,\NNO XXVI. Capodistria, 1 Febbraio 1892. N. 3 LA PROVINCIA DELL'ISTRIA Esce il 1° ed il 16 d'ogni mese. ASSOCIAZIONE per un anno fior. 3; semestre e qua-irimestre in proporzione. — Gli abbonamenti si ricevono presso la Redazione. Articoli comunicati d'interesse generale si stampano gratuitamente. — Lettere e denaro franco alla Redazione. — Un numero separato soldi 15. — Pagamenti anticipati. In memoria del Dr. Pietro Kandler Addi 18 Gennajo si compi il vigesimo anniversario della morte del Dr. Pietro Kandler ; e noi riverenti deponiamo il mesto fiore della memoria sulla sua tomba. Se è vero, come disse il poeta, che sugli estinti „non sorge fiore ove non sia d'umane lodi onorato e d'amoroso pianto" la terra che copre gli avanzi del primo nostro cittadino deve essere tutto un olezzo, e intorno ai salici che si piegano sulla sua croce, tra i sibili del vento aquilonare, a chi ha orecchi non sarà difficile udire un coro di voci plaudenti, che viene da tutta la penisola, promettitore di miti zeffiri e di più lieta stagione. E per vero nel Dr. Pietro Kandler l'Istria riconosce il suo Muratori, l'infaticabile e dotto raccoglitore di documenti, materiale immenso per la storia del nostro paese. E quei documenti restano testimoni del glorioso passato, e ci crescono animo nelle battaglie del presente, a bene sperare dell' avvenire; perchè un paese, che ha tante memorie, non può esserne violentemente divelto, nè lasciarsi contro natura piegare a rivolgere lo sguardo oltre al tempestoso Quarnero. E se il Kandler visse in tempi difficili, se non potè trarre tutto il vantaggio dell' immenso materiale raccolto, sostenne però sempre a spada tratta la romanità dell'Istria; fu questa la meta costante degli studi a cui dedicò tutta l'operosa sua vita. Perciò frugò negli archivi, lesse e interpretò lapidi, spiegò la derivazione di molti nomi, e sotto al terriccio dell' alluvione slava, trovò limpida la sorgente latina. E così fu educatore del sentimento nazionale, e dischiuse a noi il campo per spingerci più in là alla difesa della nostra italianità. Egli depose il seme, noi ne educhiamo oggi i fiori ; stabilì i principi, tocca a noi dedurne le conseguenze, ma sarebbe ingratitudine nera se con la giovanile baldanza volessimo rinnegare e sconoscere il merito del primo educatore, e alla luce de' nuovi tempi, e coi presenti criteri giudicare l'opera paziente, prudente, circospetta di un vecchio che avea pur diritto ad una vita onorata e tranquilla, e della fiducia in lui riposta si servì per condurre a termine, con meno ostacoli, un' impresa forse allora neppure sospettata dai Mecenati. Discepoli adunque del Kandler siamo oggi tutti noi che difendiamo la nostra nazionalità, e discepolo suo primo è oggi in Trieste, benché in altro campo, il Pitteri, che tanta vita classica tradusse nelle sue dolci e patriottiche rime. ('erto non tutte le deduzioni del Kandler reggono ora alla critica ; anche egli fu uomo, ed errò qualche volta; ma i suoi errori non sono grossolani; sono gli errori di un nomo di genio e sostenuti con tanta copia di argomenti, sia pur fallaci, che ci obbligano a uu lavoro di analisi paziente, e a cercare altre ragioni per combattere le sue, e così accrescono sempre più il patrimonio della scienza. Quante volte gli errori di un uomo di genio non diedero occasione ai discepoli di scoprire splendidi veri! Non così i cavillatori, i sofisti; non così il servile gregge degl' imitatori, che si attaccano all' autorità del Kandler per sostenere un qualche loro strafalcione che dà nell' occhio subito, e non meriterebbe neppure 1' onore d' essere confutato. Un altro merito ci piace rilevare ancora nel Kandler. Egli, triestino, uscì primo dalla cerchia delle vecchie muraglie della città di San Giusto; e si sentì, appunto perchè triestino, fortemente istriano. Per lui la patria non finiva al ponte di Zatile, e alle colonne di Santa Croce; ma gettò uno sguardo siili' Istria tutta, e difese così ammirabilmente P unità della provincia; ed ecco perchè lo abbiamo di sopra chiamato, e lo chiamiamo il primo nostro cittadino. Se oggi l'Istria tutta guarda a Trieste come a suo speglio; se gl'Istriani l'hanno in conto di loro capitale morale; se, vinti i pregiudizi e gli odi storici, la penisola tutta si rannoda a Trieste; e se d'altra parte i cittadini della capitale non guardano più cou dispregio gli umili provinciali, il merito di tutto ciò attribuire si deve un po' ai nuovi tempi, ma più ancora al Kandler, al fondatore del giornale L'Istria, con cui per più anui stette sulla breccia a scrutare la comune storia, e a difendere i secolari diritti della nostra civiltà. Certo tutto non si può fare in una volta; qualche pregiudizio rimane ancor di qua e di là della Ro-sandra; ma non si può così di leggeri dimenticare un passato di reciproci odi e vendette. Quando l'Istria però avrà conquistato la sua unità, tutta la sua unità, dovrà sempre ricordare con gratitudine il nome di Pietro Kandler compilatore del giornale L'Istria. E non è facile dire di tutte le fatiche inte-lettuali ed anche fisiche da lui sostenute per questa opera di unificazione. A lui non bastava radunare documenti, nè descrivere, per sentito dire, luoghi ed edilizi; egli voleva tutto vedere e toccare, e perciò ben poteva dire di aver visitato palmo per palmo tutta l'Istria; e togliendosi spesso agli ozi snervanti della popolosa città; prima ancora delle società alpine, troppo spesso dalla fama strombazzate, saliva da giovane sui nostri monti, e vecchio si compiaceva con quel suo bonario sorriso e con un significante girar d'occhi tardi e gravi, ripetere : Abbiamo visto, abbiamo esaminato tutto; vedemmo, udimmo. E questo un merito particolare del Kandler, che il nostro periodico modesto, ma riverente continuatore dell' Istria, non poteva non far rilevare in quest' occasione. Nel nome illustre di Pietro Kandler, nell'occasione del vigesimo anniversario di sua morte uniamoci adunque, tutti quanti siamo istriani dal Timavo all' Arsa, o viventi in provincia, o lontani balestrati dal fato, alla difesa della infelice nostra piccola patria; e tutti insieme, deposti gli sdegni, e le piccole e grandi gare, o abitanti nella popolosa capitale, o nelle umili cittadelle e borgate, o sentinelle avanzate nell' agro un giorno tutto nostro, ed ora invaso, senza colpa nostra, da genti straniere, stringiamo concordi le fila a difesa del sacrosanto diritto. I documenti raccolti da Pietro Kandler, il codice diplomatico, le sue dotte e molteplici lucubra-zioni, checché si dica in contrario, non sono sfumature storiche per Iddio ! Studiamo adunque la nostra storia; ci sia sempre di guida la romanità e la istrianità del Dr. Pietro Kandler; questo il fiore più bello deposto sulla sua tomba. Il tempo farà il resto; e a chi rammenta i suoi morti, e la gloriosa sua storia, la storia sarà sempre maestra di vita. Per la stessa occasione abbiamo ricevuto da un onorevole comprovinciale la seguente: 18 gennajo Oggi, 18 gennajo, si compiono venti anni da che mori in Trieste Pietro Kandler. Da questo periodico, che 1' ebbe cooperatore autorevole, è doveroso inviare oggi un pensiero di affetto e di gratitudine alla sua memoria, come al più grande benefattore dell' Istria nostra. Perocché, mentre sarebbe ozioso di ripetere qui ciò che tutti sanno, a riassumere in due parole 1' opera sua, fa duopo riconoscere che nessuno ha fatto per la illustrazione del nostro paese quanto fu da lui compiuto; e anche a quelli che vennero dopo di lui egli ha sgombrato il terreno in ogni sua parte dalle maggiori difficoltà. Pietro Kandler ci ha lasciato tale una ricchezza e varietà di memorie che, se resero giustamente immortale il suo nome, recarono anche inestimabile onore alla patria nostra. Che più? Egli ha rivendicato all' Istria quella civiltà che, finché il sole splende sui nostri campi, nè violenza nè perversità di tempi ci porterà via mai più. Le onoranze però tributate a tanto uomo dalla provincia nostra, da Trieste, da Pola ci sembrano inadeguate ai suoi meriti. A chi ha servito la patria come lui ben altro è oggi dovuto. L'Istria — non esclusa Trieste — se vuol meritare il vanto di paese civile, dovrà quando che sia decretare un monumento a lui, come al più nobile de' suoi figli. E se potesse nulla la nostra voce, noi vorremmo che il monumento sorgesse in mezzo alla piazza grande della sua città natale che dei comuni istriani è il maggiore. Un monumento di tal sorte a Trieste dovrebbe simboleggiare, diremmo così, l'italianità della nostra regione e sarebbe come la bandiera intorno alla quale combattere, quanti siamo Istriani, i nostri nemici. Sul monumento dovrebbero scolpirsi a lettere d' oro poche parole : A Pietro Kandler la gratitudine degli Istriani. E quando i fratelli delle cittadette nostre che quivi si portano ogni giorno fossero scesi in piazza dal vaporetto che li accoglie nel tragitto da Pola in su, pensiamo che s'inchinerebbero dinanzi all' effigie dell' uomo che documentò l'italianità di queste terre e loro rammenterebbe che alla lingua è congiunto ciò che di più sacro ha 1' uomo sopra la terra. Da lui, da Pietro Kandler, prenderemmo noi tutti gli auspicii ; da lui che sull'altare della patria sacrificò sè, la sua fortuna e morì povero. Gloria alla sua memoria! Ves. ------- SAN MAURO VESCOVO MARTIRE PATRONO della città e diocesi di Parenzo. La questione è gravissima; e di molta importanza così per la storia ecclesiastica come per la civile, ed offre nello stesso tempo materia di studio agli archeologi. Non è adunque un appunto bibliografico questo, ma una dilucidazione d'un fatto ; non vi si tratta di un libro, ma di monumenti e di lapidi; perciò volentieri ritorno siili' argomento, non già con la pretesa di dire cose nnove, ma col desiderio di rendere a tutti nota ed accessibile la questione, compendiando per ciò quanto fu già egregiamente scritto dal Dr. Andrea Amoroso negli Atti e Memorie ecc. voi. VI, fascicolo 3.° e 4.° Solo ci aggiungerò qualche osservazione di mio, e che servirà di risposta alle numerate risposte del canonico Pesante1). Ed ecco senz' altro come stanno oggi le cose. Nel 1846 si rinvenne sotto P aitar maggiore della basilica eufrasiana una lapide sepolcrale con la seguente iscrizione; HOC CVBILE SANCTVM CONFESSORE MAVRI NIBEVM CONTENET COEPVS IIAEC PRIMITIVA E1VS ORATIBVS REPARATA EST ECCLESIA HIC CONDIGNE TRASI.ATVS EST VBI EPISCOPVS ET CONFESSOR EST FACTVS IDEO IN HONORE DVPLICATVS EST LOCVS /////////////////////////////////ICTV-S llllllllllllllllll/ll/lls L'iscrizione in buon volgare tradotta suona così : — Questo sepolcro santo contiene il candido corpo del confessore Mauro ; questa chiesa primitiva fu riparata pelle sue orazioni; fu qui condegnamente trasferito ove fu fatto vescovo e confessore; così il loco è duplicato in onore. — L'iscrizione letta e studiata senza prevenzione non dovea essere neppure nel 1846 un rebus. Diceva d'un antico vescovo martire, d' una chiesa fatta più grande e di più aumentata in onore, perchè conservava il corpo di Mauro vescovo e martire in Parenzo. Ma quando vi sono antichi errori e pregiudizi, e si giudica con un'idea preconcetta, allora la mente umana prende un dirizzone sulla via dell' errore. Peggio poi se un qualche dotto di gran nome vi s' immischia, e con l'autorità sua dà la sanzione all' errore volgare. La lapide infatti veniva a distruggere una verità ripetutamente proclamata dal Kandler, che i vescovati istriani cioè furono istituiti non prima del 524 circa. Ma l'iscrizione dice chiaro di un Mauro vescovo e martire; dunque, ammessa per verità inconcussa l'istituzione posteriore dei vescovi, conveniva fantasticare ed arzigogolare per leggere l'iscrizione in modo conveniente a quell'idea preconcetta. Il Kandler adunque immaginò un vescovo Mauro, fermo nella fede cattolica al tempo dell' eresia dei tre capitoli, e perciò sepolto fuori della basilica dagli scismatici, e più tardi, restituita la comunione romana, trasportato nella basilica e onorato quasi come un martire. E tutti allora, giurando nelle parole del maestro, accettarono la spiegazione; anzi la curia vescovile spinse la compiacenza fino a interpolare un Maurus nel 598 tra un Angelus ed un Stephanus nel sillabo dei vescovi. E non occorre dire che la lezione proposta dal Kandler era più che mai arbitraria, perchè il du-plicatus est locus e reparata est ecclesia accennano chiaramente a ingrandimento materiale del luogo e morale insieme per la venerazione al sepolcro di un vero martire, non qiiasi; e non già solo a chiesa risanata dall' eresia come pretendeva il Kandler. Lungi da me l'idea di scemare la fama stabilita dell' egregio uomo ; ebbe egli il merito di studiare la storia nostra, come nessun altro prima di lui, e di raccogliere tale copia di documenti da meritarsi in ogni tempo la gratitudine del paese. Ma uomo fu, e quindi soggetto alle umane imperfezioni; e specialmente ebbe fisso il chiodo in quel suo dogma dell' istituzione dei vescovati, per cui giunse perfino a mutare stranamente il Domino juvante d'una iscrizione in Domino Ioanne beatissimo Antistite, ciò che gli fu vivacemente rimproverato dal Padre Garrucci. E contro 1' opinione del Kandler avversi furono, prima ancor delle recenti scoperte, molti dotti ecclesiastici nel-l'Istria, e tra questi il Cleva Preposito di Pola.1) Quello è certo si è che se oggi vivesse, non vorrebbe certo, come altri per picca, chiudere gli occhi alla verità, e candidamente confesserebbe il suo errore. Ed ora, tornando all' argomento, dico che già nel 1846, senza quella tale prevenzione, la lapide avrebbe dovuto a qualcheduno far subito comprendere che il Mauro della iscrizione era precisamente il Mauro vescovo e martire di cui si legge negli antichi martirologi — In Hgstria civitate natale sancti Mauri martgris ecc.....Ma così è fatta la povera mente umana ; a caso vergine, come dicesi, e coi nostri occhi noi la possiamo facilmente trovare; ma guai se ci lasciamo mettere gli occhiali colorati sul naso ; allora si vede o rosso, o verde, o perso a seconda delle lenti che il maestro ci ha imposto. Ed ora in questa intricata questione a procedere con ordine il lettore ha a sapere un' altra cosa. Durante le tenebre del Medio Evo (e questa non è una frase fatta per Giove!) la tradizione si alterò, e invece del martire Mauro parentino, si cominciò a venerare un Mauro monaco, venuto niente meno che dall'Africa. Come questa alterazione sia avvenuta, ho già detto a suo luogo; solo aggiungo a maggior schiarimento che, perduta la memoria delle due antiche basiliche preesistenti all'Eufrasiana, dispersi gli antichi documenti, e quindi la conoscenza degli antichi vescovi anteriori ad Eufrasio, nel periodo monacale, quando per la corruzione del clero secolare, il regolare divenne potente, e supplì al difetto di vescovi e preti intenti alle cose temporali, ed anche per l'identità del nome, il Mauro africano un po' alla volta prevalse sull' antico ; e i passionari e le leggende confermarono il clero ed il popolo nell' errore. Certo in tempi migliori, nei secoli XVI e XVII, sarebbe stato facile a qualche dotto prelato o sacerdote rilevare l'errore; ma si sa come d'altra parte il clero vada coi piedi di piombo per timore di non isradicare insieme col pregiudizio il dogma, e specialmente in un tempo in cui si moveva così aspra guerra al culto dei santi, e in certo modo si sarebbe dato ragione ai novatori palesando un grossolano errore. Anche si vuol ricordare che i tempi corsero allora disastrosi per la chiesa parentina: le pesti fecero allora tale strage a Parenzo, che per molti anni, come risulta da documenti, la città rimase quasi un deserto, e la basilica senza officiatura, e la canonica rovinata e *con soli due canonici poveri che appena hanno di entrate per vivere e in un altro luogo„ (Gasparo Negri — Memorie della città e diocesi di Parenzo. Atti e Memorie ecc. Voi. Ili Fascicolo 1. e 2. pag. 142). Era proprio quello il tempo di depurare le tradizioni per distinguere tra Mauro e Mauro. Per tutte queste ragioni l'errore rimase, e solo ai nostri giorni fortunatamente venne in piena luce la verità. Ed ecco come. Il Rev.mo Paolo Deperis parroco decano, pio ed erudito sacerdote intraprese entro e fuori della basilica degli scavi, i risultati principali dei quali possono secondo l'Amoroso riassumersi : primo, nella scoperta di una primitiva basilica cristiana; secondo nella constatazione dell' esistenza di una seconda basilica, sulle cui fondamenta il vescovo Eufrasio eresse poscia quella da cui prende nome, la quale cronologicamente, sarebbe perciò non la prima, come erroneamente venne sinora ritenuto, ma appena la terza basilica cristiana. La basilica prima, volta ritualmente ad oriente, occupava il fondo a settentrione dell' attuale, era costruita ad una sola nave priva di abside e rappresenta il tipo delle chiese cristiane più antiche. Gli avanzi del pavimento musivo *) sono del buon secolo, ammirabili per vaghezza di disegno ; e tutto ci autorizza a crederla alzata nel secolo li in tempo di relativa pace tra una persecuzione e l'altra. Abbattuta e incendiata questa prima basilica, nella distruzione generale delle chiese comandata dagli imperatori Diocleziano e Galerio, sorse sulle rovine di questa, la seconda basilica che diremo Costantiniana. Di questa preziosi avanzi vennero in luce cogli ultimi scavi, e si conobbe quali parti dell'attuale eufrasiana furono accomodate nella nuova costruzione; si scoprì il piano e la torma del presbitero della basilica costantiniana, e persino il suppedaneo o sgabello che sosteneva la sedia vescovile. Se non che minacciando rovina l'e-difizio, ecco che Eufrasio, ultimo venuto, come appare evidentemente dalla frase della nota inscrizione TEM-PLVM QVASSANTE RVINA, alzò sulla seconda la terza ed ultima basilica, quale ancor oggi si vede. Riepilogando il sin qui detto, appare adunque chiaro come la luce del sole, che la comunità cristiana alzò una basilica nel secondo secolo; distratta questa, ]) Le iscrizioni sono diligentemente riportate e spiegate dal Dr. Amoroso. Dove però egli legge EX SVO P///// (palatio) suggerirei invece peculio. una seconda dopo la pace di Costantino, e finalmente 1' attuale per opera del vescovo Eufrasio. Qui non occorre argomentare in barbara e con gli arzigogoli della vecchia scolastica; i se e i ma non c'entrano per nulla: abbiamo dei fatti, che ci dimostrano chiaramente la verità; ed è da questi che la famosa iscrizione, rimasta finora un rebus, riceve una piena e chiara spiegazione. Noi sappiamo che ci fu un Mauro antichissimo vescovo e martire di Parenzo, che prima dell'eufrasiana ci furono due basiliche, che le parole duplicatus est locus evidentemente accennano ad una seconda chiesa che conservava il corpo del martire Mauro, e che a Parenzo (e probabilissimamente in tutte le altre città primarie dell'Istria) esistevano vescovi assai prima dell'epoca stabilita dal Kandler. Questa la spiegazione accettata anche dall'illustre archeologo G. B. Rossi, e da altro scrittore italiano, venuto appositamente a Parenzo, e che darà quanto prima relazione di tutto nella Nuova Antologia ; da un professore polacco dell' Università di Vienna, e da molti celebri francesi ed inglesi, i quali chiesero i piani e le fotografie della basilica. Tutti questi signori trovarono esattissima la relazione, o meglio le deduzioni fatte dal Dr, Amoroso negli Atti e Memorie, e nessuno vi fece la benché minima obbiezione. Il presidente della commissione centrale di Vienna, barone Helfert, e vari professori da baldacchino ne furono non solo persuasissimi, ma ci ottennero (oltre ai ventimila fiorini già erogati pel l'istauro dell'abside) altri duemila per la conservazione delle scoperte fatte, e per proseguirne di nuove. Dunque è assurdo che ci si venga a dire che sugli scavi recenti non si è ancor detta V id-tima parola; e quel che è peggio, affettando un amor patrio da campanile, che fa insolentemente chiamare forestieri tanti dotti preti e laici che non hanno avuto la fortuna dì essere battezzati a Parenzo ; e lo zelo della maggior gloria di Dio e della chiesa in cui si è ricevuto il battesimo. Oh! che c'entra il battesimo? Il battesimo è porta della fede, come dice Dante ; e quindi della verità; e il chiudere gli occhi alla verità non fa onore nè al battesimo, nè alla diguità che si occupa nella chiesa stessa. Tutto ciò pare impossibile, specie in persona che non è priva d'ingegno, e a rendersi ragione del fatto, e della stuonatura occorre che il lettore sappia qualche altra cosetta. Questo andare e venire di tanti personaggi celebri, se ha lusingato 1' amor proprio dei cittadini di Parenzo e di tutti gì' Istriani, ha dato ombra ai deboli di spirito. Quei ventimila fiorini spesi per voltare la terra, e scoprire muricciuoli, hanno dato ai nervi ai pusilli. E non era meglio far delle elemosine ai poverelli, specie nelle presenti miserie ? Quella manna piovuta da Vienna, non si poteva in parte almeno erogare ai bisognosi? 0 almeno che apparamenti sontuosi si avrebbe potuto comperare, e che candelotti in onor di San Mauro ! Sono i soliti ragionamenti delle donnicciuole che hanno avuto fin dai tempi più remoti tanta voce in capitolo. Si aggiunga che questo buttar sossopra la basilica, e il necessario ingombro fino a restauro finito, e qualche altra innovazione necessaria per ridurre la basilica nella primitiva forma (innovazione che, piaccia o non piaccia a qualche violento ed inurbano oppositore, si farà quanto prima di certo): tutte queste cose, dico, mero ad alcuno un sacrilegio, e atto poco riverente la santa memoria del vescovo Peteani, tanto beneme-to della basilica. Il Peteani però fu un santo e caritevole uomo ; e del bene ne ha fatto parecchio a 'arenzo ; ma di archeologia ne sapeva poco, e ce lo rovano quelle due grandi cappelle che fece aprire di uà e di là, alterando P euritmia e la pianta della baltica eufrasiana, come ho già lamentato, molti anni or ono, nella mia — Storia dell'arte cristiana nell'Istria. Di tutti questi sommessi parlari, di tutti questi ettegolezzi si fece adunque il portavoce il Pesante col io grosso volume, di cui ho parlato ne' miei Appuuti ibliografici. Ne ho scritto, ripeto, per debito d'officio, enchè sarebbe stato forse più consulto tacerne. E se osi di lontano, e senza il debito studio, modestamente 10 dichiarato di non poter sciogliere la questione, ora on piena conoscenza di causa dichiaro che accedo alle (inclusioni del Dr. Amoroso, e che accetto fin d' ora I competente giudizio dell' illustre canonico Deperis, e 11 tanti valenti archeologi. Perchè tra il cieco giurare i» verba magistri, e il persistere a negare i fatti, e il lompetente giudizio dei migliori sui fatti medesimi, ci :orre tal divario che tra la pecoraggine e il negare la ferità conosciuta, ciò che mi hanno appreso essere pacato contro lo Spirito Santo fin da quando imparavo la lottrinetta sulle panche della scuola. Certo non si ha i credere al primo venuto ; e neppure al maestro di color the sanno, quando evidentemente le ragioni sono tirate ton le molle, come nella questione Kandleriana ; ma piando abbiano in piena luce i monumenti, e quando pesti monumenti ci sono interpretati, e pienamente Negati dal Deperis, dall'Amoroso in provincia, e nel itegno da un Rossi, e a Vienna (la scienza non domanda 1 passaporto a nessuno) a Vienna, dico, da un Helfert; allora, caro Canonico, giù il cappello coi fiocchi ; a voi non tocca che la parte di stare ad ascoltare e tacere. Quanto poi a quel vostro San Mauro ecc. ecc.... sappiate che se ho voluto darmi 1' aria di assidermi paciere tra le due parti. 1' ho fatto per un resticciuolo di affetto a voi; ed anche per una certa inclinazione, venuta con l'esperienza e con gli anni, di vedere nella critica più il bene che il male, e a compiacermi di temperare sempre il biasimo con la lode. Troppo forse in altri tempi con giovanile baldanza ho sfoderato le unghie; piace a me adesso infilare sempre i guanti; ed è appunto per questa mia senile bonarietà che sono stato proprio, come voi dite, e me ne pento, giudice parziale, parziale, intendiamoci, verso la causa da voi difesa. Ed ora per «sser proprio imparziale ; per non dare di qua e di là un colpo alla botte ed uno al cerchio, giacché proprio lo volete, battendo ben bene la vuota botte, e lasciando stare i soliti cerchi che sono di ferro, vi dirò chiaro e netto che non e' è bisogno alcuno d'arbitrato e di giudici; ma che nella questione di San Mauro il torto è tutto vostro, e la ragione tutta intiera da parte di quei bravi signori che voi vi date ad intendere di essere vostri avversari, mentre sono le mille miglia lontani dal concedervi un tanto onore. Ferciò, senza portar barbazzale per la dignità vostra, ecco sul conto di quel vostro libro la mia ultima parola. Non creda il lettore che io voglia ingolfarmi punto per punto nella confutazione di tutti gli argomenti, e in quell' arruffio in barbara e in baralipton che farebbe venire le traveggole ad Aristotile. E poi a che prò? I sofisti, i cavillatori, i filosofi bizantini questo hanno sempre di proprio ; che quando credi di tenerli stretti, trovano modo di guizzare come le anguille e di sfuggirti di mano. Una sola contraddizione del Pesante mi piace qui ancora rilevare. Il San Mauro nel mosaico dell' abside non può essere secondo voi l'antico vescovo parenti no perchè ,uon vi scorgiamo alcun emblema vescovile, nè mitra, nè pastorale, nè stola„.... (pag. 167). Me ne dispiace tanto. Ma badate un po'. Eufrasio che tutti sappiamo essere vescovo, non ha alcun emblema vescovile, nè mitra, nè pastorale, nè stola.... dunque non è vescovo. Ex ore tuo te judico ; e non occorre altro; ab uno disce omnes. E tutti gli altri arzigogoli sulla porpora d'Eufrasio, e sulle virgulae coccinae e perfino sulle pianelle della Madonna: tanto c'entrano con l'argomento come il lumen Christi in sinagoga. Eccitano uu riso omerico le maraviglie dell' autore che non arriva a comprendere come i fedeli non abbiano lapidato Eufrasio, perchè ha avuto la petulanza di farsi ritrattare con la porpora, mentre San Mauro, poverino, non ha che una semplice tunica bianca. Quale orrore, quale mistificazione ! Sono proprio questioncelle da sagrestani che disputano di al-muzie, di rocchetti e di mozzette coi fiocchi. Ecco, per esempio, se nella basilica di Parenzo ci fosse una collezione di quadri di tutti i vescovi da San Mauro in tunica, da Eufrasio con la porpora, fino a Monsignor Peteani in mitra e pastorale, Monsignor Flapp, da modesto e prudente prelato qual è, dopo gli argomenti del Pesante dovrebbe farsi ritrattare in maniche di camicia, e non in cappa magna, per non offendere la dignità di !San Mauro, e dello stesso Eufrasio che ebbe secondo il Pesante, la sfrontatezza (perdonabile s'intende in tempi bizantini) di voler apparire più bello e più maestoso di San Mauro1). Concludiamo che è ora. San Mauro martire e vescovo di Parenzo, come oggi è accertato, rimarrà sempre il protettore della città e diocesi di Parenzo, l'onore dell' antica chiesa istriana, anche dopo le scolastiche esercitazioni del Canonico Pesante. P. T. ') Cadono cosi tutte le altre argomentazioni del canonico. Egli cita sempre i Passionari. Ma se passionari antichi non apparisce nè come nè quando San Mauro Africano sia venuto a Parenzo, da quali documenti ha ricavato poi il Pesante che il corpo di San Mauro è venuto da noi? A Gallipoli viceversa si conoscono tutti i particolari della vita del Santo, e si festeggia il giorno della sua traslazione. Dunque se il corpo del Santo era ed è a Gallipoli, (ciò che il Pesante vuol distruggere con la massima leggerezza) San Mauro non poteva essere a Parenzo ed ora a Genova, a meno che non sia stato fornito di due teste, quattro braccia ecc. ecc. E poiché il Canonico non accetta la spiegazione della lapide data dall'Amoroso, e non vuol saperne della luce recata dagli altri, perchè non ci dà egli una miglior spiegazione? La lapide è sempre lì ed aspetta. 0 accetta egli l'interpretazione erronea del Kandler, e la ingegnosa leggenda del quasi martirio ? ZbT otizie Il comitato permanente del consiglio agrario provinciale nella sua seduta del 16 decorso ha approvato all' unanimità un memoriale sui dazi d'importazione e di esportazione alla voce «vino" nella rinnovazione del Trattato di commercio tra l'Italia e l'Austria-Ungheria ; e -seduta stante ha innalzato a S. E. il ministro di agricoltura i tre voti coi quali si chiude : Il Comitato permanente del consiglio agrario provinciale dell' Istria, approvando in massima il nuovo Trattato di commercio e di navigazione coli" Italia, esprime il voto, che l'Imperiale Governo voglia efficacemente adoperarsi a che : 1. 11 ritorno al dazio convenzionale per la voce ,Yino" debba essere preceduto da un preavviso di almeno sei mesi, a tutela e norma degli interessi del commercio ; 2. 'Che il consumo della birra nell' interno della Monarchia, od almeno nella parte meridionale vinicola della stessa, venga onerato in guisa, da pareggiarlo nelle imposizioni (tasse indipendenti corrispondenti alle addizionali provinciali e comunali) a quello del vino. 3. Che a favorire il consumo del vino austriaco meridionale nei paesi settentrionali non vinicoli della Monarchia, vengano concesse dalle Ferrovie austriache, delle Tariffe di favore, a tasso chilometrico decrescente coli' aumentare delle distanze, cioè delle Tariffe di penetrazione a zone, comprendenti pure speciali abbuoni e facilitazioni pel ritorno dei fusti vuoti. Lo stesso conchiuso venne presentato dalla Camera di commercio ed industria di Rovigno ; e la Giunta provinciale appoggiava questi voti concordi presso le LL. EE. i ministri del commercio, dell' agricoltura e di finanza. Come tutti sanno il trattato di commercio fu votato dal parlamento ; e noi abbiamo pubblicato i su riportati voti per confermare, se mai occorresse, la manifestazione del voto unanime del paese di fronte alle agitazioni che furono fatte e che si fanno in contrario da parte del partito croato, nella nostra provincia contro i veri nostri interessi. L'Istria del 23 gennajo venne sequestrata dall' i. r. autorità politica di Parenzo la quale ha ravvisato — come si legge nel rispettivo decreto pubblicato nel numero del 30 p. d. — nel tenore dell'articolo di fondo portante il titolo „Abbiamo, o nò, un Governo?" gli elementi del delitto previsto dal § 300 Cod. Pen. La redazione dell' Istria lagnandosi dei patiti sequestri, chiude un suo articolo „In previsione dell'apertura della Dieta" : ,S'avvicina il tempo in cui anche la nostra Dieta sarà aperta. L'anno 1891 passò troppo agitato, nè il presente accenna d' essere più tranquillo, perchè i nostri Onorevoli non si sentano in dovere di rivolgere all'imperiale Governo una serie d'interrogazioni, in questioni che lo riguai deranno in particolar modo. Abbiamo voluto ricordar questo a proposito dei nostri sequestri. Imperocché se le cose e i fatti che siamo andati nei nostri articoli dicendo e svolgendo non ebbero 1' onore della pubblicità; ben l'avranno, crediamo, a mezzo delle insequestrabili interpellanze e degli altrettanto insequestrabili discorsi dei nestri deputati. E tempo che si faccia luce su molte e molte cose in cui interviene direttamente o indiretto il volere e 1' autorità del Governo. Sta Tsene inoltre che le nostre popolazioni si facciano un' idea chiara quanto adeguata degli avvenimenti che si andarono svolgendo nel nostro paese, e, facendone giusta estimazione, ne affibbi la responsabilità a ehi di dovere. E necessario, perciò, di uscire da un tale stato di confusione e d'incertezza, in cui da troppo tempo ci dibattiamo, e che ciascuno conosca da qual parte e come si sieno perpetrati certi fatti cbe allarmarono, indignandola, l'opinione pubblica, E il meno crediamo, che si possa pretendere. Tutto questo riteniamo necessario, indispensabile,, non pure per illuminare gli Istriani tutti sulle reali condizioni nostre, ma per renderne edotte le Autorità centrali, bene spesso rese incerte e peritanti da opposte correnti. Se la pubblica stampa, specie l'italiana, ha poca voce in capitolo, ei facciano vive le voci dei rappresentanti delle popolazioni nostre. Ciò è richiesto dalla situazione nostra, dai nostri diritti, dagli interessi nostri morali, civili ed economici, e persino dalla nostra pubblica e privata dignità. Non è più lecito d'indugiarsi ; e se anche la voce dei nostri rappresentanti non avrà esito alcuno, almeno i loro scritti resteranno quali vivi e parlanti documenti per la storia futura, di quella storia che non è offuscata da pregiudizi, ma che sa fare estimazione delle sofferenze e delle lotte dei popoli e delle nazioni, e che sa prepararne' migliori destini." --——--- Cose locali È morto la settimana scorsa "Giovanni Pieri parrucchiere; un tipo caratteristico dei nostri artieri, assai conosciuto e stimato nella nostra città, e da molti in provincia, per le sue belle doti. Cultore appassionato dell'arte sua, non temeva il confronto dei migliori nelle grandi città; scrisse anzi un libercolo „ Sull'arte del barbiere" corretto per ciò che riguarda la lingua da uu nostro egregio concittadino. Avido di coltura, leggeva molto, e per quanto i mezzi glielo consentivano, intraprese viaggi d'istruzione. Procurò di provedere sempre alla famiglia con saggia economia, e a 72 anni lavorava sempre fino a che fu colto dal male che lo condusse al sepolcro. Non sentì invidie sociali, nè si piegò mai a umiliazioni, talvolta con suo danno ha sostenuto le sue opinioni ; desiderò sempre il miglioramento della classe sociale alla quale apparteneva, e con l'esempio insegnò la via di conseguirlo. Domani sera alle ore 6 nella sala maggiore del Ginnasio gli studenti daranno un concerto di beneficenza. Non dubitiamo che i concittadini vi concorreranno in gran numero. ---S^OPp^gTp^S--. Appunti bibliografici Bernardo dott. Benussi. L'Istria nell'epoca bizantina. Discorso letto nel VI congresso dell ° a società istriana di archeologia, e storia patria tenuto in Parenzo il dì 7 settembre 1891. Parenzo.. Coana 1891 (Estratto-dagli Atti e Memorie della Società Istriana d' archeologia e storia patria Voi. VII fiaac. 3 e 4. 1891). Ecco un fascicolo denso di erudizione, in cui er sommi capi si accenna a tutto un periodo di toria che sarà a suo tempo svolto dall' egregio lenussi, il quale eoi suo primo volume — l'Istria iao ad Augusto — ci ha già dato caparra di diedre lo storico tanto desiderato dell'Istria. Con-lensare in un appunto ciò che è già una forte intesi, frutto di un paziente studio analitico, non i certo facile. Pure ne dirò brevemente, per dare 1 lettore un' idea di questo discorso letto nel VI longresso della società istriana di archeologia e toria patria. Roma assoggettata l'Istria si adoprò id educarvi una nuova generazione capace di go-remarsi da sè in conformità alle leggi romane, e ìi riuscì completamente, fi conseguenza di questo irdine di cose fu la prosperità materiale e morale Iella nostra Provincia; riconosciuta da Cassiodoro mche ai tempi degli Ostrogoti ; provata dai monu-aenti che tuttora esistono della romana grandezza; [, mi permetterò aggiungere, dalla comunità stessa ristiana, che, come oggi è certo, eresse già nel icondo secolo basilica propria di cui Parenzo va ^ustamente altera, e per la quale rimane giustifi-ato 1' epiteto da me altra volta dato all' Istria di Ierra delle basiliche. Se la ricchezza materiale scemò per le trasmigrazioni dei popoli, perdurò invece forte il sentimento di municipalità e di autogoverno, anche (piando altre genti vennero a dominare nella nostra Provincia. E prima gli Eruli, poi gli Ostrogoti. Ma la conquista dell' Istria fu di breve durata. Belisario prima per la via del sud, e Narsete poi, facendo base delle sue operazioni l'Istria al nord, riconquistarono l'Italia. Comincia allora per noi il dominio della santa repubblica epiteto che può sembrare un' ironia, ma che per noi era il ricordo di Roma e la speranza. Seguono le invasioni dei Longobardi e degli Slavi; ma questi ultimi furono battati da Calliniro. Grande il giubilo per questo successo non solo nell' Istria ed a Ravenna, ma a Roma stessa; e il pontefice San Gregorio Magno si congratula coli' esarca della riportata vittoria, e scrive all'arcivescovo di Salona — Mi affliggo, essendo che per 1' Istria gli Slavi cominciarono a penetrare nell' Italia — conturbor quia per Istriae dìtum jam in Italiani penetrare ceperunt. E qui inforchino ben bene gli occhiali i sognatori di Za- gabria: entrarono glw Slavi in Italia, e non nella Croazia! Al grande1 pontefice, al quale, come si legge nelle sue memorabili epistole, pesava il fardello delle temporali sollecitudini, di cui i suoi Romani gli aveano gravate le spalle, rimaneva però ancor tempo per istudiare geografia, e conoscerla meglio di certi arcifanfani dell' oggi. Le incursioni dei Longobardi e degli Slavi, seppure non riuscirono a togliere l'Istria agi' imperatori greci, furono tuttavia cagione d'"un notevole cangiamento nella costituzione interna del paese. Le autorità militari allargarono la loro sfera d'a-zione ; suprema autorità nel paese il Magister mi-litum, residente a Pola, e subordinato all' esarca di Ravenna. La necessità di provvedere alla difesa dell' Istria, portò pure dei mutamenti nel confine della provincia, di che l'autore discorre con piena conoscenza di causa, confutando le obbiezioni croate. Altre prove promette il Benussi di addurre nella sua storia sul Medio Evo, dove dimostrerà Punita politica e nazionale della nostra provincia nell'epoca bizantina. Tocca da ultimo della famosa questione dei tre capitoli che fece perdere ai Bizantini l'Istria, e diedero occasione a Luitprando prima, e ad A-stolfo poi d'impadronirsi nel 751 di Ravenna, dell' Esarcato e dell' Istria. Non sono adunque sfumature, ma pagine di storia, accertate con documenti ; e così i dotti come i giovani potranno approfittare di questo lavoro sintetico ; e i giovani specialmente, perchè non è con la lezionetta del giorno, che si apprende solo la storia; ma piti con larghi sguardi sugli avvenimenti principali che compendiano e caratterizzano tutto un periodo, e ci servono di filo direttivo per uscire dal labirinto delle particolari vicende. Ma per gettare di questi sguardi sicuri, e dominare dall' alto il passato, ci vuole anche 1' analisi, ed in questa pure il Benussi è maestro. Atti e memorie della società istriana di archeologia e storia patria. Volume 7. Fascicolo 3 e 4. Oltre lo studio originale, di cui si è detto di sopra, questo volume contiene i Senato Misti, le Relazioni dei Podestà e Capitani di Capodistria, e — Capodistria e provincia tutta — Intorno ai confini suoi con Trieste e con il contado di Pisino ed altre materie raccolte nelVanno 1732. Tutto ciò per merito della Direzione. Nella seconda parte si riportano gli Atti della Società, l'elenco dei doni al museo archeologico provinciale, ed alla biblioteca sociale. I Senato Misti vanno dal 1440 al 1502 anni non molto fecondi per la storia dell'Istria ; pure il diligente lettore, spigolando qua e là, troverà notizie abbastanza importanti. Notabile il Senato Misto 12 Marzo 1443, che dimostra le deplorabili condizioni di Pola, e la rovina della sua cattedrale. Basti dire che due sagrestani aveano rubato a man salva, appropriandosi i beni della chiesa, nella quale non si poteva più, senza pericolo di vita, celebrare la messa. Nè solo dalla parte del clero erano gravi gli scandali ; i popolani si lamentano anche dei nobili che impedivano la nomina dei necessari medici per favorire 1' unico chirurgo di Pola, certo maestro Andrea barbiere che avea in moglie una figlia naturale di uno di detti nobili. Con decreto del Senato 30 Dicembre 1458 si stabilisce di munire di mura Buje, essendo luogo di grandissima importanza, perchè confina coi possessi dell'Imperatore donde provenivano incursioni, rapine e violenze. Anche richiamo l'attenzione degli studiosi al decreto del 9 Aprile 1465, che rimanda da Venezia, dove erano stati condotti, al tribunale del podestà di Capodistria, gli accusati di aver abbruciato in detta città la casa degli usurai ebrei. Detto banco feneratizio era dietro Santa Chiara, vicino alla casa ora Favento. Che poi la città, dopo un secolo e più della nota ribellione, pienamente pacificata, avesse acquistato la piena fiducia del governo, apparisce dal decreto 10 Novembre 1474 che stabilisce dover Capodistria armare una nave ed eleggervi il sopracomito. E fu appunto su una di queste navi che più tardi si segnalarono i nostri alla battaglia di Lepanto. Non pare che così liscie passassero le cose nella vicina Isola, se con decreto del 25 Febbraio 1487 si diede facoltà al podestà di Capodistria di dare la taglia di mille lire a chi scoprisse "quelli che ruppero armata mano le prigioni d'Isola, ne trassero fuori Pietro de Lise debitore della signoria e ferirono il podestà.,, Queste poche indicazioni gioveranno agli studiosi per formarsi un giudizio generale sullo stato della nostra provincia nella seconda metà del secolo XV. Le relazioni dei podestà e capitani di Capodistria, ritornati dalla carica, vanno dal 1612 al 1663, e illustrano invece la prima metà ed oltre del secolo XVII, epoca disastrosa per la guerra degli Uscocchi e le orribili pestilenze. Tutti, omettendo la solita descrizione della città, sono unanimi nel descrivere la miseria degli abitanti, la rovina delle mura e del Castel Leone, e il deplorabile stato del fondaco. Ma tutti uno ore danno ampia lode alla città per la provata devozione a San Marco, I e pel valore de' suoi abitanti. Anzi l'Illustrissimo* Zuanne Minotto, non troppo forte a dir vero nella storia, giunge a dire che Capodistria, „è venuta volontariamente alla divotione della Repubblica. „ Ma ciò, dopo tutto è una bella prova della fedeltà della nostra città, dopo quel po' po' di ribellione del 1348 e conseguente repressione, di cui ci occupiamo' nei nostri poveri studi in corso di stampa. Così' quei buoni nostri padroni e fratelli, dimentichi del passato, riposando nella fede dei sudditi, fecero un po' alla volta, spinti dalla provata fedeltà, nascere la leggenda della spontanea dedizione. E in quanto al disastro della pestilenza basti sapere, come da relazione di Ser Pietro Capello, che nel 1633 "la! fedelissima benché spopolata città, per li sommi in-fortunii ed inesplicabili sciagure del funestissimo et lacrimabile horrore della peste, trovavasi ad un solo terzo de' suoi abitanti, quali consisteva in soli 1800 circa, compresi i bambini„ (pag. 306). Si dia quindi il debito tributo di lode alla Direzione della società, per la compilazione di queste j pagine, così importanti per la storia istriana. P. T. ----—--—J PUBBLICAZIONI Bernardo Dr. Benussi. L'Istria nell' epoca bi- -zantina. Carlo Dr. Apollonio. L'Igiene ossia la vera me-] diciua popolare. — Capodistria, Cobol-Priora 1892. La Cooperazione rurale, periodico dedicato alla diftusione delle casse di prestiti dei circoli agricoli e delle altre istituzioni cooperative e di previdenza nelle campagne. Istituito nel 1885 da L. Wollemborg. Esce il 15 d' ogni mese. Prezzo d' associazione per un anno, per 1' estero L. 6. — Padova, via Selciato del Santo N. 4367. -—-—---••— Pregati pubblichiamo : RINGRAZIAMENTO A tutti coloro che tanto interessamento ci dimostrarono sia nel tempo della malattia dell'amato nostro capo di famiglia, che al momento della grande disgrazia, sentiamo il bisogno di esternare i sensi della più viva gratitudine. Capodistria 28 gennaio 1892 Famiglia Pieri