ANNO V. — M 15 Sabbato 13 Aprile 1850. STORIA E STATUTI deli' antico PORTO DI TRIESTE. (Continuazione e fine V. n. 14). § 24. La prima opera, clie Carlo VI intraprese in adempimento delle promesse della mentovata sua patente del 1719, fu quella di far colmare nel 1721 le saline, che in campo marzio alla radice del molo romano esi-stevano, ed indi costruirvi sopra dei grandi maggazzini entro a vasto recinto murato, che nel 1731 si compi. E questo fu il Iazzeretlo di S. Carlo, che ora appellasi il vecchio, cui pero non apparteneva il gran molo romano, che si lascid com* era, ne vi si pose mano che sotto Maria Teresa nel 1751. § 25. Dali' aprile al giugno 1734, incomincio Carlo VI a stabilire a qualche modo in Trieste il suo ar-inamento navale. La nave da 60 cannoni, delta S. Elisabetta, vi approdo e vi fece stazione nel di l.d d'aprile; ai 4 la raggiunse quella di S. Michele, da 40; ai 20 maggio vi arrivd quel!a di S. Carlo, da 70; ed ai 13 giugno vi sbarco 1' ammiraglio Giovanni Palla-vicini, genovese, seguito da tre galee; e queste e quelle provenienti da Napoli e la fabbricate. Ouesti ebbe d'al- i lora in poi e fino al febbraio del 1738 il governo di j ogni nrmamento da mare e da terra in Trieste; ove ai 22 d'agosto ed ai 6 di settembre del 1735 fece coslruire ed armare due navette da guerra, 1'una da 32, 1' altra da 30 cannoni, e da 40 remi ciascuna, e tre rematori per remo. Ma gia nel gennaio deli' anno seguente furono queste disarmate, ed indi a poco a poco anche gli altri legni da guerra, il maggiore dei quali S. Carlo ai 3 ovvero ai 4 d' oltobre del 1737 invesli senza aver-losi mai piu potuto porre a gala. Esso fini col farsi nel 1751 fondamento del presente molo di S. Carlo, Le altre due navi e le due navette (la S. Elisabetta era gia per meta disfatta) furono ai 28 d'ottobre del 1741 ven-dute per soli f. 14,000 ad un veneziano. Quel molo ebbe da prima la lunghezza di 50 passa di Vienna; ma nel 1778 se ve ne aggiunsero altri 10, sull' estremita dei quali si costrui nel 1788 una batteria, che d' allora in poi fu piu volte abbattuta e riedificata. § 26. La darsena, delta mandracchio, aveva fin dal principio di questa quarta epoca gran necessila di essere purgata; e gia nel 1721 e 22 Yi si fecero a spese pub-bliche molti ma vani sperimenti. Indi vi si offeri un ca-valiere veneto, e vi si provo chiudendovi, mediante un arginatura, 1' accesso del mare esteriore, e volendone con macchine esciugare 1' interno. L' erario civico vi scia-! lacquo 5000 fiorini, e nulla consegui. Nel" giugno del 1736 altro ingegnere ne propose ed esegui con qual-che successo 1' aramento del fondo a tiro di bovi, ed indi lo scavamento ed il trasporto del pantano. Ma nel giugno del 1741 e nell'aprile del 1749 fu nuova necessita ! dello stesso purgamento, che d'allora in poi dovette in-terpolatamente eseguirsi in ogni tempo. § 27. II canale di Riborgo, detlo anche della por-tizza, ossia della piccola porta, era tanto piti bisognoso | di essere purgato, quanto che stava fra le saline de' Ge-l suiti e delle Monache, ridotte poi ad arsenale, e quelle j della famiglia dei Civrani; e dovea ricevere gli scoli delle fosse (qualunque fossero) delle mura dalla porta di Riborgo a quella della Portizza. Di questo purgamento trovo traccia nel maggio 1741 e nell'aprile del 1749; ma se fu anche di poi altre volte praticato, sempre poco giovo, talehe nel 1797 fu risolto eolmarne la parte maggiore, e venderla per fabbricarvi 1' edifizio di borsa mer-cantile, come segui ai 21 di novembre del 1799. Fu bensi allora prestabilito ed ordinato che il prezzo di questa vendita, ascendente a f. 47423. 30 dovesse im-piegarsi per la costruzione di una seconda darsena per ricovero dei piccoli navigli; ma fino al presente (e sono traseorsi gia 35 anni) non se ne fece mai nulla; sebbene nell' anno 1817-1818 anche la residua parte di quel canale marino fu totalmente colmata, stabilendovi una piaz-zetta ad abbellimento di quella parte della citta, ed a gran giovamento del vicinato che ne porto gran parte della spesa. § 28. II magistralo di sanita fu da Mana Teresa isliluito nel 1754 e successivamente organizzato. Per esso fu alla riva del mare costruilo il luogo d'ufficio, che appellavasi casino ed anche casello di sanita; e stava con piccolo recinto murato la circa dove fu poi nel 1805 fabbricalo di pianta quell' edifizio che ora accoglie tutte le amministrazioni relative al porto. II capilanato del porto era certamente gia prima costituito, perciocche nel settembre del 1749 fabbricossi pel capitano stesso una časa nel luogo ove Irovavasi lo scrittoio deli' arsenale. § 29. Nello stesso anno 1754, e per disposizione deli' imperalrice medesima, fecesi scavare il canale grande quale atlualmente esiste: opera eseguita da un certo Mat-tia Pirona, che ne fu 1' impresario. Ha desso la lunghezza di 196 passa di Vienna, e 13 di Iarghezza;ed e inter-secato da un ponte che, orizzontalmenle aggirandosi su due perni, apresi per dare passaggio libero ad ogni na-ve mercantile. § 30. La costruzione del nuovo lazzaretto, desti-nato ad accogliere i navigli soggHti a severa contumacia (laddove gli altri compiono la loro purga nel lazzaretto vecchio) fu incominciata nel....... e si compi ed apri so- lennemente nel 1769. § 31. II piccolo piu antico cantiere, a sinistra della darsena, ove ora esiste la pescheria, ed indi quello a destra della medesima, ossia 1' arsenale eesareo, diven-nero ambidue ben tosto insuffieienti si per la ristrettezza dello spazio e si per la bassezza del fondo marino. Un industre e provvido individuo privato, il costruttore navale Odorico Panfilli, suppli al pubblico bisogno ed al proprio interesse, stabilendo a sue spese un nuovo e ben disposto cantiere privato, comprando nel...... dali' erario camerale e da privati possidenti quello spazio, su cui tuttora esiste P unico cantiere che abbiamo, ed e quelIo che porta il nome di squero Panfilli. § 32. Di tutte queste opere che relativamente al nostro porto furono fatte in questa 4.ta epoca, non ho parlato che sommariamente, essendo desse troppo recenti perche Parcheografo possa occuparsene altramente che ricordandone P origine e 1' esistenza. V' avra bensi molti documenti ad esse relativi, che meritano essere traman-dati alla posterita. Ma questi, oltreche non li possegga ancora, saranno a suo tempo piu opportunamente inse-riti nel diplomatario del nostro Archeografo. Intanto dopo avere fin qui veduto cio che da Carlo VI in poi fu re-almente eseguito intorno al nostro porto, non sara su-perfluo tenere ricordo anche di quanto fu allora proposto e meditato per lo scopo medesimo, ma non aiiottato mai. Tutte le traccie, che finora ne ho trovato, ci fanno co-noscere progetti posteriori alla costruzione del canale grande. Pare avervisi avuto di mira non solo uno spro-porzionato ingrandimento della navigazione, ma eziandio la creazione di un porto quasi chiuso entro al lido che allora andavasi egualmente creando sopra il livello del mare, mediante il sistema d' interrimento. Se questa du-piice tendenza fosse saggia o viziosa, tanto meno puo qui prendersi a disamina, quanto che 1'abbandono stesso di quei progetti ci autorizza a dubitarne. Noi dunque ci limiteremo ad esporre unicamente codesti progetti, ed a dame una chiara descrizione, sperando che cio bastera ad allontanare la probabilita d' ogni riproduzione di quelli, o di altri concepiti colle massime medesime. a) Abbiamo un piano del 1768, il quale ci pre-senta il progetto d' un secondo canale paralello al primo gia esistente, ma di questo piu largo. Per esso entra-vasi ad angolo retto in un bacino largo 45 passa di Vienna sopra la lunghezza di 110, che prolungavasi poi con due piccole braccia, larghe 1' una 7, 1' altra 5 passa, e lunghe la prima 48, e 60 la seconda. I due torrenti scendenti dalla valle di Chiadino e Rozzollo, e da quella di Guardiella, vi appariscono riu-niti ed incanalati in uno; ed al di la della foce di questo verso il belvedere, ove sta ora la pubblica macelleria, formavasi una piccola darsena larga poco men che 40, e lunga 50 passi. Ouesto piano porta la data dei 10 di-cembre 1767. 6) Ma gia nel 1769 sorse un nuovo progetto piu gigantesco ancora, sebbene piu semplice. L' autore ne fu il barone Struppi, eesareo edile della provincia nostra. V» si vede pure un seeondo canale paralello al primo, ina lungo 200 passi e largo 40, intersecato con un ponte che in linea retta corrisponde al ponte rosso. Ouesto canale, che vi si dicliiara capace di nulla men che 42 fregate, ha alla sua foce un molo traversale che lo chiu-de tutto, tranne una sola imboccatura presso la sponda destra. Al di 1& del torrente, in luogo della darsena del piano precedente, trovasi una specie di stagno, che avrebbe dovuto accogliere le acque piu pure dei torrenti superiori alla citta, o quella della fontana della Zonta, tramandatevi per un piccolo canale sotterraneo. Li presso segnavasi un cantiere da costruirsi nella marina per 50 passi fuori della sponda. Vi sporgeva poi a destra e ad angolo retto un molo di 25 passi, ed altro a sinistra di soli 15, il quale stava ad angolo quasi retto contro la foce del nuovo torrente stesso; mentre ad angolo propriamente retto sulla sponda murata di quell' estrema parte della citta un altro molo nasceva della lunghezza di quasi 50 passi. c) Che questi due progetti fossero stati rifiutati, o che almeno ben Iontana ne fosse ogni maturazione, desumesi da un altro piano dello stesso B. Struppi fatto per 1'anno 1774; il quale ci presenta lo stato delle sa-line abbandonate dalla fonte della Zonta fino al mare, ed il fabbisogno di f. 22216 per costruire soltanto una parte della sponda murata (Ouai) i" linea del canale verso il belvedere. E questo piano ci e utilissimo sotto molti aspetti, facendoci conoscere: che quella fonte formava ancora ed avea per suo emissario un ruscelletto che fra le saline scorreva al mare: che il paralellogramma tra il canale ed il torrente, dal mezzodi al nord, e dalla linea del ponte-rosso al mare, ossia dall'oriente al ponente, era ancora tutto occupato dalle suddetle saline e dal mare: che di edifizi non esistevanvi che le primo 4 isole che fiancheggiano la destra del canale e della con-trada di Carintia : che la suaccennata sponda murata do-vette costruirsi in massima parte nella profondita di 10 a 14 piedi d'acqua: e čhe tutta quella superficie, parte gia eolmata e parte da colmnrsi, su cui ora esiste tutta la citta nuova al di la del canale, dalla suddetta fronte fino al mare, nonehe un grande triangolo al di la del torrente; era spazio tutto destinato alla piantagione di 10 giardini simetrici intersecati e distinti da viali scom-partiti ad angoli retti. d) Un altro piano progetta una darsena che a-vrebbe occupato la presente piazza de'carrettieii, e tutto lo stabilimento del Panfilli, per la larghezza di 50 passa e di 70 circa di lunghezza. Lsso non ha data alcuna ; ma e certamente posteriore a quello del 1774, perche porta la pianta di molti edifizi che in questo non erano segnati. L'ultimo progetto che di quei tempi siami finora venuto sott' occhio, e certamente piu antico di quello del 1774, perche vi si veggono segnate, non gia 4 ma due sole isole di nuovi edifizi gia esistenti. Esso presenta due idee di porto, che furono poscia altre volte riprodotte. La prima spinge un molo di 140 passi entro al mare ad angolo retto dalla sponda sinistra del torrente, ed indi ad angolo e Iinea egualmente retti si vibra per la lunghezza di oltre 285 passi al di la della punta del molo di S. Carlo, colla quale verrebbe a lasciare un'a-pertura od ingresso largo 20 passi. L' altro progetto porta P immediata prolungazione per 75 passi del molo predelto, poi un gomilo ad angolo alquanto otluso della lunghezza di 120 passi circa, ed indi altro gomito piu ottuso ancora, ma convergente lungo passa 55 soltanto. § 33. Quanlo successivamente e fino ai nostri tempi si progetto, si opero o s' intralascio, non e argomento ch'entri nel presente discorso; e bastera P accennare avervi predominato lo spirito deli' oscillazione e dello sperimento. Chi verra dopo noi potra giudicarne. Ma 1' insormontabile confine, che alle nostre disquisizioni sto-riche abbiamo ponderatamente prestabilito, non c'impe-disce, ma ben anzi ci spinge a concentrarne le conse-guenze di ragione, ossia P ultimo frutto della storia, che e il seme della bonta dell'avvenire: concentramento e frutto senza cui la storia non sarebbe che un passatempo fornito di suggello un po' migliore di quello del ro-manzo. Sono circa 2100 gli snni, de'quali qui vi tenni discorso seguendo le storiche nozioni che abbiamo sicure per la misura del tempo, ma del resto per lo piu inper-fettissime della nostra citta, e quindi del suo porto. Ma venti e piu secoli di conoscenza d' avvenimenti, comun-que oscuri e frammentariamente rilevali, sono sempre un gran libro che insegna quelle massime, le quali da nes-suna dottrina e da nessun' autorita polrebbero meglio in-segnarsi no piu utilmente comandarsi. E i'epilogo di queste massime appunto sara cio che ora mi resta di porgere alla vostra intelligenza e meditazione. Se, rite— nuta la verita de' fatti fin qui esposti, consulterele i do-cumenti e le osservazioni, che formano P appendice del presente discorso; agevolmente vi convincerete anehe delle massime generali che ne ho desunte. § 34. Per la conservazione e per il perfezicna-mento del porto di Trieste, abbiasi fermo I' assioma — che il non far nulla e meglio che il far male; e che nei porti male sicuro sono tutte quell' opere che vi si fanno senza avere anticipata cerlezza della bonla del loro ef-fetto=. Pošto quest' assioma generale, ecco le promesse massime particolari. а) Due soli sono i difetti naturali del nostro porlo. L'uno e quello d'alcune poehe traversie di venti, le quali, sebbene di rado intervengano, sono tuttavia incomode e tal rara volta anehe pericolose. L'altro viene da pro-gressivo interrimento. б) Per ostare, in quanto la natura lo permette, al primo difetto, P unico provvedimento possibile ed utile sarebbe for se quello di creare un' isoletta artificiale fuori della corda della nostra rada, non mai entro a questa. Abbia 1'isoletta un nueleo di solidissima base, ma di non grande superficie ; ed ogni allargamento od allungamento, che vi si giudicheranno necessari per lo scopo contem-platovi, sia costruito a piloni e ad archi, non mai a fog-gia di solita diga. Costanti ed esatte osservazioni nau-tiche, e replicati e ben ponderati sperimenti, potranno appena determinare non solo la forma e la projezione che sarebbero da darsi ali'isola, relativamente alle linee gia date della corda si del nostro golfo che della nostra rada; ma altresi far conoscere se nessun pregiudizio possa venirne. c) II secondo assai maggiore difetto e quello del progressivo interrimento, cui non altramenle puo farsi ri-paro che togliendone le cause primarie, dipendenti meno dalla natura che dalle opere o dalle ommissioni degli uo-mini. Una di esse sta nel deposito del limo che il mare montando fino a quest' estremita del golfo adriatico, vi lascia la dove vi trova maggiore opportunilž. L' altra viene dallo scaricarsi continuo di corpi solidi e terrosi che scendono dal Iido. I mezzi per impedire affatto que-sto scaricamento sono piu facili che non si čreda ordi-nariamente; e sono i seguenti. cV) Si rendano innocui i torrenti coll' impedire che porlino al piano ed indi scarichino nel porto sassi, ghiaie e lerre; e cio si conseguira: eol predisporre ed accele-rare il rimboscamento generale del nostro territorio mon-tano; colla costruzione di arginature, di serbatoi e di ca-terate, che interrompano il libero corso dei torrenti, e vi obblighino le acque a deporvi le parti solide; colla sca-vazione delle foci dei due torrenti a modo d' assai pro-fondo bacino, inferiore a! livello del mare, ove le acque di quelli e di questo si confondano e le purghino egualmente delle parti solide e delle limacciose. e) Ogni deposito di parti solide spinte dalle ma-ree o dalle tempeste al lido, sara impedito eol toglierne tutte le opportunita di risaccamento, e eol lasciare libero il passaggio alle correnti marine. E questo effetto si con-seguirebbe infallibilmente coll' intersecare nuovamente il gran molo del cosi detto lazzaretlo vecchio; coll'isolare egualmente il nuovissimo molo del sale; coll'aprire anehe nel recinto del lazzaretto nuovo una bocca opposta a quella del suo ingresso, o dove meglio paresse piu fa-cile ed efficace. f) Stabiliscasi por legge assoluta ed invariabile del nostro porto, il perpetuo divieto di qualsivoglia nuova costruzione di moli od altro alle rive del porto; e solo in caso di qualche possibile non prevista necessita di nuova costruzione, non altramente la si permetta che eol sistema romano di archi e piloni. 9) Se le bisogne deli' ancoraggio, e di nuovi sta-bilimenti portolani lo richiederanno, vi si destini il seno di Muggia, il quale dal molo del lazzaretto vecchio fino alle saline di Zaule presenta e lido e mare atti ad opera estazione qua!unque. Cosi potra Trieste gloriarsi d'avere due porti, nel secondo dei quali potra senza pericolo e con somma utilita provvedere a tutte quelle occorrenze, per servire alle quali si fecero progetti che, eseguiti, non gioverebbero che alla totale rovina del primo. E qui, ringrsziandovi d' avere tollerato la lunga mia diceria, conehiudero con una sentenza, che lessi non so dove, e dice: = Gli uomini che sanno quello che fanno, non si muovono che per far bene; e che per far bene studiano prima di cuore e di mente il male che fecero ed il bene che dimenticarono coloro i quali sulla via me-desima gli hanno preceduti.= DI AMTfCO §IGILLO DEL €01IM£ DI »ORIZI/I. La gentilezza del sig. Federico della Bona di Gorizia, diligente raccoglitore di scritture a penna e a stainpa, che trattano o toccano la contea di Gorizia, e d' ogni genere di monumenti storici, ci porto a vedere anlico suggello del coinune di Gorizia il quale dali' opera di disegno e d' incisione, noi giudichiamo essere del prin-cipio del secolo XIV. II quale suggello, secondo che ne pare, e d' importanza per 1 imagine della citta che vi e espressa con sufficiente chiarezza, per le vicende stori-che che richiarna, pel rango che Gorizia viene a pren-dere nella provincia del litorale austriaco, come oggidi e costituita, appunto per le condizioni sue civili dei tempi passati. II sigillo contiene Ia veduta della citta di Gorizia com'era al principio del secolo XIV, non gia 1'odierna citta in piano, ma quella parle che e sul colle e che con-serva nel nome odierno 1' antica condizione di Castelto, ch' e quanto dire comune urbano non pienamente libero. La citta e segnata come la si vedesse stando a levante di lei; le mura, che formano la cinta esterna, veggonsi dolcemente dechinare da sommita di colle verso parte in-feriore; e delle mura notiamo che sono merlate. Ali'e-s tremi ta di queste nel lato inferiore vedesi torrione, nel quale e porta che noi pensiamo essere stata a!quanto piu internamente dell'odierna porta Ferdinandea del Castello, ed in quel sito vedemmo rimasugli di murature prolun-gate anehe dal lato delle mura odierne, che ci parvero ben piu antiche deli' odierna cinta murata. Nell' estre-mita superiore sta segnato altro torrione di simile costruzione, e questo pure a nostro pensamento era porta di citta, per lo che v' era adito alla citta e per chi diret-tamente fosse venuto per Salcano daila valle superiore deli'Isonzo, e per chidaMerna muovesse verso la Gorizia del medio tempo, a differenza d'oggidi, che vede aperta unica porta, la meridionale. Fra 1'uno e 1'altro di que-sti torrioni veggonsi altri minori assai, merlati, certa-mente destinati a guardia, e verrebbero questi a collo-carsi nel lato delle mura odierne che guarda 1' Isonzo, o perche da questo lato fosse piu necessaria la custodia, o maggiore il pericolo; il lato delle mura verso levante non segna torrione alcuno. Per entro la cinta di queste mura vediamo segnati tre edifizi, due maggiori, uno minore; questo d'uso del tutto urbano, coperti tutti e treatetto bi-partito. Nessun edifizio di chiesa, nessuna torre campa-naria; ma di questo difelto vi ha ragione in cio, che fino ali' anno 1400 Ia chiesa parocchiale di Gorizia fu quella di Salcano, entro il cui territorio era anticamente il colle sul quale surse la citta di Gorizia; appena nel 1400 ebbe questa propria chiesa parocchiale, alzata in piano, come pare sul suolo deli'odierna metropolitana. La prima chiesa di privata devozione entro il castello fu costrutta nel 1365 da Caterina moglie del conte Alberto di Gorizia. Sul piu alto del colle vedesi sorgere grandioso e-difizio, il palazzo o castello o 1' arce che si voglia dire del Signore, merlato, con torre alta, segni visibili di potere baronale, fino da'tempi romani.... regumque turres; anzi questo intero edifizio, il palazzo, seguendo gli uši della lingua piu antica romana, e I' esempio di qual-che luogo deli' Istria, noi Io diremmo ta Torre. A giu-dicare dal disegno il palazzo era di forma quadrata, Ia torre sorgeva sull' angolo settentrionale ed era ineorpo-rata nel palazzo medesimo; dinanzi al palazzo vierare-cinto murato e con merlalure; ai lati del palazzo, nella parle piu alta, si vedono due športi sorretti da frequenti modioni, certamente destinati per guardiani. Siffatta distribuzione e disposizione di palazzo men-tre corrispondono mirabilmente a rimasugli di altri simili veduti nella provincia ed a pilture antiche pur vedute, da bella guida per fissare i canoni di silTatti edifizi, e per comprendere Ia significazione loro negli ordinamenti civili e di governo. Per lo che non esitiamo a pronun-ciare che edifizi di tale forma segnino sempre dominio baronale-, che parti essenziali di siffalti edifizi sieno, il corpo del palazzo, 1' alta torre, lo scoperto murato ed annesso al palazzo. A cio non nascesse dubbiezza alcuna sulla condizione politica del palazzo e della citta medesima, sopra questa nel campo netto entro la cerchia del suggello fu incisa 1'impresa, o come impropriamente dicono oggidi, lo stemma, dei conti di Gorizia; perche anehe nel suggello doveva esprimersi che la citta sebbene fatta comune era da loro dipendente. E noto come il magislrato baronale di un comune nel medio evo s' intitolasse Gastaldo, nome che dura ancora nel significato di fattore di villa; sappiaino come nell' Istria in luogo di Gastaldi davasi Vicario ai comuni di migliore condizione, e come i Veneti traessero in loro favore i comuni inferiori nell' Istria col concedere loro magistratura con poteri e titolo di Podesta, titolo che peri'abitudizione e 1'affezione alle antiche liberta municipali non pote disusarsi ne quando nel 1812 s' instituirono i Maires, ne quando nel 1814 s' in-stituirono i Giudici come magistrature municipali. Gorizia fu emancipata nel 1307 dal conte Enrico, non pero a segno d' accordarle titolo di podesta; la carica di Gastaldo durft in Gorizia fino al 1784, e vi fu sostiluito un Borgomastro, al quale subentrera per i novelli ordinamenti un Podesta. Non ci e noto se il Gastaldo di Gorizia dei secoli dopo il 1300 venisse dato dal conte, e non vorremmo trarne indizio alcuno dal diritto di nomi-na, perche Monarchie e Repubbliche usarono altrettanto nei comuni, senza che questi si ritenessero diminuiti nella condizione di autopolitia, la quale non puo spingersi oltre certi limiti imposti dalle condizioni di famiglia politica maggiore del comune. La forma del suggello e rotonda, forma che eom-peteva eselusivamente a dignita maggiori; il modulo e medio fra i suggelli; aH'ingiro sta scritto -{- S. COMV-NIS GORICIE. Nella quale leggenda notiamo la voce Comunis, perche sembra a noi che non esprima il rango ; nobiliare di citta, non accordato dal conte Enrico; im-I perciocche, secondo quanto sospetti»mo, il titolo di Civitas j competeva propriamente a quelle citta che oltre il dominio di se medesime, avevano anehe queIIo di altri comuni, il che non ci e noto che sia avvenuto di Gorizia. Oltreche questo rango nobiliare di citta, per la venera-zione in che si tenevano nel medio tempo le instituzioni romane, non si credeva conferibile, e lo si deduceva daila tradizione, dalle memorie storiche e daila condizione ecclesiastiea di episcopato, che in vero quest' ultima era prova solenne immancabile di condizione politica; perche la chiesa si pose in armonia coll' instituzioni e cogli or-dinamenti civili. Non conosciamo la storia degli Stati, come li dicevano, del Goriziano, del Parlamenta, del Pla-cito, del Termine, o come altro chiamassero la convoca-zione del popolo; dubitiamo assai che al tempo deli'e-mancipazione di Gorizia vi fosse parlamento regolato; nč sappiamo quindi dire quando Gorizia abbia avuto carta di citla con rango nobiliare, e se abbia avuta tale condizione in forza di dispositiva generale anzi che di concessione speciale. Certo si e che Gorizia non ebbe condizione episcopale prima del 1752, ne parocchiale prima del 1400, e la condizione arcidiaconale, la quale sarebbe indizio di grande momento, o vi fu trasportata, o fu di nuova crcazione ; ne di capitoli, ne di abbazie vi ha traccia alcuna: la prima instituzione moiiaslica.č dei Francescani del 1225, pero e noto di quell'ordine come prendesse stanza nelle citta egualmente come presso le torri dei baroni e giovasse mirabilmente a contenere la prepotenza di questi. Oggidi il comune di Gorizia segna nell'impresa mura turrite, senza segno ulcuno che ricordi dominazione baronale; questo segno venne forse dimesso quando il comune fu in rnigliore condizioni di liberta. Gorizia anche nei tempi presenti conservo l'antica impresa di mura, sebbene oggidi non possa piu dirsi che sia la veduta della citta. Dei conti di Gorizia si poco sappiamo, da avere piuttosto desiderio di udire da altri, piuttosto che impulso a dire noi qualcosa. I tempi nei quali viviamo, di transizione fra la cessazione del reggimento baronale, e la restitu-zione del reggimento municipale, sono di tali fluttuazioni che tra per 1' insistenze degli uni, e le impetuosila degli altri, tra le calcolazioni di terzi che col nuovo ristabilirebbero per se il passato, e li storcimenli dei piu, la mente so-prafatta affatica per torsi d' intorno gl' impacci ed i pun-goli; ne ha forza bastante per giungere a conoscenza di cose, o mal gradite o male inteipretate. Ouelli che verranno di poi, faranno piu facilmente. Pure diremo qualche cosa. II Goriziano era p»rte integrante del Friuli, di che, non fosse altro, fa prova il nome attribuitogli di Friuli austriaco, che non cedette ad un' abbinazione col Camio fra il 1805 ed il 1809, che non ha ceduto al Litorale del 1815, e che non cedera si facilmente al Litorale del 1849. Allorquando Ottone I uni sul suo capo nel 961 le corone d'Italia e di Ger-mania, fe' dono di Salcano (che comprendeva Gorizia) per meta alla chiesa d'Aquileja, per meta a Weribent cente del Friuli e d'Istria nel 1001. Ma allora Gorizia era in condizione di villa, e sorse a condizione rnigliore per le cose d'economia, quando nel 1121 nacque la contea; il palazzo dei conti non pensiamo che fosse alzato prima del 1202, tempo nel quale anche la meta patriarcale di Gorizia passo in potere dei conti, e questi parificatisi ai maggiori potenti, contemporaneamente ai patriarchi d'A-quileja ed al comune di Trieste cominciarono a coniaro moneta. Nel 1307, come accennammo, il castello di Gorizia veniva emancipato, aveva governo di se medesimo, era sottratto aH' autorita del Gastaldo romitale, avea pro-prio gastaldo in luogo di quello. La costruzione del palazzo, figurato nel suggello d del secolo XIII, nessuna forma a šesto scuto, ma a-se-micerchio, e di quei tempi vedemmo belle opere in Istria. Nella murazione del castello di Gorizia, che cominciarono i Veneziani nel principio del secolo XVI, si se-gui 1' ambito antico del castello; anche l^interna distribu-zionefuseguita nel ricostruire 1'antico palazzo, ora destinato ad altro uso. Ed attendiamo tempi futuri per visitare questa parte di citta, ora non a tutti accessibile per trarne argomenti a schiarimento di cose o vsghe od incerte. Ed allora sara possibile di verilicare sul terreno medesimo non solo le traccie forse non del tutto sparite dell'antica distribuzione, e le proporzioni fra le areegia destinate ad altro uso, e la coirispondenza deli' antica distribuzione con quella d'altri luoghi anlichi che tultora sono riconoscibili. Imperciocche questo castello di Gorizia non e il solo ch' ebbero gli antichi conti; altro ne fu sul monte Carsano, presso Pedierno Gollaz, non molto discosto da Raspo. Ouesto castello di Carsano fu distrutto nel 1278 nelle guerre fra patriarca, conti di Gorizia e Veneziani, ne piu risorse; le rovine che duravano due secoli or sono (e durano forse tuttogiorno)accennavano ad edifiziograndioso. Non deporremo la penna prima di fare qualche considerazione sulle vicende delle citta in questa nuova provincia del Litorale, nella quale non e piu compresa Trieste. Le pili antiche citta che furono in prosperita, erano al mare, al mare Aquileja, Trieste, Capodistria, Cittanova, Parenzo, Pola; le quali avanzarono di molto leantichis-sime che slavano fra terra, poche di numero, e che non poterono sorgere anche nei bei tempi romani a condizione di prosperita pari alle marittime. I baroni del medio tempo non amarono le citta marittime, incapaci com' erano di conoscere i vantaggi che derivano dalla navigazione e dal vivere citladino, inferiori com'erano alla civilta urbana. I patriarchi d'Aquileja ben avrebbero voluto rialzare dalle rovine questa citta, ma leabitudini baronali dei prelati contrastavano colla sapienza perpetua nelle instituzioni di chiesa, per cui venne che i prelati preferi-rono dimorare altrove per le castella, mantenute in Aqui-j leja le instituzioni ecclesiastiche, incapaci da se sole a rialzare o conservare citta: Aquileja fu concellata dal novero delle citta, a lei rimase il titolo e la farna non peritura, la quale e di meraviglia a chi non sa riconoscere gli elementi che danno vita a citta. Gorizia, emancipata nel 1307, non sorse a citta durante il governo dei conti; lo divenne al fi&sarsi della dominazione austriaca, la quale estesa sopra ampie provincie non aveva indole baronale, , ma veramente regale. Fino a qual punto di culminazione i possa giungere Gorizia, noi diremo oggidi, che P argo-mento ci porterebbe lontano. Nell' Istria, il medio evo vide durare le antiche citta tutte, non nella condizione de' tempi romani, pero in pro-spera e per le materialita e per la civilta; durarono perche il popolo ed il reggimento pubblico conosceano P im-portanza del mare. Potenli baroni, che avevano in dominio il piu della provincia, presero stanza in Pisino; pure Pisino non s'alzo nel medio tempo a citta. Grandi sven-ture, sistema di governo impedirono alle citta marittime di rialzarsi nei tre secoli che ci precedono. Nei tempi piu a noi vicini, Trieste mostro quai vantaggi materiali possonsi trarre dal mare; il resto verra da se, anche contra volonta, nell'Istria udimmo dire di citta che se nate fra terre avrebbero dato nuova vita alla provincia, vidimo pošto ad elfetto il pensainento, non ne vidimo gli effetti calcolati. Ed in questi giorni nostri vediamo Trieste iso-larsi, pel cominercio e per il rimanente del litorale, Pola, Parenzo, Cittanova le citta attissime a non creduto in-cremento posposte negli ordinamenti di governo a luoghi montani, che venti secoli non bastarono a collocare in condizione superiore. DI UST ANTICO COMUNE ROMANO collocato fra il Timavo ed At/utleja. La Corografia di Pre Guido da Ravenna, che noi abbiamo in grandissima estimazione per i materiali di antica geografia che nasconde, annoverando comuni posli fra Trieste ed Aquileja, segna in due luoghi: TERGESTE, ADBECISSIM, FOROIVLII, PVCIOLIS, AOVILEIA, siccome territori che giungevano alla spiaggia marittima. Fino dove giungesse l' agro tergestino e noto: il confine suo era precisameute alla punta meridionale del porto di Se-stiana, con lunga zona di terreno che slava fra il mare e la sommila dei monti, o piuttosto coli' antica strada. Ouesti) confine non e oggidi quello del comune di Trieste, pero lo era aneora nel 1500, e fu cangiato piu tardi. Nell'ADBECISSIM noi riconosciamo quel comune che ebbe nome AVESICA e crediamo corruzione di amma-nuense il nome scritto nelle stampe deli' anonimo. II quale comune corrispondeva alla decania di S. Pelagio nel quale non sareinmo alieni di collocare il capoluogo AVESICA. A questo comune noi assegniamo il porto di Sestiana, non facendo calcolo della spiaggia importuosa ed inaccessibile del tutto fra Sesliana e Duino. II Puci-num castellum di Plinio, a giudicarne dalla descrizione del eolle da lui data, e dali'uva nerissima del vino da lui celebrato corrisponde al proinontorio della Val Coti-no, o piuttosto Cotena, e pensiamo appartenesse piuttosto ad Avesica. Al Timavo vi era porto celebrato; la farna e con-fermata dalle tradizioni e rovine di lanterna o faro che sorgeva sull' isola minore,. che si vuole fosse chiamata Amarina, e da un dazio antico che riscuotevasi sulle merci (porlorium) dai monaci di S. Giovanni, poi da quelli della Beligna, poi dal capitolo d'Aquileja, dal 1601 im-poi dai Castellani signori di Duino, abolito ai tempi di Giuseppe II; al quale dazio sembra che partecipasse anche il vescovo di Trieste. Ouesta gabella che consisteva nel quarantesimo, risaliva a tempi piu antichi che non il monastero di S. Giovanni de Tuba, e nella quota mede-sima accenna origine romana. II porto non era, come pensiamo, 1'odierno canale del Timavo, sibbene quel seno oggidi impaludato che rimane fra le isole ed i monti, e che chiamano il palude di Monfalcone; seno che vera-mente dev' essere stato bello, e sicuro oltre ogni dire. Ouesto porto non serviva ad Aquileja, che altro ne aveva celebratissimo, e piu prossimo alla citta; non serviva a Trieste, ne al comune mesehino anzi che no d'Avesica; noi pensiamo che servisse a Cividale, il di cui agro giu- risdizionale era amplissitno, ed appunto per le comunica-zioni di mare conveniva fosse proteso fino al mare, quando anche per esile striscia di terreno. La spiaggia di ter-raft rma sopra questo seno noi 1' attribuiamo a Cividale, aH' antico FORVMIVLII; non pero I' isole ne il terreno che fu poi S. Giovanni di Duino. L' isola, che oggidi dicono di S. Antonio o dei bagni, era unita alla terra ferma verso Monfalcone mediante ponte; propendiamo a credere che le stesse due isole fossero unite da ponte; la bocca libt ra del porto stava fra 1'isola della lanterna ed il proinontorio di Pucino. Ouest' isole, la terra di S Giovanni appartenevano ad altro comune, a quel!o che Pre Guido ciiiama Puciolis ed il quale esercilo assai la mente nostra, traiti dal Pozzuoli che e a mezzogiorno d'Udine,ma che difficilmente poteva protendersi fino al mare; e non fa-cile si pre.-rnlava il ricorrere a comunicazione mediante fiumi. Ouesto Puciolis di Pre Guido noi sospetliamo fosse 1' odierno Monfalcone. L' Isonzo scorreva dali' odierna Gradišča a' piedi dei monti del Carso, e passava sotto magnifico ponte in pie-tra presso Ronchi. Da Ronchi deve avere corso k' Isonzo verso Monfalcone scaricandosi nelle paludi dei bagni, ma in epoca remotissima; e per la necessita di trovarsi nuovo letto quando il plimo era rialzato per le deposizioni, dovendo sempre piu scostarsi dai monti, pensiamo che ai tempi romani, corresse a mezza via tra i monti e 1'odierno suo letto. Dal che veniva che formando il corso del fiume naturale separazione di terre, fra questo ed i monti si formasse agro, che ben poteva adattarsi ad essere comune da se. Noi volentieri vorremmo credere che 1'Isonzo corresse dal ponte di Ronchi verso Staranzano e Bestrigna, di che facciano giudizio quelli che hanno op-portunita d' osservare in quei terreni le traccie di antichi letti; forse un filone secondario d'acqua correva dal ponte di Ronchi verso Monfalcone ed i bagni, per cui 1'agro poteva dirsi isola. Ouest'agro corrisponderebbe a cio che dicevasi la desena di Monfalcone, cioea dire l'agro proprio del comune dominanle; entro quest' agro vi ha aneora contrada che chiamano Panzano, il seno di mare lo chiamano aneora la sacca di Panzano, quasi questo nome dovesse avere preferenza ad altri per intitolare la sacca. NelPannor j 929 di nostra era, re Ugo faceva dono ai veseovi di Trieste deli' isola Paciana, o, secondo qualche apografo, deli' isola Panciana, che 1' originale diploma non giunse a' nostri tempi. Ouale si fosse quest'isola, i nostri cronisti noi dis-sero, e come sembra noi seppero; isola istriana questa al certo non fu, che le maggiori apparlennero ai veseovi di Pola e di Parenzo: di scoglio piccolo inabitabile non occorreva far dono. Noi pensiamo che fosse Monfalcone, o se meglio piace, le isole dei bagni col territorio cui spettavano, perche le due isole, ed anche una sola di queste e piu che sufficiente ad accogliere non solo grossa borgata ma anche citta; ebbimo poi occasione di conviii-cerci che la voce di insula fu adoperata nel medio tempo in Istria non solo per indicare terreno circondato da mare, ma anche agro di comune; e tuttogiorno diciamo in Trieste, come dicevano i Romani, isola di čase. Certo si e che nel medio tempo piu avanzato, Monfalcone fu comune da se, non ignobile se ebbe agro distrettuale, e palazzo di patriarca, se dai Veneti fbbe podesta; voce e rango di citta. Come andasse perduta pei vescovi di Trieste, Tignoriamo; nel 1085 era gia in potere dei patriarchi d'Aquileja, i quali probabilmente 1'ebbero per convenzioni coi vescovi. E noi pensiamo che i vescovi di Trieste facessero permuta di Monfalcone con Muggia, intorno il 1072, quando si ebbero la diocesi di Capodistria; Muggia fu donata dai re Ugo e Lottario ad Orso patriarca d' Aquileja, poi la vediamo in proprieta dei vescovi di Trieste, i quali ne diedero la meta a nobile fa-miglia istriana da cui passd in famigtia di gentiluomini veneziani; e tuttogiorno una famiglia di gentiluomini veneziani riscuote da Muggia annuo censo. Nel 1296 i vescovi di Trieste cedettero la porzione di Muggia loro spettante ai patriarchi d'Aquileja e ne ebbero in cambio S. Canciano alTlsonzo, perduto alle paci che seguirono le guerre di Massimiliano, nel 1526 od in quel torno, che i Veneti non tollerarono nemmeno in Istria le domi-nazioni dei vescovi triestini. Paciana, Puciolis, Monfalcone, o con qual altro no-me si voglia chiamare il comune fra il Timavo eP antico letto dell'Isonzo, non fu, come sembra, comune perfetto e nobiliare anche nell'antichita, fu in pari condizione di Muggia, sui consiglio della quale ebbimo altra volta oc-casione di parlare, allorquando femmo menzione de'suoi statuti; la quale condizione distinta spiega a noi il perche si considerassero i membri di quel consiglio per gentiluomini o quasi. Noi pensiamo che fra questo comune e quello d'Aquileja fosservi in prossimita a S. Canciano le aquae gradatae cioe canale d' approdo; imperciocche gradata diconsi tuttogiorno le sponde fatte a gradini, ac-cessibili per chi sorte da nave. (jueste acque gradate, che erano verosirnilmenle la foce deli'Isonzo, presso le quali p^r ordine delle magistrature Aquilejesi furono posti a morte neH'ultima delle persecuzioni i santi Cancio, Canciano e Cancianilla ch' erano deli'illustre famiglia Anicia, quest' acquesegnavanoilconfineorientale dell'agro colonico Aquilejese; siccome ad occidente era il confine a S. Gior-gio di Nogaro. Dal che ne verrebbero due induzioni, 1'una che 1'agro colonico Aquileje.-e si protendesse per lungo ai lati della via che mette ad Udine, la quale per la direzione e antica; 1'altra che il confine occidentale deli'agro colonico d'Aquileja fosse altresi il confine della Venezia prorinciale (a differenza della colonica) e che quindi stasse bene in questo sito la collocazione di mo-numer.to in nome della DEVOTA VENETIA ad onore di Valentiniano; dacche lungo la spiaggia marittima, al Timavo finiva 1'Istria, poi seguiva il Puciolis di Pre Guido, poi Aquileja colonia. Questi pensieri che esponiamo ci vennero suggeriti dalla lettura d' un libro del P. Asquini, divenuto raro, del quale ci fe'dono cortese il M. R. D. Giov. B. Valta, mansionario della metropolitana di Gorizia, nel quale la profondita del sapeie va del pari eolla gentilezza. L' esistenza d' un comune antico in Monfalcone ci sembra attestata dagli atti dei santi martiri Cancio, Canciano, Cancianilla e Proto, quali leggonsi nell' antico Bre-viario MS. della chiesa triestina, del quale altra volta ci e accaduto di far menzione. I Santi, della nobilissima gente Anicia, eransi ritirati in un municipio," del quale si dice che fosse suburbano d' Aquileja, e questo municipio non avrebbe potuto col-locarsi che o a diritta od a sinistra d'Aquileja, verso Muzzana o verso Monfalcone. Dagli atti del martirio ap-pare che condannati alla morte, venissero trasferiti per 1' esecuzione non a viaggio lungo, pero tale che fu ne-cessita di far uso di carrozza. La tradizione, i monu-inenti fanno attestazione che i santi Anicii sofferissero il martirio in S. Canciano, sopra via che da Aquileja metteva diretlamente a Monfalcone, e che venissero decollati in quel sito perche la carrozza non pote piti progredire. Dal che deve indursi ch' erano destinati ad esser trasferiti da Aquileja in altra citta per 1' esecuzione, dacche il campo delle giustizie da Aquileja non poteva essere tanto di-scosto. fi verosimile che venissero condotti a subire il martirio in quello stesso luogo ove avevano vissuto, cioe a dire nel municipio suburbano, che noi pensiamo essere stato sui suolo deli' odierno Monfalcone. Fu caso che terminassero la vita sui terreno ove oggidi e S. Canciano, e per accidente diverso da quanto solitamente si narra. Diamo le ultime Iezioni del loro martirio. LECTIO VI. Post aliquantum temporis autem devenerunt in qu..... dam municipium foris muros civitatis Aquilegie, et illic demorabantur abseonse in suburbanis. Administrante autem Socracio praeside in civitate Aquilegia, suggestum est ei a quodam ignominioso Aspasio nomine, dicens: Domine Praeses advenerunt hic in nostram civitatem de urbe regia quidam duo viri clarissimi, qui se christia nos esse confitentur, nomine Cancius, et Cancianus. Jube g. eos secundum imperiale praeceptum tuis optatibus pre-sentari, et de eis interrogationein facere ne forte audia-tur quod christiani sunt, et ne tu nec leges contra rem-publicam esse videaris. LECTIO VIL Tunc Socracius praeses audiens.......racio- nem jussit militibus ut eos in conspectum suum produ-cerent. Cumque produeti fuissent, praeses dixit ad eos. Ouid est quod de vobis suggestum est. Audio quod christianos vos esse, profitemini. Sancti martyres dixe-runt: Quod tibi suggestum est, certum esse confirmamus, quia christicolae sumus, cum hoc consuma........domino auxiliante. Socracius praeses dixit: Nolite vos metipsos perducere ad tormenta, accedentes sacrificate diis im-mortalibus, ut quod pro ignorancia peccastis, vobis re-propicietur. Sanctus autem Cancianus subridens ait. Sibi metipsis vel eos collentibus propiciari non possunt, quo-modo dii vestri christianis propiciari poterunt. Nos enim propicium habemus Jesum Chrislum regem coelorum. LECTIO VIII. Tunc exarsit in ira praeses et jussit eos extensos nervis erudis cedi et plumbatis peetora eorum tundi doneč spiritum exalarent. Audiens hoc beatissima Cancianilla, germana eorum, erat autem annorum XIIiI, intrepida ve-nit in presidis praetorium, dixitque Praesidi: Vero quia minister es Satliane, bene ejus perfecisti voluntatem pa-tris tui diaboli. Nam fratres mei cum Dei paciencia per-gunt ad Christuin regem, siculi et ego cum eis esse cu-pio, ut quoinodo ex uno utero matris meaa devenimus, ita pariter pergamus ad dominum Jesum Christum. Au-diens praesesjussit eam expoliatam et accinctam virgis cedi. Tunc praeses audiens quam multam sbam.......secum ad- portabant quod christianis et egenis expendebant, jussit eis capitalem diccare senteritiam. Et accipientes eos ministri compellebant ingredi. Et cum vidissent eos minime ambulare posse, in carruca q. consueti fuerunt impo-suerunt. Cumque pervenissent non longo itinere a ci- vitate mulus qui a dextro latere erat.......a mulo qui erat sub jugo victus flexis genibus amplius surgere non po-tuit. Cumque vidisset minister eos de caruca depo-suerunt. Et accedens spiculator amputavit capita eorum una cum Proto pedagogo ipsorum. Ed a chiusa registriamo 1' inno che in onore di questi santi fu dettato nella seconda meta del secolo passato dal paroco di Pasiano, Francesco Furlani impres-so in Udine nel 184... O decus nostrae regionis almi Martyres, proles Anici decora, Qui simul juncti fera bella fortes Sustinuistis. Vos pari gressu terere usque vid it Semitas vestrae pietatis, et vos, Pauperes fratres, alere, et fovere Patria Roma. At fidem nos impavidos fateri Vidimus coram trucibus Tyrannis Atque pro Christo dare eolla ferro Ultro secanda. Vos aquae testes eritis Gradatae Vos quibus lymphas sacer, atque littus Imbuit largo jugulis profusus Flumine sanguis. Unde saeratos plaga nostra Manes (Proh decus) condens niveis sepuleris Et viget felix, et amica Coeli Numina sentit. Ergo si vestrum memores quotannis Debitas laudes canimus, damusque Thura, devotus populus, referta Ubera acerra: Saeculi syrtes miseris cavere Detis oh nobis vigiles Patroni, Inter ut vestro Superos recepti Ore fruamur. Faxit hoc nobis Pater, et coevus Filius, lapsi reparator orbis; Quique procedens ab utroque jungit Spiritus ambos. Amen. La fama che i santi martiri Cancio, Canciano e Cancianilla fossero della illustre famiglia Anicia romana, e costante, e nella prima lezione del loro martirio secondo il Breviario triestino, si cita pura la fama, come testimonio, ed ai santi si da il titolo di clarissimi che era proprio dei senatori romani. Sembra peraltro che gli Anicii avessero possidenze in Aquileja, come i Crassi il-lustri di Roma ne ebbero presso Pela, e non e invero-simile che i santi martiri fuggendo Roma riparassero sulle loro terre in queste parti, ove poi furono presi e deca-pitati. II Bertoli e prima di lui il Tomitano registrano bellissima leggenda, non pero egualmente tutti e due ANICIA-P L GLYCERA FVI-DIXIDEVITA -MEA SATIS • FVI • PROBATA OVAE-VIRO-PLACVIBO NO • QVI • ME • AB • IMO ORDINE • AD • SVMMVM PERDVXIT ■ HONOREM II Tomitano che vide il marmo nel secolo XV vi antepone: FLAVIA • ANICIA ■ P • L • GLYCERA E ci pare bellissima cosa Pindicare la vita di que-sta donna nel suo nome gentilizio e nel suo cognome; poiche mostrando il secondo come fosse d' origine schia-va, mostrava coll'altro d'essere entrata in famiglia delle piu chiaro di Roma, mediante matrimonio con quello stesso Pubblio Anicio che la manomise. La pieve di S. Canciano fu gia di ragione della mensa veseovile di Trieste, o piutlosto della camera ve-scovile, ma cio avvenne ia forza di permuta con Muggia avvenuta nel 1296, ed ando perduta nel 1526 come pen-siamo in seguito alle paci tra Austria e Venezia per le cose del Friuli, ed assai posteriormente alla perdita o piuttosto alla cessione di Monfalcone, che sarebbesi fatta ai patriarchi d'Aquileja. Ancor nel secolo passato il duomo di Trieste manteneva possidenze civili presso a Monfalcone, davvicino alla citta.