande possesso, il giorno 9 Aprile. Cose locali Sentiamo con molto piacere, che la solerte nostra società di abbellimento ha già intrapreso i primi lavori in quella parte della città, tanto frequentata dalla popolazione, che è il Belvedere. La capacità, il buon j gusto e l'attività della direzione ci sono arra indubbia i che i lavori ad opera compita incontreranno la generale soddisfazione. Ne' giorni scorsi fu aperta una goscrizione in onore dell'illustre musicista Monsignor Jacopo Tomadini, morto in Cividale, sua patria, il 21 gennajo dell'anno corrente. La soscrizione, ebbe esito brillantissimo; perchè la nostra città ricorda con affetto reverente il i grande musicista friulano, 1' emulo ed amico dell'altro ■ compianto musicista Candotti, pure friulauo ; entrambi , molto noti nella nostra provincia, dove si recavano spesso a suonare nelle solennità chiesastiche e dove ricolmarono di entusiasmo tutti gl'intelligenti e buongustai, ai quali rivelarono col loro straordinario talento musicale sempre nuove e pellegrine bellezze. Appunti bibliografici La Gente nuova in Firenze ai tempi di Dante. Studio storico di Isidoro Bel Lungo. Firenze. Uffizio della Rassegna nazionale, Via Faenza 1882. Poiché il nostro giornale continua, o almeno ha tutta la buona volontà di continuare, le tradizioni dell' Istria dell' indimenticabile Kandler, guardando però un po' più al largo e in casa e fuori di casa, così ogni tanto si danno articoli d'interesse storico, o si parla di libri che trattano di storia. Ed ecco un nuovo studio importantissimo dell' illustre Del Lungo — Jm gente nuova in Firenze ai tempi di Dante, che getta molto lume e sulla storia di Firenze (che iu quel secolo è storia italiana, e quasi non dissi europea) e sulla letteratura dantesca. Auche non ci sarà difficile di trovare, si licet magna aequiparare minimis delle analogie, e istituire raffronti tra la gente nuova di Firenze e quella di Trieste e dell' Istria. E prima di tutto si ha a sapere che questo studio storico fornì materia ad uua lettura fatta al Circolo Filologico di Firenze la sera del 1. Maggio 1882, che fu stampato dalla Rassegna Nazionale, periodico che si pubblica a Firenze ogni mese (abb. anuuo lire 26 Via Faenza 68) e quindi estratto in fascicolo di pagine 47. Tutto questo è buono a sapersi, e in casa e fuor di casa; perchè i lavori del Del Lungo non sono pane per certi critici che appena hanno messo i lattajuoli, e scrivono commercialmente nei giornaletti di letteratura festajuola; e perciò anche questa volta non hanno aperto bocca. Buon seguo ; 1' ho detto, e lo torno a dire : sono questi i nomi che rimarranno nulla storia. Ma seguiamo senz' altro 1' autore. „Di Campi, di Certaldo e di Figline, e da ogni altra parte del circostante contado affluivano a Firenze gli uomini nuovi ... In Firenze ogni forza di attrazione interna e di esteriore coesione mancava : la democrazia ormai trionfante imprimeva alla cittadinanza un movimento espansivo, che favoriva come ogni scissione. uni didentro, così ogni inframmessione dal di fuori. Ma contro questa irruzione dal di fuori nota subito 1' autore, non mancò la protesta. La gente nuova, la cittadinanza mista, la confusione delle persone !) suonano con dispregio e con rammarico ne! verso immortale di Dante. Così, con le debite restrizioni come sopra, il piccolo comune di Trieste, con 1' antica cerchia delle mura, tra il Duomo, Porta Cavana, il Mandracchio e Porta Donota, contro l'irruzione del di fuori protestò pure per mezzo del suo ultimo patrizio: il Rossetti. Ma chi erano poi questi uomini nuovi, quale il vero significato della frase dantesca — la gente nuova e i subiti guadagni ... ? E qui una e-rudita disquisizione come le sa fare il Del Lungo, per dimostrare che la gente nuova di Firenze non era affatto in senso latino 1 homo novus, qualmente credono alcuni commentatori nuovi di Daute, il Tommaseo non escluso. L'uomo nuovo di Roma, come si ha delle orazioni di Cicerone (il quale ne parla frequentemente e con compiacenza, perchè novissimo tra gli uomini nuovi) è 1' uomo >) Inf. XVI, Paradiso XVI. che si è fatto conoscere da per sè, senza raccomandazione di maggiori, l'uomo nato di suo, che è salito senz' altro appoggio che sè medesima;') il cittadino che si è guadagnato la parola in Senato, la toga pretesta, la sedia curale, iì diritto del ritratto, e che lascierà dietro sè memorie e discendenza. Ma ciò, se uou è zuppa, è pan bagnato, dirà qualche disattento lettore. No, perchè in Roma 1' uomo nuovo era il nobile nuovo, l'uomo che dovea conquistare i suoi titoli ; mentre a I Firenze e nella nostra Trieste il nuovo venuto ; non avea che a far denari, nè gii era necessario il titolo di nobiltà per sedere nel consiglio dei cittadini. „I1 Comune italico nota oppportunamente 1' autore, massime se guelfo e toscano, ma più poi il Comune fiorentino non aveva giuridicamente nobiltà, non plebe. La nobi'tà non trovò mai la via di affermarsi entro il pomerio cittadino come qualche cosa di distinto e per sè esistente, quale era stata finché rimase in contado. — Nei popolo, ben dice il Capponi, fu la vita delia città innanzi ancora che egli venisse ad acquistarne la signoria. Non mancano no alla cittadinanza | fiorentina „i nobili di sangue" la gente che della ; nobiltà di sangue si gloria ; ma tale loro condi-; zioue non è conosciuta dal Comune : o quando j esso ne fa caso (e ciò con uua legge di sospetto, gli ordinamenti della giustizia) cotesta coudizione addiviene un titolo d'inferiorità e di svantaggio. S'intende che così andavano le cose ai tempi di Dante. Ed anche in Istria. I consigli delle piccole nostre città erano costituiti da tutti i membri maggiorenni delle famiglie cittadine a-scritte al medesimo. Nella remota primitiva loro origine venivano composti da elezione popolare. Poi ad imitazione della Serratura del Consiglio veneziano si formò nei comuni un' aristocrazia municipale di fronte al ceto popolare. Però la serratura non fu così rigorosa nell'Istria; dopo le gravi pestilenze ; ed anche in qualche caso a titolo di benemerenza seguiva l'aggregazione di famiglie popolane al consiglio, e questi si erano gli homines novi iu senso romano2). Così fermato e spiegato il valore del vocabolo, il chiarissimo autore passa poi a ricercare quali fossero gli uomini nuovi in Firenze, quali i ceti e le famiglie principali. E questi furono i fattisi innanzi dopo la creazione del primo popolo, o „popolo vecchio" ossia del primo governo popolare nel 1250 e durante la evoluzione di quella guelfa democrazia col secondo popolo artigiano 1) M. Cicero qui omnia incrementa sua sibi dehuit, vir novitatis nobilissimae. Veli. Patere. II XXXIV. 2) Vedi L'Istria del De Franceschi (pag. 462). e angioino, del 1267, e col terzo e col quarto, j costitutivi del diritto popolano sui Grandi. Ed j era la democrazia di fatto che del lavoro di ! mano e d'intelletto facendo titolo o mezzo alla, j vita statuale allettava naturalmente, attirava dal j di fuori, i pronti, gì' ingegnosi, gli svegli, gli atti ad incominciare o a rifare le proprie fortune; in uua parola gli uomini nuovi. Ma se per gli ! ordinamenti del comune fiorentino eminentemente j democratico, questi elementi dal di fuori venuti j non potevano essere espulsi, ma anzi a braccia : aperte accettati, era però naturale che i vecchi j cittadini sospirassero al buon tempo antico, e guardassero di mal occhio ai nuovi venuti. Quindi ; la sdegnosa protesta di Dante che grida con la i faccia levata: La gente nuova e i subiti guadagni Orgoglio e dismisura han generata, Fiorenza, in te, sì che tu già ten' piagni. Così nel decimosesto dell' Inferno e nel decimosesto del Paradiso pure, dove Cacciaguida deplora la confusione delle persone. E nel decimosesto del Purgatorio ancora, dove Marco si lamenta dei tempi mutati, ed un altro accenno si trova dell' età nuova : Ben vien tre vecchi ancora, in cui rampogna L' antica età la nuova : e par lor tardo Che Dio a miglior vita li ripogna. (XVI ... 40) Se questa ricorrenza del numero sedici sia fortuita, o pensata da Dante nel poema uno e trino, per qualche circostanza di avvenimenti e di tempo; veggano i valorosi dantofili. In ogni modo io ci passo sopra ; nè mi voglio far bello | di alzate d'ingegno. Principali di quelle figure, pensate da Dante nella protesta, erano i Cerchi che è quanto dire i nuovi ricchi, i mercanti, i banchieri; e in questa ! mercatura i piccoli del contado erano naturalmente | l'elemento più arrischiato e meno puro. La fatale discordia dei Cerchi e dei Donati, poi Bianchi e Neri più che storia municipale pur troppo è storia italiana. E storia europea diventano le vicende di que' villani arricchiti che, passati in Francia, vi esercitano la mercatura, o per dir chiaro senza circonlocuzioni, 1' usura, prestando denari ai re di Francia, e ricevendo in compenso titoli di nobiltà e investiture. Tali Riccio e Mu-sciatto che consigliarono il Re di Francia a ^falseggiar la moneta" e ottennero poi dal re dei Romani con l'intermezzo del re francese diritti imperiali su alcuni castelli della Toscana, consenziente Papa Bonifazio che non è ben chiaro, come e perchè, ma prestò anche lui mano in quella sporca faccenda. Di questi nuovi venuti, e delle avventure degli arnien Beisender capitati a Trieste col batuffolo sulle spalle, poi divenuti conti e baroni sono piene anche le storie municipali di Trieste. Altra gente nuova, secondo l'allusione dantésca i Legisti. La prima delle arti maggiori, l'arte dei giudici e notai attraeva forse più gagliardamente che ogni altra gli arditi che la fortuna ajuta. E questi villani rifatti in toga sferza Dante nel XVI del Paradiso : Oh quanto fora meglio esser vicine Quelle genti eli' io dico, ed a! Galluzzo Ed a Trespiano aver vostro confine, Che averle dentro, e sostener lo puzzo Del villan d' Aguglion, di quel da Signa Che già per barattare ha l'occhio aguzzo! Agli avvocati politicanti accenna pur Dante nel sesto del Purgatorio: .....Ed un Marcel diventa Ogni villan che parteggiando viene. Allusione, nota benissimo il Del Lungo non al Marcello famoso, degno avversario di Annibale ed espugnatore di Siracusa, che come uomo d'armi qui non e' entra ; ma al console Marcello il quale protestò contro le prime prepotenze di Giulio Cesare chiamandolo malandrino con scioltezza di lingua che da Lucano notata (Marcel-Itisque loquax) dovè a Dante sembrare caratteristica conveniente ad avvocati politicanti, ai nuovi striduli Bruti come li chiamò in una poesia estemporanea, ma con frase pensata la Giannina Milli. Ed ahi pur troppo anche nei consigli dell'Italia nuova vediamo prevalere spesso le voci grosse dei parteggianti Marcelli. Non sempre però ; nè tutti sono tali. Ed anche mi affretto dichiarare che nella nostra Trieste tra i venuti da vicini paesi ottimi furono in questi ultimi tempi gli avvocati. E basterà licordare il Ba-seggio del primo consiglio, l'intemerato De Rin del secondo ; e moltissimi altri viventi. Tornando alla dotta dissertazione del Del Lungo dirò come egli abbia saputo renderla più che mai varia ed importante, od accennando qua e là a qualche passo della cronaca di Dino, l'autenticità della quale vien più che mai assodata per la cognizione dei tempi, dei luoghi e delle persone; o toccando di altre questioni che con l'argomento principale hanno attinenza, e notizia di cose nuove, e piacevoli. Così noi sappiamo che una nuova famiglia, venuta da Cerreto ad accasarsi a Firenze, fu prima dal luogo chiamata da Cerreto, poi piantando in città salde radici, Cerretani, e diede il nome alla più bella e frequentata via di Firenze. E qui è utile sapere che le famiglie nuove prendevano il nome dal paese donde erano venute; o quello del padre; onde i di da de preposti ad uu nome. Perciò il tale da tale o tal altro luogo indicava un avveniticcio; il tale dei tali invece rappresentava una famiglia e quindi una tradizione, una storia, la cui focaia più scolpita e solenne era il semplice cognome, spogliato di qualsiasi prepositiva, un bravo plurale che denotasse tutti di bella brigata, gli uomini di quel ceppo. Così i primi da Cerreto ebbero di grazia di lasciare il da rusticano, e d'installarsi tra i vecchi fiorentini col semplice nome di Cerretani. Questo s'intende ai tempi di Dante, di Dino e del Boccaccio nella democratica Firenze, e negli altri liberi comuni italiani. Non così nei castelli e nelle bicocche feudali. Ma gli è pur curioso vedere da quali bassi e contadineschi principi hanno avuto origine i di de da che campeggiano oggi sotto la pacifica ombra d'una corona di marchese, conte, e barone: tanta è la fortuna delle parole e delle particelle p.e-positive. La gente nuova banchiera e curiale, couchiude così il Del Lungo la sua dissertazione, sono le due specie di cittadini contro cui si rivolta il poeta. „Se non che Dante nella democrazia fio-rertina effigiava, per deliberato animo, il brutto e vizioso: la politica nella sua poesia, è innanzi tut.1,0 una vendetta contro i suoi uemici: vendetta dell' uomo geiuile di sangue, che pur si era inchinato a servire il popolo trionfatore, e u' era stato respinto: vendetta dell'alto ingegno che avea sognato ideali di moralità e di civiltà fra cittadini che non gli avevano atteso." Perciò la lonza rappresenta fino dal primo canto non già così assolutamente Firenze ; ma la democrazia fiorentina; e appena gli viene il destro d'incontrarsi nell' Inferno con un fiorentino, subito, non abbadando al luogo o alle qualità del personaggio, s'intrattiene a parlare con Ciacco della cit'.à partita e delle cause e conseguenze di quei disordini. Nella interpretazione di tutti i concetti, le imagini, i simboli della poesia dantesca, non si dovrebbe mai dimenticare questo intendimento vendicativo: lo averlo dimenticato è stato uno dei difetti e traviamenti pu gravi della critica storica del sacro poema e del pensiero dell' Alighieri ; la mancanza di questo criterio è st*> ta, insieme con lo scarso e superficiale sentimento della medievalità fiorentina, che ha travisato così gravemente la figura del Poeta dei Guelfi Bianchi. I commentatori quindi che dissertano della giustizia di Dante e della giusta attribuzione delle pene, e ne fanno un vice Dio, filano quaranta miglia all'ora nel mare della rettorica ; e togliendo 1' elemento umano, la passione, impiccioliscono il concetto dantesco, e cangiano il grande poema in un trattato di teologia scolastica. Da ultimo la grande cognizione della lingua che ha il dotto accademico della Crusca, apparisce anche da questo scritto con la spiegazione e rettificazione di vocaboli e modi di dire. Così le ! locuzioni nuovo pesce, nuovo uccello, nuovo uomo, i nuova donna per strano singolare. Saranno buone ! anche altre spiegazioni, già accolte dalla Crusca; ma le cause che producono questi e simili parlari sono complesse, e chi può conoscere tutte | le amabili capestrerie e licenze del popolo e dell' uso sovrano ? Certo la memoria degli uomini I nuovi, e le strane goffaggini dei villani rifatti | avranno avuto la loro parte nell' origine delle j sopraccennate locuzioni. Raccomando adunque a tutti i cultori della : storia e letteratura nazionale questo studio importante così per la cognizione di un punto di storia alquanto oscuro finora, come pel molto lume ne viene agli studi danteschi. E tra i com-| mentatori dell'Allighieri, il Del Lungo di fatto tiene uu posto eminente; perchè, alla giusta interpretazione del poema, moltissimo giova la piena conoscenza dei tempi. Il non averli conosciuti fece imbottar nebbia ai commentatori di fantasia: in questo modo la scuola storica dà la mano alla scuola estetica, e in bell'accordo congiunte facilitano lo studio dei grandi nostri e-semplari. p. T. Spiegazione delle sciarade stampate nel N. 4. I. Cor-petto. — II. Villa-nella. — III. Arcano. — IV. Rime-dio. — Y. Corti-giano. — YI. Con-cor-dia (poeticamente per dea). Le cinque prime sono di Jacopo Sanvitale da Parma, illustre patriotta e scrittore, e si trovano a pagina 17 nel volume: — Saggi di critiche letterarie di Alberto Rondani, Firenze. Tip. della Gazzetta d'Italia, 1861. Alla corrispondonza inserita nell ultimo numero e datata dall'Istria 25 febbrajo andava poeto il titolo: Merletti d'Isola. Ecco soddisfatto il nostro gentile corrispondente. CAPODISTRIA, Tipografìa di Carlo Priora. Pietro Madonizza — Anteo Gravisi edit. e redat. responsabili.