L' ASSOCIAZIONE per un anno anticipati f. 4. Semestre e trimestrein proporzione. Si pubblica ogni sabato. I. ANNO. Sabato 11 Aprile 1846. M IO—SO. «41 sig. Kino Vasgabrina. Lia Redazione dell' Istria ha ricevuto i versi inviati col foglio dei primi d'aprile corr., ne rende grazie, e si chiama avventurata di trovarsi in contatto con sì operoso e zelante cultore di uno dei dialetti istriani. La Redazione ha duopo di venire a più vicino concambio di pensieri e parole. Se la persona che assunse il nome di Nino Va-sgabrina dubita che il Redattore sappia custodire un segreto, o se speciali motivi gì'impediscano di manifestarsi, noi li rispetteremo ; solo ricerchiamo d'indicarci il modo con cui sìa possibile di fargli pervenire nostre lettere. Abbiamo già detto sospettarsi da noi che il dialetto di Rovigno celi maggiori cose di quello che lo si pensi a primo aspetto; è forse desso un monumento storico che dà lume sulle vicende di quella città; il saggio che abbiamo veduto per le stampe c' induce a dubitare fortemente di opinione che altra volta abbiamo annunciata e che volentieri vorremmo rettificare, standoci a cuore la patria e la verità, più che la personale boria, perchè sappiamo di un solo il quale non ebbe ad errare mai, e di questi la forma soltanto fu umana. Il Redattore. Geografia amministrativa d'Istria. (continuazione) Nei numeri 16-17 di questo foglietto fu per noi mostrato come i comuni tutti dell' Istria, fra cui va compreso pure quello di Trieste, abbiano organi regolari adatti per soddisfare ai due obblighi loro, 1' uno di provvedere all'economia materiale, l'altro di provvedere al benessere dei singoli comuni, in quelle materie che non sono riservate per leggi generali all' amministrazione imperiale; il che va inteso altresì di quelle che, precettate dallo stato, sono esclusivamente a profitto ed a carico dei comuni medesimi. La provvidenza del pubblico governo non ha limitato le sollecitudini alla istituzione di collegio che il comune rappresenti, alla fissazione di mansioni deliberative ed esecutive, per cui i comuni hanno possibilità organica di soddisfare al duplice loro importantissimo obbligo; ma ha altresì accennato in apposita instruzione i modi precipui di provvedere all' economia materiale del comune. La virtù, 1' amore di patria e del principe, l'intelligenza, 1' attività dei rappresentanti del comune sono 1' unìca norma nel provvedere al benessere del comune ; obbligo questo tanto maggiore quantochè altre norme più precise non possono facilmente darsi, e 1' azione della autorità è concentrata piuttosto nel potere tutorio, il quale quando i provvedimenti dei comuni sieno guidati da saggezza e da virtù, e concordino colle generali instituzioni dello stato, non ha occasione di esercitare divieto. Discorrendo della geografia fisica dell' Istria si è indicato come la metà del suolo sia abbandonata alla provvidenza, traendone utile per pascolo vago, cumulativo, senza opera dell' uomo ; e vi aggiungeremo senza grande suo vantaggio, perchè quello che è di tutti si riduce ad essere di nessuno; si è detto puranco che un quarto del terreno sia in istato di bosco. Non tutte queste tre quarte parti del suolo sono di dominio comunale, nè lutti i terreni destinati a pascolo vago od a boscaglie sono a cattivo partito di utilizzazione, nè in tutti i territori di comune sono le condizioni eguali; ma per quanto la proporzione voglia ridursi a meno, ella è sempre tale da desiderare di poter manifestare piuttosto altra condizione ben diversa, e da poter mostrare che la proprietà introdotta dagli uomini nello stato sociale per loro vantaggio, non sia nominale soltanto, per riguardo a buona parte del suolo. Il che intendiamo detto di tutta intera la provincia, compreso anche il municipio di Trieste. Vi hanno in vero di quelli che pensano consistere la prosperità Sei comuni nel minore peso cui. debbono soggiacere, e, per necessaria deduzione da principio che non vogliano pronunciare perchè umiliante, pensano che ogni attività debba da altri che non da loro provenire. Se così fosse, sarebbe questo il caso preciso di persona, la quale credesse di poter vivere agiatamente col sottrarsi a tutti quei dispendi che sono di debito, di necessità o di uso, e col lasciare che altri gratuitamente amministri i suoi poderi versandone poi a lui il ricavo. E si potrebbe con certezza prevedere che questo tale vedrebbe nell' inevitabile povertà, nella reiezione dalla società i frutti di sua inazione ; perchè i creditori il perseguiterebbero nelle vie di giustizia ; il consorzio degli uomini ricuserebbe di farlo partecipe dei vantaggi, se i pesi ne ricusa ; e l'amministratore troverebbe assai più giusto il riservare a sè i frutti di sua attività di quello che passarli o dividerli con chi non fa altro uso della proprietà che dirla sua, senza nemmeno saper indicare la cosa che ritiene essere di lui. Ben meglio converrebbe a questo tale che avvisasse ai mezzi di sopperire a carichi inevitabili o di convenienza, e con avvedutezza provvedesse a migliorare le sue circostanze economiche, col-1' attività anziché coi lamenti, che sempre sono inutili, e se ripetuti o frequenti muovono il riso anziché la com- passione, la quale nasce soltanto quando la sventura sia repentina, irreparabile, superiore alle forze umane. Le quali considerazioni non ad altro sono dirette se non chè a rilevare la pubblica previdenza, la quale ai comuni istriani diede norme di amministrazione per le cose che sono di uso o di proprietà comune. Non ad o-gni comune possono queste norme tutte applicarsi, perchè ogni comune non è nella condizione in cui si trova il suo confratello; ma le regolative sono generali, ed ognuno vi trova quei modi che sono adatti alle proprie condizioni. Ci proveremo a segnarne i sommi capi, facendo precedere a nostra migliore intelligenza alcuni elementi, per poi venirne alle massime precipue di applicazione. 11 Codice civile segna la distinzione fra patrimonio dello stato e beni pubblici, comprendendo sotto il primo il complesso di quelle cose tutte le quali sono destinate a coprire i dispendi dello stato; sotto il secondo quelle cose le quali sono lasciate a semplice uso dei sudditi. Lo stesso Codice, a similitudine di ciò che dispone per il patrimonio dello stato e pei beni pubblici, distingue il patrimonio del comune (che è pur sempre la minima frazione dello stato) dai beni comunali; vuole il primo destinato a coprire i dispendi del comune intero, vuole i secondi riservati all'uso di ogni comunista; e chiama a norma della fruizione dei beni comunali la legge sociale di ciascheduna provincia, e noi vi aggiungeremo, sebbene sottointesi, gli ordinamenti, le previdenze di cia-schedun comune. Colla quale disposizione di legge tutta la sostanza dei comuni viene attribuita al diritto amministrativo, anziché al diritto civile privato, e viene pronunciata l'indole pubblica della materia. Anche la proprietà di cose civili, comunque attribuita al diritto civile privato, non si regola per massima che in riguardo all'acquisizione ed alla translazione delle cose; l'amministrazione, l'uso, vengono assegnati a quella parte del diritto pubblico che dicesi amministrativo. La legge sociale istriana non ha speciali dispositive per le proprietà e pei beni dei comuni £per quanto ci fu possibile di rilevare): ai principi generali di diritto conviene quindi attenersi. La legge dichiara comunale quel bene il di cui uso appartiene a ciaschedun comunista; prescindendo affatto delle relazioni di proprietà, sia per la sostanza, sia pel godimento medesimo, il titolo all'uso di questi beni sta nella condizione personale di comunista, la quale nè si acquista, nè si perde, nè si trasmette in altri in forza di diritto civile, bensì in forza del diritto pubblico: dal chè ne viene che la partecipazione ai beni comunali è regolata dal diritto amministrativo, e che i beni medesimi essendo riservati a tutti i futuri successori nel comune, non hanno i presenti disponibilità a pregiudizio dei futuri senza che non si presenti indispensabile necessità o senza che ai futuri non si garantisca in altra forma lo stesso o migliore vantaggio, il che sarebbe conversione. I comunali somigliano in ciò ai fedecommessi. L' usurpo dei beni comunali è un furto che viene fatto alla serie dei futuri successori; il malgoverno dei beni è ingiusto pregiudizio che si fa ai posteri. Ed appunto perchè la legge nel classificare i beni comunali non fa minimo cenno alla proprietà, conviene distinguere in ogni comune i beni che sono pubblici però di proprietà comunale, dai beni di uso comunale. Imperciocché le strade, p. e., le piazze, le vie urbane, le quali stanno a carico dei comuni, sono bensì di loro proprietà, ma l'uso è facoltativo non solo dei membri del comune, ma di qualunque siasi uomo; mentre i beni comunali non appartenendo alla categoria di beni pubblici, sono esclusive dei comunisti soltanto, non di altri. A costituire bene comunale non è necessario che tutti i membri di un comune partecipino effettivamente al loro godimento, ma che possano parteciparvi qualora in essi si verifichino le condizioni sotto le quali il godimento viene conceduto; ned è necessario che i membri di tutto intero il comune vi prendano parte, potendo benissimo avervi aspettativa gli abitanti di una frazione soltanto del comune. Il che facilmente avviene nella disgregazione di comuni maggiori o nelle aggregazioni di comuni minori ad un maggiore. Così per esempio se di due comuni se ne forma un solo, ognuno conserva le proprie ragioni ed i propri pesi, che sieno anteriori all' epoca della loro unione ; quindi anche i beni comunali che sono propri di ciascheduno; i beni comunali, i carichi posteriori alla riunione sono di ambedue in cumulo. Così p. e. un ospitale, una casa di ricovero sono certamente instituzioni di uso comunale, sebbene non tutti i comunisti vi prendano parte, ma quelli soltanto che tro-vansi nella condizione di povertà e di malattia. Così beni comunali non sono soltanto quelli i quali dànno effettivamente una utilità, ma quelli altresì che possono darla: il che vuoisi dire della categoria di quei beni che chiamansi improduttivi, siccome le lande, i paludi, e simili. L'uso dei beni pubblici di proprietà dei comuni, o l'uso dei beni comunali è bensì conceduto per legge ai comunisti; ma nè legge, nè ragione prescrive assolutamente che l'uso abbia ad essere gratuito del tutto. Perchè nelle società prima regola si è che tutti abbiano a partecipare agli utili ed ai pesi in misura eguale; ciò non si verifica se tutti gli stabili di un comune essendo colpiti da pubblica imposta, soltanto i possidenti di beni rustici, e di questi soltanto alcuni abbiano a godere dei beni comunali, e che gli altri abbiano ad essere e-sclusi; la parità di condizione non può ristabilirsi che mediante pagamento. Il quale per doppio motivo ha da essere modico; perchè ogni utente non ha debito di compensare quel godimento che avrebbe, se tutti i comunisti vi prendessero parte, ma soltanto quel di più che gode appunto perchè non tutti partecipano. L' altro motivo proviene da ciò, che certa categoria di beni comunali è formata da beni fondi rimasti vacanti per estinzione dei proprietari nei tempi delle pesti; questi beni furono assegnati ai comuni poveri per sovvenire alla loro povertà; la quale se tuttora dura, é conveniente che venga per giustizia nell'esecuzione della legge, per debito di umanità, suffragata. Ma provengano i beni comunali da patto e provvidenza dei maggiori, provengano da legati a favore dei comuni fatti da pii cittadini, provengano da acquisizioni, provengano da beni derelitti o vacanti; la destinazione di tali beni si fu sempre quella di venire in soccorso della economia del comune, di migliorare la condizione di questo e nella generalità dei comunisti e nelle indi- vidualità, purché sieno equabilmente ripartiti; ed è perciò che la precipua vigilanza delle rappresentanze comunali deve rivolgersi a siffatta categoria di beni. L'uso dei quali non ispetta già per diritto civile a tutti i comunisti, per modo che ognuno possa legalmente fruirne quanto a lui piace, e trovare nei redditi de' beni comunali quel lucro che frutto essere dovrebbe di sua attività ; ma 1' uso è regolato dal bisogno, dalla povertà dei singoli membri. L' abbondanza del patrimonio dando ai comuni possibilità di promuovere il proprio benessere, le vicende di questo sono strettamente dipendenti dalle vicende di quello; anzi immedesimate per modo che la prosperità del primo segna sempre la prosperità del secondo. Altra categoria di beni comunali è costituita dai boschi, or non più in tutti i comuni esistenti, pure in molti ancor d'importanza per doppio titolo, per l'influenza precipua, cioè, che esercitano sulle stagioni, sulle condizioni di salubrità speciali di luoghi, e pel prodotto rilevantissimo; i quali boschi se fossero stati conservati anziché distrutti per farne pascolo o prato, se utilizzati regolarmente e prudentemente anziché diradati e spogliati di fronda, importante reddito se ne avrebbe, e per più motivi desiderato. Inutile è il soffermarsi sul passato più che per trarne ammaestramento per 1' avvenire, per venirne a con-chiusione, che 1' amministrazione dei comuni ha diritto e debito di provvedervi e pei presenti e pei futuri. I comuni non sono soltanto consorzi civili, ma altresì religiosi: la chiesa ha beni temporali; 1'amministrazione di questi non può essere straniera al comune, perché è chiamato da legge generale a supplire i dispendi che non fossero coperti dal patrimonio della chiesa. Le stesse sostanze degli stabilimenti - sebbene non fondati dai comuni, ma da privata carità od amore patrio -sono comunali se quelli destinati a vantaggio del comune; perchè non la proprietà o la provenienza, ma sibbene 1' uso è caratteristica dei beni comunali: l'amministrazione di siffatti stabilimenti non può essere straniera ai consigli comunali, a meno chè patto o provvedimento in contrario non disponga altrimenti. Ai beni che sono di comune va altresì annoverata la pesca alle spiaggie del mare entro un miglio di distanza : questo diritto è dalla legge generale accordato ai comunisti e spetta individualmente. Le peschiere, la pesca riservata alla spiaggia equiparata a peschiere, il diritto di caccia ove compete ai comuni, non sono beni di comune, ma patrimonio, il di cui frutto è destinato a coprire i dispendi dei comuni. Ciò dei beni di uso comune. Il patrimonio è duplice ; patrimonio civile, cioè, di cose che cadono sotto l'impero del Codice, e per questo devonsi osservare pienamente le leggi date per le cose private; e patrimonio pubblico di cose che non pertengono al diritto civile privato, e per queste devono seguirsi le massime del diritto amministrativo; tali sarebbero le imposte, o le sovraimposte, le prestazioni di opere da mano o da carro. Non costante è l'indole dei censi di terreni, delle decime, livelli e simili, nè facile il risolvere se di pubblico diritto sieno, o di privato, se soggiacciano ai procedimenti di giudice, od a quelli di politica autorità. Abbiamo indicato il nostro pensamento nello svolgere la legge sociale della provincia, vi aggiungeremo oggi che il criterio a cono- scerne l'indole abbia a cercarsi nella estensione materiale del diritto di esazione. Imperciocché se questa esazione si estende a tutto un territorio, è d'indole pubblica e spetta all'amministrativo; se in estensione parziale di terreni, è d'indole privata e spetta al giudiziale, indipendentemente da una originaria concessione di terreni. Nei quali censi i tempi moderni hanno ravvisato malgraditi aggravi di proprietà fondiaria, inutile inceppamento nelle transizioni civili, e ne desiderarono 1' affrancazione, o la reluizione in danaro se dovuti in generi naturali. (sarà continuato) Delle Notifiche nell' Istria. La legislazione romana ebbe fino dalla conquista dell' Istria nel 178 avanti G. C. forza di legge nelle colonie, estesa di poi alla provincia intera quando per la legge Giulia del 707 di Roma o 46 avanti G. C. il gius italico, e meglio quando sul principio del III secolo la cittadinanza romana venne accordata a tutti i sudditi liberi dell'impero romano. Il Codice Teodosiano, poi il Giustinianeo ebbero autorità di legge, non tanto di legge positiva, quanto di precetto di sapienza legale : non pertanto le municipalità, le quali si consideravano siccome repubblichette associate anziché assoggettate a Roma, modificavano le leggi generali con speciali statuti che erano propri di cadaun municipio e che si modificavano secondo le speciali costituzioni di cadauna città. Non di ciò par-lerassi, ma della facoltà che avevano i municipi di statuire per sè leggi speciali, ed ordinamenti per mandare ad effetto le leggi; e sorpassando interamente i quesiti sulle forme antiche di preservare i diritti, ci trasporteremo addirittura al secolo XIV, tempi in cui la civiltà uscendo dalle deiezioni del medio evo, puntellava l'antico edifizio delle instituzioni romane con novelli ordinamenti. La legislazione di allora, quella cioè che si riteneva di diritto comune, ammetteva le alienazioni di proprietà e le costituzioni d'ipoteca; altra forma non si richiedeva più che la stipulazione di un contratto civile, dal quale ne deduceva l'applicazione che il primo in tempo era anteriore anche in diritto. La civilizzazione di allora aveva sentita la necessità di prova duratura dei contratti, anche quando la fede dei contraenti fosse per mancare, anche quando i contraenti più non fossero in vita; aveva sentita la necessità di volere redatti i contratti in lingua e frasi che la volontà delli contraenti sappiano esprimere ; 1' antichissimo insti— tuto dei nodari attraversò intatto anche il medio evo, e giunse fino quasi ai giorni nostri. Erano i Nodari rivestiti di pubblica autorità, dotati di sapere sufficiente all' officio loro; gli atti civili per transizioni di maggiore momento dovevano redigersi mediante il loro ministero ; essi tenevano registro di questi atti medesimi, e la solenne promessa di fungere sinceramente 1' officio loro, le pene severissime, crudeli che la legge minacciava, tene-vansi sufficienti guarentigie di leale servigio. Però il potere dei nodari era bensì emanazione di pubblica autorità; ma l'esercizio di questa autorità con-cedevasi per privilegio a molte persone, ai comuni, ai vescovi, al clero, ai nobili ; la vigilanza dell' autorità non arrivava a contenere la malignità umana; la promessa data dai nodari non era sufficiente; gli atti di quei tempi mostrano come grandi abusi avvenissero. Fu allora che i municipi non avendo autorità di distruggere o riformare il notariato che era privilegio di persone, avvisarono ad altri mezzi; conobbero la necessità che siffatto potere pubblico si concentrasse nel dominio, come allora dicevano, nella pubblica amministrazione come direbbesi oggigiorno, e furono creati i Vicedomini. Nell'anno 1322 il Municipio di Trieste considerando che « era di necessità di sfuggire alla malizia degli uomini, e d'impedire che in futuro nascano questioni e dubbiezze; essendo podestà Monfiorito di Coderta ordinava che si creassero due Vicedomini, cangiabili ogni anno , i quali dovessero tenere registri nei quali si scrivessero tutti li stroinenti, precetti, testamenti, inventari per intero, dei contratti di vendita e di debito la sostanza soltanto. Essi dovevano segnare li stromenti e depositare i registri nell'archivio della Vicedominaria; gli stromenti che non fossero stati vicedominati non a-vrebbero avuto forza alcuna». (Addizioni allo Statuto di Trieste dell'anno 1150 sotto l'anno 1322). Lo statuto di Trieste che ebbe vigore sino quasi ai nostri tempi, manteneva ferma l'istituzione dei Yicedomini, per dare valore agli stromenti fatti per mano di Nodaro. Di altre città istriane non sapremmo accennare il tempo preciso nel quale venne instituito il vicedominato. Lo statuto di Capodistria anteriore al 1394, al Libro III Rubrica ne dedica lunga Rubrica che è la 101; quello di Fola vi destina la Rubrica 11 del Libro I, quello di Tirano la Rubrica 24 del Libro I, nella quale espressamente si precetta che debbano vicedominarsi gli atti d'ipoteca. Gli statuti di Rovigno, quelli di Parenzo, quelli di Citta-nova non conoscono 1' officio dei Vicedomini, sebbene taluno di questi esiga espressamente atto pubblico per costituzione di ipoteca, e pubblicazione verbale. Dello sgomento di altri statuti non faremo parola. Così lo statuto di Ciltanova Libro I, c. 18, dichiara nullo qualunque sgomento per cose stabili, il quale non sia presentato al podestà da questo segnato, e dal cancelliere registrato. Così giunsero le cose fino all' anno 1713 in tutta la provincia. Ove esisteva l'officio del Vicedomino, gli atti che trasferivano la proprietà dovevano sotto pena di nullità venire contrassegnati dal Vicedomino, riportati nei registri della vicedominaria, e si aveva così certezza della sincerità degli stromenti e certezza della data loro; ove non vi erano Vicedomini, Io stromento doveva essere pubblico, spesso denunciato al giudice od al cancelliere per le pubblicazioni che dicevano stride. In nessun luogo si faceva dipendere 1' acquisizione del possesso o del diritto di ipoteca dal registramento dell'atto o dalla strida; questi non erano già modi simbolici per apprendere la realità od il pegno; questi modi davano soltanto vigore all' atto che impartiva il diritto di possesso o di ipoteca, secondo i precetti del diritto civile privato. Mentre le cose procedevano così in Istria, anche in Venezia si provvedeva a tenere in freno la malizia umana. Nel 1288, 20 settembre, il maggior consiglio ordinava « che nessuna carta da mò in avanti, de qualunque sorte, condizion o generazion, o nome se voglia, non possi essere roborada per alcun Nodaro de Venezia, per la qual carta alcuna proprietà, tegnuda, ovvero posses-sion de essa proprietà in perpetuo o a tempo liberamente, o condizionatamente sia concessa, trasferida o conferida in altrui, per alcun modo o ingegno, eccetto se doi Zu-desi di Esaminatori almen, in ditta carta se sottoscrivano ». Come poi è noto 1' Esaminador era una delle sei corti del Doge di Venezia, un Tribunale aulico che si occupava di esaminare i testimoni, di accordare sequestri, pignorazioni, di giudicare delle prelazioni, l'alienazione dei pegni; vi si aggiungeva la segnatura dei contratti per garantire la data certa, e colla data certa l'anzianità dei diritti, per impedire con ciò le vendite doppie, le doppie ipoteche, 1' occultazione dei contratti anteriori. Le corti del Doge, tribunali cioè che lacevano le di lui veci, erano : Forestiere (Giudice di questioni per navi, per liti tra veneto ed estero, tra esteri, degli affitti di stabili veneti), Petizione (Giudice civile tutorio, e | criminale nel dogado), Procurador, Proprio, Mobile (Giudice d'importi al di sotto di 50 ducati, di cose mobili, avente diritto di sentenziare a legge, cioè di omologare testamenti, contratti). La quale divisione accenniamo per dire che queste corti non erano che mansioni separate di uno stesso Giudice che era il Doge. A' tempi del Doge Andrea Gritti nel 1523, 12 maggio, veniva ordinato « che in l'avegnir non se intendi valer, nè vaglia alcuna obligazione che si faccia in questa città sopra alcuna possessione over livelli di fora per qualunque ragione, over causa, se la non sarà stata data in nota al ditto officio dei Zudegà, dell'Esaminador, come se osserva delle obligation dei Beni stabili, per il qual effetto sia deputato un Libro, il quale sia alfabetato, et comune a qualunque il vorrà veder, et non possa haver il nodaro del ditto officio più de soldi 20 per cadauna obligation, che el noterà per sua mercede ». Da questo dare in nota ne vennero le voci equivalenti di notificazione e notifiche applicate all' atto ed al registro medesimo. L'instituto delle notifiche mostrò ottimi effetti nella pratica, in quanto per lui s'impedivano le frodi, le quali si rendevano difficili col porre ad arbitrio le date degli stromenti (che a ciò provvedevano i Nodari), col fare contemporaneamente due atti dinanzi a due diversi nodari; nè crediamo vi fosse differenza tra i registri delle notifiche ed i registri delli vicedomini, se non in ciò che i registri di questi non erano ostensibili liberamente a tutti. Trieste (citiamo questa città perchè la storia delle sue leggi ci è nota) attinse le sue leggi statutarie alle instituzioni venete fino al 1382, in cui diedesi alla Serenissima Casa d' Austria. I due vicedomini creati nel 1322, ai quali ogni transizione civile doveva venire notificata, erano ad imitazione della legge veneta che esigeva l'intervento di due giudici dell' esaminador ; e come in Venezia questo offizio era del doge medesimo, il quale 1' esercitava mediante una delle sue corti ducali, in Trieste era del Dominio il quale l'e-sercitava mediante vicari, mediante Vicedomini. I vicedomini vennero tolti nel 1733; però vi si sostituì per la omologazione dei testamenti, il cancelliere o segretario per fungerne 1' offizio. In Venezia una legge dell'8 gennaio 1713 estendeva a tutto lo stato il benefizio della prelazione dei contratti notificati; però mancando tale requisito manteneva illesa la validità dei contratti medesimi. Questa disposizione non ebbe esecuzione in tutta l'Istria che era di dominazione veneta; qualche comune adottò le notifiche, in altre venne introdotto per ordine dei magistrati che periodicamente venivano a visitare la provincia a fine di porre riparo agli abusi; altre conservarono l'instituto dei Vicedomini; altre quello delle pubblicazioni a mezzo dei cancellieri. Così giunsero le cose nell'Istria, che già era di dominazione veneta, fino all'ultimo di aprile 1806; il governo austriaco, che la ebbe suddita dal 10 giugno 1797 fino al decembre 1805, non cangiò punto la legislazione civile, come 1' aveva cangiata nella rimanente parte che era di sua antica dominazione, introducendovi nella seconda metà del secolo passato l'instituto delle tavole e dei libri fondiari, registri, cioè, di possesso e di ipoteca. Nel dì 1 maggio 1806 entrò in vigore il Codice di Napoleone, e con questo il regolamento delle ipoteche; un registro venne aperto in Capodistria per tutto intero il dipartimento; la legge vi provvedeva pel trasporto delle ipoteche anteriori all'attivazione del Codice; i libri delle notifiche, i registri dei vicedomini, dei giudici e dei cancellieri cessarono del tutto ; la provincia ebbe modi uniformi, una sola legge. Più tardi, nell.0 gennaio 1812, essendo stato unito il dipartimento dell' Istria con Trieste per formare l'Intendenza dell' Istria, i registri ipotecari si trasportarono a Trieste; e così durarono le cose fino al settembre del 1813. Nel quale tempo conquistata la provincia dalle armi vittoriose di S. Maestà Austriaca, il generale Conte di Nugent ordinava la restituzione delle cose sul piede come erano durante il primo governo austriaco. Erasi creata in allora per l'Istria già veneta una commissione provinciale, equivalente a governo, la quale ebbe incarico di dare sesto alla provincia. La commissione credette suo debito di togliere tutta intera la legislazione, e tutte le instituzioni introdotte dal governo italiano e dal governo francese, non già quelle soltanto che si riferivano alle cose di politica, ma anche quelle che erano puramente civili. La commissione sembra essersi dipartita dal principio che l'Istria già veneta poteva fare provincia legislativa da sè, come poteva essere provincia amministrativa, e che poteva essere ridonata a quelle condizioni nelle quali si trovava sotto il primo governo austriaco. Queste condizioni durante il primo governo non furono costanti, perchè non pochi cangiamenti si erano fatti; introdotto Codice penale, instituiti tribunali, separata la provincia dai tribunali di Venezia; e nel 1804 unita la provincia al governo politico di Trieste, al tribunale di appellazione "di Klagenfurt; instituito nel 1804 un capitanato circolare, ed altre migliorie sarebbersi introdotte se le vicende di guerra non avessero cangiato le cose. Grandi cangiamenti eransi fatti nell' impero austriaco dal 1805 al 1813, migliorate instituzioni, pubblicato nuovo Codice civile, fatti certi e sicuri i diritti per uniformità di leggi; miglioramenti non fatti con quella clamorosità che altri governi usarono; bensì con saggezza e prudenza. La commissione volle ricondurre la legislazione allo stato in cui era fino al terminare del 1805; ma sembra avere voluto restituire le condizioni amministrative come erano in sul principio del 1804. Essa emanò il seguente proclama : N. 215. In Nome eli S. M. l'Imperatore d'Austria Francesco II. L' amministrazione della Giustizia civile e criminale è la prima base della società ed il primo garante delle persone, e delle proprietà dei sudditi. Il bisogno che sia essa attivata in questa provincia non sfuggì alle provvide cure del signor generale Conte Nugent, che con suo Decreto 23 settembre decorso incaricò questa Commissione provvisoria provinciale di organizzarla coi metodi dell' epoca 1805. E quindi, che la Commissione stessa in esecuzione del detto decreto determina quanto segue: Articolo 1.° È rimesso il Tribunale d'Appello che risiederà come all' epoca 1805 nella città di Capodistria, e giudicherà in seconda instanza le cause civili e criminali della provincia. Art. 2.° Esso è composto di un presidente, di quattro giudici, di un segretario, e di un attuario principale. Art. 3.° Gli emolumenti restano quei medesimi che erano in corso all' epoca 1805. Art. 4.° Viene instituito in Capodistria un Tribunale di prima Istanza civile, composto di un presidente, che sarà lo stesso preside della Direzione politica, di due giudici ed un cancelliere con li medesimi emolumenti dall'epoca 1805. Art. 5.° Il cancelliere del tribunale di prima istanza sarà nominato come allora dal Consiglio civico. Art. 6.° La giurisdizione del detto tribunale si e-stenderà alle comuni di Capodistria, Muggia, Isola, Gri-signano, Portole e rispettivi territori. Art. 7.° È istituito in Capodistria un giudice sommario. Esso giudicherà alla somma di venete L. 50 inappellabilmente, ed appellabilmente alla somma di venete L. 120, la sua giurisdizione -si estenderà alla sola comune e territorio di Capodistria. Esso assumerà ed inquisirà sopra le gravi trasgressioni politiche, ed accompagnerà il progetto di sentenza al tribunale criminale, che pronuncierà definitivamente sopra le medesime, salvo il solo ricorso alla revisione. Art. 8.° Formerà gli atti preliminari di tutte le azioni criminali, e li accompagnerà col progetto di sentenza al tribunale di appello per il relativo giudizio. Art. 9.° È istituito un tribunale civile di prima i-stanza in tutte le comuni di Pirano, Parenzo, Rovigno, Pola, Albona, Pinguente, composto di tre giudici, e di un cancelliere, ed estenderà la sua giurisdizione nei luoghi dove I' aveva all' epoca 1805. Art. IO.0 Il direttore politico farà le funzioni di preside del tribunale nelle località, come così era prima. Vi sarà inoltre un giudice relatore, ed il giudice sommario sosterrà il posto di terzo giudice assessore al detto tribunale. Li giudici sommari avranno un cancelliere a parte per li loro oflìzi, che vengono col presente richiamati. Art. 11.0 Presso cadauno dei detti tribunali vi sarà un cancelliere con voto, il quale supplirà al caso di eccezione, o impedimento di alcuno dei tre giudici soggetti sunnominati, e ciò in quelle località dove non era riservato questo diritto ai giudici comunitativi. Art. 12.° In ogni comune della provincia, dove non vi fosse un tribunale, vi sarà una superiorità locale, che avrà le attribuzioni anche di giudice sommario, con P i-stesse incombenze del giudice sommario di Capodistria. Art. 13.° Il cancelliere della superiorità locale sarà insieme cancelliere della sommarietà. Art. 14.° La giustizia civile e criminale sarà esercitata sulla base della stessa procedura, e delle stesse leggi civili e criminali, che vigevano all' epoca 1805. Art. 15.° Sono richiamati in attività tutti quei no-dari, che furono legalmente nominati posteriormente. Art. 16.° E gli uni e gli altri dovranno per altro nel termine d' un mese aver prodotto al tribunale d' appello i titoli giustificativi il loro esercizio. Frattanto non potranno rifiutarsi sotto loro responsabilità di rogare gli atti dei quali fossero richiesti, e quindi alla pubblicazione del presente dovranno mettersi in tutta attività, rassegnandosi sul momento ai rispettivi superiori locali. Art. 17.u E richiamato in piena osservanza il sistema ipotecario, che vigeva all' epoca 1805 mediante 1' uso delle notificazioni, e de' vicedomini, o de' giudici, 0 presso le cancellerie secondo gli usi dei rispettivi paesi. A tale oggetto nella prima domenica susseguente alla pubblicazione del presente si convocheranno li rispettivi consigli civici, clic vigevano all' epoca 1805 che sono richiamati alla loro attività, sotto la presidenza delle rispettive direzioni politiche, e superiorità locali, per 1' e-lezione dei vicedomini, e nel tempo stesso dei sindaci comunitativi ed altri offizi sanitari e di polizia comunale, eli' erano in corso alla detta epoca. Art. 18.° Gli alti dei tribunali, dei nodari, e di qualunque altra autorità saranno rivestiti delle stesse forme, e delle stesse intestature che erano in uso all' epoca 1805, saranno pagate e riscosse l'istesse tasse, ed osservale le medesime tariffe, I nodari e i cancellieri saranno responsabili dell'esazione dei pubblici diritti, e li verseranno come all' epoca 1805. Capodistria, li 8 ottobre 1813. firmalo Totto Presidente ----Battiala ---PoLINNI ---Zcgni f. f. di Segretario. Pel quale proclama, fatta astrazione da qualche equivoco di fatto, si richiamavano in vita gli statuti municipali, la legge comune romana, e la veneta; e quanto al sistema ipotecario venivano reatlivate le notificazioni; 1 vicedomini, i giudici ed i cancellieri, secondo gli usi di ciaschedun paese ; e si provvedeva per la elezione dei vicedomini che dovevano nominarsi dai consigli civici richiamati in vita col medesimo proclama. Lo stato di cose che la Commissione provinciale richiamava in vita non poteva durare; esso era incompatibile e colle massime del governo austriaco, colle idee, coi bisogni del tempo; quello stato di cose era incompatibile col bisogno che aveva la provincia di non essere segregala dalle altre. Difatti non appena cessate le cure della guerra, la Commissione provinciale venne sciolta, nel 1814, introdotto quell' ordine amministrativo che tuttogiorno sussiste, riunita la provincia al governo di Trieste, ed al tribunale di Klagenfurt; col 1.° ottobre 1815 tolta la legislazione statutaria, ed attivato il Codice austriaco; nel 1816 regolata definitivamente 1' amministrazione della giustizia. L' aulico decreto 4 maggio 1816, pubblicalo con ordinanza dell' i. r. tribunale di appellazione dei 27 maggio 1816 N. 5077 dispone in merito alle notifiche all' articolo 6. « In materia delle ipoteche o prenotazioni risguar-« danti i distretti dell'Istria ex-veneta di Pirano, Buie, 'i Montona, Pinguente, Parenzo, Rovigno, Dignano, Pola « ed Albona prevalerassi frattanto e sino ad ulteriore « regolamento di questi oggetti, dell' offizio delle notifi-«cazioni, costumanze relative, e procedura attualmente « esistente in Istria ». Questa dispositiva va applicata pure al distretto di Capodistria, sebbene la legge espressamente non lo nomini. La legge non impediva che in altre parti di ciò che oggidì forma il circolo d'Istria, nelle quali non fosse stato riattivato l'instituto tavolare, si facesse uso dei registri ipotecari come erano stati introdotti dal governo italiano - francese. Questa legge conferma per l'Istria già veneta 1' articolo 17 del proclama della Commissione provinciale; questo proclama non attiva già le notificazioni in tutta l'Istria (come era mente del principe veneto di generalizzarle), ma rimette in vita le instituzioni e le costumanze di ogni singolo paese, con che viene a convalidarsi il principio che la mente del principe veneto, di estendere le notifiche a tutte le provincie, era desiderio, non obbligo. Secondo queste dispositive l'ipoteca non viene già costituita, od appresa mediante notificazione o registro, 0 strida, ma questi sono soltanto modi di preservare le ipoteche legalmente costituite. Quattro modi di preservazione si riconoscono per l'Istria, cioè: la notificazione nel registro a lutti ostensibile; la segnatura del vicedomino, ed il registro negli atti del vicedomino ; l'intervento del giudice all'atto costitutivo dell'ipoteca; l'intervento del cancelliere, - ambedue questi ultimi per le così dette stride od altro procedimento. Non solo questi modi accennati nel proclama della Commissione provinciale vennero confermati dall' aulico decreto del 1816, ma ogni altra costumanza e le procedure tutte che fossero di pratica. Queste dispositive subirono modificazioni essenziali. 1 nodari che si richiedevano per certi atti civili, non sono più necessari; ognuno può a piacimento stilizzare qualunque atto, atto che non ha forza probatoria che privata; i vicedomini che intervenire dovevano a certi atti sono aboliti ; i giudici che intervenivano a questi atti non hanno più né obbligo nè diritto a ciò; i cancellieri furono aboliti; gli attuari dei comuni non hanno più le attribuzioni dei cancellieri. Questi modi di preservazione di ipoteche premettono l'esistenza di comuni nelle forme e colle attribuzioni che avevano durante il governo veneto, quando ogni comune formava provincia legislativa da sè, ed ogni comune esercitava la giustizia civile. La ripartizione è cangiata; i comuni hanno tutt' altra condizione, non hanno alcun esercizio di giudicatura; il bisogno dell'uniformità dei modi di preservare le ipoteche è generalmente sentito; le forine antiquate non sono nè comprese, nè possibili perchè mancano quegli organi amministrativi che potevano mandarli ad effetto. Ne venne quindi che il solo modo delle notificazioni sia oggigiorno di uso, che per ogni distretto di giudicatura vi sia un libro di noti-fiche; che questo libro sia tenuto più frequentemente dai giudizi di quello chè dai comuni, e che alle notifiche non sempre intervenga il giudice. Ai registri delle notifiche non si presta comunemente gran credito ; gli estratti medesimi portano in fronte fa dichiarazione che essi sono irregolari. La diffidenza viene da ciò che il diritto derivato dalle notifiche si ritiene per molto incerto ; ed i giudicati che emanarono furono spesso diversi assai dalla aspettazione comune, la quale dimenticò talvolta lo stato e la validità delle inscrizioni ipotecarie. Imperciocché i registri del regno d'Italia e delle Provincie illiriche tolsero ogni efficacia ai libri delle notifiche, ed ordinarono il trasporto delle ipoteche nei nuovi registri a diligenza delle parti interessate, preservando loro i diritti che in precedenza avevano; i libri delle notifiche anteriori al 1.° maggio 1806 non esistono; se esiste la carta, se questi libri materiali furono adoperati anche in epoche posteriori, essi sono carte che possono servire bensì alla storia, mai al diritto. Il proclama della commissione provinciale e l'aulico decreto 1816 non avevano forza retroattiva; essi non dichiarano estinti i diritti acquisiti in forza delle leggi anteriori ; nè ordinarono il trasporto delle inscrizioni ipotecarie dai registri italici od illirici nei libri delle notifiche. Quelle inscrizioni conservano la loro forza legale, nè 1' oimnissione della rinnovazione dopo il decennio è loro di pregiudizio, dacché la legge che l'ordinava fu tolta, e dacché furono tolti i modi di effettuare la rinnovazione. Le inscrizioni ipotecarie dell' epoca 1806 al 1813 sono vive ed efficaci in quanto il diritto sia sussistente. I registri delle notifiche hanno forza legale soltanto dal 1813 in poi, o dall' epoca in cui furono attivati in ciaschedun distretto. Qui troviamo opportuno riportare 1' ordinanza veneta che introduce in Rovigno 1' officio delle Notifiche e che spiega meglio l'indole ed il procedimento. Noi Iseppo Michiel per la Serenissima Repubblica di Venezia Podestà e Capilanio di Capodistria e sua giurisdizione. Tre cose pincipalmente vi sono cadute in vista nel-1' occasione della presente visita di questa terra di Rovi- gno, cioè la situazione infelice della cancelleria del comune, e dell' archivio degli atti pubblici, la mancanza di un officio Notifiche solito esservi in ogni luogo ben regolato dello stato, e l'uso da qualche tempo invalso, che i cittadini del Consiglio ballottino alla scoperta; punti tutti e tre, che per quanto si rileva producono gravi confusioni e conseguenze di discordie, inimicizie, ed infiniti litigi. Nel debito di provvedere adequatamente per l'ufficio notifiche ec. VL Manca in questa terra di Rovigno un requisito di somma importanza massime in riguardo a commercio, e questo è il libro delle notificazioni istituito ed usato negli altri luoghi ben regolati dello stato ; ond' è che facendosi quasi alla cieca li contratti, nascono poi gravi danni per mancanza di cauzioni, ed infiniti litigi, che non di raro per l'indole suscettibile della nazione si convertono in funesti accidenti. Pensando perciò di provvedere anche a questo punto si stabilisce in ordine alla legge del Serenissimo maggior Consiglio 12 maggio 1523 alla terminazione degli eccellentissimi signori Revisori, e Regolatori dell' entrade pubbliche 8 gennaro 1713 e decreti dell' eccellentissimo Senato 1 febbraio e 10 agosto 1713 e 31 luglio 1745 che anche in Rovigno debba introdursi la buona pratica delle notificazioni de' contratti tanto necessaria e giovevole, onde per mezzo di esse per 1' avvenire si tolga il motivo delle liti e danni predetti. VII. Dovrà adunque il predetto custode degli atti notariali istruire (istituire) un pubblico libro cariato e bollato coi suo indice ed alfabeto doppio, nel quale tutti li contraenti di qualunque stato e condizione volendo goder del benefizio della prelazione, debbano notificare tutti li contratti di qualsisia natura, tanto quelli dipendenti da scritture private, quanto gli altri stabili con pubblici istru-menti in atti, la qual notificazione porterà appunto il privilegio della prelazione agli atti non notificati, benché fossero anteriori di tempo, dichiarando inoltre, che dovranno stessamente notificarsi le ipoteche e permute, vendite, donazioni, crediti, obbligazioni e contralti di ogni genere che si facessero in Rovigno e suo distretto , in modo che la legale loro anzianità abbia a considerarsi e calcolarsi dal giorno della prescritta notificazione, come vagliono le suddette leggi disponenti nel proposito, e come vuole ogni riguardo di buona massima specialmente in vista dei fallimenti che succedono, ed altri disordini. Rovigno in visita 13 marzo 1766. Iseppo Michiel Podestà e Capitanio G. D. Aloisius Mocenico dei grafia Dux Venetiarum Nobili, et sapienti viro Nicolao Rerengan de suo mandato Podestali et Capitano Justinopolis ftdelibus dilectis Salutem, et dileclionis effectum. Sulla estesa della terminazione che per la comunità di Rovigno ha segnata in visita il precessor vostro Michiel sotto il 13 marzo decorso, verso di pubblica Commissione l'esperienza di questo Magistrato dei Revisori e Regolatori dell'entrade pubbliche, e nelli X capitoli della medesima ritrova gravi ordinazioni. Per questo motivo il Senato in cadauna sua parte anche 1' approva, onde abbia ad essere esattamente eseguita. Data in Nostro liticati Palatio die XIX Julii Indizione XIV. MDCCLXVI. Giov. Berlendis m. p. Segretario. La diffidenza nei registri delle ipoteche venne meno dalla indole di questi libri, di quello chè dalle ipoteche tacite e legali, le quali erano ammesse dalle precedenti legislazioni; ma corre più che il trentesimo anno dacché queste ipoteche tacite e legali più non sono ammesse dalla legge, e questo tempo ha fatto cessare tante di quelle che per le antiche leggi erano in vigore che il caso sarebbe oggigiorno raro. La diffidenza è accresciuta dalla dichiarazione posta in fronte agli estratti che i libri delle n»tifiche sieno irregolari. Non sappiamo se questa irregolarità debba riferirsi aH'institute delle notifiche, oppure alla registrazione. Non sapremmo vedere irregolarità nell' instituto delle notifiche, più che in qualunque altro instituto di pubbliche registrazioni, nè sapremmo vedere quale abbia ad essere la regola se le leggi austriache ammettono 1' esistenza legale di libri diversi dai tavolari, e se non è pronunciato che le tavole debbano instituirsi in tutto P impero. Se per irregolarità s'intende la mancanza di un indice che faciliti il rintracciamento delle inscrizioni, diremo che la legge Veneta del 1523, 12 maggio e le posteriori vogliono libro con doppio alfabeto, del quale uno si è per i nomi delle persone, 1' altro non potrebbe essere che per le realità, se vero è che la legge col rendere questo libro di pubblico uso, ha voluto fare possibile alle parti che vi hanno interesse l'inspezione delle ipoteche. Forse la irregolarità allude alla pratica di notificare qualunque atto, qualunque carta, anche se non vi sia costituita ipoteca; ed alla opinione or contrastata, ora ammessa che la sola notificazione attribuisce diritto di pegno ; il che non è, nò fu mai. Queste notificazioni sono oziose del tutto, la legge non le impone, nè vi attribuisce efficacia. La pratica di notificare' ogni cosa è un rimasuglio dell' antica legislazione, che voleva la data certa di ogni carta, tenuta viva dal popolo che nella inscienza del diritto, crede di dover abbandonare piuttosto che mancare, tollerata dai tribunali siccome atto che è meramente di parte. Noi pensiamo all' invece che il discredito in cui sono le notifiche sia affatto indipendente dall' indole dell' instituto ; crediamo , che se le alligazioni sono precise, se validamente costituita ed indicata la ipoteca, se precisate le realità, se tenuto il doppio indice di nomi e di realità ordinato dalle leggi venete, i libri delle notifiche non sieno per nulla inferiori ai libri tavolari, per ciò che riguarda le ipoteche. Quanto alla proprietà delle realità medesime che si costituiscono in ipoteca, le leggi venete ordinavano anche la notifica dei contratti di acquisto; però nè il proclama della commissione provinciale, nè le leggi posteriori hanno richiamato in vita le noti- fiche per altro che pér le ipoteche, nè ad altro possono quei libri estendersi. In sostegno di questa nostra opinione esporremo i principi che riteniamo validi nell' Istria già veneta. Nella parte d'Istria che era già veneta, non vi sono registri d'inscrizione di proprietà fondiaria sia di dominio diretto o d'utile; eccetto per Sovignaco nel distretto di Pinguente, che appartiene alle tavole montanistiche della Carintia. Ai registri dei beni enfiteutici o censuari non viene attribuita fede pubblica alcuna per riguardo a possesso od ipoteca, come é nel rimanente dell' Istria. Ogni distretto giudiziario ha un libro di notifiche, presso il giudizio distrettuale per le ipoteche delle realità di tutto il distretto. L'inscrizione dell' alto costitutivo di ipoteche nei libri notifiche, non è apprensione simbolica di pegno, ma preservazione del diritto di pegno che sia stato regolarmente e legalmente costituito. La preservazione del diritto di pegno segue mediante la data legale, certa, attribuita all' atto costitutivo dalla notificazione. La data legale porta prelazione in confronto di qualunque data cronica, per provata che fosse. La notificazione di atto nel quale non siavi costituzione d'ipoteca, non attribuisce diritto alcuno. La notificazione è operativa soltanto in confronto di terze persone, non fra ipotecante ed ipotecario, fra i quali non é necessaria. L' onnnissione della notificazione non porta perdita del diritto d'ipoteca; il notificato ha prelazione per la data legale in confronto di qualunque non notificato. Fra non notificati la data cronica dà la preferenza ; chi è primo in tempo è primo in diritto. Nella notificazione è indispensabile che nel registro e sull' atto venga segnata da pubblico officiale la data certa del documento; non è indispensabile per legge veneta che 1' atto sia interamente trascritto, il succinto è sufficiente. Non si dà cancellazione di notifica, perchè la notificazione è un fatto autorevolmente accertato. Si dà annotazione della cessazione del diritto portato dall' atto notificato. Comunque la legge austriaca abbia tenuto in vigore le notifiche per le ipoteche, questa voce abbraccia qualunque diritto reale. I registri delle notifiche non hanno a base cata-stico di beni; essi sono soltanto registri cronologici progressivi. Dei registri vi ha doppio indice, l'uno dei nomi di persone, ì' altro delle realità, in ordine alfabetico, per sicuro rinvenimento delle partite. L'emissione di estratti delle notifiche è di pratica; ned è cautela di regolarità, dacché essendo i registri in serie cronologica continuata non è possibile interpolazione di partite; e se tenuti regolarmente non è possibile il travedere partite.