ACTA HISTRIAE • 29 • 2021 • 3 705 Furio BIANCO: I CIRCUITI DEL CREDITO E IL MERCATO IMMOBILIARE NEL DISTRETTO DI ..., 705–754 I CIRCUITI DEL CREDITO E IL MERCATO IMMOBILIARE NEL DISTRETTO DI CAPODISTRIA NEL SETTECENTO Furio BIANCO Università degli Studi di Udine, Piazza Roma, 5 – 33041 Aiello del Friuli, Udine, Italia e-mail: furio.bianco@uniud.it SINTESI Dal 1745 a Capodistria i vicedomini erano tenuti per legge a redigere le abbreviature di tutti gli atti depositati dai notai e riguardanti beni e persone del territorio. Lo studio si basa principalmente sullo spoglio sistematico e sull’analisi approfondita di tutte le notificazioni conservate in diversi volumi al fine di elaborare ampie serie contabili (fino al 1806), permettendoci in tal modo di investigare sulle dinamiche sociali ed economiche alla base dei circuiti del credito e del mercato immobiliare, legati alle congiunture, al disagio economico dei ceti più bassi della città e delle campagne e alle propensioni imprenditoriali e affaristiche di operatori finanziari, di mercanti e di ricchi proprietari. Parole chiave: struttura del mercato immobiliare, circuiti del credito, espropriazione, concentrazione della proprietà, Capodistria, Capodistriano, secolo XVIII CREDIT CIRCUITS AND REAL ESTATE MARKET IN 18TH CENTURY DISTRICT OF KOPER ABSTRACT From 1745 onwards, the Koper vicedomini were required by law to draw the briefs of all documents lodged by notaries which concerned the property and people of the Koper territory. The present study is mainly based on a systematic examination and an in-depth analysis of all briefs preserved to date (and collected in several volumes). Through the processing of such ample accounting series (up to 1806) it is possible to investigate the social and economic dynamics that underlay the circuits of credit and real estate market related to the economic situation and financial hardships of the lowest classes in the city and surrounding countryside, as well as to the entrepreneurial and business inclinations of financial operators, merchants, and wealthy owners. Keywords: structure of real estate market, credit circuits, expropriation, concentration of property, Koper, District of Koper, 18th century Received: 2021-08-13 DOI 10.19233/AH.2021.30 ACTA HISTRIAE • 29 • 2021 • 3 706 Furio BIANCO: I CIRCUITI DEL CREDITO E IL MERCATO IMMOBILIARE NEL DISTRETTO DI ..., 705–754 INTRODUZIONE Alla fine del 1771 in casa del nobile Alessandro Attimis a Ronchi di Mon- falcone venne formalizzato l’accordo tra il marchese Mattio Gravisi quondam Elio di Capodistria, rappresentato da Leonardo Berini di Ronchi, e il feudatario friulano, rappresentato alla stipulazione dell’atto dal sacerdote Antonio de Iuri. L’Attimis consegnò a livello francabile 1.000 ducati (di 6 lire e 4 soldi) al Gravisi che a sua volta si impegnò a corrispondere un interesse annuo del 5%, vincolando come garanzia del prestito la sua tenuta Ronchi e ottenendo la possibilità di estinguere il debito in due rate1. Nell’arco di pochi giorni il nobile istriano ottenne il denaro che, come aveva scritto al Berini inviandogli l’atto di procura, aveva necessità di poter disporre quanto prima «a motivo di urgentissimi domestici affari». Si trattava di uno dei numerosi e sempre più frequenti contratti di credito stipulati con operatori isontini e friulani, perfezionati in tempi brevi nel corso della seconda metà del Settecento, da parte di aristocratici, possidenti e notabili capodistriani e istriani, costretti a ricorrere al credito per i loro negozi o per fronteggiare nell’immediato situazioni di difficoltà economiche e finanziarie. Una preponderante connotazione creditizia era alla base anche di quei contratti che prevedevano formalmente la cessione di beni fondiari. In alcuni casi il ven- ditore, nella presunzione di rientrare in tempi brevi nella disponibilità dei beni alienati, richiedeva un sensibile accorciamento dei tempi abitualmente previsti per la restituzione del danaro ottenuto dalla vendita (per legge cinque anni), con la concessione da parte dell’acquirente della cosiddetta recupera, clausola che avrebbe consentito al venditore di riottenere i fondi ceduti, saldati prestito e interessi maturati. Alla metà del maggio 1775, ad esempio, Bartolomio quon- dam Manzioli di Capodistria, aggravato da un capitale livellario di una certa entità verso Nicolò Madonizza e da altri debiti in scadenza, trasferì allo stesso Madonizza per oltre 4.000 ducati la sua possessione di Vilisano, tra Capodistria e Isola. Il Manzioli avrebbe potuto esercitare il patto di recuperare e rientrare in possesso della tenuta, pagando in una unica soluzione la somma ricevuta e gli eventuali miglioramenti, nell’arco di un anno «e non dopo», rispetto ai cinque anni abitualmente stabiliti per esercitare il diritto della recupera2. Gli scambi, al di là della loro veste giuridica, avevano quasi sempre lo scopo di reperire tempestivamente una provvista di denaro. A volte con un fitto giro di transazioni nell’arco di pochi anni. Nel 1803, ad esempio, per 70.000 fiorini (oltre 350.000 lire venete) Antonio Pfneisel acquistò dalla ditta di Francesco Cassetti una casa a Trieste ottenuta nel 1801 dal barone Francesco Vito de Zanchi. Il Pfneisel, oltre all’impegno a corrispondere ratealmente parte della 1 ASU, ANA, b. 3413, Daniele Antonio Simoni, I, cc. 55r.–56r. Tra l’altro, l’interesse pattuito era inferiore a quanto stabilito per legge in Istria nei contratti di livello (6%). 2 ASU, ANA, b. 3414, notaio Daniele Antonio Simoni di Palmanova, VI, cc. 575r.–585r. ACTA HISTRIAE • 29 • 2021 • 3 707 Furio BIANCO: I CIRCUITI DEL CREDITO E IL MERCATO IMMOBILIARE NEL DISTRETTO DI ..., 705–754 somma pattuita, cedette al Cassetti una casa e bottega di Capodistria sita nella caligheria valutata 10.000 fiorini (oltre 50.000 lire venete)3 ottenuta mesi prima in permuta da Antonio Cianchi4. D’altra parte la congiuntura economica e finanziaria riportava alla luce la strutturale limitatezza del sistema creditizio imperniato sui monti di pietà e sull’attività di altre istituzioni, dalle centinaia di confraternite e dai conventi femminili e maschili alle scuole laiche e devozionali, che tradizionalmente ave- vano svolto una peculiare funzione di credito nella città e nelle campagne. Sono noti i limiti e le difficoltà dei sacri monti nel soddisfare la domanda di denaro in tutto il territorio istriano (Ivetic, 2000, 222–228)5. Ben evidenti già al momento della loro istituzione e non del tutto risolti in seguito. Ad esempio, a Pirano nel 1635 si ottenne la fondazione del Monte di pietà a seguito delle ripetute suppliche avanzate dal popolo della cittadina. Il Consiglio della Terra aveva richiesto che fosse concessa la fondazione di un pubblico banco di ebrei «per imprestar sopra pegni» con interesse del 12,5%, come già avveniva a Isola, anche per evitare lunghe trasferte a Trieste dove i banchi feneratizi praticavano un interesse più elevato, anche del 30–50%, mentre il ricorso al banco di Isola e al Monte di pietà di Capodistria era reso difficoltoso per la loro perdurante ristrettezza di liquidità6. Nel corso del Settecento il capitale del Monte di Pirano non superava i 2.000 ducati, pari a circa un decimo del giro di affari del fontico, mentre quello di tutti i monti di pietà della provincia (Pirano, Capodistria, Pinguente e Rovigno) nella seconda metà del secolo si aggirava complessiva- mente sui 25–30.000 ducati (Ivetic, 2000, 228). Si trattava di un giro di affari relativamente modesto, insufficiente ad esaudire tutte le richieste di denaro e inefficace per imprimere una qualche accelerazione al sistema economico e imprenditoriale. Complessivamente i monti, «sì deboli e smilzi» continuarono a svolgere un ruolo marginale nei contesti socio-economici dei territori e, per usare una metafora del Muratori, risultavano «più tosto desideri di Monti, che Monti effettivi, dando essi poc’acqua ad una gran sete» (Muratori, 1728, libro XXXV, 243). Rispetto ai monti della provincia ben altra rilevanza sociale avevano le con- fraternite7 nel sostenere la struttura del piccolo e medio credito. Diffuse capillar- mente in tutta la provincia – l’inchiesta del 1741 del podestà di Capodistria Paolo Condulmer (Luciani, 1872) ne registrò 604 solamente in una parte del territorio sotto la giurisdizione veneziana8 – queste associazioni, oltre ad adempiere a com- 3 AST, AN, b. 726, 1803, cc. 7r.–8r. 4 AST, AN, b. 726, 1801, cc. 145r.–146v. 5 Sulla diffusione di queste istituzioni, cfr. Darovec, 2007. Complessivamente, cfr. Avallone, 2007. 6 ASV, AC, MC, 3871, 15/2/1634, 24/3/1634 e 15/8/1634. 7 Sulle confraternite in Istria mi limito a segnalare Ivetic, 2000, 222–238; Ivetic, 2015; Cigui & Visintin, 2001; Visintin, Di Paoli Pauletich & Cigui, 2014. 8 Si ipotizza l’esistenza di circa 800–850 confraternite in tutta l’Istria, compresa la Contea di Pisino: Ivetic, 2000, 230. ACTA HISTRIAE • 29 • 2021 • 3 708 Furio BIANCO: I CIRCUITI DEL CREDITO E IL MERCATO IMMOBILIARE NEL DISTRETTO DI ..., 705–754 piti religiosi e devozionali, con il patrimonio immobiliare e finanziario posseduto avevano la finalità di consentire l’accesso al piccolo credito ai confratelli che ne avessero fatta richiesta e, in taluni casi, anche a privati garantiti in qualità di mal- levadori da gastaldi, direttori e soci9. Complessivamente le sostanze patrimoniali erano di una certa rilevanza: alla fine del Seicento il loro valore sfiorava 212.800 ducati costituito da beni immobiliari (appezzamenti di terreno e case) e per il 53% da crediti e da livelli fiancabili. Nel 1741 i capitali investiti in operazioni finan- ziarie superavano 117.630 ducati (193 ducati gestiti in media da ciascuna delle 604 fraglie) utilizzati nella concessione di prestiti e investiti in modo molto dif- forme a seconda delle disponibilità finanziarie delle varie associazioni, della loro dislocazione in città o nei centri rurali10. I crediti, «secondo l’uso della provincia, erano assegnati a censo, o livello francabile, coll’annua contribuzione del 6%» e potevano essere estinti entro cinque anni, o, raramente, entro altra data, indicata nel contratto, con il pagamento della somma ricevuta in prestito (in un’unica o più soluzioni) e degli eventuali pro non corrisposti. La mancata estinzione del livello entro i termini stabiliti poteva comportare il rinnovo formale del prestito per una somma che comprendeva anche gli interessi non pagati o il sequestro dei beni fondiari che al momento della transazione erano stati ipotecati a garanzia del credito, come recitava una clausola del contratto11. Alla fine del secolo, secondo le rendite annuali di tutte le 648 scuole istriane censite ammontavano a oltre 202.000 lire venete, provenienti da un insieme di voci (da affitti di terreni, case, censi esigibili in danaro e in prodotti, magazzini, da li- velli, da elemosine, dal prodotto di saline, ecc.). A Capodistria e territorio le entrate annue di 127 corporazioni erano 41.546 lire venete; una parte consistente – pari al 43% di tutti gli introiti – era costituito da livelli affrancabili per un ammontare di 17.902 (692.433 lire venete di loro valor capitale) erogati ai confratelli o a privati e garantiti da beni fondiari del livellario12. Particolare importanza nella complessa struttura del credito (anche per la con- sistenza delle somme erogate) sembravano avere i Luoghi pii – seminari, conventi maschili e femminili, mansionarie, capitoli di chiese cattedrali, ecc. – cui ricorre- vano in particolare appartenenti alla nobiltà cittadina, notabili, benestanti e coloro che erano in grado di offrire una piaggeria autorevole e, comunque, la garanzia 9 Sulle norme statutarie e sull’organizzazione interna delle fraglie, cfr. Cigui & Visintin, 2001, 81–85. 10 I dati da Ivetic, 2000, 235–236. 11 Negli annuali bilanci consuntivi i capitali livellari venivano suddivisi in base alle rendite certe che erano in grado di assicurare, indicando espressamente le somme ritenute inesigibili per svariati motivi. A Pola, prima della soppressione nel 1767 degli ospizi e di tutti i conventi che non avessero la cosiddetta con- ventualità (cioè un numero di dodici sacerdoti), i redditi venivano abitualmente annotati come capitali circolanti (quelli effettivamente investiti) come capitali giacenti (non davano alcun utile in quanto dopo le affrancazioni erano in attesa di essere reinvestiti) e come capitali periclinanti (non si potevano recuperare se non con la vendita dei beni del debitore moroso e la somma ottenuta poteva essere reinvestita). Cfr. ASV, DAPDP, b. 881, Capitali a censo, o livello affrancabile del Capitolo della cattedrale e scuole di tutta la città, 24 maggio 1775. 12 Le elaborazioni da Cigui & Visintin, 2001, 132. ACTA HISTRIAE • 29 • 2021 • 3 709 Furio BIANCO: I CIRCUITI DEL CREDITO E IL MERCATO IMMOBILIARE NEL DISTRETTO DI ..., 705–754 di beni fondiari. La concessione del prestito era subordinata al rispetto di norme procedurali previste formalmente dall’ente. Nel gennaio 1798 il nobile Nicolò del Bello quondam Carlo Giuseppe di Capodistria, «nella situazione di abbisognare di una grossa somma di dinaro e avendo preinteso che di ragione del Reverendissimo Capitolo della cattedrale vi sia giacente sopra questo Monte di Pietà un grosso deposito soggetto a reinvestirsi, supplica» di poter ottenere a livello francabile 6.173 lire venete al tasso annuale del 6% per un quinquennio, offrendo come garan- zia l’ipoteca sui propri beni; il procuratore del Capitolo, don Nazario de Marsich, concesse il prestito, dopo aver ottenuta l’approvazione con pienezza dei voti da parte degli altri confratelli13. D’altra parte, per quanto complessivamente modesto, il patrimonio finanziario di luoghi pii, delle congregazioni religiose e, in genere, dei cosiddetti enti religiosi – in Istria, nelle terre del Dominio come nelle comunità di ogni luogo – svolgeva una importante funzione sociale, consentendo degli strati sociali di approvvigionarsi di tenuissime somme di denaro e di quanto necessario nelle situazioni ordinarie e nelle congiunture più difficili, tanto che la riorganizzazione e gli elementi perturbatori di questo sistema di accesso al piccolo e piccolissimo credito erano avvertiti come una minaccia con profonde ripercussioni nella vita delle campagne e delle città14. Naturalmente questi ultimi dati, per quanto indicativi, hanno un valore indi- ziario, anche per le continue e complesse interferenze tra mercato finanziario e quello immobiliare. Nella Repubblica di Venezia si faceva ricorso ad un prestito garantendo con un atto notarile l’estinzione del debito e degli eventuali interessi maturati e non corrisposti entro un tempo stabilito, di solito (salvo altre indicazioni precisate nel rogito) non superiore ai cinque anni. Il loro mancato pagamento pote- va determinare l’esproprio dei beni dati in garanzia, un provvedimento giudiziario di sequestro in caso di insolvenza o, ancora, il concordato e formale prolungamento del rapporto originario. Ma, per disporre di denaro molto spesso si decideva anche di vendere un immobile in perpetuo e in via assoluta, o spesso, nella presunzione di poter rientrare in possesso della terra alienata, si concordava esplicitamente nel contratto di compravendita la clausola del retratto, grazie alla quale il venditore poteva rientrare nelle proprietà del bene alienato corrispondendo all’acquirente entro tempi stabiliti la somma ricevuta dalla vendita, con procedure concordate e previste dalla legge. 13 AST, AN, Giuseppe Lugnani, protocollo XV, cc. 4v.–5r. Con le stesse procedure – approvazione con pie- nezza di voti da parte dell’ente – veniva concesso il prestito anche da altri luoghi pii di Capodistria, come il monastero di San Biagio o il Pio Ospedale di San Nazario; cfr. AST, AN, Giuseppe Lugnani, protocollo XV, cc.47r.–48r. e 54v.–55r. Meno complesse risultavano le procedure previste per le mansionarie, dove l’ero- gazione di un prestito livellario era limitata all’approvazione da parte di chi vantava titoli di ius patronato: AST, AN, Giuseppe Lugnani, protocollo XV, cc. 4v.–5r. 14 Ad esempio, nel timore di una modifica di questo sistema creditizio in Friuli la Contadinanza della Patria nel 1768 inviò una accorata supplica a Venezia sottolineando «come i capitali di manomorta divisi in tenuissime somme … sono l’anima di quella numerosa popolazione … necessarie alle quasi giornaliere occorrenze di quel fedelissimo popolo» (ASU, ACA, b. 149, fasc. 3). ACTA HISTRIAE • 29 • 2021 • 3 710 Furio BIANCO: I CIRCUITI DEL CREDITO E IL MERCATO IMMOBILIARE NEL DISTRETTO DI ..., 705–754 Monti, enti ecclesiastici, monasteri femminili e maschili, confraternite laicali erano parti integranti nel sistema del piccolo e medio credito e rivestivano un ruolo fonda- mentale per i ceti sociali più deboli. Ma non erano in grado di rispondere alle esigenze di liquidità, non soltanto in quelle fasi in cui la circolazione del denaro presentava problemi. Non è agevole ricostruire con certezza di dati il mercato finanziario e immobiliare in età moderna, sul lungo periodo o per alcuni decenni. I contenuti concreti degli scambi, delle transazioni e di ogni negozio potrebbero essere desunti – come è stato fatto con successo per altre regioni europee (cfr. Lorenzini, 2015; Rosenthal, 1993) – dallo spoglio sistematico dei protocolli conservati dai notai, investigando in profondità su un periodo significativo e relativamente lungo. Ma, proiettato su un territorio relativamen- te esteso, si tratterebbe di un lavoro estremamente laborioso, se non impossibile, visto l’elevato numero dei notai operanti nella penisola istriana, nelle aree soggette al domi- nio veneziano e in quelle sottoposte alla giurisdizione austriaca. D’altra parte avremo dati del tutto parziali qualora ci si limitasse all’esame degli atti di un numero ristretto di notai i cui protocolli sono ancora conservati e consultabili. Naturalmente, restringere la ricerca ad una circoscrizione territoriale molto modesta (villaggio, castello, terra, comunità), dove risiedevano uno o più notai, limiterebbe il risultato esclusivamente a questa area e, comunque, non sempre ci consentirebbe di disporre di dati significativi per proiezioni e considerazioni su tutto il comprensorio politico-amministrativo in cui la comunità esaminata risultava inserita, ammessa una sua omogeneità e integrazione geomorfologia ed economica. Fig. 1: Frontespizio del volume 6. PAK, Libro delle notificazioni, scatola 4. ACTA HISTRIAE • 29 • 2021 • 3 711 Furio BIANCO: I CIRCUITI DEL CREDITO E IL MERCATO IMMOBILIARE NEL DISTRETTO DI ..., 705–754 Dunque, per conoscere le dinamiche del mercato del credito, le sue strette correla- zioni e interferenze con quello immobiliare, il volume complessivo degli affari e le sue articolazioni interne, diventa essenziale individuare e valorizzare nuove (o scarsamente utilizzate) fonti documentarie, a carattere seriale, in grado di fornirci anche informazio- ni sulle figure dei protagonisti e sulle relazioni sociali che intercorrevano tra debitori e creditori e tra venditori e acquirenti. Nella Repubblica veneta una chiave analitica di grande rilevanza è offerta dai Libri delle notifiche, introdotti presso alcune camere fiscali tra il 1673 e il 1674 con provvedimento dei Sindaci e inquisitori in Terraferma, anche perché nel corso dell’età moderna diveniva sempre più necessario regolamentare e potenziare tutto il sistema della pubblicità immobiliare strutturato su un sistema che garantisse con certezza lo status giuridico dei beni immobiliari, a tutela anche di quei prestatori che fondavano i loro investimenti sulle garanzie offerte dal patrimonio fondiaro del creditore. In base a questa legge un archivista notaio, designato dal Collegio notarile locale aveva il compito di annotare ogni genere di transazione, indicando la data, i nomi dei contraenti, la tipologia del negozio, la somma pattuita e altre sommarie indicazioni. Con questa disposizione, oltre ad esercitare un maggior controllo fiscale sugli atti rogati, si voleva dare trasparenza e pubblicità a gran parte dei contratti stipulati, favorendo gli interessi dei cittadini che consultando i Libri avrebbero potuto risalire agli atti origi- nali e, di conseguenza, avvalersi del beneficio15 dell’anzianità privilegiata in grado di garantire la tutela dei propri diritti su un bene immobiliare acquistato o ipotecato nei confronti di qualsiasi altro atto notarile non notificato, anche se stipulato prima (Di Marco, 2007, 88–89)16. Dunque, in base al principio di pubblicità, i Libri dovevano essere accessibili e rendere chiaramente riconoscibili tutti i rapporti di diritto relativi agli immobili oggetto di trattativa. Questo sistema pubblicitario venne esteso tra il 1713 e il 1714 a buona parte dei territori di Terraferma, ma divenne operativo, in tempi diversi nelle varie province del Dominio e all’interno di ogni compagine provinciale, molto spesso suddivisa istituzionalmente in ambiti e circoscrizioni fiscali autonomi17. «Che in cadauna Camera della Terraferma, ove non corresse l’ordine del suddetto Libro delle Notifi- cazioni, abbia ad essere istituito un pubblico ed ostensibile libro cartato e bollato, con il suo Indice ed Alfabeto doppio» – recitava la parte del 8 gennaio 1713 – «nel quale tutti li contraenti di qualsiasi stato e condizione, quali intendessero godere 15 Superando anche quelle disposizioni elaborate in ambito provinciale nella Terraferma veneta, come ad esempio nella Patria del Friuli in materia di crediti e di livelli: «Sia parimenti proibito» – recitava una norma degli Statuti – «di pretender interesse da denaro dato a livello col mezzo di private scritture, ma tali contratti livellari debbano celebrarsi per mano di pubblico nodaro con le solennità e requisiti necessari secondo la disposition delle Leggi»: Statuti Patria, 1773, capitolo 137. 16 Sulla storia e le caratteristiche dei vari regimi di pubblicità operanti nel mondo, cfr. Di Marco, 2014. 17 Ad esempio, in Friuli il sistema delle notifiche entrò in vigore nei vari distretti fiscali in un arco di circa 50 anni, tra il 1714 (Udine e Cividale), il 1728 (San Daniele), il 1736 (Tolmezzo), il 1744 (Belgrado) e il 1768 (Latisana). Brevi notizie sulla storia questi pubblici registri, che presentano spiccate analogie con il sistema di pubblicità e di accertamento dei diritti reale su beni immobiliari in vigore in altri paesi europei ed extra europei, in Quarantotto, 1972, 9–12. ACTA HISTRIAE • 29 • 2021 • 3 712 Furio BIANCO: I CIRCUITI DEL CREDITO E IL MERCATO IMMOBILIARE NEL DISTRETTO DI ..., 705–754 il beneficio di prelazione, siano obbligati notificare i contratti di qualsiasi natura, e dipendenti così da scritture fatte da privati, come quelli che sono stabiliti con Istromenti pubblici in Atti di Notaio, qual Notificazione faccia effetto di prelazione a qualsiasi altro Atto non notificato benché fosse anteriore nel tempo» (Il testo in Kandler, 1846a, 271). A distanza di alcuni mesi (16, 17 e 23 giugno) furono approvati e pubblicati le disposizioni esplicative e i capitoli operativi (Kandler, 1846a). Richiamandosi a queste normative, nel 1745 venne disposto l’istituzione e conservazione anche a Capodistria di un Libro delle notificazioni, affidato ai vicedomini (cfr. Darovec, 2015) pro tempore che, venne annotato nell’introduzione al primo volume delle notifiche, «debbano tener registro in libros che a ciò sarà destinato a tenere in compendio, sia abbreviature di tutti gli in strumenti o contratti di qualunque specie, dovendo in registro essere specificato il nome de’contraenti, il giorno mese ed anno del contratto, e così pure la somma del denaro e il valore degli affitti tenuti nel contratto medesimo, e stessamente le condizioni et obbligazioni tutte comprese nello stesso»18. A Capodistria il sistema delle notificazioni rimase a lungo in vigore: sopravvissuto alla caduta della Repubblica di Venezia, venne conservato durante la prima domina- zione austriaca con stessi obbiettivi e caratteristiche. Abolito dal successivo governo francese e sostituito dall’istituto delle ipoteche, con i provvedimenti del 22 e 23 settembre 1813 (i cosiddetti decreti Nugent) nell’Istria ex veneta vennero ripristinati i Libri delle notifiche e tutto l’impianto di pubblicità immobiliare istituito durante il governo marciano, rimettendo in carica i vicedomini e gli altri funzionari d’estrazione municipale che «secondo gli usi dei rispettivi paesi» erano tenuti alla conservazione dei Libri19. Non sono a conoscenza di altri comparti territoriali dell’Istria in cui si siano conservati dei pubblici registri che presentino le stesse caratteristiche delle registrazioni dei vicedomini di Capodistria. 18 PAK, N. Con la terminazione di Francesco Minotto in «materia di nodari e vicedomini» approvata dal Senato il 31 giugno 1745 e pubblicata a Capodistria il successivo 12 luglio si stabilì, tra l’altro, «che i vice domini debbano tener registro in libro, che a ciò destinato sarà destinato del tenor in compendio, o sia abbreviatura di tutti gl’istrumenti, o contratti di qualunque specie, dovendo in esso registro essere specificato il nome de contraenti, il giorno, mese, ed anno del contratto, e così pure la somma del danaro, qualità e valore degli effetti contenuti nel contratto medesimo, e stessamente le condizioni, ed obbligazioni tutte comprese nello stesso. […] Che l’Ufficio della Vice dominaria debba esser aperto ogni giorno, e per il tempo dalle leggi stabilito, onde si possa da ogn’uno veder le stride degl’instrumenti che doveranno essere da nodari affisse nel modo delle leggi prescritto, e così pure il registro de vice domini, che dovrà esser esposto a vista comune. […] Che il libro in cui da vice domini dovrà essere in compendio registrato il tenore de contratti, sia intitolato Libro delle notificazioni, nel quale pure potranno essere registrate nel modo suddetto an- che le carte private per ottenere la prelazione dal giorno, in cui saranno annotate, ed in tutto, e per tutto conforme alle leggi Serenissime, l’uso delle quali, e l’esecuzione s’intenderà per l’avvenire introdotto in questa città ancora, a divertimento dei pregiudizi, e deffraudi, e per maggior sicurezza de’ contratti»: Leggi statutarie, 1757, 95, articoli V–VII. 19 Su questi temi e su quanto attiene alla ristrutturazione politica, legislativa, giudiziaria avviata dalla monarchia austriaca, in particolare per il ripristino dei Libri delle notificazioni, è fondamentale Dorsi, 1994, 131–138. ACTA HISTRIAE • 29 • 2021 • 3 713 Furio BIANCO: I CIRCUITI DEL CREDITO E IL MERCATO IMMOBILIARE NEL DISTRETTO DI ..., 705–754 Peraltro, un po’ dappertutto, in città, terre e castelli, indipendentemente dall’assetto giurisdizionale dei luoghi, era diffuso un sistema pubblico di informazione, basato su norme statutarie locali, sul controllo pubblico o su altre disposizioni, il più delle volte risalenti a capitoli e consuetudini tardo medievali e dei primi secoli dell’età moderna, finalizzati allo scopo di offrire trasparenza e vidimazione pubblica nelle transazioni e nei negozi tra privati20. Ad esempio, nello statuto di San Lorenzo di Pasenatico del 1430, studiato da Ja- cov Jelinčić (Jelinčić, 1973), al capitolo XVII si imponeva «che quello che compra cosa immobile ò stabile, ò permuta, ò li sarà donata, far proclamar esso contratto di compra, di vendita, ò donatione in piazza pubblicamente avanti la porta del Castello in giorno do Domenica dopo celebrate le Messe, avanti però Vespero, non dopo, e questo in termine d’un mese dal giorno che fu celebrato il contratto, altrimenti se in esso termine non potrà proclamare li contratti predetti, siano ipso iure nulli, e siino di nessun valore. La forma della proclamazione d’essi contratti si faccia in quello modo. Sia noto a tutti esser stato celebrato il tal contratto, per il che se vi sia alcuno, che qualche cosa voglia al medesimo contratto opporre, ò 20 Per il periodo medievale su questi temi cfr. Margetić, 1990. Fig. 2: Libro delle notificazioni, scatola 4, volume 6, cc. 292v.–293r. ACTA HISTRIAE • 29 • 2021 • 3 714 Furio BIANCO: I CIRCUITI DEL CREDITO E IL MERCATO IMMOBILIARE NEL DISTRETTO DI ..., 705–754 recuperare essa cosa alienata, deve opporre, ò ricuperare nel termine di giorni trentauno, principiamo il termine dal giorno della proclatione, altrimenti non sia ascoltato» (Jelinčić, 1973, 100–101). Dello stesso tenore le norme sulla proclamazione degli atti di compravendita di beni fondiari previste – tra gli gli altri – negli statuti di Parenzo (Kandler, 1846b, 36–38)21, di Cittanova (Statuti Cittanova, 1851) di Valle (Muciaccia, 1966–1967, in particolare i capitoli 118, 120, 151) e di Dignano (Radossi, 1970, 109–110, libro III) del secolo XV. A Cittanova al capitolo Delle Cride, che se die far in lo vendendo e donacion veniva prescritto: «ordinemo, che alguna vendicion, donancion, permutation, translacion, over alienacion de alguna cosa stabile non sia alcun valor, sel non apar per pubblico In strumento in la qual se consegna tutte le cose, le qual de rasion, e usanza se requere, e ultrazò la vendicione , donacion, permutation sia pubblicada per lo Comandador22 in la plaza un dì di festa a alta vosie per si fato modo, che propinqui e laterani possa a regouar la dita cosa se loro vorrà, e li creditori se possa presentar presentar per scuoder quello, che lor die aver, la quale crida sia messa in lo In strumento, e se altramente sarà fatto lo Instrumento non sia de algun valor» (Radossi, 1970, 33). La notifica per pubbliche stride, presente anche negli statuti italiani, aveva lo scopo di rendere noto a tutti i partecipanti all’assemblea popolare la vendita di un immobile, favorendo l’emergere di oneri ipotecari o di gravami di altra natura che eventualmente gravavano sul bene fondiario alienato e offrendo un’ulteriore sicurezza ad un eventuale acquirente dell’immobile, a creditori o a coloro che su quel fondo potevano vantare un diritto di retratto, impedendo soprattutto che un venditore (un creditore o un livellario) potesse stipulare più contratti concedendo in garanzia sempre lo stesso bene23. In Istria questo sistema di certificazione, tramandato dalle consuetudini giuridiche comunitarie, formalizzato con la proclamazione pubblica e con le stride, sembra essere sopravvissuto a lungo, per tutta l’età moderna. Così, ad esempio, a Pinguente (Radossi, 1978)24 e a Grisignana (Klen, 1963–1964, 221–222, libro I, capitolo 20). Per discipli- nare il sistema della pubblicità immobiliare nel feudo dei Lorenan di Barbana con una terminazione del 1743 all’ufficio della cancelleria venne imposto di conservare un libro a parte dove i notai erano tenuti a notificare «gl’instrumenti tutti di vendita, livelli, per- mute, donazioni, e simili, e ciò ad effetto d’impedire l’accennate dine venditioni, e doppie ipoteche di stabili» (Vučetić, 1954). La pratica di controllo pubblico sul credito e sulle transazioni immobiliari ebbe ampia diffusione fino agli ultimi decenni del Settecento, 21 Libro II, capitolo 27, Della vendita delli Possessi sopra le Scale, e delli donativi, e permute delli medesimi. Cfr. anche la recente riedizione degli statuti di Jelinčić & Lonza, 2007. 22 Si trattava di un funzionario pubblico. Retribuito con un salario annuo in denaro, regalie e prodotti agricoli o con un corrispettivo in soldo per atto eseguito e, come avveniva anche in altre comunità; tra le varie mansioni aveva anche quella di stridere in piazza le transazioni dei notai: Radossi, 1970, 84, 106, 109, 113. 23 Un espediente cui facevano ricorso i creditori anche in altre regioni europee; cfr., ad esempio, Fontaine, 1988. 24 Cfr. anche le valutazioni di Vesnaver, 1888, 31–32. ACTA HISTRIAE • 29 • 2021 • 3 715 Furio BIANCO: I CIRCUITI DEL CREDITO E IL MERCATO IMMOBILIARE NEL DISTRETTO DI ..., 705–754 anche con modalità e procedure diverse da luogo a luogo. Nel Pinguentino25, a Pinguente, nei castelli di Rozzo (Roč), Sovignacco (Sovinjak), Draguccio (Draguć), Colmo (Hum), il notaio annotava in calce al documento rogato l’avvenuta proclamazione della transa- zione da parte del comandador (chiamato anche berichio), al luoco solito in frequenza di popolo, presenti come testimoni, come recitava la succinta e stereotipata formula di rito. I LIBRI DELLE NOTIFICAZIONI Fino a qui le disposizioni in materia di pubblicità delle transazioni notarli previste nei regolamenti e nelle normative statutari. Resta da chiedersi quale possa essere stata l’effettiva estensione di questa pratica nella vita comunitaria, il volume delle trascrizioni proclamate in assemblea, la loro tipologia e il loro contenuto economico e sociale e quali, infine le analogie con il sistema delle notificazioni introdotto con la riforma del 1745. Prendiamo il caso di Albona di cui possediamo sono una serie di atti su cui ho ef- fettuato un sondaggio per il biennio 1799–1800 (dalla fine dicembre 1798 agli inizi del gennaio 1801)26. In questa Terra le abbreviature dei contratti notarili e la vasta tipologia di affari e di transazioni (instrumenti di vendita, di cessione a livello francabile, per- mute, affrancazioni, confessionali di crediti, donazioni, pagamento di debiti, contratti nuziali, ecc.), venivano annotate su un quaderno, chiamato significativamente Libro delle notificazioni, seguendo norme procedurali che in apparenza possono ricordare le notifiche trascritte dai vicedomini di Capodistria: alla domenica il commendador stri- deva e pubblicava davanti a testimoni presenti ed ascoltanti gli instrumenti consegnati dai notai nel corso della settimana, al loco, ora e forma solita; in seguito trascriveva su un registro, ordinate cronologicamente, le parti costitutive delle varie transazioni, la loro natura, i contraenti, la somma pattuita e il nome del notaio27. Si tratta di una docu- mentazione su cui merita soffermarsi: tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento vennero emesse circa 310 stride per un volume di affari che complessivamente sfiorava le 166.000 lire venete, con il coinvolgimento di popolani, di contadini, di artigiani delle zuppanie della Terra e, per lo più in qualità di acquirenti, notabili, appartenenti al Consiglio nobile cittadino e titolati, provvisti di un titolo di rango28. 25 In ASIASP, FNI cfr. i protocolli dei notai Giambattista Micol (b. 20), di Giuseppe Farmeglia (b. 36), di Antonio Micoli (b. 53 e tutti i fascicoli delle bb. 57 e 58) dove sono conservati pochi atti del 1679 e innu- merevoli annotazioni a partire dalla metà del Settecento. 26 Le norme riguardanti i contratti di compravendita e le transazioni risalivano al medioevo, allo statuto del 1341: Buttazzoni, 1870. Cfr. anche le osservazioni sul capitolo delle alienazioni e sulla loro proclamazione sulle scale del palazzo municipale in Bidoli, 1938–1939, 64–65. 27 DAP, OOP, AJ, scatola 21, cc. 229v.–329r. 28 Tra gli altri titolati, molta attiva nella stipulazione di affari (anche al di fuori delle pertinenze e dalla giuri- sdizione di Albona) risulta la famiglia Battiala che, ad esempio, il 26 marzo 1799 acquistò da una nobile di Pola per oltre 12.200 lire venete diversi edifici, 10 capitali livellari e lo scoglio detto Strombolo a Preman- tura (DAP, OOP, AJ, scatola 21, cc. 248v.–249r). Sul mercato del credito nella giurisdizione di Albona, il saggio di Bianco, F. Alla fine del Settecento in Albona: creditori e debitori insolventi, di prossima pubbli- cazione. ACTA HISTRIAE • 29 • 2021 • 3 716 Furio BIANCO: I CIRCUITI DEL CREDITO E IL MERCATO IMMOBILIARE NEL DISTRETTO DI ..., 705–754 La struttura del Libro delle notificazioni di Albona ricorda da vicino per le sue analogie la documentazione notarile nella registrazione delle transazioni e nella tra- scrizione dei contratti di credito presente in altre regioni europee, come, ad esempio il sistema del contrôle des actes studiato da Jean-Laurent Rosenthal per un centro della Borgogna nel Settecento29. La mia ricerca si incentra sulle registrazioni conservate a nell’Archivio provinciale di Capodistria, e riguardanti la città e tutto il comprensorio sotto la sua giurisdizione, dalle pendici carsiche alle aree collinari e pianeggianti al litorale, con una popolazione che nel corso del secondo Settecento oscillò tra i 4.700 e i 5.000 abitanti; l’intera area dell’Istria settentrionale comprensiva del capoluogo provinciale e delle podesterie di Muggia, di Pirano, di Isola e il feudo di Momiano, gravitanti per molti aspetti sul centro capodistriano, ebbe invece un marcato incremento della popolazione, passando dai 20.448 abitanti del 1741 agli oltre 28.093 del 1806 (Ivetic, 2000, 399 e 411)30. Si trattava di un’ampia area, la più densamente popolata di tutta l’Istria, con al suo interno difformità geografiche, podologiche e produttive, in grado di esprimere nel corso del secondo Settecento un certo dinamismo economico probabilmente estraneo al resto della provincia31. Nel capoluogo istriano nelle notificazioni veniva registrato il trasferimento di beni e di capitali ubicati nel territorio o intestati a persone residenti nella città e in tutto il vasto distretto. Dal punto di vista della loro utilizzazione per l’analisi storica, queste registrazioni costituiscono una fonte seriale di grande rilevan- za, già utilizzata per l’analisi di alcuni distretti della contermine provincia friulana contermine (Fornasin, 1998, 83–95; Di Marco, 2007), in grado di fornirci non solo un quadro dettagliato del mercato immobiliare e finanziario, dei loro meccanismi e delle loro interconnessioni, ma anche di offrirci tutta una serie di elementi essenziali per investigare i rapporti città-campagna, la natura dei trasferimenti di denaro e le relazioni sociali tra le persone coinvolte. Inoltre, a conferma dell’importanza di queste fonti, è importante sottolineare che nel repertorio cronologico delle registrazioni, oltre la residenza dei contraenti, contava anche l’ubicazione dei beni immobiliari connessi agli scambi e alle transazioni credi- tizie e ipotecarie. Conseguentemente, il notaio che depositava l’atto poteva non avere residenza legale nel territorio di Capodistria e risiedere anche in altre città del dominio (Pola, Parenzo, Venezia) e in centri di altri stati (Berna, Trieste, Vienna); trattandosi di immobili urbani e fondi rurali presenti nel Capodistriano, una volta redatto il contratto, la transazione doveva essere notificata ai vicedomini. 29 Agli inizi del Settecento, a seguito delle nuove disposizioni regie sugli atti notarili, lo scriba che aveva il compito di registrare e autenticare le transazioni doveva fare una descrizione sommaria degli atti stessi che risultavano suddivisi in quattro tipologie: rentes, obligations, notes e debut transfers; Rosenthal, 1994. Per una rassegna degli studi sul tema del mercato del credito, cfr. Rosenthal, 1993; Garcìa Guerra & De Luca, 2010. 30 Sulle condizioni demografiche dell’Istria, cfr. Ivetic, 1997. 31 Sulle condizioni economiche e agricole, cfr. Hugues, 1889; Ivetic, 2000, 87–94 e 255–275; Visintin, 2013, cui rimando per gli opportuni approfondimenti bibliografici. Sui paesaggi agrari del Capodistriano tra Set- tecento e Ottocento, cfr. Mastrociani, 1994–1995. ACTA HISTRIAE • 29 • 2021 • 3 717 Furio BIANCO: I CIRCUITI DEL CREDITO E IL MERCATO IMMOBILIARE NEL DISTRETTO DI ..., 705–754 Possiamo pensare che non tutte le transazioni venissero registrate nei Libri. Contrariamente a quanto previsto dalla legge, i crediti o i trasferimenti di posses- so a titolo oneroso teoricamente potevano non essere consegnati ai vicedomini e di conseguenza non venire registrati (per noncuranza più che per evadere la tenue tassazione prevista per la registrazione). Ma si trattava con ogni probabilità di un numero di transazioni molto modesto. Naturalmente ci sfugge anche del tutto la reale dimensione di tutti quei patti informali di credito – le cosiddette transazioni a voce – praticamente impossibili da individuare, stipulati oralmente per somme molto modeste senza fare ricorso al notaio o a un documento scritto, presenti in tutta l’Italia settentrionale (Piluso, 2004, 759) e chiamati in alcune aree dell’arco alpino dettes à la main o Handsculden (Pfister, 1994, 1342), che in Istria potevano trovare una qualche diffusione in aree periferiche soprattutto nelle relazioni tra artigiani e tra artigiani e contadini32. A questi andrebbero aggiunti i prestiti in granaglie, per lo 32 Gli unici indizi provengono dalla contabilità, dai resoconti finanziari e dai diari di alcuni possidenti o, tutto al più, emergono sporadicamente da episodi di cronaca giudiziaria. Slika 3: Pubblicazione di contratti e di vari negozi "stridati" dal "comandador" della Comunità di Albona. in DAP, AJ 31–32, scatola 21," Liber notificarum dall'anno 1789 usque 4 gennaro 1801", cc. 248v.–249r. ACTA HISTRIAE • 29 • 2021 • 3 718 Furio BIANCO: I CIRCUITI DEL CREDITO E IL MERCATO IMMOBILIARE NEL DISTRETTO DI ..., 705–754 più senza garanzia ipotecaria, solvibili, concessi a breve scadenza e ad un tasso di interesse che si rilevava molto alto: operazioni che avevano quasi sempre forti con- notazioni usurarie. D’altra parte, vale la pena di sottolineare come nella seconda metà del secolo il mercato fondiario fosse stato progressivamente incrementato anche dai fallimenti e dalle difficoltà della piccola proprietà coltivatrice e dall’impoverimento del ceto contadino in genere, influenzando il complesso intreccio tra credito, indebi- tamento contadino e struttura fondiaria. Basterebbe pensare agli esiti provocati sul piano economico e sociale dalla stretta correlazione – individuabile nelle campagne di antico regime – tra la situazione di forza del creditore e un piccolo proprietario o ad un fittavolo costretti a ricorrere alle anticipazioni in natura (per avviare il processo produttivo, per l’alimentazione o per fronteggiare situazioni familiari contingenti e negative). Secondo un sistema ampiamente collaudato nelle annate di carestia, ma an- che in situazioni ordinarie – cioè, senza che fossero avvenute rilevanti perturbazioni economiche – nel corso dell’annata agricola un agricoltore, era costretto a rivolgersi non solamente a istituzioni pubbliche, ma anche a privati e a possidenti locali per ottenere anticipi in granaglie nei mesi precedenti il raccolto estivo quando, esaurite ormai scorte e viveri, i prezzi dei cereali nella loro fluttuazione annuale erano alti. Quasi sempre, come si evince dalla contabilità aziendale, le sovvenzioni e gli aiuti venivano calcolati in moneta di conto e venivano incassati o contabilizzati in denaro al momento del raccolto, o poco dopo, quando generalmente i prezzi erano diminuiti. Se un contadino, ad esempio, avesse ottenuto a maggio due staia di mais indebitando- si per una somma di denaro, a novembre era costretto a cederne 3–4 staia perché da giugno e novembre il prezzo del maisera diminuito del 30%–50%33. Di conseguenza, non potendo contare su eccedenze di grani da consegnare al creditore per estinguere i propri debiti e non essendo in grado di sacrificare dal volume globale del raccolto, quelle quote che normalmente entravano nel suo consumo, a meno di abbandonare il livello di sussistenza o di allontanare dal nucleo familiare bocche incompatibili con le risorse a disposizione, il contadino – piccolo proprietario o colono – era costretto a contrarre nuovi debiti. Dopo pochi anni, veniva a trovarsi in una condizione di fisiologico indebitamento con la progressiva precarietà e instabilità dei suoi possessi e, una volta caduti i rapporti di tipo fiduciario e clientelare con i creditori, si vedeva costretto ad ipotecare o ad alienare casa e terreni, alimentando con innumerevoli rigagnoli il mercato fondiario34. Dopo averlo trascritto formalmente nei suoi protocolli, il notaio depositava l’atto ufficiale nella cancelleria dei vicedomini. La consegna poteva avvenire lo stesso giorno o a breve distanza di tempo, indicando sempre la data in cui era avvenuta la stipulazione davanti al notaio. Sul registro venivano annotati i nomi dei contraenti (a volte con una sommaria indicazione della loro attività professionale o della loro condizione sociale), 33 Su questi temi, cfr. Bianco, 1988; Cattini, 2010. 34 A queste conclusioni giunsero anche i funzionari austriaci impegnati nel 1801 a comprendere le cause dell’indebitamento e del peggioramento delle condizioni di vita nelle compagne; cfr. ASU, ACA, b. 371, fasc. 66, Da Venezia ai deputati della Patria del Friuli, 9/10/1801. ACTA HISTRIAE • 29 • 2021 • 3 719 Furio BIANCO: I CIRCUITI DEL CREDITO E IL MERCATO IMMOBILIARE NEL DISTRETTO DI ..., 705–754 il nome del notaio, (con la conseguente opportunità di poter ricorrere all’atto originale rogato dal notaio per avere informazioni più dettagliate rispetto alle scarne indicazioni delle abbreviature), la data di redazione dell’atto, la somma pattuita e le modalità di pagamento. Nei Libri delle notifiche venivano depositati e registrati anche un insieme composito di atti formalizzati dal notaio che non sempre riguardavano contrattazioni economiche, quali composizioni di differenze giudiziarie, divisioni ereditarie, aggiustamenti, rinunce di beni, contratti e doti nuziali, doti monacali e concessioni di patrimoni presbiteriali ai novizi, donazioni inter vivos e causa mortis, permute di immobili fondiari, locazioni, affittanze semplici, affitto di botteghe di artigiani, contratti di enfiteusi, contratti di garzonato, dichiarazioni di emancipazione del figlio o rinuncia della patria podestà da parte del padre, ecc. Si trattava, comunque, di un numero limitato di transazioni (circa l’11%) di cui non ho tenuto conto nella elaborazione dei dati per il loro difficile amalgama con la generalità degli atti a titolo oneroso. Sulla base di questa prima distinzione ho analizzato tutte le registrazioni annotate nel Libro delle notificazioni per il periodo che va dalla sua istituzione nel 1745 alla sua provvisoria abolizione nel 1806 con l’arrivo dei francesi (Tabella 1)35. In poco più di sessanta anni vennero registrati 25.844 contratti di cui ho preso in esame e schedato 22.997 atti (poco meno del 90%) per un volume di affari complessivo in valori monetari valutato in 14.371.076 lire venete36. Le notifiche ebbero un andamen- to discontinuo: nel trentennio 1775–1806 furono conclusi e registrati dai vicedomini poco meno di 17.900 atti, cioè oltre il doppio rispetto a quelli 7.945 notificati nel tren- tennio precedente (1745–1774). Il sensibile aumento delle notifiche era probabilmente imputabile alla progressiva normalizzazione dell’istituto, ma era anche legato ad una effettiva intensificazione delle transazioni dovuta a congiunture economiche negative e al ripetersi a distanza ravvicinata di crisi agrarie che favorivano il ricorso al credito e l’alienazione di beni patrimoniali. Da questi dati emerge chiaramente anche la netta divaricazione nei loro valori monetari tra le transazioni registrate nel primo trentennio e quelle annotate dai vicedomini nel secondo trentennio: tra il 1745 e il 1774 venne investito il 26% (3.746.688 lire venete) del denaro mobilitato nel corso di poco più di 35 PAK, N, scatole 1–5. Tutti i volumi sono integri e ben conservati, salvo qualche foglio che si presenta sbia- dito, macchiato e di difficile lettura. 36 Nelle transazioni a volte vengono usate diverse monete – ducato corrente, ducato effettivo, zecchino e fiorino austriaco – che ho ritenuto opportuno ragguagliare alla lira veneta di 20 soldi o 240 denari. Tabella 1: Notifiche registrate nei Libri a Capodistria, 1745 (1° novembre)–1806 (27 marzo) (Fonte: PAK, N, scatole 1–5). n. non utilizzate utilizzate volume affari(in lire venete) 25.844 2.847 22.997 14.371.067 ACTA HISTRIAE • 29 • 2021 • 3 720 Furio BIANCO: I CIRCUITI DEL CREDITO E IL MERCATO IMMOBILIARE NEL DISTRETTO DI ..., 705–754 sessanta anni di contro al 74% registrato tra il 1775 e il 1806 (10.624.379 lire venete), con una accentuata concentrazione nell’ultimo quinquennio dovuta sicuramente ai rivolgimenti politici e all’intensificarsi degli scambi economici (Tabella 2). La suddivisione della massa delle notifiche sulla base di tipologie uniformi e costanti non è stata agevole. Nel Settecento a volte nella prassi notarile la medesima denominazio- ne contrattuale poteva richiamare forme contrattuali diverse o nascondere altri strumenti economici e finanziari, molto spesso anche per le continue le loro reciproche comple- mentarietà e interferenze presenti nelle clausole adottate. La complessità e vischiosità presente nel regime dei contratti era avvertita dai contemporanei, anche da coloro che nei trattati e nei manuali si occuparono di questa materia da un punto di vista religioso e dottrinale, oltre che economico. Come, ad esempio, annottò con efficacia il teologo isontino Giovanni Tuba37 agli inizi del secolo nella operetta morale L’uomo in traffico o sia La materia de’ contratti: «Non altrimenti oprano li secolari ne’ loro Contratti, in particolare nel presente del Livello; ove più cose confuse, et indeterminate vi si ritrovano; cioè imprestito, et Usura, compra, e vendita; e l’imprestito sembra mascherato, ò palliato col manto di compra, e vendita. In oltre» – continua il padre servita – «il rivendere il già comperato, e ricomprare il già venduto; siche quivi vi vuole uno che sappi dividere, e distinguere uno dall’altro; e tale è l’intentione delli Contrahenti, intendendo celebrarvi il Livello, sotto forma di compra, e di vendita di Casa, Palazzo, Possessione, et c., nè mai di mutuo, ò sia imprestanza, e s’intendessero questa, cioè farvi imprestanza vicendevole, il Contratto riuscirebbe, iniquo, et Usurario» (Tuba, 1713, 399–400). 37 Tuba, 1713 (ma la prima edizione risale al 1704). Nel 1737 il trattato del Tuba venne messo all’indice, ritenuto in aperta contraddizione con le linee rigoriste in materia contractuum, prevalenti nel pontificato di Innocenzo XI, e considerato pericoloso per le sue caratteristiche di semplicità e di facile comprensione: Vismara, 2004, 196. Tabella 2: Numero delle notifiche registrate nei Libri di Capodistria, 1745–1806; loro suddivisione decennale (Fonte: PAK, N, scatole 1–5). n. transazioni volume affari(in lire venete) 1745–1754 2.141 995.342 1755–1764 2.741 1.426.097 1765–1774 2.401 1.325.249 1775–1789 5.720 2.945.454 1790–1789 4.828 2.955.781 1800–1806 5.166 4.723.144 totali 22.997 14.371.067 ACTA HISTRIAE • 29 • 2021 • 3 721 Furio BIANCO: I CIRCUITI DEL CREDITO E IL MERCATO IMMOBILIARE NEL DISTRETTO DI ..., 705–754 Al fine di individuare tutte le transazioni riconducibili a operazioni di credito, con- gegnate in diversi strumenti contrattuali – redatti formalmente, come è noto, anche per aggirare le prescrizioni canoniche e civili antiusura – ho proposto la seguente Tabella 3. Sulla base degli elementi desunti dalle notifiche, e in taluni casi ricorrendo anche alle scritture notarili, tutti gli atti presi in considerazione sono stati raccolti, schedati e raggruppati nel seguente modo: sotto la voce trasferimenti di proprietà o vendite sono stati inseriti tutti gli atti di vendita e di acquisto, la vendita di capitali livellari, la vendita di rendite feudali e di praude; sotto la voce livelli e crediti i crediti (anche quelli, peraltro molto rari, con cambiali), la concessione di livelli con la garanzia di ipoteca su beni fondiari a favore del creditore, i (rari) pegni; e, da ultimo, sotto la voce di concessione di terreni a livello tutte le concessioni di immobili a livello affrancabile. CREDITI E LIVELLI FRANCABILI IN SOLDO Oltre il 36% (8.350) di tutti i contratti registrati riguarda prestiti, concessioni di denaro a livello affrancabile e concessioni di immobili a livello, con per un giro di affari che in denaro ammonta al 48% del valore di tutte le transazioni notificate. Di questi negozi nel corso di sessant’anni le operazioni di credito indicate espressa- mente come tali (anche queste per godere dei privilegi nei confronti di altri eventuali pretendenti creditori) furono 762 con la mobilitazione di 1.756.000 lire venete, con- centrate quasi esclusivamente nel trentennio finale, mentre i livelli di conto, i pegni a godere e tutti gli altri patti livellari, con le loro complesse e articolate variabili interne, costituivano un numero preponderante rispetto a quello delle obbligazioni di credito esplicitamente indicati con questo termine nelle notifiche e nei rogiti notarili. Le vendi- te perpetue, con riscatto o meno, con il vincolo della francazione o con il trasferimento della proprietà piena ed assoluta, rappresentavano quasi il 64% di tutte le notifiche e Tabella 3: Vendite; crediti, livelli garantiti da ipoteche; concessioni di terreni e di edifici a livello affrancabile nelle notifiche registrate nei Libri di Capodistria, 1745–1806 (Fonte: PAK, N, scatole 1–5). anni trasferimenti di proprietà livelli garantiti da immobili; crediti concessioni di immobili a livello affrancabile totale n. % lire venete % n. % lire venete % n. % lire venete % n. lire venete 1745–1754 989 6,75 411.418 5,56 770 13,11 393.670 7,26 382 15,43 190.254 12,28 2.141 995.342 1755–1764 1.353 9,24 582.640 7,87 1.013 17,24 603.057 11,12 375 15,15 240.400 15,52 2.741 1.426.097 1765–1774 1.481 10,11 713.135 9,64 576 9,80 390.338 7,20 344 13,90 221.776 14,32 2.401 1.325.249 1775–1789 4.065 27,75 1.541.888 20,83 1.199 20,41 1.104.708 20,38 456 18,42 298.858 19,30 5.720 2.945.454 1790–1799 3.178 21,70 1.537.521 20,77 1.197 20,37 1.147.935 21,18 453 18,30 270.325 17,45 4.828 2.955.781 1800–1806 3.581 24,45 2.614.794 35,33 1.120 19,06 1.781.155 32,86 465 18,79 327.195 21,13 5.166 4.723.144 Totali 14.647 100 7.401.396 100 5.875 100 5.420.863 100 2.475 100,00 1.548.808 100,00 22.997 14.371.067 ACTA HISTRIAE • 29 • 2021 • 3 722 Furio BIANCO: I CIRCUITI DEL CREDITO E IL MERCATO IMMOBILIARE NEL DISTRETTO DI ..., 705–754 oltre la metà del loro valore in denaro. Come vedremo anche in seguito, queste scritture furono concentrate quasi esclusivamente nell’ultimo trentennio del secolo; in particola- re nel quindicennio a cavallo dei due secoli, tra gli anni immediatamente precedenti alla caduta della Repubblica di Venezia e gli sconvolgimenti politici e amministrativi che ne seguirono. In questo ultimo periodo furono concluse 9.994 transazioni (pari all’43% di tutti gli atti registrati sul Libro) per un giro di affari di 7.678.925 lire venete pari al 53% di tutto il denaro notificato alla cancelleria dei vicedomini dalla sua istituzione alla momentanea soppressione nel marzo 1806. Dunque, protagonisti principalmente abitanti di Capodistria o possessori di beni nel Capodistriano, nell’ultimo quarto di secolo, tutti i contratti di credito, come tutte le altre transazioni formalizzate, sembrano subire una rapida e netta accelerazione. Per varie ragioni. Tra le luci e le ombre che contrassegnarono la situazione economica dell’Istria tra gli anni finali del governo veneziano, la breve parentesi delle municipalità democratiche, la riorganizzazione austriaca e l’occupazione francese, la fascia nord occidentale della Penisola recuperò una maggiore vivacità e un più convincente dinamismo anche nel settore agricolo, superando le crisi del 1782 e del 1789 quando la distruzione di migliaia di piante (e la concorrenza delle regioni meridionali, Dalmazia, Isole greche e Puglia) aveva frenato la produzione olearia e fiaccato il suo commercio con l’estero. Del resto, pur permanendo gli stretti e tradizionali rapporti con Venezia (con operatori veneziani e con istriani residenti nella città lagunare), l’ascesa economica e demografica della vici- na Trieste favoriva il consolidamento di scambi con l’emporio giuliano mentre la forte domanda di prodotti agricoli di Trieste, della Carniola e dell’entroterra carsico era in grado di dare un parziale impulso dell’agricoltura, per quanto condizionata ancora dai ceppi frenanti connessi con la sussistenza contadina, con la rendita padronale e con il permanere di sistemi di produzione antiquanti38. Capodistria, capoluogo amministrativo e giudiziario (con il vasto territorio sotto la sua giurisdizione e con una popolazione che tra città e campagne nel complesso sfiorava i 15.000 abitanti), capoluogo amministra- tivo e giudiziario della provincia, sede di uffici, di botteghe artigianali e di qualche manifattura, residenza di professionisti (notai, avvocati, amministratori di imprese private), di famiglie nobili, feudali e benestanti, proprietarie di complessi aziendali e coinvolte in vari negozi, poteva annoverare anche la presenza di un ceto mercantile e affaristico (commercianti all’ingrosso e al dettaglio), operante anche nel settore finan- ziario e immobiliare, a seconda delle nuove opportunità offerte dalle congiunture di fine secolo. In una stagione convulsa i ripetuti fallimenti delle piccole imprese contadine, lo stillicidio dei pignoramenti e dei sequestri, le difficoltà di alcune casate nobiliari e la crescente richiesta di denaro, propiziavano quell’obbligo alla commercializzazione e incoraggiavano le speculazioni e il frenetico affaccendarsi di quanti in ambito locale operavano da tempo sul mercato finanziario. Ma è importante sottolineare che il 62% di tutti i contratti di credito stipulati nell’ultimo quindicennio preso in considerazione riguardano transazioni per 38 Su questo periodo, cfr. in particolare Apollonio, 1998; Ivetic, 2000; Darovec, 1999. ACTA HISTRIAE • 29 • 2021 • 3 723 Furio BIANCO: I CIRCUITI DEL CREDITO E IL MERCATO IMMOBILIARE NEL DISTRETTO DI ..., 705–754 somme relativamente modeste, inferiori alle 1.000 lire venete (la media è di 361 lire venete, ma molti contratti vennero conclusi per importi inferiori alle 100 lire venete), per cui possono essere ascrivibili a piccoli proprietari agricoli ed a artigiani, costretti a ricorrere a prestiti (al tasso del 6% e per un periodo variabile), finanziati da operatori locali, per tenere aperta la propria bottega o per affrancare un precedente livello già scaduto, evitando provvisoriamente il pignoramento di case, botteghe e campi e garantendosi per qualche tempo la continuità nel possesso dei propri beni, ma rimanendo ben presto avviluppati in una spirale debitoria da cui era difficile uscire. Anche perché per accedere alla graziosa imprestanza – recitavano molte clausole contrattuali – bisognava Fig. 4: Pubblicazione da parte del "comandador" di Capodistria Francesco De Mori e consegnato al vice- domino per la registrazione da parte del notaio Cristo- foro Barbo del contratto stipulato il 6 giugno 1785 tra Francesco Cecotti e i fratelli Giacomo e Zuane Petronio relativo alla vendita di cavedini nelle "nuove saline" di Capodistria in ASVe, Provveditori al sal, b. 185. ACTA HISTRIAE • 29 • 2021 • 3 724 Furio BIANCO: I CIRCUITI DEL CREDITO E IL MERCATO IMMOBILIARE NEL DISTRETTO DI ..., 705–754 offrire in garanzia i propri possessi e non pagando o ritardando nel pagamento (stabilito spesso in 1 anno o in 18 mesi) il creditore rimaneva libero, e disposti- co padrone dei beni vincolati. La grande proprietà, i commercianti, le famiglie benestanti e la nobiltà cittadina, bisognose di somme più consistenti, superiori alle 1.000 lire venete (costituiscono il 38% dei contraenti, con un giro di affari che nelle registrazioni dei vicedomini superavano l’87% di tutto il denaro circo- lante per i prestiti) erano in grado di rivolgersi a prestatori locali o a mercanti e operatori finanziari, a volte emettendo cambiali e pagherò, a favore di operatori di Trieste (Luzzato, Matteo Romano, Vita e Giuseppe Levi, Francesco Ferrari, Giovanni Weber, ecc.) di Venezia (Antonio Festa, Antonio Lazzari, Giuseppe Zoppetti, Antonio Lizzani, ecc.) e del Friuli con cui avevano consuetudini di relazioni amichevoli e con cui, comunque, da tempo avevano stabilito solidi rapporti di affari e commerciali. I crediti erano imputati sia a merci smerciate da commercianti e da bottegai del Capodistriano, più spesso provenienti dall’emporio triestino e dal Friuli (vari generi, pelli, lane, utensili vari, granaglie, ecc.), sia da denaro liquido concesso in contanti. In quest’ultimo caso la durata del prestito, certificato a volte da ob- bligazioni e cambiali, oltre ad essere formalizzato da un notaio, poteva avere una durata variabile (di solito cinque, tre, due anni, 18 mesi) e doveva essere estinto obbligatoriamente alla data prevista, pena il pignoramento dei beni dati in garan- zia o di quelli degli eventuali pieggi e mallevadori39. Il tasso annuale di interesse concordato era quasi sempre del 6%, spesso in ragione del supporto mercantile del mezzo per cento al mese, ad uso delle piazze di Venezia e Trieste, mentre un interesse annuale del 4% (che riconduce al tasso medio praticato a Venezia) era piuttosto raro40. A volte la notifica del credito nell’ufficio del vicedomino poteva avvenire a distanza di molti anni a seguito della morte del debitore, richiesta come ulteriore garanzia del creditore di fronte all’incertezza della solvibilità dei discendenti o degli eredi, a tutela del capitale investito o per prevenire eventuali richieste di altri debitori41. Naturalmente anche crediti, obbligazioni e cambiali divenivano parte integrante nel complesso giro degli scambi economici e delle speculazioni finanziarie. Un esempio. Giambattista Collimano di Capodistria, per conto di Antonio Lizzari di 39 Il mancato pagamento anche di una o due rate, anche dopo un immediato sollecito, dava corso ad una procedura d’infrazione e «all’esercizio degli atti di giustizia così cauzionali, come esecutivi». Cfr., ad esempio, il sollecito di Francesco Ferrari di Trieste per costringere Bortolo Gianelli al pagamento delle rate concordate nel gennaio 1797 per il prestito di 17.290 lire venete, in PAK, NS, notaio Giuseppe Lugnani, scatola 68, 25/1/1798. 40 In una notifica di fine maggio 1786 Giacomo Vidacovich per conto di Antonio Testa di Venezia notificò il contratto notarile formalizzato tre anni prima con cui l’abate Bernardino Rigo e i suoi nipoti, ottenuto il prestito di 9.300 lire venete, si erano impegnati a corrispondere annualmente 372 lire venete in ragione di un del 4%: PAK, NS, notaio Giuseppe Lugnani, scatola 54, 21/6/1786. 41 Nell’agosto 1790 Teresa vedova di Alessandro Rigo e i figli e Domenico Rigo quondam Aurelio noti- ficarono il loro debito di 30.000 lire venete a favore di Luca Minio, dipendente dal contratto stipulato a Montona alla metà del dicembre 1765: PAK, N, scatola 3, 7/8/1790. ACTA HISTRIAE • 29 • 2021 • 3 725 Furio BIANCO: I CIRCUITI DEL CREDITO E IL MERCATO IMMOBILIARE NEL DISTRETTO DI ..., 705–754 Venezia, notificò circa 20.000 lire venete a debito del conte Aurelio Rigo di Citta- nova derivanti da pagherò, obbligazioni e crediti, stipulati nel corso di alcuni anni e per lo più ottenuti dal mercante veneziano acquistandoli da Zuane Baseggio42. Nel sistema creditizio avevano grande rilevanza i livelli affrancabili. Si trattava di uno strumento creditizio, ampiamente utilizzato e diffuso un po’ dappertutto per offrire denaro, ricavando una buona remunerazione dai capitali investiti e evitando formalmente le prescrizioni e le raccomandazioni anti usura formulate da tempo da parte della Chiesa e da alcuni stati43. A partire dagli anni Quaranta del Settecento in Istria tutta la normativa in materia di livelli (come di tutte le altre forme di credito) venne regolamentata nuovamente dalle disposizioni raccolte circa a metà del secolo da Lorenzo Paruta. Al di là di alcune variabili interne, indicate nel rogito, lo schema era semplice44. Il livellante capitalista concedeva in prestito una somma di danaro ad un interesse annuale del 6%; il livellario a garanzia del prestito ipotecava a favore del prestatore un bene immobile del valore solitamente corrispondente o superiore alla somma ottenuta, impegnandosi ad estinguere il debito, in una o più soluzione, entro cinque anni. Qualora il livellario non avesse rispettato la scadenza prevista o il livellante non avesse riscosso una o più rate, quest’ultimo poteva fare ricorso alla giustizia per ottenere il sequestro dell’immobile, concedere ulteriori dilazioni nel pagamento degli interessi maturati e non incassati o, ancora, se le relazioni con il livellario erano di tipo clientelare, fiduciario, di parentela, poteva concedere il rinnovo del patto, a volte prolungato per diversi anni prima del suo scioglimento formale. L’analisi dei rogiti depositati dai notai nell’ufficio dei vicedomini ci consente di esaminare la struttura degli atti di livello e di visualizzare nel concreto le loro variabili interne anche facendo ricorso, laddove esistano, agli atti notarili. Nel 1797 i fratelli Fini per appianare i contrasti con le altre eredi del conte Carlo Raimondo ottennero senza particolari difficoltà 6.000 lire venete dal nobile Giovanni Vittori impegnandosi ad estinguere il prestito entro sei anni, corrispondendo un inte- resse annuo del 6% e garantendo con il vincolo di special ipoteca la loro possessione nel territorio di Muggia, in località Lazzaretto, di un valore nettamente superiore alla somma ottenuta in prestito45. Ma somme più contenute venivano concesse ad artigiani, agricoltori e pescatori, sulla base di contratti che presentavano la medesima veste formale. Ad esempio. Pietro Buttignoni nativo di Pinguente e residente a Capodistria investe col titolo di livello affrancabile la somma di 300 lire venete a debito di donna Arienda Sussich vedova Bernè e di suo figlio Pietro anch’essi di Capodistria che si impegnarono in solidum a corrispondere un censo annuale del 6% (18 lire venete) per cinque anni. 42 PAK, N, scatola 2, 20/6/1786. 43 Sui livelli esiste un’ampia letteratura storiografica dopo gli studi pionieristici di Corazzol, 1979 e 1986; mi limito a segnalare Fornasin, 1996 e 1998, 63–81. 44 Non sempre coincidente, se non nelle sue formulazioni generali, con quanto indicato nei manuali dei notai che operavano in Terraferma, come in Pedrinelli, 1792 (ma la prima edizione è del 1768) ed altri. 45 PAK, NS, notaio Giuseppe Lugnani, scatola 68, 1/4/1797. ACTA HISTRIAE • 29 • 2021 • 3 726 Furio BIANCO: I CIRCUITI DEL CREDITO E IL MERCATO IMMOBILIARE NEL DISTRETTO DI ..., 705–754 Qualora i livellari fossero risultati in ritardo nel pagamento della rata annuale, la dita capitalista aveva facoltà di poter con li metodi ordinari, e di giustizia imporre l’affrancazione prima del termine convenuto. A garanzia del prestito i Bernè ipote- carono «la generalità de’ loro beni, et effetti presenti, e futuri ovunque presenti et esistenti, a proprio comodo ed elezione» del creditore «e particolarmente alcuni beni di campagna dei quali asseriscono essere in un pacifico godimento e possesso per vi- gore dei loro titoli e rappresentanze, ed essere quelli molto più che capaci di portare il peso effettivo del detto livello»46. A volte, il mancato pagamento di una sola rata alla scadenza stabilità, poteva comportare lo scioglimento del contratto e l’ingiunzione per via giudiziaria del pagamento del denaro prestato in un’unica soluzione, pena il sequestro delle proprietà ipotecate, le procedure d’incanto e le spese giudiziarie47. Naturalmente i livelli non francati e i crediti non onorati ricadevano su discendenti, eredi e parenti, anche a distanza di molti anni dalla stipulazione del contratto e dalla scadenza della francazione, per lo più tollerati per la vicinanza dei contraenti o l’esistenza di rapporti di amicizia o di clientela tra loro. Alla fine del gennaio 1743, Andrea Bellabarba si affrancò di un livello di 525 lire venete che il padre Anteo aveva ottenuto 45 anni prima (gennaio 1691) da Rizzardo Verzi, consegnando al figlio di quest’ultimo la corresponsione livellaria in buona e corrente moneta, comprensiva del capitale e degli eventuali pro’ arretrati48. Oltre la concessione dell’ipoteca sui propri beni al livellario era richiesta spesso la fedeiussione di un personaggio autorevole o, comunque, la garanzia di un pieggio e manutentore, responsabile in solidum e garante con le proprie sostanze patrimoniali del livellante capitalista. La necessità di dover disporre di denaro nell’immediato per fronteggiare le difficoltà della propria azienda familiare spingeva un popolano o un agricoltore a ricercare ogni opportunità per ottenere un prestito, avvalendosi di informazioni di appoggi e avviluppando i propri beni patrimoniali con ulteriori gravami e vincoli. Luca Brez della villa di Puzzole (Puce), venuto a conoscenza che Francesco Cher- sevani di Pola si era affrancato agli inizi del 1798 di 7.130 lire venete ottenute in prestito dal Capitolo del duomo di Capodistria e depositate al Monte dei pegni della città, a distanza di pochi giorni dal deposito supplicò devotamente i canonici della cattedrale di concedergli 300 lire venete a livello con le quali poteva recuperare un terreno a prato vincolato una decina di anni prima da un livello di 236 lire venete. Ottenne il prestito dopo essersi dichiarato disposto a estendere l’ipoteca anche ad altri fondi liberi in suo possesso stimati 480 lire venete liberi da qualunque aggravio e dopo aver offerto anche la piaggeria di un notabile di Capodistria, membro del Capitolo e solidalmente responsabile del livello49. 46 PAK, NS, notaio Giuseppe Lugnani, scatola 59, 19/3/1789. 47 PAK, NS, notaio Giuseppe Lugnani, scatola 57, 6/4/1789. 48 PAK, AG, b. 42, 24/1/1743. 49 PAK, AG, b. 42, 5/1/1798. Nella stessa assemblea del Capitolo venne anche approvata senza particolari procedure la richiesta di Nicolò del Bello, notabile e appartenente al Consiglio cittadino, che aveva richie- sto un prestito livellario di 6.173 lire venete provenienti dalla stessa affrancazione Chersevani. ACTA HISTRIAE • 29 • 2021 • 3 727 Furio BIANCO: I CIRCUITI DEL CREDITO E IL MERCATO IMMOBILIARE NEL DISTRETTO DI ..., 705–754 A Capodistria e all’interno delle comunità rurali un fitto giro di livelli contrassegnava abitualmente il sistema del piccolo e piccolissimo credito e i rapporti tra gli abitanti. Ad esempio, agli inizi di aprile del 1789 Gregorio Gerebizza della villa di Carcase conces- se la somma di 50 lire venete col titolo di livello francabile al suo convillico Giacomo Lisiach che, come previsto dalle norme in vigore e dalla consuetudine, si impegnò a corrispondere un interesse annuale del 6% (3 lire venete), ad estinguere capitale (e pro’ eventualmente non pagati) in una unica soluzione entro il termine di cinque anni e ad ipotecare tutti i propri beni, in particolare un terreno con quattro schiere di viti e olivi confinante con quello del livellante50. Sul tronco tradizionale del contratto di livello si innestavano una serie di clausole particolareggiate e restrittive, talvolta legate a circostanze particolari, il più delle volte imputabili alle crescenti difficoltà del livellario e alla sua necessità di poter disporre di ulteriori prestiti. I coniugi Robba, a seguito delle ingiunzioni del tribunale, si dichiarano im- possibilitati a corrispondere e depositare presso il Monte di pietà di Capodistria la somma di 1.433 lire venete a favore del Canonicato Zanotti di Capodistria per l’acquisto già patteggiato di un edificio a Muggia. Ipotecando i propri beni fondiari e grazie alla piaggeria di un sacerdote, ottennero dal Canonicato di costituirsi debi- tori livellari e di poter estinguere il loro debito in qualsiasi momento, ad ogni loro, et eredi, comodo e beneplacito, pagando nel frattempo i pro annuali dovuti, pena il sequestro della casa51. Come previsto dalla legge, «restava accordata la facoltà alla ditta capitalista di poter in qualunque caso di bisogno verificare il pagamento del suo capitale, e dipendenze ogni altro fondo sopra a sua elezione», qualora il livellario non avesse corrisposto gli interessi stabiliti davanti al notaio. Talvolta, senza concedere una qualche parziale dilazione nel pagamento del debito, il creditore poteva facilmente entrare in possesso di case e terreni vincolati dall’ipoteca a suo favore e di valore superiore al debito, utilizzandoli a suo insindacabile giudizio. A metà maggio del 1780 il conte Antonio Tacco ottenne il sequestro per via giudiziaria di diversi fondi «prativi, videgati, con entro alquanti olivari nonché una casa cadente con li casali adiacenti», del valore di 1.228 lire venete, di proprietà degli eredi di Martin Gregovich della villa di San Antonio, inadempienti nel pagamento di un debito livellario di 250 lire venete e degli interessi maturati nel corso di vari anni. Una volta entrato in possesso di questi beni, il conte Tacco li cedette a Valentin Elleri, un agricoltore dello stesso villaggio, che sborsò 978 lire venete in contanti, impegnandosi a corrispondere la somma rimanente con un censo annuale al 6% affrancabile a sua discrezione52. Dunque, la mancata riscossione di un debito nei tempi e con le modalità previste dal contratto, permetteva al livellario di entrare in possesso di sostanze patrimoniali, a volte di valore nettamente superiore alla 50 PAK, NS, notaio Giuseppe Lugnani, scatola 57, 1/4/1789. 51 PAK, NS, notaio Giuseppe Lugnani, scatola 68, 1/4/1797. 52 PAK, NS, notaio Giuseppe Lugnani, scatola 51, 18/5/1780. ACTA HISTRIAE • 29 • 2021 • 3 728 Furio BIANCO: I CIRCUITI DEL CREDITO E IL MERCATO IMMOBILIARE NEL DISTRETTO DI ..., 705–754 somma erogata. I fratelli Luca e Giorgio Dubaz – molto attivi sul mercato del piccolo credito a Grisignana e nel circondario del castello, alla pari delle famiglie di due novi abitanti cargnelli Corva e Spinotti – a seguito di un provvedimento giudiziario entrarono in possesso dei terreni dei beni di campagna di Mattio Gioia della villa di Caucaze, non in grado di affrancarsi nel pagamento di un capitale di livello e degli interessi maturati per 500 lire venete. Alla fine del gennaio i Dubaz 1778 ebbero «la favorevole opportunità di alienare ad tempus» i terreni arativi e prativi ottenuti con il sequestro, alquanto lontani dalla loro azienda di Grisignana, a Giacomo Bonazza, un contadino di Caucaze, che di impegnò a corrispondere 1.000 lire venete a livello con una rate annuale del 6% e «nel caso andasse difet- tivo della prestazione di ciaschedun annuo censo» – recitava l’abituale formula del contratto – «era facoltà della ditta capitalista di costringere con li metodi ordinari di giustizia» al pagamento della somma concessa o al sequestro dei beni ipotecati53. I livelli erano parte di scambi dalle forti connotazioni speculative. Facendo incetta di crediti e di rendite livellarie, un operatore finanziario, forte del prestigio di cui godeva e della propria posizione sociale, riusciva a collocare sul mercato i censi più incerti e in maggiore sofferenza, ottenendo introiti più sicuri, garantiti dalla maggiore solvibilità del nuovo contraente o dall’acquisto di beni fondiari. Nell’aprile del 1796 Nicolò Madonizza ottenne a livello dal Monastero di San Bia- gio diversi appezzamenti rurali per 2.560 lire venete. Tra le clausole previste dal contratto si era convenuto tra le parti che l’affrancazione dovesse avvenire con il pagamento di equivalenti pensioni livellarie. Perciò il Madonizza estinse il proprio debito assegnando «in assoluta proprietà, e dominio del Monastero 12 corpi di ca- pitali censuari fruttuanti» un interesse del 6% «di cui era azionario, e proprietario in grazia de’ suoi innopponibili titoli e delle sue legittime rappresentanze»54. I livelli entravano in un intricato giro di operazioni commerciali e finanziarie, contribuendo ulteriormente ad avviluppare il patrimonio fondiario e a bloccare la circolazione della terra con maglie sempre più strette e inestricabili. Se per le famiglie del patriziato era pratica consolidata investire in rendite livellarie, era altrettanto consueto per le famiglie benestanti ricorrere a prestiti per fronteggiare una momentanea mancanza di liquidità o per inserirsi a propria volta nei circuiti del credito, incrementando con tempi molto ravvicinati gli affari e la circolazione del denaro. Alcuni esempi. Nel gennaio 1792 la baronessa Gioseffa de Brigido, da poco vedova di Santo Grisoni, disponendo di ampie risorse di denaro provenienti dalla eredità del marito e volendo aumentare le proprie rendite in soldo, accetta la richiesta del nobile Guglielmo de Thesis che gli aveva richiesto un prestito col titolo di livello affrancabile di 1.800 lire venete al fine – annotò il notaio – di poter «supplire al pagamento delle spese incontrate nell’acquisto ultimamente 53 PAK, NS, notaio Giuseppe Lugnani, scatola 55, 23/1//1788. 54 PAK, NS, notaio Giuseppe Lugnani, scatola 69, 8/3/1798. ACTA HISTRIAE • 29 • 2021 • 3 729 Furio BIANCO: I CIRCUITI DEL CREDITO E IL MERCATO IMMOBILIARE NEL DISTRETTO DI ..., 705–754 fatto in Venezia di un nobile vitalizio impiego esercitabile dal figlio Nicolò»55. Il Thesis sottoscrive il contratto che prevedeva il pagamento di un interesse annuo del 6%, l’affrancazione del capitale non oltre cinque anni e l’ipoteca sui beni fondiari posseduti nel villaggio di Centora, acquistati anni prima e valutati 9.400 lire venete, cioè un prezzo nettamente superiore alla somma ottenuta in prestito. Con le stesse modalità ottiene 1.800 lire venete dal nobile Giacomo Almerigotti. Dopo poco più di due anni Guglielmo de Thesis si affranca si affranca dei livelli passivi56, reinve- stisce 6.000 lire venete proveniente «dall’affrancazione di un capitale di livello di ragione dotale» della moglie contessa Teresa Fini57 e per 4.000 fiorini di Vienna (oltre 20.000 lire venete) vende al principe Francesco di Porcia della Contea di Gorizia, maggiordomo di sua maestà imperiale, la sua «possessione di campagna, sive tenuta» della contrada di Prade, costituita da terre «arative vitate, e baretizie» con orti, casa dominicale, case coloniche, stalle e cortili58. Nel novembre del 1787 con una carta privata il conte Antonio Tacco ottenne 16.000 lire venete a livello francabile da Antonio Pellegrini. A distanza di dieci anni il Tacco risulta debitore di 1.652 lire venete per il mancato pagamento delle rate annuali di interessi, debito che estingue alla fine di dicembre 1796 trasferendo in proprietà alla vedova Pellegrini una serie di capitali di livello in suo possesso con cui estinse il debito59. Così anche Nicolò Maniaco tacitò il suo debito di 2.400 lire venete nei confronti di Baseggio Baseggio quondam Zuane pagando con capitali di livello attivi60, mentre Lepido Gravisi nel marzo del 1787 estingue i suoi debiti nei confronti verso Francesca Carli vedova Baseggio pagando con cinque capitali attivi e pro’ di 4.918 lire venete61. Ma, come vedremo, corpi e capitali livellari, al pari di praude, di rendite e di decime perpetue entravano abitualmente nelle transazioni di compravendita, tra accordi e aggiustamenti economici. Per somme di un certo rilievo come per importi anche molto modesti. Alcuni esempi, tra i numerosi negozi notificati sui Libri delle notifiche e rintracciabili nei protocolli notarili. Alla fine del giugno 1787 Agostino Carlo Rubbi vendette a Nicolò del Bello 19 corpi di capitali di livello per 8.878 lire venete; agli inizi del gennaio del 1788 Girolamo Manzioli cedette a Nazario Bencich per 3.394 lire venete 13 pensioni livellarie, in seguito riutilizzate da quest’ultimo per ulteriori operazioni62. Al fine di tacitare debiti in scadenza, per coloro che possedevano risorse o appartenevano a gruppi benestanti diveniva quasi automatico poter fare ricorso a ulteriori prestiti garantiti, comunque, dalla solvibilità della propria casa. Nel 55 PAK, NS, notaio Giuseppe Lugnani, scatola 61, 3/2/1792. 56 PAK, NS, notaio Giuseppe Lugnani, scatola 65, 15/8/ e 26/8/1794. 57 PAK, NS, notaio Giuseppe Lugnani, scatola 65, 2/9/1794. 58 PAK, NS, notaio Giuseppe Lugnani, scatola 65, 15/8/1794. 59 PAK, N, scatola 3, 23/12/1797. 60 PAK, NS, notaio Giuseppe Lugnani, scatola 55. 61 PAK, NS, notaio Giuseppe Lugnani, scatola 55, 9/3/1787. 62 PAK, NS, notaio Giuseppe Lugnani, scatola 55, 5/1/1788. ACTA HISTRIAE • 29 • 2021 • 3 730 Furio BIANCO: I CIRCUITI DEL CREDITO E IL MERCATO IMMOBILIARE NEL DISTRETTO DI ..., 705–754 novembre del 1748, Anteo Bellabarba per liberarsi di un debito di 600 ducati contratto con Gabriel Grisoni ottiene la somma a livello francabile da Nicolò Del Bello cui garantisce come ipoteca la «tenuta di Tribano e altri beni stabili presenti e venturi»63. Ma generalmente l’assegnazione di denaro a livello poteva essere rinnovata da parte del concessionario (o dai suoi eredi), a distanza di molti anni dalla prima stipulazione del patto – anche se nel frattempo in qualità di livellante era suben- trato un altro capitalista – qualora per il creditore livellante esistesse una qualche convenienza economica o si volesse mantenere con i propri creditori solidi rapporti clientelari. Prendiamo ad esempio uno dei numerosi contratti (quasi un centinaio) sottoscritti dalla famiglia Bocchina con innumerevoli livellari nel periodo 1799– 1815 e raccolte meticolosamente in un libro ad uso della contabilità di famiglia. La struttura delle transazioni raccolte è uniforme e presenta quasi le stesse clausole formali. Agli inizi del maggio 1739 Zuane Leschizza ottenne 300 lire venete da Valentino Moretti a livello cui quest’ultimo rinunciò a favore dei conti Bocchina. Nel 1799 i nobili rinnovarono il contratto a un erede di Gregorio Leschizza e al nipote Pietro Bursich; questi si impegnarono a corrispondere il censo annuo del 6% fino alla francazione del capitale prevista entro cinque anni in un’unica soluzione (pena l’imposizione coatta colle vie e mezzi di giustizia) e a «dare, cedere, vendere e liberamente alienare» un appezzamento fondiario che i conti retrocedettero al livellario. A garanzia degli interessi dei nobili Bocchina, una terza persona, Giulio Germani, si costituì «pieggio e principal pagador simul, et insolidum» promettendo di «pagare, e far pagare l’annuo prò e di francare, e far che resti francato il capi- tale», garantendo «con i beni presenti e venturi»64. Per i ceti meno abbienti le difficoltà ad estinguere i livelli scaduti o ad onorare il pagamento periodico degli interessi pattuiti costituivano ostacoli molto spesso insormontabili. Lo conferma l’esiguità delle affrancazioni formali, depositate presso l’ufficio dei vicedomini e conservate nei Libri delle notifiche. Poche le al- ternative, soprattutto negli anni calamitosi delle crisi agricole di fine Settecento65 in cui venivano falcidiati anche i redditi delle famiglie coloniche, costrette a ricor- rere alle ripetute sovvenzioni padronali e a stipulare patti livellari per fronteggiare in qualche modo i debiti accumulati66. Per lo più i livellari indebitati potevano ricorrere alla benevolenza e alla compiacenza dei creditori, ottenendo il rinnovo del contratto di livello in soldo, quasi sempre per un importo che addizionava anche debiti pregressi; potevano offrire come garanzia l’ipoteca su nuovi beni fondiari o servirsi della intermediazione di pieggi solvibili o, ancora, soddisfare i creditori, ottenendo da altri capitalisti e dall’ipoteca su nuovi immobili, le somme necessarie per estinguere i livelli scaduti. Ma spesso, travolti dalla spirale di 63 PAK, AG, b. 41. 64 PAK, AG, b. 41, Contratti di livello della famiglia Bocchina, 27/10/1789. 65 Sulle crisi agricole del Settecento, cfr. Visintin, 2015. 66 PAK, NA, notaio Giuseppe Lugnani, scatola 55, 22/7/1787. ACTA HISTRIAE • 29 • 2021 • 3 731 Furio BIANCO: I CIRCUITI DEL CREDITO E IL MERCATO IMMOBILIARE NEL DISTRETTO DI ..., 705–754 debiti, erano costretti ad assistere impotenti alla esecuzione dei provvedimenti di sequestro, praticato con i mezzi della più rigorosa giustizia, alle procedure di incanto e al loro definitivo escomio dalla terra ipotecata. I livelli ricadevano su eredi e parenti, anche a distanza di molti anni dalla stipulazione del contratto e dalla scadenza stabilita in quella occasione. Alla fine del gennaio del 1743 Andrea Bellabarba si affrancò di un livello di 525 lire venete che il padre Anteo aveva ottenuto quasi 45 anni prima (gennaio 1691) da Rizzardo Venzi consegnando al figlio di quest’ultimo Annibale la corresponsione livellaria in buona, e corrente moneta, comprensiva del capitale e degli eventuali prò arretrati67. Censi e crediti livellari, assieme ad altri lasciti, costituivano parte integrante del patrimonio concesso in dote alle figlie. Alla fine di gennaio del 1788, il conte Antonio Tacco, appartenente al ristretto cerchio di famiglie che monopolizzavano il potere politico e amministrativo del capoluogo istriano, si rappacificò formal- mente con la figlia Regina che l’anno, prima senza l’approvazione del padre, si era sposata clandestinamente con il nobile capodistriano Francesco Gavardo. Re- gina venne reintegrata nei suoi diritti e le fu assicurata la stessa dote e altrettanti livelli che il padre aveva assegnato in precedenza alle altre figlie in occasione del loro matrimonio68. Alla stregua delle sorelle, tra le altre donazioni, le vennero predisposti una quarantina di livelli annui, alcuni minutissimi, inferiori alla deci- na di lire venete, per un valore capitale che complessivamente sfiorava le 17.000 lire venete69. La richiesta di finanziamenti, sotto la veste formale di crediti o di livelli affranca- bili, si accentuò in particolare nell’ultimo quarto del secolo, sollecitata a più riprese e a scadenze ravvicinate dagli avvenimenti politici, dalla precarietà della situazione agricola, dalle perturbazioni economiche e dalla necessità di reperire risorse monetarie per iniziative mercantile a breve raggio. Nelle notifiche sono registrate operazioni con oltre 4.000.000 di lire venete messe in circolazione (in valori monetari il 75% di tutti gli affari conclusi nelle transazioni di livello e di credito). D’altra parte per coloro che pos- sedevano denaro, accanto all’acquisto della terra (come opportunità per la costituzione di un patrimonio fondiario, per tesaurizzazione o per speculazione), l’investimento in censi, livelli e crediti rimaneva la consueta scelta economica in grado si assicurare una rendita sicura e tranquilla e di garantire anche il consolidamento o l’avanzamento del proprio status sociale all’interno della comunità. L’obiettivo di formarsi una rendita e ottenere una pensione livellaria diveniva una scelta auspicabile e consueta per una ditta capitalista, soprattutto quando si individuava un livellario in grado di corrispondere il censo annuale e di garantire con i suoi beni la salvaguardia del capitale. Del resto, per tutta l’età moderna il livello rimase la forma più abituale di investimento. Un contratto 67 PAK, AG, b. 42. 68 PAK, NA, notaio Giuseppe Lugnani, scatola 57, 27/1/1789. 69 PAK, NA, notaio Giuseppe Lugnani, scatola 57, Minuta de capitali di livello assegnati in dote alla nobile signora Regina contessa De Tacco, con i loro prò corsi, 29/4/1789. ACTA HISTRIAE • 29 • 2021 • 3 732 Furio BIANCO: I CIRCUITI DEL CREDITO E IL MERCATO IMMOBILIARE NEL DISTRETTO DI ..., 705–754 di prestito a tenue interesse che «non pregiudica a veruna delle parti, anzi, all’una e all’altra è giovevole» – scriveva l’erudito veronese Giovanni Maffei – «Giovevole a chi dà, perché è meglio ricavare un tenue frutto del suo denaro, che tenerlo ozioso: molto più giovevole a chi riceve, perché pagando volentieri tre, quattro, cinque per cento, benefizio ed utile ne ricava, che rileva assai più, onde ringraziar di cuore chi dà a tal condizione la somma» (Maffei, 1746, XXIX–XXX). Questa propensione all’acquisizione di rentes emerge chiaramente anche dalla con- dizione patrimoniale di molte famiglie istriane benestanti, come, per altro, dall’analisi dei bilanci di molte aziende dell’Italia nord orientale70. Alcuni esempi. A Parenzo il 27% dell’eredità attribuita nel 1757 a Zuane Vergottini era costituita da 36 livelli fiancabili (poco meno di 16.000 lire venete) per una redita annua di circa 1.000 lire venete71. A Rovigno, Bortolo Garzotto, appartenente ad una ricca famiglia assurta tra la nuova classe dirigente (per quanto esclusa dal consiglio cittadino), possedeva livelli fiancabili e crediti per un valore di 73.594 lire venete, accumulate in circa 35 anni di erogazione di prestiti (Ivetic, 2000, 337–338). Sempre a Rovigno Francesco Fabris, un notaio di Valle arricchitosi durante le carestie del secondo Settecento, nel suo testamento del 1797 dichiarò un patrimonio valutato in quasi 280.000 lire venete di cui il 38% era costituito da ben 146 capitali attivi concessi tra il 1748 e il 1797 (Radossi, 1997, in particolare 294–336). In un rendiconto economico della fine del Seicento di un Gravisi, i capitali di livello di soldo e di frumento, del valore di 16.500 ducati, costituivano la voce più rilevante dell’intero patrimonio, valutato in 63.630 ducati, provenienti dalle entrate di saline, case, mulini, magazzini, ecc.72. Per famiglie con patrimoni più modesti la propensione ad investire quote importanti dei proventi ottenuti con l’esercizio di altre attività, costituì una componente essenziale della loro strategia a legittimazione della propria crescita economica e come accredita- mento sociale all’interno della comunità. La casata Micoli, una delle tante famiglie di tessitori provenienti dalla Carnia e trapiantati con loco et foco in terra istriana, agli inizi della fortunata ascesa economica e sociale nel Pinguentino già all’inizio era riuscita a realizzare un discreto patrimonio: all’interno del castello, la casa, la bottega da merciaio, la bottega de tesser, lo stallone; sul territorio greggi e mandrie – 310 ovini, maiali, oltre 110 animali grossi tra bovini, cavalli e asini – affidati in soccida alle famiglie contadine abitanti gli aridi comprensori collinari e pedemontani del Capitanato di Raspo, sparse tra i piccoli insediamenti di Nugla, Strana, Slum, i castelli di Colmo, Rozzo e alcune delle undici ville del Carso (Bergodaz, Clenosciach, Bergodaz, ecc.); infine, i proventi dell’intensa attività finanziaria esercitata con indefessa costanza in tutti i villaggi della giurisdizione. Nel consuntivo economico del 1714 l’ammontare complessivo dei crediti rappresentava l’81% di tutto il patrimonio e delle entrate della famiglia in Istria73. 70 Sul patrimonio del patriziato veneziano alla fine del Settecento, cfr. Georgelin, 1978, 477–524. 71 Elaborazioni da Ivetic, 2000, 336–337. 72 PAK, AG, b. 42, fasc. 13, s. d. 73 AMTM, Polizza, et inventario delli animali vaccini, pecorini e cavalli di ragione delli eredi qm. Zuane Micoli … com’anco la mobilia di casa, bottega di merci, lane, fili et altre robe. ACTA HISTRIAE • 29 • 2021 • 3 733 Furio BIANCO: I CIRCUITI DEL CREDITO E IL MERCATO IMMOBILIARE NEL DISTRETTO DI ..., 705–754 LA CONCESSIONE DI TERRENI A LIVELLO AFFRANCABILE L’11% di tutte le notifiche registrate sul Libro è costituito dalla concessione di fondi a livello per un importo complessivo di 1.548.808 lire venete, pari all’11% del valore in denaro di tutte le transazioni trascritte dai vicedomini dal 1745 al 1806. Si tratta di una tipologia contrattuale, legata a quell’insieme composito vendite, di oneri, di censi, di continui cambiamenti della proprietà fondiaria, di diritti reali, di gravami e di mutui gravanti sui fondi che ricondu- cono alle complesse articolazioni del sistema creditizio che imprigionarono a lungo le campagne, ramificati capillarmente in ogni dove, in Istria come nella Terraferma veneta, in ogni regione mediterranea, in pianura come in monta- gna, «dovunque la medesima e monotona storia» (Braudel, 1976, 453). Nel linguaggio notarile e nelle notifiche stava ad indicare nella gran parte dei casi la concessione (o la vendita) di un terreno o di un edificio ad un livellario che si impegnava a corrispondere la somma pattuita entro un tempo stabilito, garantendo nel frattempo al livellante un introito che nella gran parte dei casi avrebbe dovuto corrispondere al 6% del valore dell’immobile; alla scadenza del contratto – di norma entro cinque anni, salvo altra indicazione – il livellario doveva francarsi, pagando in un’unica soluzione (o più soluzioni) la somma prevista tra le parti nell’instrumento. Anche in questo caso il livello copriva uno strumento di credito, adombrando il suo carattere usurario ed aggirando in tal modo i rigori della legge. Scriveva un notaio carnico, Giovanni Battista Billiani nel suo Formulario, uno dei numerosi manuali pratici ad uso dei notai di villa e di quelli operanti nelle città del Dominio per redigere le transazioni: il livello «o sia Vendita Livellaria, è una Vendita d’una determinata pensione sopra un Bene stabile per un certo determinato prezzo. Questo Instrumento contiene i nomi de’ Contraen- ti, cioè del livellante, che dà il soldo a livello, e del Livellario, che lo riceve, la stabilita pensione, il prezzo che si esborsa, la Clausola del Costituto di tra- sferir il quasi possesso e la promessa della legittima manutenzione» (Billiani, 1781, 51)74. Così, nel suo schema generico ed essenziale la concessione a livello francabile di un immobile. Nella pratica il contratto poteva presentare ulteriori precisazioni. Leggiamo in una delle innumerevoli scritture di un notaio di Ca- podistria: Nazario Baseggio quondam Nicolò: «da, cede ed a titolo di livello fiancabile trasferisce a Stefano Derin figlio divisi di Nazario un campo fornito di viti, olivi et altri alberi fruttiferi e un pezzo di baretto boschivo per 1.600 lire concordemente stabilito ed accordato, per il che rinunciano scambievolmente ad ogni beneficio di stima, e legge che dispone il contrario; sopra il capitale e sopra li fondi medesimi promette e si obbliga il Derin livellario di corrisponde- re al Baseggio» 96 lire venete (6% del capitale) entro cinque anni, obbligando 74 Sul livello come strumento di credito in uso a Venezia, cfr. Pedrinelli, 1792, 34–43. Sul notaio carnico, cfr. Di Marco, 2003. ACTA HISTRIAE • 29 • 2021 • 3 734 Furio BIANCO: I CIRCUITI DEL CREDITO E IL MERCATO IMMOBILIARE NEL DISTRETTO DI ..., 705–754 il Derin «tutti i suoi beni presenti e futuri». Su questo articolato generale si innestavano ulteriori clausole e obbligazioni che da un lato avevano lo scopo di salvaguardare il capitale e dall’altro consentivano al livellante capitalista di ap- propriarsi dei beni del livellario insolvente agli obblighi pattuiti. Innanzitutto, in quasi tutte le transazioni era imposta la puntualità nel pagamento del censo annuale, tanto che – secondo una formula usuale – se il livellario ritardava nel versamento del canone poteva «essere astretto con i più robusti mezzi di giustizia non solo alla soddisfazione» dell’interesse stabilito, «ma etiandio all’affrancazione coll’esborso effettivo dell’intiero capitale in una sol volta» prima della scadenza ordinaria «ed a ogni piacere del capitalista» e, in caso del mancato pagamento, al pignoramento dei beni. Molto spesso la concessione di terreni a livello francabile da parte di una ditta capitalista seguiva il precedente sequestro dei beni fondiari a un livellario inadempiente agli obblighi imposti di un precedente contratto di livello a sol- do. Il nobile Nicolò Del Bello, «entrato in potere e assoluto dominio» di beni «spossessati» ad una famiglia contadina, riconsegna, da, conferisce, et aliena a livello francabile agli stessi debitori una parte dello stabile sequestrato per una somma stabilita (800 lire venete); i livellari si impegnano ad affrancarsi al termine di cinque anni e con un unico versamento, con l’obbligo, pena l’e- scomio, di corrispondere annualmente il solito interesse del 6%, di coltivare il fondo sulla base di un contratto parziario di garantire la buona coltivazione dei terreni e di assumersi le spese notarili al momento della locazione75. Dunque, rientrato in possesso di un immobile confiscato ad un creditore insolvente dopo il definitivo sequestro, il proprietario poteva concederlo in locazione, livellarlo o si limitava semplicemente ad immobilizzare il capitale investito, in attesa dell’opportunità per una sua successiva valorizzazione. Esemplare al riguardo la scelta dei Dubaz, notabili e possidenti di Grisignana, una famiglia da sempre attiva sul mercato del credito e impegnata in ogni genere di affari, anche al di fuori del castello e del suo comprensorio. Alla fine del gennaio 1788, i fratelli Luca e Giorgio Dubaz, rientratati da tempo in possesso di fondi coltivati, in parte deteriorati, pignorati ad un loro livellario – Michele Gioa della villa di Carcase – inadempiente agli obblighi sottoscritti agli inizi degli anni Settanta e al mancato pagamento di un capitale di livello di 500 lire venete, decidono nuovamente di concederli a livello. «Presentatasi la favorevole opportunità di alienare ad tempus li stabili, come stanno, e giacciono» li concedono «senza alcun riguardo al valor di stima» a Giacomo Bonazza abitante in un villaggio limitrofo. Quest’ultimo si assume tutti gli oneri previsti dal precedente contratto e ipoteca beni propri. Come sempre, si impegna anche a corrispondere un censo 75 PAK, NS, notaio Giuseppe Lugnani, scatola 58, 30/7/1789. A volte, ancora, il fondo sequestrato poteva essere offerto in semplice affittanza al creditore insolvente e in questo caso, come di consueto, l’affittuale poteva essere espulso, oltre che per non aver pagato una rata del canone, anche per l’accusa di noncuranza nella coltivazione o per qualche frode commessa. ACTA HISTRIAE • 29 • 2021 • 3 735 Furio BIANCO: I CIRCUITI DEL CREDITO E IL MERCATO IMMOBILIARE NEL DISTRETTO DI ..., 705–754 annuo commisurato al valore dei terreni che al momento del contratto «dalla ditta capitalista» viene decisamente aumentato, passando in pochi anni da 500 di alcuni anni prima a 1.000 lire venete, con un incremento del 100%76. Dunque, i più abili e spregiudicati operatori finanziari erano in grado di speculare sui bisogni e sul malessere contadino degli ultimi decenni del secolo, ottenendo una sensibile rivalutazione dei propri possessi concessi a livellari e coloni, in un quadro complessivo in cui i concessionari cercano anche di ridurre i costi per miglioramenti, di limitare la compartecipazione dei contadini agli utili di impresa, di mantenere integra o di aumentare la rendita (anche con l’inserimento di clausole ad meliorandum) riversando sui contadini e livellari gli oneri delle migliorie, dalla messa a coltura di terreni incolti alla realizza- zione di opere di micro e macro idraulica poderale, come si legge in numerose scritture: migliorar le fabbriche, spurgar i terreni dalle giare e dalle acque di montana, nettare fossi e pozzali, praticar nuovi fossi, e pozzali nei siti occor- renti allo scolo delle acque, far piantaggioni di ogni sorte, e specialmente olivi, piantar interamente nuovi alberi videgati conforme quanto gli verrà indicato dal Padrone, rimuovere gli impianti vecchi, spianar la terra incolta, ecc. A volte, al fine di procurarsi danaro nell’immediato, per provvedere a istantanee occorrenze, per liberarsi di un aggravio, per riscattare un immobile vincolato o anche in situazioni ordinarie, si faceva ricorso alla stipulazione di un patto chiamato pegno77 o pegno sive godere. In base a questi contratti il possessore di un appezzamento in produzione alienava il terreno in cambio di una somma di denaro ad un acquirente che garantiva la sua restituzione dopo un certo tempo: quattro, cinque, sei o dieci anni. L’articolato quasi sempre era scarno ed essenziale. «Facendo nuovamente bisogno ai fratelli Giucevich abitanti nella contrada di Baredin Territorio di Buje di ottenere una grossa somma dinaro» (165 ducati da 6 lire) – si legge in una scrittura – «accordano e concedono» a Nicolò Madonizza di Capodistria «col titolo di pegno a godere per il continuato periodo di sei anni, cioè per altrettanti raccolti, dopo verifica- ti li quali, e non prima, si riservano l’abilità, et il diritto della recupera … con la previa restituzione in una sola volta della quantità di dinaro, non che delle spese occorse nella presente stipulazione». Il Madonizza, divenuto possessore del terreno, poteva «averlo, tenerlo, usufruttarlo, e farne degli annuali prodotti quell’uso e disposizione, che fosse di suo maggior comodo e piacere»78. Dunque, il creditore non era tenuto a corrispondere nessun onore, salvo il pagamento delle spese notarili, mentre l’acquirente era autorizzato a percepire tutti gli utili del fondo che, soprattutto in una fase di sensibile crescita dei prodotti agricoli, 76 PAK, NS, notaio Giuseppe Lugnani, scatola 55, 23/1/1788. 77 Il pegno a godere «è un contratto con cui alcuno consegna per un certo prezzo uno Stabile ad un altro colla traslazione del possesso, e godimento, acciò l’altro goda detto Bene fino alla restituzione del prezzo da farsi quadocumque»: Billiani, 1781, 103. 78 PAK, NS, notaio Giuseppe Lugnani, scatola 68, 2/4/1797. ACTA HISTRIAE • 29 • 2021 • 3 736 Furio BIANCO: I CIRCUITI DEL CREDITO E IL MERCATO IMMOBILIARE NEL DISTRETTO DI ..., 705–754 gli avrebbe garantito la percezione di un utile quasi sempre ampiamente supe- riore al tasso legale di interesse, derivante dalla stipulazione di un contratto di credito79. Come emerge dallo spoglio dei Libri delle notifiche di Capodistria e dalla analisi dei protocolli notarili, questo tipo di patto, per altro caratteristico nel diritto veneziano, in Istria sembra aver avuto una diffusione limitata, del tutto marginale rispetto all’estensione dei contratti di livello o di altri negozi di credito. VENDITE E TRASFERIMENTO DI BENI FONDIARI Il 64% di tutte le notifiche registrate dai vicedomini tra il 1745 e i primi mesi del 1806 riguardano trasferimenti di immobili (case, terreni, boschi, stanzie, possessioni, complessi aziendali, saline), vendite di rendite feudali, di imbarcazioni, di torchi oleari e vinari, di siti manifatturieri, di acconciapelli e di scorzerie, di botteghe, di piccole imprese artigianali, di giacimenti minerali e di impianti per estrarli, ecc., per un volume di affari che supera 7.400.000 lire venete, pari al 51% del valore di tutte le transazioni. A completamento del quadro statistico, va messo in evidenza, come osservato in precedenza anche per le altre contrattazioni, che le alienazioni si concentrano nell’ultimo trentennio risultando triplicate rispetto a quelle registrate nel trentennio precedente. Resta da sottolineare come sia nei registri dei vicedomini e sia nei documenti notarili nei contratti di vendita non venga sempre indicata esplicitamente la clausola del retratto e della affrancazione, con i tempi e le modalità concordati. Come suggeriscono i Libri delle notifiche e i rogiti notarili nei decenni di fine secolo, l’Istria e il Capodistriano, pur nel perdurante ristagno economico e nel lento procedere delle strutture agricole tradizionali, sembrano essere divenuti un terreno fertile per ogni tipo transazioni e di speculazioni fondia- rie, favorite anche nel corso degli ultimi decenni del secolo dal succedersi di congiunture economiche negative e di crisi agrarie. D’altra parte come ceppi frenanti ai processi di modernizzazione permanevano da un lato la tendenza alla immobilizzazione fondiaria, la ritrosia negli investimenti e la capitalizzazione della forza lavoro sulla base della diffusione delle clausole miglioratarie pre- senti nei patti di affidamento di terreni e di possessioni. Dall’altro sopravviveva l’abitudine alla costituzione di rendite non solo attraverso la concessione di crediti, di livelli in soldo o la stipulazione di contratti di enfiteusi perpetue o 79 Naturalmente, evitando con accortezza di non oltrepassare quei vincoli usurari, perseguiti ripe- tutamente dallo Stato e dalla Chiesa. «Si avverta però» – scriveva nel suo Formolario Giovanni Battista Biliani a proposito della rendita in prodotti percepita con il pegno – «che il frutto annuale dello stabile non ecceda il frutto civile del soldo che viene esborsato, perché un tale eccesso sarebbe usura, la quale col tempo estinguerebbe la sorte, cioè il prezzo esborsato»: Billiani, 1781, 70. ACTA HISTRIAE • 29 • 2021 • 3 737 Furio BIANCO: I CIRCUITI DEL CREDITO E IL MERCATO IMMOBILIARE NEL DISTRETTO DI ..., 705–754 rinnovabili ogni 29 anni con canoni in natura e in prodotti agricoli80, ma anche attraverso l’impiego del denaro per l’acquisto di pravde e di censi feudali, que- sti ancora prerogativa quasi esclusiva della nobiltà e dell’aristocrazia fondiaria – rispondenti a garanzie di prestigio e in grado di garantire differenze tra i titolati – ma anche in molti casi appannaggio della borghesia cittadina e della proprietà arricchita che in tal modo sembravano ereditare, se non un blasone di rango, certamente apparenze e stili di vita signorili81. Rimasero solidi i tradizionali rapporti con l’Isontino, Udine e con il lembo orientale del Friuli (Cividale) nel reperimento di risorse finanziarie, nei traffici commerciali e nella gestione di tenute e di complessi aziendali posti soprattutto nel Monfalconese e lungo la destra del fiume Isonzo (Palmanova e Sevegliano, Farra d’Isonzo). In un complesso intreccio e con la partecipazione di una pluralità di soggetti coinvolti spesso nella medesima transazione, i protagonisti del mercato del credito delle speculazioni immobiliari furono numerosi. A Capodistria gran parte dei prestatori di denaro, dei concessionari di livelli e degli acquirenti di beni immobiliari appartiene alla nobiltà cittadina, alla aristocrazia feudataria e alla possidenza locale. Una folla di creditori, operante con intendimenti e motivazioni diversi, fondati per lo più su interessi materiali e allo scopo – come recitano in apertura molti contratti di livello francabile – di investire il capitale su una stabile rendita e di costituire una pensione livellaria e, con- seguentemente, anche allo scopo di allargare il prestigio della propria casata e il numero delle clientele. I più abili, intraprendenti e scaltri, addestrati ad ogni genere di negozi, dominarono per decenni il mercato: i marchesi Gravisi, i nobili Almerigotti, i De Tacco, i Tarsia, i Gavardo, i Verzi, ecc. Ma tra l’élite cittadina spiccano soprattutto alcune figure e alcune famiglie, titolate e non titolate, che nella seconda parte del secolo, coinvolte in centinaia di tran- sazioni, rivestirono un ruolo fondamentale nell’organizzazione del sistema 80 Le enfiteusi, per altro, non molto diffuse a differenza di altri contratti affini, prevedevano la concessione del dominio utile degli appezzamenti e l’indicazione del valore dei terreni assegna- ti sulla base della capitalizzazione del canone in prodotti agricoli o in denaro. Alcuni esempi in PAK, NS, notaio Giuseppe Lugnani, scatola 58, 7/12/1783 e PAK, N, scatola 2, 12/3/1786 e 13/7/1788. 81 Alcuni esempi. Giuseppe Antonio Baseggio di Pinguente acquista da Ottavio Vida «un capitale di tre contadini» della villa di Grimalda, «contribuenti per ragione di prauda biade, agnelli, vino, et altro»: PAK, NS, notaio Giuseppe Lugnani, scatola 49, 26/5/1778; i fratelli Giuri ot- tengono dalla nobile Alessandra Grisoni per 2.300 lire venete le «praude, sive rendite enfiteu- tiche» corrisposte annualmente da oltre due secoli da alcuni abitanti della «villa di Scoffie di Sopra»: PAK, NS, notaio Giuseppe Lugnani, scatola 58, 17/9/1789. Poteva capitare anche che un nobile, per liberarsi dei fastidi nella riscossione delle decime tra gli abitanti di un villaggio, insubordinati, ostili e refrattari al versamento dei tributi, fosse costretto ad affidarsi a persone più risolute per la raccolta dei censi o a concederli in dono a persone del proprio rango: PAK, NS, notaio Giuseppe Lugnani, scatola 53, 3/4/1785. ACTA HISTRIAE • 29 • 2021 • 3 738 Furio BIANCO: I CIRCUITI DEL CREDITO E IL MERCATO IMMOBILIARE NEL DISTRETTO DI ..., 705–754 finanziario. Così i Grisoni82, una facoltosa famiglia iscritta al Maggior Con- siglio di Capodistria e nel 1754 insignita del titolo di conte, particolarmente attiva – soprattutto ad opera di Santo (a metà degli anni Settanta) e, dopo la sua morte, della moglie baronessa Gioseffa De Brigido e del figlio Francesco – nel consolidare il proprio patrimonio fondiario, già consistente dopo l’ac- quisizione del feudo e delle terre di San Giovanni Dallia, ereditati nel 1736 a seguito della estinzione della famiglia Sabini83 e nell’allargare gli impianti saliferi, rastrellando metodicamente fondamenti e cavedini ipotecati a fami- glie debitrici in difficoltà84. Così i fratelli Madonizza, ricchi commercianti, divenuti nel 1775 proprietari di un solido patrimonio fondiario con l’acquisto all’asta dei beni del soppresso convento benedettino di San Nicolò del Lido di Venezia a Valdoltra, nella parte meridionale di Muggia di fronte a Capodistria e nella Terra di Buje. Così Michele Totto, escluso dal Maggiore Consiglio al pari dei Madonizza85 e apparentemente disinteressato alle questioni politiche e amministrative della città86 (nel 1792 acquistò a Venezia un blasone nobiliare), si era arricchito con l’attività commerciale tra Capodistria, Trieste, Venezia e Ancona, proprietario di una grande conceria, esercitò quasi in esclusiva il commercio dei corami, e fu in grado di realizzare un cospicuo patrimonio immobiliare grazie soprattutto all’abilità con cui seppe destreggiarsi e ope- rare sul mercato del credito, alla oculata partecipazione all’arrenda dei dazi pubblici e all’attività di intermediazione, in un vasto intreccio di interessi e di affari. Tra l’altro, Antonio Madonizza e Michele Totto, nella loro instancabile e continua attività finanziaria risultavano facilitati dal ruolo di amministratori (o governatori) di due importanti sodalizi (rispettivamente il Pio Ospitale di San Nazario e la Confraternita del Santissimo Sacramento) da cui erano 82 Sui Grisoni, cfr. il catalogo della mostra realizzata dall’Archivio regionale di Capodistria a cura di Bonin & Rogoznica, 2016. 83 Ad esempio, nel 1788 Gioseffa Grisoni, «in vista di aumentare la eredità del defunto di lei marito» e al fine di consolidare e di «ampliare» la tenuta sul monte San Onofrio acquistò le confinanti possessioni, le decime e censi dei fratelli conti Rigo, assumendosi di pagare i capitali passivi di cui la famiglia Rigo era debitrice: PAK, NS, notaio Giuseppe Lugnani, scatola 56, 14/9/1788. 84 Nel 1782 accorpò ai possessi della Terra di Pirano i beni confinanti della famiglia di Pietro Gregorutti, consistenti «in diciasette cavedini di saline, con casa, acque, arzeni, arti necessarie e titoli nella valle» di Sicciole: PAK, N, scatola 2, fasc. 4, 8/9/1792. 85 Agli inizi dell’Ottocento vennero cooptati in Consiglio in base alle riforme avviate dal Commissario auli- co plenipotenziario, barone Francesco Maria Carnea Steffaneo, finalizzate anche per favorire l’accesso al Maggior Consiglio delle famiglie benestanti e delle personalità intellettualmente più rilevanti delle città: Apollonio, 1998, 172. 86 Ciò non evitò dopo la caduta della Repubblica l’insorgere di contrasti e contrapposizioni con alcuni perso- naggi eminenti del tempo (Apollonio, 1998, 181–182). Per rintuzzare le accuse, gli «indebiti sarcasmi e le pungenti invettive» dei suoi avversari, il Totto scrisse un curioso memoriale auto celebrativo (in terza per- sona) in cui si dilungò nell’elencare le sue benemerenze – dalla erezione e dal potenziamento della «grande fabbrica» e dal rispetto delle leggi nel costruirsi un vasto patrimonio economico ai ripetuti incarichi svolti a favore dell’erario e alla tolleranza mostrata nei confronti del «sovraccarico di grandissimi crediti sparsi in quasi tutti i territori»: AST, AAI, b. 150, fasc. 590/9, 22/4/1803. ACTA HISTRIAE • 29 • 2021 • 3 739 Furio BIANCO: I CIRCUITI DEL CREDITO E IL MERCATO IMMOBILIARE NEL DISTRETTO DI ..., 705–754 in grado di intercettare i bisogni e soddisfare le richieste di una parte della popolazione, oltre che intensificare i propri affari e allargare con ciò il proprio bacino dei creditori e delle clientele. Gli investimenti di queste tre famiglie furono molto consistenti: solamente nell’ultimo decennio furono mobilizzate oltre 924.000 lire venete in tutta una serie di operazioni (più di 350), dagli acquisti fondiari alla concessione di livelli e di crediti. Le opportunità di affari e le occasioni offerte dal mercato del credito at- trassero anche altre figure, non del tutto sprovvedute – popolani, ma anche bottegai, artigiani, tecnici, funzionari – disposte ad investire il surplus dei loro guadagni o ad indebitarsi con la prospettiva di ottenere profitti e un miglioramento del proprio status all’interno di una società chiusa e sostanzial- mente refrattaria agli scambi sociali. Naturalmente il successo poté arridere ai più abili o fortunati. Per molti, che avevano cercato di ipotecare il proprio futuro inserendosi incautamente all’interno del mercato del credito per otte- nere finanziamenti da investire in progetti economici, il tentativo di ottenere un riscatto economico e sociale si esaurì provocando a volte il progressivo dissesto patrimoniale e il tracollo economico: a fronte di una contrazione dei guadagni, i debiti contratti si rivelarono ben presto un pesante gravame e poi un onere insostenibile. Esemplari, ad esempio, le vicende di Francesco Cecotti, un popolano emergente di origine friulana (emigrato da Medeuzza, un villaggio nell’alta pianura orientale friulana) che svolse un ruolo di pro- tagonista nei complessi avvenimenti, nei traffici e nelle speculazioni che agli inizi degli anni Ottanta contrassegnarono l’impianto delle nuove saline di Capodistria realizzate, in particolare, in un «fondo di marema paludoso di pubblica ragione» in direzione della borgata di Semedella, «tra le saline di Semedella e quelle verso la strada della Colonna a due venti di Isola, e da un lato il terreno Vidacovic e la strada reale del fortilizio o Capello, ed il mare dall’altro»: una vasta area fetida e acquitrinosa profondamente degradata dal punto di vista ecologico, accentuato dal disordine idrico del territorio sogget- to a mareggiate e alle ripetute esondazioni del fiume Risano. Come è noto, nel 1781 il governo veneziano e i Provveditori al sal emanarono una serie di provvedimenti e predisposero numerosi incentivi allo scopo di allargare le superfici salinare, favorendo gli investimenti privati, incrementando in tal modo la produzione del sale e ottenendo «quanto più presto sia possibile la proposta maggior abbondanza del frutto»87. In base alle disposizioni previste dalla terminazione, ottenuta l’investitura sui fondi ritenuti idonei, il richie- dente poteva ottenere dal magistrato 5 ducati di piazza per cavedino (nella complessa rete dell’impianto la vasca di essiccazione); il contributo doveva essere restituito con precise modalità nel corso dei successivi raccolti, una volta ultimate tutte le opere di ristrutturazione e reso produttivo il complesso 87 Sul sale istriano mi limito a segnalare: Apollonio, 1993; Selva, 1994; Benussi, 2000; Ivetic, 2000, 371–383; Bonin, 2011. ACTA HISTRIAE • 29 • 2021 • 3 740 Furio BIANCO: I CIRCUITI DEL CREDITO E IL MERCATO IMMOBILIARE NEL DISTRETTO DI ..., 705–754 Fi g. 5 & 6 : D ue S et to ri d el te rr ito ri o di C ap od is tr ia n el la c ar ta m ili ta re " Jo se ph in e" , 1 76 3– 17 87 ( 18 02 ). Vi c om pa io no qu al i i sc ri tti d ei p ro pr ie ta ri d i m ag gi or an za (R aj šp , 1 99 7, X IX , 1 4, 1 5) . ACTA HISTRIAE • 29 • 2021 • 3 741 Furio BIANCO: I CIRCUITI DEL CREDITO E IL MERCATO IMMOBILIARE NEL DISTRETTO DI ..., 705–754 ACTA HISTRIAE • 29 • 2021 • 3 742 Furio BIANCO: I CIRCUITI DEL CREDITO E IL MERCATO IMMOBILIARE NEL DISTRETTO DI ..., 705–754 delle saline, offrendo in garanzia propri beni come cauzione per l’imprestanza ottenuta dal Magistrato al sal, sulla base del controllo esercitato dal potestà, dallo scrivano e da altri funzionari del Partito. Tra le altre clausole, l’in- vestitura era concessa dietro l’esplicito impegno da parte del richiedente di concludere entro due anni le opere di ristrutturazione; qualora non fossero conclusi in stato di perfezione tutti i lavori, «con tutti li suoi arzeri, presidi, ordigni, casupole da sal» ecc. o non fosse raccolto «l’atteso frutto del nuovo sale» nei tempi stabiliti, veniva imposta una forte penalità. Inoltre, recitava la terminazione all’articolo XXVII, «ogn’uno che quovismodo acquisterà saline, o entrerà al possesso loro, debba immediate fatto patrone far eseguire il traslato al proprio nome del numero di cavedini acquistati, spiegando il tempo, contrada, e titolo dell’acquisto, scancellandoli dalla ditta del primo possessore, riportandoli al nome degli acquistanti, e così chiaramente spicchi la ragione, e mutazione del dominio, in pena a cadaun trasgressore della perdita del sale, che fosse ad esso pervenuto, da esser formato debitore nei pubblici libri, nel caso che avessero esatto il pagamento; del qual catastico chi rappresenterà il Consorzio de’ patroni potrà esigere dal scrivano una copia a sue spese»88. Indipendentemente dal contributo erogato e anticipato dai Provveditori al sal (ben 5 ducati per cavedino), la ristrutturazione delle paludi, gli investimenti per la realizzazione e per la costante manutenzione delle opere infrastrutturali nelle saline, oltre che per le spese per i salari di salinaroli e di miserabili sa- linare, richiedevano l’impegno di risorse finanziarie consistenti che non tutti erano in grado di sottoscrivere e di mobilitare per ricavare, pur nella precarietà della produzione del sale, utili vantaggiosi o per poter contare sulle opportunità di ulteriori affari e speculazioni offerti dal mercato immobiliare e dalla società del sale. Alla fine dell’agosto del 1781 i conti Antonio e Francesco De Tacco presentano un memoriale con cui chiedono di essere investiti di un fondo di palude arenosa adiacente alla città di Capodistria, considerata idonea per la realizzazione di saline di circa 160 cavedini. La ristrutturazione – sotto- linearono i nobili – avrebbe anche consentito il risanamento ambientale e la purificazione dell’area, «librandola dalle esalazioni che tramanda»89. La richiesta fu accolta e dopo alcuni mesi venne perfezionato il contratto tra Galeazzo Anselmi, podestà e capitano di Capodistria, e i nobili capodistriani che avevano garantito il rispetto di tutte le norme previste dalla terminazione e come garanzia l’ipoteca su cinque fondamenti di vecchie saline di loro pro- prietà (quasi 70 cavedini)90. 88 Utilizzo la termazione trascitta da Bonin, 2011, 122–128. 89 ASV, PS, b. 183, dispaccio del podestà del 30/8/1781. 90 Il contratto in ASV, PS, b. 185, 16/11/1781 e b. 184, 15/11/1781. I fratelli De Tacco alcuni anni dopo ottennero l’investitura per altri 80 cavedini inseriti nello stesso comparto. ACTA HISTRIAE • 29 • 2021 • 3 743 Furio BIANCO: I CIRCUITI DEL CREDITO E IL MERCATO IMMOBILIARE NEL DISTRETTO DI ..., 705–754 Nel maggio 1783 con un costituto di cessione i De Tacco concessero il traslato di 120 cavedini a favore di Francesco Cecotti. Non conosciamo la bio- grafia di questo ambizioso oriundo friulano, se si fosse svicolato dall’iniziale appartenenza al proletariato salinaro, grazie a risparmi, a una qualche fortunata operazione finanziaria o grazie ad appoggi e protezioni di notabili del luogo per ottenere crediti o, ancora, se avesse aspirato a divenire paron allargando un precedente piccolo possesso o approfittando della particolare congiuntura, forte di una qualche competenza tecnico-professionale, acquisita nel lavoro in salina, come sembrerebbero indicare i titoli – capo, proto e direttore delle saline di Capodistria – con cui veniva indicato nei documenti del Partito, nelle notifiche o negli atti notarili. Certo è che le aspirazioni del Cecotti naufragarono dopo pochi anni: le sue ripetute richieste ai Provveditori al sal affinché i beni traslati dai De Tacco fossero catasticati a suo nome furono respinte. Innanzitutto per il mancato rispetto delle norme procedurali previste nella terminazione in quanto – sottolineò il podestà di Capodistria – «in caso di traslato da ditta a ditta dei cavedini», i De Tacco avrebbero dovuto esser sollevati, in proporzione alla cessione fatta al Cecotti, da ogni onere previsto nella investitura, addossato conseguentemente al proto friulano che beneficiava dei vantaggi e degli anticipi erogati dalla cassa pubblica91. Ancora più esplicite le ragioni con cui a distanza di un anno vennero nuovamente rigettate le richieste del Cecotti che non aveva ancora iscritto a ipoteca propri beni a garanzia degli incentivi ottenuti, come previsto esplicitamente dalla legge. La nuova supplica era ritenuta «inesaudi- bile se prima» (il Cecotti) «non garantisca ed assicuri la pubblica imprestanza insita nei cavedini n. 120, che implora a di lui nome cattasticati, e che si renda mallevadore d’ogni e qualunque insorgenza, che potesse derivare per conto dei medesimi in pregiudizio della cassa pubblica in tutto a norma della investitura dei conti de Tacco»92. Nel frattempo il Cecotti aveva contratto numerosi debiti sia nei confronti dei fratelli De Tacco, sia verso negozianti locali da cui aveva ottenuto merci, commestibili ed effetti di bottega già al momento dell’avvio della sua impresa. Progressivamente l’esposizione debitoria si accentuò e divenne insostenibile tanto da essere costretto a cedere a creditori quote cre- scenti di cavedini di saline, quasi tutti «ormai ridotti a perfetto lavoro, ed atti alla fabbrica del sale, e con tutte le loro acque, acquedotti, argeni, servitori, morari, libadori alli medesimi competenti ed aspettanti per la coltivazione, e produzione de sali». Con le vendite per via privata e con i sequestri coattivi (alienati al pubblico incanto) Francesco Cecotti, nonostante le speculazioni e il ripetuto e maldestro ricorso al credito, vide vanificati i suoi sforzi per emanciparsi economicamente e per riscattarsi dalla propria condizione sociale: 91 ASV, PS, b. 185, dispaccio del podestà di Capodistria del 28/7/1786. 92 ASV, PS, b. 185, dispaccio da Capodistria, 12/9/1787. ACTA HISTRIAE • 29 • 2021 • 3 744 Furio BIANCO: I CIRCUITI DEL CREDITO E IL MERCATO IMMOBILIARE NEL DISTRETTO DI ..., 705–754 in pochi anni fu definitivamente spossessato dalle valli ottenute dai De Tacco93 come da altri beni posseduti in quel comparto e sopravvissuti alle falcidie delle alienazioni e dei sequestri94. In questo periodo vennero meno anche solide imprese agricole, a volte in base a circostanze del tutto particolari. Per molti aspetti, si presentano singolari le vicende che portarono al pro- gressivo sfaldamento del cospicuo patrimonio di casa Carli nel territorio di Capodistria. All’indomani della conclusione della vertenza giudiziaria con il padre Gian Rinaldo Carli95, conclusa nel «solenne accordo» stipulato a Venezia nell’aprile del 1784 presso il Magistrato del Proprio, Agostino Carli Rubbi, «investito dell’assoluta proprietà e libero dominio di tutte le rendite, beni e capitali esistenti in Istria», iniziò la sistematica liquidazione di larga parte del patrimonio ereditato dalla madre Paolina Rubbi e fino a quel momento gestito dal padre. Carlo Rubbi si liberò progressivamente di tutte le rendite, praude, livelli attivi in denaro e in prodotti agricoli, fino ad allora riscossi nelle ville del comprensorio di Capodistria e venduti in libera e perpetua alienazione 93 ASV, PS, b. 185, dispaccio da Capodistria dello scrivano del Partito, 9/8/1788, con allegati alcuni contratti di vendita e Nota, e riparto delle infrascritte proprietà dei n. 120 cavedini di saline del corpo di 240 colla pubblica permissione fabbricati nelle adiacenze di questa città di Capodistria nella contrà Semedella, erano tutti cattasticati alla ditta fratelli conti Tacco, traslati per metà so- pra la ditta Francesco Cecotti. Tra l’altro, nei contratti di vendita ai propri creditori (quasi tutti di Pirano) dovette anche assumersi tutti gli oneri del mancato pagamento della graziosa imprestanza di 5 ducati (30 lire venete per cavedino) ottenuta dal Partito e tutti i costi per eventuali miglioramenti resi necessari al fine di rendere produttive le valli, come richiesto dagli acquirenti. Ad esempio, agli inizi del giugno 1785 il Cecotti risultò debitore di 9.639 lire venete verso Cristoforo Pierobon di Pirano in ragione di un prestito ottenuto nel settembre 1782. Per estinguere il credito rinunciò per sempre a 33 cavedini contenuti nel fondamento posseduto tra Capodistria e la contrada di Semedella e valutati in 11.088 lire venete (360 lire venete per cavedino); al debito si aggiunse l’ammontare delle anticipazioni ottenute dal Principe (900 lire venete), per cui il Cecotti per tacitare il debito con Crisoforo Perobon dovette sborsare 11.088 lire venete, mentre la differenza tra debito e valore dei beni venduti, doveva essere pareggiata dall’imprenditore di Parenzo solamente dopo che i cavedini fossero «resi in buona, e laudabil forma, atti al lavoro e alla fabbrica del Sali, sistemati li fondi, il tutto perfezionato a comodo e col solo dispendio del Cecotti»: il contratto inPAK, NS, notaio Giu- seppe Lugnani, scatola 53, 6/6/1785. 94 All’inizio degli anni Novanta il suo nome scompare dalla lista dei possessori dei 3.425 cavedini di saline di Capodistria:ASV, PS, b. 186, dallo scrivano, Capodistria 10/9/1790, Nota di tutti li cavedini in lavoro di vecchia e di nuova creazione esistenti in questa valle registrati nel pubblico catastico. 95 Sul conte Gian Rinaldo Carli, mi limito a segnalare Apih, 1973, 172–203; Un grande riformatore, 1997; Trampus, 2004. Tra l’altro, ritornato in patria dalla Toscana nel 1757, nel corso dei primi anni Sessanta, grazie all’eredità della prima moglie, il Carli aveva cercato di realizzare vicino a Capodistria un grande lanificio, secondo i suoi progetti in grado di competere con le migliori imprese della Repubblica e finaliz- zato – scrisse nel 1762 il rettore Orazio Dolce –alla produzione «di panni ad uso di Francia, d’Olanda, di Germania e del Nord, altri ad uso di Ceneda, saglie flanellate e panate, rasse, scotti, flanelle, pelloni, ba- raccani d’ogni qualità e particolarmente rigati ad uso tedesco». Sulla impresa tessile del Carli, cfr. Ivetic, 2000, 244–248 e Darovec, 2004. ACTA HISTRIAE • 29 • 2021 • 3 745 Furio BIANCO: I CIRCUITI DEL CREDITO E IL MERCATO IMMOBILIARE NEL DISTRETTO DI ..., 705–754 alla nobiltà e al patriziato locali96. Nel novembre del 1788 il contino cedette alcune possessioni denominate Cerè, Cornalonga, San Zannè e Fanvazzano97. Si trattava di un vasto complesso aziendale costituito da «campi videgati, et olivati, da fondi boschivi, incolti, e pascolivi, con case coloniche, fabbriche, e diversi luochi coperti … compreso un torchio di olive, materiali da fabbrica, attrezzi, istrumenti rurali»; il prezzo di vendita: 11.000 ducati (68.200 lire venete), pagabili parte alla stipulazione dell’atto, parte in tre rate annuali, parte col deposito a Venezia del denaro necessario per lo scarico del fedecommesso Rubbi e parte, infine, con l’assunzione di un vitalizio a favore di una credi- trice. Gli acquirenti furono due soci, il dentista francese Gianbattista Pinot e lo svizzero Daniele Meyr, originario del cantone di Berna. Salvo le scarne ed essenziali notizie indicate nel contratto, conosciamo ben poco di questi due personaggi. Non sappiamo se fossero imprenditori agricoli, intraprendenti e abili speculatori o, piuttosto, due sprovveduti e ingenui amanti della vita agreste che apparentemente potrebbero ricordarci personaggi come Bouvard e Pécuchet, gli eroicomici protagonisti un secolo dopo del romanzo di Flaubert, destinati maldestramente al fallimento in ogni loro di esperienza, anche dopo la disastrosa conduzione dell’impresa agricola a Calvados. Certo è che gli atti successivi sembrano propendere per la prima ipotesi. Pochi anni dopo la società si sciolse con la rinuncia del Meyer98. Il Pinot nel 1801 cedette al nobile Vincen- 96 Così, ad esempio, le alienazioni di rendite e livelli per 3.900 lire venete al conte Francesco Tarsia o la vendita per 8.878 lire venete di una ventina di livelli in denaro al nobile Nicolò Del Bello o, ancora, la ri- nuncia per 13.400 lire venete a favore dello stesso Del Bello di tutte le contribuzioni annuali e delle decime perpetue esatte nelle ville di Valmorasa e a Trebesse: PAK, NS, notaio Giuseppe Lugnani, rispettivamente scatola 52, 17/2/1784; scatola 53, 9/4/1785; scatola 55, 8/7/1787. 97 PAK, NS, notaio Giuseppe Lugnani, scatola 57, 4/11/1788. 98 PAK, N, scatola 3, 26/2/1791. Tabella 4: Crediti e trasferimento di immobili per classi di denaro corrisposte nei Libri delle notificazioni di Capodistria, 1745–1806 (Fonte: PAK, N, scatole 1–5). anni < 100 lire venete 100–1.000 lire venete > 1.000 lire venete n. lire venete n. lire venete n. lire venete 1745–1754 440 23.535 1.632 726.202 69 245.605 1755–1764 651 34.903 1.981 1.018.745 109 372.449 1765–1774 680 38.476 1.591 844.372 130 442.401 1775–1789 4.384 102.082 1.076 2.084.868 260 758.504 1790–1799 1.106 63.399 3.451 2.064.494 271 827.888 1800–1806 1.094 67.724 3.733 2.859.046 339 1.796.374 Totali 8.355 330.119 13.464 9.597.727 1.178 4.443.221 ACTA HISTRIAE • 29 • 2021 • 3 746 Furio BIANCO: I CIRCUITI DEL CREDITO E IL MERCATO IMMOBILIARE NEL DISTRETTO DI ..., 705–754 zo Bortolutti Zulatti l’intero immobile, compresi i miglioramenti apportati, per 15.433 ducati, e la concessione della recupera, ottenendo un guadagno del 40% rispetto alla somma sborsata per l’iniziale acquisto da Agotino Carli Rubbi99. Quattro anni dopo il nobile capodistriano retrocedette l’intero stabile, comprese alcune campagne laterali al Pinot, che per una parte della somma concordata si costituì suo debitore livellario100. CONCLUSIONI Negli ultimi decenni del secolo, tra la caduta della Repubblica e l’accor- pamento dell’Istria all’interno di nuove compagini statali, rispetto al periodo precedente aumentarono sensibilmente gli investimenti, il volume e la velocità negli scambi economici, finanziari e immobiliari, mentre diversi operatori finanziari, continuarono a dirottare parte delle loro risorse sulla gestione delle imposte pubbliche101. Sul mercato del credito si intensificarono gli scambi economici con Trieste, da tempo una presenza abituale nella città e nelle campagne del Capodistria- no. L’afflusso di capitali triestini divenne sempre più consistente nel corso dell’ultimo decennio del secolo, con un nutrito e composito numero di operatori economici (imprenditori, mercanti, speculatori, trafficanti) addestrati in ogni genere di negozi, disposti ad investire somme consistenti per trarne un utile vantaggioso e generalmente poco propensi ad accettare proroghe nel pagamento dei crediti e deroghe al rigoroso mantenimento dei patti sottoscritti. Si allarga il volume delle transazioni e aumenta la velocità nel trasferimento di beni immobiliari, in parte amplificati anche dalle norme procedurali previste nelle notifiche, per cui, come sappiamo, sui Libri delle notifiche il vicedomino, ricevuta la transazione da un notaio (anche di altre città), era tenuto a registrare tutti i negozi, a volte complessi e articolati, che avevano come protagonisti abitanti del Distretto o interessavano beni ubicati nel territorio102. Pertanto, con 99 PAK, N, scatola 4, 27/7/1801. 100 PAK, N, scatola 4, 20/10/1805. 101 Nonostante il forte aumento dei prezzi d’asta (in continuo rialzo), come emerge chiaramente dalle regi- strazioni nei Libri delle notificazioni. Ad esempio, a Capodistria la concessione dei cosiddetti tredici dazi (l’entrata tributaria più rilevante), arrendata nel 1791 a Iseppo della Valle per 25.707 lire venete, venne concessa nel 1796 per 28.661 lire venete e nel 1803 per 52.000 lire venete con un aumento di oltre il 100% rispetto a quella del 1791. Sui tredici dazi previsti dalla Camera fiscale di Capodistria e sulle caratteristiche del sistema fiscale nell’Istria veneta, cfr. Apollonio, 1998, 143–156; Ivetic, 1998, 59–81. 102 Così, ad esempio, dalle registrazioni è possibile individuare alcuni passaggi dei cambiamenti nella pro- prietà del complesso manifatturiero di Sovignacco, perlomeno le fasi iniziali tra gli anni Ottanta e Novanta quando alcuni soci – Girolamo Manni e Giovanni Frigo – cedettero le loro quote e capitali investiti nel sodalizio costituito anni prima in società con l’ufficiale del genio Pietro Turrini per lo sfruttamento della miniera e fabbrica di allume e vetriolo: PAK, N, scatola 2, 26/11/1787 e 22/11/1789. Per le vicende della miniera di Sovignacco, cfr. Ivetic, 2000, 251–253; Nežić, 2015. Sulle memorie del tempo legate agli studi del tempo su Sovignacco, cfr. Baraldi, 2018. ACTA HISTRIAE • 29 • 2021 • 3 747 Furio BIANCO: I CIRCUITI DEL CREDITO E IL MERCATO IMMOBILIARE NEL DISTRETTO DI ..., 705–754 un complesso giro di affari e di transazioni, si infittirono progressivamente i contratti che coinvolgevano operatori finanziari residenti in altre sedi o interes- savano il trasferimento di complessi aziendali e di palazzi dislocati ad ampio raggio. Alcuni esempi. Nel dicembre del 1804 venne notificata la vendita, avvenuta due anni prima da parte del conte Antonio Del Tacco ad un nobile bergamasco residente a Vienna di una possessione con case e fabbricati del valore di 63.000 lire venete, pareggiate dal nuovo proprietario pagando parte in contanti e parte assumendosi i livelli e gli oneri passivi imputati al nobile capodistriano103. Nel marzo del 1802 due mercanti di Trieste, Caretti e Lazarich vendettero a Antonio Pfneisel un palazzo posto nella città giuliana e valutato 70.000 fiorini (circa 350.000 lire venete). Una parte dell’importo pattuito venne pagato dal Pfneisel cedendo un suo immobile di Capodistria, acquistato tempo prima da Pietro Bianchi per 10.000 fiorini104. Nell’aprile del 1803 viene noti- ficata una scrittura convenzionale stipulata nel febbraio a Venezia, in base alla quale Domenico Bidinosto si assunse obbligazioni per oltre 177.000 lire venete sottoscritte con la società Salamon Treves105. L’analisi delle notifiche, suddivise sulla base dell’importo corrisposto per ogni transazione, ci permette una serie di considerazioni finali (Tabella 4). Innanzitutto, emerge chiaramente come nell’arco di circa sessanta anni un esiguo numero di contraenti (il 5%) mobilizzarono il 31% dell’ammontare complessivo di tutte le operazioni che prevedevano l’investimento di capitali, valori ancora più accentuati, e in costante progressione, nei decenni tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento in cui il 4% degli operatori fu in grado di operare investimenti superiori alle 1.000 lire venete valutabili a poco meno del 60% di tutte le somme impiegate nelle varie transazioni registrate sui Libri delle notificazioni. Mentre il numero delle transazioni per somme di denaro tra le 100 e le 1.000 lire venete costituiva il 59% di tutte le notifiche e il 67% dei capitali investiti, una somma relativamente bassa (il 2% di tutto il denaro investito tra il 1745 e i primi mesi del 1806) venne utilizzata in negozi che prevedevano l’investimento di somme di denaro inferiori alle 100 lire venete, interessando però ben il 36% di tutti i contraenti. Questi ultimi dati sono particolarmente significati. Interessavano le fasce più deboli della popolazione, piccoli proprietari, salariati con basse remunerazioni, modesti artigiani, lavoratori a giornata, ecc., numerose famiglie della città e dei villaggi contermini costrette ad una fisiologica precarietà negli standard di vita, da sempre condizionati dai bisogni alimentari e dalle congiunture econo- miche. Laddove non intervenivano i tradizionali rapporti di mutuo soccorso tra cliente e patrono e l’insieme di quelle pratiche solidaristiche pressoché universali operanti nelle società di antico regime, per allontanare la soglia 103 PAK, N, scatola 4, 10/12/1804. 104 PAK, N, scatola 4, 5/3/1805. 105 PAK, N, scatola 4, 1/4/1803. ACTA HISTRIAE • 29 • 2021 • 3 748 Furio BIANCO: I CIRCUITI DEL CREDITO E IL MERCATO IMMOBILIARE NEL DISTRETTO DI ..., 705–754 dell’indigenza i ceti più bassi erano costretti a ricorrere al credito (modeste somme di denaro, la media si aggira su 40 lire venete) ipotecando piccoli fondi e costruzioni isolati (un corso di viti e olivi, una vanesa di terra, una casa col tetto di paglia, una stanza, un casale diroccato, piccoli tegori, ecc.), ma anche terreni accorpati, squarzi o strutture economicamente più solide (stanzie); se i beni livellati o ipotecati consistevano in appezzamenti più consistenti, molto spesso i livellari rinunciavano ad utilizzare l’abilità della recupera già al momento della stipulazione del contratto o accettavano un accorciamento nei tempi di pagamento del debito. Nell’uno e nell’altro caso molto spesso non erano in grado di estinguere i debiti contratti. Come emerge dall’analisi approfondita dei Libri delle notificazioni e dalle fonti notarili, per evitare il completo fallimento della propria azienda famigliare e il sequestro dei beni posseduti per via giudiziaria (e il loro incanto), erano costretti a cederli ai creditori con una assoluta e perpetua alienazione. In correlazione stretta al sempre più accentuato disagio economico e alla espropriazione degli strati più bassi della piccola proprietà, nella seconda metà del Settecento e nel corso del primo decennio dell’Ottocento, attraverso i circu- iti del credito la ricchezza fondiaria si concentrò progressivamente nelle mani di operatori finanziari, di proprietari arricchiti e di speculatori, determinando un sensibile spostamento nella struttura sociale e nella costituzione fondiaria di tutto il territorio. ACTA HISTRIAE • 29 • 2021 • 3 749 Furio BIANCO: I CIRCUITI DEL CREDITO E IL MERCATO IMMOBILIARE NEL DISTRETTO DI ..., 705–754 KREDITNI KROGI IN NEPREMIČNINSKI TRG NA KOPRSKEM V 18. STOLETJU Furio BIANCO Univerza v Vidmu, Piazza Roma, 5 – 33041 Aiello del Friuli, Videm, Italija e-mail: furio.bianco@uniud.it POVZETEK Leta 1745 je beneška oblast Kopru odredila vzpostavitev in vzdrževanje sistema javne objave uradnih listin, temelječega na registrih pogodb (Libri delle notifica- zioni), ki so ga vodili začasni vicedomini in ga opremljali s povzetki, v katerih so beležili stvarno vsebino vseh trgovskih izmenjav, poslov in pogodb, dogovorjenih, sestavljenih in podpisanih pri notarjih. V svojih zapisih so bili dolžni navesti imena pogodbenikov, dan, mesec in leto sporazuma, dogovorjeni znesek ter pogoje in ob- veznosti, predvidene s pogodbo. Notarji pa so bili zakonsko obvezani priglasiti pri njih vse uradne dokumente glede oseb in lastnine koprskega okraja. Gre za serijski vir, ki ga hrani Pokrajinski arhiv v Kopru in je zelo pomemben za prepoznavanje – v daljšem časovnem okviru s svojimi obdobji in podobdobji – nekaterih vidikov gospodarstva tega področja, ki zgodovinopisno še niso povsem pojasnjeni. S sistema- tično in poglobljeno analizo vseh zapisov, zabeleženih v teh registrih od leta 1746 do začetka leta 1806 (z izjemo zgolj nekaterih listin v zvezi s podaritvami, menjavami, vajeniškimi pogodbami, dotami ipd.), in s povezovanjem teh virov z notarskimi li- stinami avtor poskuša rekonstruirati zapletene kreditne kroge, nepremičninski trg, vrste rent in tipologijo naložb. S tem omogoča razumevanje, kako sta se v obdobju približno šestdesetih let postopno povečevala obseg transakcij in hitrost prenosa blaga in denarja, kar je po eni strani vodilo v vse večje zadolževanje nižjih slojev maloposestnikov, ki so bili zaradi nezmožnosti odplačevanja dolgov vse pogosteje prisiljeni v razlastitev, po drugi strani pa v koncentriranje zemljiškega premoženja v rokah finančnih posrednikov, špekulantov in bogatih zemljiških posestnikov. Ključne besede: struktura nepremičninskega trga, kreditni krogi, razlastitev, koncentrira- nje posesti, Koper, koprski okraj, 18. stoletje ACTA HISTRIAE • 29 • 2021 • 3 750 Furio BIANCO: I CIRCUITI DEL CREDITO E IL MERCATO IMMOBILIARE NEL DISTRETTO DI ..., 705–754 FONTI E BIBLIOGRAFIA AMTM – Archivio privato Micoli Toscano di Mione (AMTM). Apih, E. (1973): Rinnovamento e illuminismo nel ’700 italiano. La formazione cul- turale di Gian Rinaldo Carli. Trieste, Deputazione di Storia patria per la Venezia Giulia. Apollonio, A. 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