received: 2005-06-07 UDC 338.246.8(497.5 Buje)"1945/1954" review article LA RICOSTRUZIONE ECONOMICA DEL BUIESE (1945-1954) Denis VISINTIN Museo Civico di Pisino, HR-52000 Pazin, Trg Istarskog razvoda 1 e-mail: denis.visintin@inet.hr SINTESI Il contributo intende proporre un esame della situazione economica del territorio compreso tra i fiumi Dragogna e Quieto, negli anni successivi alla seconda guerra mondiale. Nella seconda metà deli anni Quaranta del secolo trascorso, e partico-larmente nell'immediato secondo dopoguerra, il territorio versava in condizioni par-ticolarmente difficili sotto ogni aspetto economico. Fu comunque in quel quinquen-nio di trasformazioni sociali, economiche e giuridiche, che si getteranno le basi della futura ripresa, che caratterizzerà l'area particolarmente fra gli anni Sessanta e Set-tanta. Parole chiave: ricostruzione, economia, agricoltura, cooperativismo, industrializza-zione, Buiese, 1945-1954 ECONOMIC RECONSTRUCTION OF BUIESE AREA (1945-1954) ABSTRACT This article wishes to provide an analysis of the economic situation of the area among the Dragogna and Quieto rivers, during the years following the Second World War. During the second half of the 1940s, and especially in the second postwar period, the area was facing a particularly difficult time under every economic aspect. However, it was during those five years of social, economic and juridical transformation that the foundations of future recovery were laid, a recovery that would affect the area especially between the '60s and the '70s. Key words: reconstruction, economy, agriculture, cooperative, industrialization, Buiese, 1945-1954 381 Denis VISINTIN: LA RICOSTRUZIONE ECONOMICA DEL BUIESE (1945-1954), 381-394 Conclusa la seconda guerra mondiale, buona parte di quella che era considerata la Venezia Giulia venne divisa, a seguito degli accordi di Belgrado e di Duino del giu-gno 1945, in Zona A e Zona B. La prima, sottoposta al Governo militare alleato, comprendeva le città di Trieste, Fiume e Gorizia, e i territori circostanti. L'altra, di pertinenza della VUJA (Vojna uprava Jugoslovanske armije - Amministrazione Militare dell'Armata Jugoslava), si giovava del rimanente territorio istriano, con Fiume, le isole, Sesana, Postumia, Villa del Nevoso, il Tolminese, Caporetto, e l'area orientale di Gorizia. La direzione di quest'ultima venne decretata con decreto del comandante supremo delle forze armate jugoslave, il maresciallo Tito, il 25 giugno 1945. Con lo stesso atto presero vita pure i Comitati regionali popolari (CPL) di liberazione di Fiume, dell'Istria e del Litorale sloveno. Questi tre organismi civili avevano giuri-sdizione sui rispettivi territori di competenza. Cosi al CPL dell'Istria facevano capo i CPL distrettuali - distretti di Buie, Cher-so-Lussino, Dignano, Parenzo, Pinguente e Pisino, le città di Rovigno e di Abbazia. Il distretto di Capodistria rispondeva al CPL del Litorale sloveno. Con il trattato di pace di Parigi, che sanci il passaggio alla Jugoslavia della mag-gior parte del territorio giuliano, fino ad allora soltanto giuridicamente appartenente all'Italia, si istitui il Territorio libero di Trieste (TLT), suddiviso in due zone ammini-strative. La Zona A, con Trieste, venne sottoposta all'amministrazione militare allea-ta. La Zona B, con il Buiese e il Capodistriano, tocco all'amministrazione jugoslava. Nella Zona B del TLT si costituirono i CPL distrettuali di Buie, rispettivamente Capodistria, operanti nell'ambito del neoistituito "Circondario istriano" (Comitato popolare circondariale), con i rispettivi comitati locali. Spettava all'amministrazione militare jugoslava e ai neoistituiti organismi politici il controllo e la direzione della vita politica, pubblica, sociale, culturale ed economica del territorio, e la sorveglianza degli accordi siglati tra il governo jugoslavo e gli alleati. C'era tutta una società da ricostruire e un assetto economico-sociale in via di trasformazione. Progressivamente si smantellerà il precedente ordinamento giuridico, amministra-tivo e finanziario, verranno sostituite le disposizioni in materia lavorativa, sanitaria, assicurativa e sociale. Subito dopo la firma del trattato di pace, nei territori passati alla Jugoslavia s'introdurrà la costituzione jugoslava. I territori appartenenti alla Zona B sa-ranno interessati a cio più avanti, con il passaggio all'amministrazione jugoslava. I neo-istituiti poteri modificheranno pure le norme del diritto privato, commerciale e ammi-nistrativo vigenti fino a quel momento. Se nelle altre parti della penisola cio avverrà negli anni immediatamente successivi al secondo conflitto mondiale, nel territorio in questione cio avverrà più avanti. Cosi ad esempio le disposizioni del codice penale jugoslavo saranno ampliate alla Zona B nel 1953. Cosi pure il codice di procedura civile e le varie disposizioni legislative economiche. In precedenza, erano stati attivati vari provvedimenti in materia previdenziale, sanitaria e assicurativa (Kramar, 2002, 91). 382 Denis VISINTIN: LA RICOSTRUZIONE ECONOMICA DEL BUIESE (1945-1954), 381-394 Inoltre, fin dal 1949 le autorità registrarono i primi casi di disoccupazione. Il numero dei disoccupati per il comprensorio buiese non pareva molto elevato. Dei 98 casi evidenziati, la maggioranza, 56, erano donne e 42 gli uomini (ARC, 5). Ancora, nonostante gli sforzi, l'analfabetismo tra la popolazione era abbastanza diffuso. Cosí a Buie (probabilmente si fa riferimento al comprensorio), si contavano 390 analfabeti compresi entro la fascia d'età dei 50 anni. Di questi 102 s'iscrissero agli appositi corsi d'istruzione entro la fine del 1949 (ARC, 5). Fu in tale assetto storico che, a partire dal 1947, tra alterne vicende politico-economiche, iniziö la normalizzazione dei rapporti italo-jugoslavi, interrotta qua e là da qualche "incidente" doganale, da disposizioni che vietavano in via provvisoria il traffico tra la Zona A e la Zona B, o d'altro percorso.1 I vari ministri e le delegazioni economiche inizieranno a incontrarsi nelle rispettive capitali o in altre località per definire tutta una serie di trattati commerciali ed economici, che dovevano equilibrare i rapporti tra i due Paesi (de Castro, 1981, I, 594-599). In questo contesto, si getteranno le basi della ripresa e della ristrutturazione economica che culminerà negli anni Sessanta, con la nascita e lo sviluppo delle attività che hanno costituito in seguito il perno dell'economia e della vita di questo territorio, con alterne vicende, fino al sopraggiunto crollo delle strutture economico-industriali realsocialiste, agli inizi degli anni Novanta. Nella seconda metà degli anni Quaranta, il territorio versava in difficili condizio-ni economiche e finanziarie, mentre la distribuzione dei generi alimentari subiva delle razionalizzazioni (ARC, 1). Tale situazione rispecchiava quanto stava succe-dendo anche in altre realtà locali istriane. A Parenzo per esempio, le regole di razio-nalizzazione definite per gli operai e i dipendenti pubblici riservavano a loro un consumo pari a 710 grammi di farina, 140 g di carne, 200 g di verdura, 30 g di olio, 20 g di sale. Drasticamente diminuito il riservato ai loro familiari: 210 grammi di farina, 20 g di carne, 50 g di verdure e 10 g di sale e altrettanti di grassi. (Dukovski, 1997, 156). Le autorità denunciavano difficoltà di appro vvigionamento dovute a specula-zioni e abusi vari. Per ovviare a questo stato di cose, s'istituirà l'Ispettorato per l'ap-provvigionamento (Kramar, 2002, 120). A tali carenze si rispondeva valorizzando quanto di buono si poteva sbandierare. Se mancava il pane bianco, si esaltava quello a disposizione, il giallo ad esempio, ottenuto con la farina di granoturco. In tale contesto politico anche il pane, la qualità e la quantità dei pasti in distribuzione, "supe- 1 Nel 1952 ad esempio, con apposito decreto, le esportazioni e importazioni da e verso la Zona B erano soggette a una preventiva autorizzazione, causa una presunta afta epizootica. I viaggiatori non po-terono recare con sé merci superiori al valore di 1000 dinari. Si trattö di un provvedimento che a quanto pare mirava a colpire la circolazione della lira nell'area il cui cambio valutario era stato posto in valore di 48 dinari per 100 lire, a un tasso cioe inferiore alla meta del rapporto di libero mercato tra le due monete (de Castro, 1981, I, 613-614). Questa operazione valutaria cessera dopo un paio di set-timane. Stando alle interpretazioni jugoslave, si trattö di uno dei provvedimenti con cui si voleva mettere fine a degli illeciti confinari (Kramar, 2002, 89). 383 Denis VISINTIN: LA RICOSTRUZIONE ECONOMICA DEL BUIESE (1945-1954), 381-394 riori a quelli di Trieste", costituivano oggetto di propaganda antioccidentale di note-vole importanza: pur di non accennare alla mancanza di altro genere, era meglio ri-correre alla cosiddetta "mezza verità" che esaltava quello a disposizione, in tal caso il "giallo", in quanto "la gente vedeva nel pane bianco dell'imperialismo occidentale" (ARC, 1). In realtà si era di fronte alla carenza di farina bianca. I raccolti molto spes-so erano magri, causa l'incapacità e la scarsa conoscenza in materia agricola nonché pedologica dei nuovi proprietari terrieri. Ancora agli inizi dell'estate del 1949 la si-tuazione non era migliore, visto che le autorità procedettero all'acquisto di granaglie per l'approvvigionamento della popolazione. In quell'anno infurio una grande siccità, per cui il raccolto fu scarsissimo e qua e là mancava pure l'acqua. Questa la si andava a prelevare con le botti alle sorgenti che ne disponevano, a svantaggio di quelle Cooperative agricole - vedi Daila ad esempio - che la vendevano a un prezzo di trenta dinari al secchio (Tamburrino, 1997, 64). Allo stesso tempo, si procedette all'acquisto di prodotti industriali riservati ai contadini (ARC, 3). Nel quinquennio successivo alla conclusione della guerra, il regime s'impegnerà a fondo nello sviluppo di alcuni settori economici e nell'ammodernamento di edifici e strutture ritenute importanti: l'edificio che doveva ospitare il ginnasio croato a Buie, il rinnovo dell'albergo, sempre nella stessa cittadina, l'edificazione della cantina vinicola a Umago, e delle case cooperative a Buie, Villanova, Crassizza, Marussici e Matterada. Questi ultimi saranno in seguito ristrutturati e riconvertiti in Case del la-voratore e Case di cultura, almeno nelle località maggiori. Alcune di queste imprese vennero realizzate su proprietà espropriate, e a nulla valsero le proteste dei proprieta-ri. Tale era ad esempio il caso del terreno su cui venne edificato il ginnasio croato di Buie. Numerosi altri edifici scolastici verranno edificati o ricostruiti: vedi ad esempio le scuole di Businia e di Morino. Altre invece verranno realizzate con il concorso po-polare, stando al quale la popolazione donava beni a tale proposito o vi partecipava con le azioni di lavoro volontario. Tra le imprese realizzate dal nuovo regime, spicca la bonifica della valle del Quieto, cui parteciparono numerose brigate giovanili, di cui le autorità esaltavano nel '49 il grosso successo ottenuto dall'operazione, essendo stati puliti il 90% dei canali di scolo, ognuno dei quali lungo 18 metri, e l'inaugurazione di nuovi canali migliorativi lungo il Dragogna (ARC, 5). Il Circondario di Buie s'impegnerà nelle migliorie stradali e degli edifici pubblici (Visintin, 2001, 10-12). La pesca, settore portante dell'economia costiera, versava in condizioni precarie. Per esempio, a Umago erano attive soltanto due barche saccaleve. Altri pescatori si dedicavano alla pesca "col parangal". Qualcuno praticava la pesca "a cocia". Tutto sommato pero si trattava di una flottiglia da pesca alquanto modesta (ARC, 1). In dif-ficoltà pure il settore vendita, affidato alle apposite cooperative di pescatori, istituite fin dal 1946 sia a Isola sia a Umago (Kramar, 2002, 137-143; Visintin, 2004, 105). 384 Denis VISINTIN: LA RICOSTRUZIONE ECONOMICA DEL BUIESE (1945-1954), 381-394 Fig. 1: Costruzione della casa cooperativa a Marussici negli ultimi anni '40 (ARC, 573). Sl. 1: Gradnja zadruzenega doma v Marusicih na koncu 40-ih let (ARC, S73). Fin dal 1946 gli stabilimenti delle due maggiori fabbriche per la lavorazione del pesce, l'Arrigoni e l'Ampelea, vennero sottoposti all'amministrazione provvisoria della KUNI. L'Arrigoni disponeva di stabilimenti a Isola, Fasana Umago e Lussino. Gli anni seguenti vedranno la nascita di altre ditte istituite dagli jugoslavi. Nelle intenzioni del nuovo regime pure la diffusione dell'allevamento di animalia minuta. Presso Cittanova ad esempio, al vivaio Celega, era prevista l'edificazione di un allevamento di suini e di pollami, nonché vari silos e magazzini, la ristrutturazio-ne di una casa, riadattata a falegnameria. Un'altra falegnameria era prevista nel bosco circondariale di Buie. Tra i vivai che operavano con successo, il Mirna, nella valle del Quieto, che disponeva pure di un numero sufficiente di suini d'allevamento da vendere ai contadini (ARC, 3). Espropriate le numerose attività produttive (cfr. Rogoznica, 2005), s'introdurrà il cooperativismo, non senza difficoltà, e i piani di sviluppo quinquennali, notevol-mente fallimentari, come lo dimostrerà la prassi. Nella penisola istriana furono numerose le cooperative sorte tra il 1947 e il 1950 (Dukovski, 1997, 158). Le innovazioni di carattere economico rispecchiavano fedelmente il modello sovietico. Queste e le 385 Denis VISINTIN: LA RICOSTRUZIONE ECONOMICA DEL BUIESE (1945-1954), 381-394 altre vicende del secondo dopoguerra favoriranno un certo abbandono agrario e l'av-vio pianificato di alcune industrie, il che comporterà lentamente la nascita di quel fenomeno che potremmo definire "richiamo dell'industrializzazione". Vennero cosí sempre meno molte attività legate alla terra e i cicli plurimillenari tipici della vita di campagna (Dukovski, 2004, 148-149). Si aboliranno gli antichi rapporti di colonato, la mezzadria, l'appalto dei fondi. Le proprietà superiori ai dieci ettari di terreno vennero espropriate senza indennizzo alcuno. La progettata riforma agraria venne attuata in più fasi. In un primo momento, nel 1945, le proprietà vennero limitate a 45 ettari di terreno. Due anni dopo essa fu ridotta a soli 10 ettari. La riforma comporterà fra l'altro la spoliazione dei beni mobili e immobili di proprietà ecclesiastica (Verginella, 2005, 110-119; Sepic, 2002, 23-24). L'atto più importante a tale proposito interesserà il mo-nastero benedettino di Daila, i cui beni vennero del resto occupati e ridistribuiti ai co-loni e ad altri interessati già nel 1946 (Tamburrino, 1997, 58) I beni del monastero era-no abbastanza allettanti: circa 600 ettari di terra - oliveti, frutteti, gelsi, boschi, prati e pascoli compresi - condotti direttamente dai monaci, o assegnati ai coloni, un consistente patrimonio zootecnico, macchinari, attrezzature e stabilimenti agricoli, una fa-legnameria. I macchinari e gli attrezzi agricoli furono asportati in Jugoslavia (Tamburrino, 1997, 24; 36; 63). Sulle ceneri del monastero, s'inaugurerà una casa di ricovero per anziani dell'area istriana settentrionale. Va rilevato che nella Zona B del TLT, a differenza degli altri territori passati all'amministrazione jugoslava, lo statuto vietava le nazionalizzazioni delle imprese economiche e produttive di certo spessore. Tra gli aspetti da sottolineare ancora, l'emigrazione delle famiglie benestanti, che opteranno per l'Italia, la generalizzata uguaglianza sociale ed economica. Ora, mentre per la parte della penisola passata alla Jugoslavia ció avverrà nei primi anni del se-condo dopoguerra (Dukovski, 2002, 77), a seguito delle confische e delle nazionaliz-zazioni, nel Buiese e nel Capodistriano ció succederà soltanto alla metà degli anni Cinquanta. Queste riforme, che dovevano portare allo sventramento dei latifondi laici ed ec-clesiastici, e delle proprietà in mano a enti e istituzioni varie, e di conseguenza a una redistribuzione della terra ai contadini poveri, erano da tempo richieste dalle forze politiche d'ispirazione contadina in Croazia, Slovenia e Serbia, contrariamente alla politica di collettivizzazione e d'acquisto delle derrate agricole a prezzi popolari, nonché la riscossione dell'imposta sul profitto, che suscitarono il malcontento agrario sfociato talvolta in aperte rivolte. Nel mese di marzo del 1949 la commissione incari-cata ad attuare la riforma agraria nel Distretto di Buie affermava con soddisfazione la conclusione della grossa mole di accertamento dei nuovi proprietari terrieri. Unica eccezione Castagna, dove i lavori erano ancora in corso. Gli ostacoli che tale attività incontrava erano soprattutto di natura tecnica: i due geometri a disposizione avevano ben pensato di integrare i salari con servizi privati non autorizzati. D'altra parte la commissione aveva riscontrato anche altre irregolarità. I terreni appartenenti a "cri- 386 Denis VISINTIN: LA RICOSTRUZIONE ECONOMICA DEL BUIESE (1945-1954), 381-394 minali fascisti" vennero assegnati ad agricoltori che non ne avevano diritto (ARC, 3). Molti di questi terreni passeranno alle cooperative - misura questa dettata da consi-derazioni ideologiche e attuata spesso con violenze di cui furono soggetti soprattutto i contadini abbienti, considerati nemici del popolo - altri in nuove mani private. Una grossa parte ne rimarrà incolta. La produzione agraria risulterà estremamente pena-lizzata. A Salvore, ad esempio, fino a pochi anni prima la produzione granaria toccava i 15000 quintali e contava migliaia di capi di bestiame. Con le nuove regolamentazioni - leggi nazionalizzazioni, obbligatoria partecipazione alle cooperative agricole, confi-sche - la produzione granaria si ridusse a mezzo migliaio di quintali appena, mentre i capi di bestiame superavano le poche centinaia di unità. I tentativi cooperativistici in un primo momento furono abbastanza vani, viste le resistenze dei proprietari, restii a depositare proprietà, bestiame e attrezzi, frutto talvolta di un secolare impegno fami-liare, a favore di associazionismi in cui si godeva la parità di diritti comunemente ad altri soci non proprietari né di terre né di attrezzi da lavoro. A tale situazione non gio-vavano nemmeno le forti pressioni fiscali, che favoriranno l'abbandono terriero. Vo-lenti o nolenti, la cooperativa agricola salvorina, e cosí pure le altre del territorio e delle aree vicine, vide la luce, tra screzi e difficoltà che ne comporteranno il successivo fallimento (Maurel, 2002, 24-25; Kramar, 2002, 137-143). Cosí pure altre esperienze cooperativistiche subiranno il tracollo, al punto che una legge dello stato, ammise la possibilità del loro scioglimento, dopo che in tutta la Jugoslavia i contadini s'arroccarono in estremi tentativi di difesa delle rispettive pecu-liarità familiari. Soltanto i poderi inferiori ai dieci ettari di terreno coltivabile, rima-sero dunque di proprietà privata. Lo Stato comunque disponeva di una sorta di con-trollo sulla produzione e sui contadini, spesso gravati da onerosi fiscalismi, in quanto quasi tutto il raccolto veniva riservato all'ammasso. La merce ammassata veniva re-tribuita in jugolire e a basso prezzo alla contadinanza, venendo contrariamente piaz-zata sul mercato a prezzi elevatissimi. In questo caso dunque era lo Stato a fare da mediatore e a occuparsi della politica mercantile, il che vedeva declassata l'iniziativa privata, e i contadini e intermediari vari privarsi di alcuni utili. Le merci venivano piazzate sul mercato triestino, o all'interno della Jugoslavia. Tale situazione sarà de-stinata a peggiorare negli anni seguenti. (Tamburrino, 1997, 141-143). Cio favorirà la diffusione di una sorta di brigantaggio, o commercio clandestino, soprattutto per quanto riguarda il vino, trasportato di notte e di nascosto nei locali riservati ai ristori pubblici. In ragione di cio molti produttori di vino verranno colpiti dalle norme che prevedevano l'obbligatoria notifica della quantità di vino prodotta. Per combattere questa sorta di contrabbando notturno, le autorità introdussero delle normative per cui le botti di vino d'uso nei servizi pubblici venivano sigillate e verificate. Le tra-sgressioni venivano punite in armonia con le leggi in vigore, stando alle quali non era imputabile la vendita di vino di propria produzione, salvo regolare versamento del dazio prescritto, a cui molti cercarono di sottrarsi (ARC, 5). 387 Denis VISINTIN: LA RICOSTRUZIONE ECONOMICA DEL BUIESE (1945-1954), 381-394 Fig. 2: Costruzione del nuovo ginnasio a Buie negli ultimi anni '40 (ARC, 344). Sl. 2: Gradnja nove gimnazije v Bujah na koncu 40-ih let (ARC, 344). Il territorio buiese era ed è tuttora noto per le sue qualità vitivinicole. I prodotti quali la malvasia istriana o il moscato di Momiano costituivano il fiore all'occhiello di tale settore. Fin dagli inizi del XX secolo comunque si assistette a una lenta e pro-gressiva riduzione di tale coltura, a favore in primo luogo del settore granario. La produttività vinicola costituiva ancora nei primi anni del secondo dopoguerra un'im-portante fonte di reddito familiare ed economico locale. Motivo per cui, la nuova amministrazione, secondo una prassi non difforme dalle precedenti, pensó bene di verificarne la produzione. Cosí ad esempio a Buie con la vendemmia del 1949 si produssero 776 vagoni di vino, di cui 223 riservati a finalità sociali, e 553 alla ven-dita sul mercato. Iniziava cosí una fase che comporterà il sopracitato e progressivo abbandono che si acuirà nei decenni successivi, nonostante la meccanizzazione e l'attività creditizia, in cui l'agricoltura, l'allevamento, la produzione casereccia, la pastorizia sia degli animali grossi sia di quelli minuti, si ridurranno a economia di mero e proprio auto-consumo familiare, se non, in alcuni casi, a scomparire del tutto. A tale scopo, vanno rilevate pure le altre misure straordinarie introdotte dal regime titino, tra cui la chiusura delle frontiere, l'approvazione del primo piano quinquennale per lo sviluppo delle risorse economiche del Paese, la liquidazione della proprietà privata, l'accertamento e la valutazione dei beni abbandonati o confiscati, 388 Denis VISINTIN: LA RICOSTRUZIONE ECONOMICA DEL BUIESE (1945-1954), 381-394 l'introduzione della jugolira prima, e del dinaro jugoslavo dopo, con cambi ovvia-mente sfavorevoli per gli interessati. Vennero allora stimate e valorizzate le proprietà confiscate e gestite dal Fondo vittime del fascismo, e si procederà alla definizione patrimoniale dei beni da esso gestiti. In data 8 dicembre 1949, la commissione appro vö la stima di beni appartenenti a 85 famiglie, disposte tra Umago, Cittanova e Capodistria (ARC, 5). Va considerata pure l'attività della Commissione per l'amministrazione provviso-ria dei beni delle persone assenti, che a partire dal 1° ottobre 1947 sarà chiamata a sostituire la Commissione per l'amministrazione dei beni, meglio nota con la sigla KUNI. Ambedue le commissioni, come pure il Fondo, avevano sede a Capodistria. Quest'ultima amministrava 58 soggetti espropriati, suddivisi in beni mobili e immo-bili, e stabilimenti industriali. Parte di tali beni venne rilasciata in affitto ai precedenti conduttori o proprietari. Il numero dei soggetti espropriati sarà comunque destinato ad aumentare. Infatti, fin dalla sua istituzione, la Commissione per l'amministrazione provvisoria dei beni si vedrà assegnare altri 12 soggetti espropriati. Suo compito era pure il rimpiazzo d'inquilini negli appartamenti e nelle case in precedenza occupati da altre persone. Nella gestione e negli espropri dei beni non tutto procedeva a gonfie vele, tra proteste e opposizioni dei vari proprietari. In alcuni casi i beni venivano espropriati senza autorizzazione, e qua e là, almeno in apparenza, il nuovo potere tendeva a dimostrare una certa legalità. Degli espropri delle proprietà e dei beni agricoli si occupava la Commissione agraria circondariale. Verso la fine del '47, essa esaminö 23 richieste riguardanti la località di Buie, di cui 7 vennero evase positivamente, mentre tutte le altre furono re-spinte, non essendo conformi alle disposizioni del CPL di Buie. Quest'ultimo, stando ai dettami della Conferenza per il coordinamento della lotta antifascista nella Zona B", tenutasi nel febbraio del 1946, intraprese una lotta serrata per confiscare i beni posseduti dai "fascisti e dai collaborazionisti" (Spazzali, Moscarda, 2000, 244). Stando ad alcune conclusioni dell'organismo, le richieste vennero respinte perché "non si è tolta la terra ai fascisti, ed agli sfruttatori del popolo epurati che avevano cinque coloni e venti ettari di terra". Alcune delle conclusioni fanno pensare ad at-teggiamenti ambigui, talvolta si segnalavano allontanamenti di coloni che avevano la sola colpa di lavorare su terre di proprietà di ex squadristi epurati. L'attività epurativa, a dispetto di altre parti, qui inizierà appena nella seconda metà di luglio, ma raccoglierà immediatamente risultati concreti, essendo prossima l'entrata in vigore del trattato di pace di Parigi. Tali misure colpiranno gli intellettuali e professionisti vari, commercianti, negozianti, impiegati, osti, contadini, operai. Le epurazioni prevedevano la perdita dei diritti civili e la confisca dei beni (Spazzali, 2000, 276-286). La commissione non procedette all'esproprio di quei piccoli proprietari di fondi la 389 Denis VISINTIN: LA RICOSTRUZIONE ECONOMICA DEL BUIESE (1945-1954), 381-394 cui entità non superava i 3 ettari e mezzo di superficie, per cui qualsiasi illecito nei loro confronti era da considerarsi nullo, in quanto tali espropri non venivano né con-siderati né raccomandati dalla riforma agraria. Va ricordato che l'area agricola in questione era soggetta a un estremo frazionamento, in cui la proprietà in buona parte dei casi rispecchiava identità minime e irrilevanti. Pertanto, la media e la piccola proprietà terriera costituivano l'ossatura della proprietà terriera locale. Talvolta si trattava di una proprietà non coltivatrice, venuta in possesso dei beni a seguito delle prestazioni pattuite regolarmente, o in modi chiaramente illeciti. Per cui spesso que-ste confische toglievano il maltolto e ció di cui si era lecitamente venuti in possesso, o che era da lunga scadenza proprietà familiare. D'altra parte la ridistribuzione della terra favorirà la creazione di una nuova classe di proprietari, prima nullatenenti e molto spesso privi degli elementari mezzi di produzione e talvolta di cognizioni agricole, che si affiancava ai residui piccoli proprietari e a coloro a cui i fondi vennero drasticamente limitati. D'altra parte tale ridistribuzione andava incontro ad altri problemi burocratici. I terreni amministrati dalla Commissione per l'amministrazione dei beni delle persone assenti molto spesso venivano ridistribuiti senza la documentazio-ne necessaria. A Umago e a Cittanova le autorità erano impossibilitate a incassare gli affitti su tali fondi perché l'apposito ufficio catastale non aveva rilasciato alla com-missione gli estratti tavolari e i mappali. D'altra parte non s'era ancora provvisto alla nuova classificazione della qualità dei terreni, necessaria a un'equa perequazione fiscale. Cosa questa a carico dei sindacati agricoli. La commissione annotava numerosi problemi e casi irrisolti nelle varie località del comprensorio, l'assenza totale di personale tecnico bilingue, e di professionisti adatti ad attuare con chiarezza e debita preparazione tecnica e professionale le rifor-me progettate. A rendere ancora più complessa e incerta la situazione economico-sociale concor-reranno anche altri provvedimenti portati avanti dal regime: l'introduzione delle ju-golire, il lavoro obbligatorio per uomini e donne d'età compresa tra i 14 e 25 anni, i licenziamenti dei non conoscenti le lingue slave, l'inibizione ai professionisti di as-sumere manodopera, il livellamento salariale la fuga di quasi tutta la flotta pesche-reccia. Quindi la recessione economica che imperversava in Jugoslavia, l'incapacità del nuovo potere a gestire la situazione (Spazzali, 1997, 3; Rocchi, 1970, 161; Co-lummi, 1980, 400). Tutto ció genererà, dopo il '53, l'esodo di numerosi capifamiglia, di cui gran parte erano coltivatori diretti. Per il resto si trattava di operai, artigiani, pensionati, marit-timi, muratori, meccanici, elettricisti, ecc. Tale abbandono seguiva in ordine cronologico quello del ceto medio, che caratterizzó gli anni precedenti. Se da un lato dunque si assiste a una sorta di sostegno al settore primario, d'altra parte appare chiaro l'attacco a quel sistema agricolo che costituiva il nervo della so-cietà distrettuale, per sostituirlo con uno del tutto nuovo, fuoriuscito dalla riforma 390 Denis VISINTIN: LA RICOSTRUZIONE ECONOMICA DEL BUIESE (1945-1954), 381-394 agraria che tendeva a una nuova distribuzione della terra in piccole proprietà, affian-cate dalle grandi proprietà statali. In questo caso pero, se è vero che di proprietari ter-rieri di un certo spessore, quelli che in URSS venivano chiamati kulaki - termine improprio per un'area dove era caratteristica la media e piccola proprietà da secoli - ce n'erano ben pochi vista la secolare polverizzazione delle proprietà e il continuo fra-zionamento dei fondi, d'altro canto si trattava lo stesso di beni di un certo spessore, compresi quelli ecclesiastici. La dissoluzione e la sostituzione della classe proprieta-ria terriera benestante, se paragonata a quanto successo nella patria del comunismo, procedette su basi ben più blande e con certo ritardo, difficoltà e parziali cambia-menti di rotta. Superata la disastrosa esperienza cooperativistica, e la crisi di cui sopra, si proce-derà fin dagli anni Cinquanta alla loro sostituzione con le cosiddette "aziende socia-lizzate", meglio note con la sigla PIK, ossia Poljoprivredni industrijski kombinat, con attività differenziate sia in campo industriale che commerciale e agricolo, talvolta pure turistico. Quest'ultimo settore, già prospero ben prima del secondo conflitto mondiale, si svilupperà nel secondo dopoguerra, sfruttando quanto madre natura, con le sue in-cantevoli bellezze, clima mite compreso, offriva, nonché le preesistenti strutture, na-zionalizzate e riconvertite. Non era solo la costa, da Salvore a Umago e a Cittanova, a pensare allo sviluppo dell'industria dell'ospitalità. Anche nell'entroterra, come del resto l'abbiamo già notato a Buie ad esempio, si inizierà a pensare allo sviluppo di una struttura alberghiera più che altro riservata ai viaggiatori di transito, in sostitu-zione della precedente pensione. Quello della diffusione delle strutture alberghiere, era un problema che interessava tutta la penisola istriana. Le varie autorità locali evidentemente erano coscienti dell'importanza che poteva assumere tale settore visto che entro la fine del 1949 in Istria verranno rinnovati 109 alberghi, per un totale com-plessivo di 7 015 posti letto (Dukovski, 1997, 156). Si dovrà comunque attendere ancora per giungere a una generale esplosione del-l'attività turistico-alberghiera. Sarà soltanto con la diffusione del turismo di massa, accompagnato dalla diffusione dei complessi turistico-alberghieri sovvenzionati dalle strutture statali e supportati dall'economia, dall'industria e dal capitale finanziario locale, che si giungerà alla ripresa turistica, e complessivamente a quella economica. Ma oramai si era già negli anni Sessanta. Se il settore primario e lo sviluppo turistico erano considerati di capitale impor-tanza economica, non ne fu di meno, soprattutto nella fase della ricostruzione globale del Paese lo sfruttamento del sottosuolo istriano. Si sfrutteranno anche le piccole miniere di bauxite dell'alto buiese e le altre cave di cui l'area carsica dell'Istria setten-trionale, dalla costa all'interno, ne è tuttora colma, anche se in buona parte oggi in di-suso. Questa industria assisterà all'epoca l'impiego di numerosa manodopera locale, sia maschile sia femminile, che vedrà in cio un supporto agli introiti familiari. 391 Denis VISINTIN: LA RICOSTRUZIONE ECONOMICA DEL BUIESE (1945-1954), 381-394 Va ancora considerata la nascita e la diffusione di numerose imprese che hanno costituito il cuore dell'economia socialista. Basti pensare fra l'altro alla maglieria Umbert Gorjan di Cittanova, alla Tipografia umaghese, all'azienda produttrice di colori Hempel's di Umago. Sempre a Umago si insedieranno l'industria alimentare Mlinotest e la Fabbrica cementi. A Buie s'istituirà la fabbrica per la lavorazione del legno Proleter, e l'Elektra (Šepic, 1985, 169). Tutto ció succederà tra gli anni 195054, caratterizzati anche dall'introduzione dei cosiddetti rapporti sociali nelle fab-briche, e dalla politica dell'autogoverno socialista in cui, per mezzo dei Consigli operai, dovevano essere gli operai a dettar legge nelle fabbriche. Il tutto carat-terizzato dal motto "Le fabbriche agli operai", presente ancora negli anni Ottanta sulle facciate di alcuni edifici. Alcuni dei sopracitati colossi industriali, prima di entrare nella crisi che comporterà la loro fine con la caduta del realsocialismo, avranno una parentesi internazionale e diventeranno il simbolo della ripresa e del consolidamento economico della regione. Questo sommario sguardo consente almeno in parte d'inquadrare l'epoca in cui questo territorio subiva una totale riconversione politica, economica, sociale e strut-turale, non distinguibile dagli altri problemi che si dovevano affrontare, tra cui quello dell'approvvigionamento idrico era certamente di grosso spessore. Alcuni vivai, tra cui il sopracitato Celega, ne erano privi. Cosí pure alcuni villaggi ne erano irregolar-mente provvisti. A Gambozzi o a Metti ad esempio, l'acqua arrivava in alcuni giorni soltanto. Le autorità distrettuali comunque non poterono far altro che proporre una razionalizzazione a Umago per alcune ore giornaliere. Ma anche ció contribuisce a descrivere il percorso in salita che si doveva percorrere in una situazione economica purtroppo quasi azzerata causa anche l'appena cessato conflitto mondiale. GOSPODARSKA OBNOVA BUJŠČrNE (1945-1954) Denis VISINTIN Mestni muzej v Pazinu, HR-52000 Pazin, Trg Istarskog razvoda 1 e-mail: denis.visintin@inet.hr POVZETEK Po končani vojni se je območje Buj znašlo v težkem gospodarskem položaju, živilski proizvodi pa so bili deležni racionalizacije. Na pomanjkanje se je oblast odzvala tako, da je poudarjala vse, s čimer bi se lahko pohvalila. Takoj se je zavzela za razvoj nekaterih gospodarskih področij in za posodobitev domnevno pomembnih poslopij in struktur. Med uresničenimi pobudami nove oblasti izstopa melioracija doline Mirne, pri kateri so sodelovale tudi številne mladinske brigade. 392 Denis VISINTIN: LA RICOSTRUZIONE ECONOMICA DEL BUIESE (1945-1954), 381-394 Po zasegu številnih proizvodnih enot je začela uvajati zadružništvo, kar pa ni šlo brez težav. Zaradi takih in podobnih ukrepov po koncu druge svetovne vojne je prišlo do zapuščanja podeželja in načrtnega uvajanja industrijske proizvodnje, kar je postopno priraslo v pojav, ki bi ga lahko poimenovali "klic industrializacije ". Mnoge dejavnosti, vezane na zemljo, in tisočletni cikli, porojeni iz življenja na deželi, so tako postopno ugašali. Med Italijo in Jugoslavijo v teh letih še ni bila dokončno izoblikovana nova poli-tično-teritorialna ureditev; gospodarsko sodelovanje med njima je bilo treba zato vzpostavljati počasno, a vztrajno. V tem smislu so bili postavljeni temelji gospodarske prenove, ki je zaznamovala šestdeseta leta prejšnjega stoletja, in sicer z rojstvom in razvojem dejavnosti, ki so kasneje postale temelj gospodarstva in življenja na celotnem območju. Ključne besede: obnova, gospodarstvo, poljedelstvo, zadružništvo, idustrializacija, Bujščina, 1945-1954 FONTI E BIBLIOGRAFIA ARC, 1 - Archivio regionale di Capodistria (ARC), Fondo Comitato popolare cir-condariale dell'istria (CPC), 1947, b.1. Corrispondenza della sezione economica di Umago. ARC, 3 - ARC, CPC, 1949, b. 3. Corrispondenza della sezione economica di Buie. ARC, 5 - ARC, CPC, 1949, b. 5. Relazione della sezione scolastica italiana per il periodo agosto-novembre 1947; Poročilo o hrvatskem prosvetnem dob po ustano-vitvem istrskega okrožja. ARC, 344 - ARC, Zbirka fotografij in razglednic (SI PAK 344). ARC, 573 - ARC, Fototeka (SI PAK 573), b. 4. Mladinske delovne brigade, obnova. Colummi, C. (1980): Dalle elezioni del 1950 alla nota anglo-americana dell'8 ottobre 1953: le premesse del grande esodo. In: Colummi, C., Ferrari, L., Nassisi, G., & G. Trani (eds.): Storia di un esodo. Istria 1945-1956. Trieste, 381-417. de Castro, D. (1981): La Questione di Trieste. L'azione politica e diplomatica italiana dal 1943 al 1954, voll. I-II. Trieste. Dukovski, D. (1997): Svi svjetovi istarski. Pula. Dukovski, D. (2002): Slika socijalno-gospodarskih procesa na Pazinštini prve polo-vine 20. stolječa s posebnim osvrtom na Gračišče. Gračaški zbornik, Knjižnica Acta, 6. Pazin, 57-73. Dukovski, D. (2005): Dramaturgija rata i mira od 1943. do 1945. Tinjanski zbornik, Knjižnica Acta, 7. Pazin, 145-152. 393 Denis VISINTIN: LA RICOSTRUZIONE ECONOMICA DEL BUIESE (1945-1954), 381-394 Kramar, J. (2002): Izola 1945-1991. Iz zgodovine občine od osvoboditve izpod fašizma do ustanovitve samostojne Republike Slovenije. Knjižnica Annales, 31. Koper. Maurel, M. (2002): Il paese del faro. Memorie di un italiano di Salvore d'Istria. Vita vissuta sotto il regime comunista della ex Jugoslavia. Trieste. Rocchi, F. (1970): L'esodo dei Giuliani, Fiumani e Dalmati. Roma. Rogoznica, D. (2005): Le confische dei beni di fascisti e collaborazionisti nel di-stretto di Capodistria. In: Verrocchio, A. (ed.): Trieste tra ricostruzione e ritorno all'Italia (1945-54). Trieste, 120-133. Romano, P. (1997): La questione giuliana 1943-1947. La guerra e la diplomazia. Le foibe e l'esodo. Trieste. Spazzali, R. (1997): Le ragioni dell'esodo del 1953. Spunti ed interpretazioni. La ri-cerca, Bollettino del centro di ricerche storiche di Rovigno, 20. Trieste-Rovigno, 2-5. Spazzali, R. (2000): Epurazioni di frontiera. Le ambigue sanzioni contro il fascismo nella Venezia Giulia 1945-48. Trieste. Spazzali, R., Moscarda, O. (2000): L'Istria epurata (1945-1948). Ragionamenti per una ricerca, In: Cattaruzza, M., Dogo, M. & R. Pupo (eds.): Esodi. Trasferimenti forzati di popolazioni nel Novecento europeo. Trieste, 237-252. Šepic, D. (ed.) (1985): Bujština - Il Buiese. Buie. Šepic, L. (2OO2): Tu i tamo po Bujštini. Buje. Tamburrino, G., O.S.B. (1997): I Benedettini di Daila e S. Onofrio in Istria: ultime vicende (1940-1950). Abbazia di Praglia. Verginella, M. (2005): La campagna istriana nel vortice della rivoluzione. In: Verrocchio, A. (ed.): Trieste tra ricostruzione e ritorno all'Italia (1945-54). Trieste, 110-119. Visintin, D. (2001): Il Territorio Libero di Trieste: condizioni economico-sociali e confische. La Ricerca, Bollettino del Centro di ricerche storiche di Rovigno, 3132. Trieste-Rovigno, 10-12. Visintin, D. (2004): Umago d'Istria nel secolo dei grandi mutamenti. In: Benussi, B. (ed.): Il comune di Umago e il suo territorio. Trieste, 105-142. 394